2009 - Cc-Ti

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10.06.2013 Views

Ospite Intervista con Paolo Colombo, Direttore della Divisione della formazione professionale del Canton Ticino, di Elisabetta Pisa 12 Ticino Business oltre 200 i nUovi prograMMi di forMazione professionale Come è strutturata la formazione professionale in Ticino? “Si tratta di un sistema duale con una formazione in un’azienda di tirocinio (per la formazione professionale pratica) e in una scuola (cultura generale e conoscenze professionali) con complementi nei cosiddetti corsi interaziendali. Vi sono inoltre le scuole professionali a tempo pieno. In particolare si articola in formazione professionale di base (3 o 4 anni al termine dei quali viene rilasciato un attestato federale di capacità che può essere abbinato a una maturità professionale, oppure due anni in seguito ai quali si ottiene un certificato federale di formazione pratica) e superiore che si acquisisce frequentando scuole specializzate superiori conseguendo dei diplomi, oppure sostenendo esami federali di professione (attestato professionale federale) o esami professionali federali superiori (diploma federale). Infine non si può dimenticare la formazione professionale continua con aggiornamenti periodici. Il percorso professionale viene scelto da circa il 70% degli svizzeri: sul piano nazionale gli apprendisti sono circa 200’000 e ogni anno sono consegnati 60'000 attestati federali”. In che modo la formazione viene adeguata a un mondo del lavoro in costante mutamento? “Dal 2005 stiamo rivedendo più di 200 ordinanze (programmi) di formazione per far sì che il contenuto formativo sia conforme alle esigenze dell’individuo e dell’economia. I partner della formazione – Confederazione, Cantoni e organizzazioni del mondo del lavoro – concordano le riforme e le negoziano in base alle risorse disponibili e alle esigenze di un mondo del lavoro e di una società che cambiano. Ogni anno entrano in vigore una trentina di nuove ordinanze, tra profili nuovi e rivisti”. Quali sono i settori che richiedono le maggiori modifiche? “Si spazia un po’ in tutti i comparti: da quello industriale, artigianale, artistico, agrario fino a quello commerciale e della sanità”. I percorsi che offrono le maggiori opportunità lavorative? “Sono interessanti in particolare i settori della tecnica, dell’artigianato e dell’industria. Inoltre aumenterà la richiesta di figure legate alla sanità. Da oggi al 2030 viene stimato sul piano nazionale un incremento del 30% del fabbisogno di personale che opera in ambito sanitario. In più dalla gente viene una richiesta di sempre maggiore sicurezza in termini di ordine pubblico: da qui potrebbero avere origine nuovi percorsi formativi”. Quali sono le richieste a livello di formazione che vengono dal mondo imprenditoriale? “Le aziende richiedono risorse flessibili che siano in grado di contribuire alla competitività delle imprese, siano motori dell’innovazione, curiose, che guardino oltre, abbiano buone competenze e sappiano agire in un contesto sempre più internazionale e concorrenziale. Al di là delle esigenze del mondo del lavoro, uno dei compiti della formazione è anche quello di garantire, da un lato, l’integrazione sociale pure delle persone meno “agili”, dall’altro opportunità di studio, di perfezionamento e di carriera a coloro che sono particolarmente dotati, attraverso una formazione professionale superiore, l’accesso alle SUP, alle università e ai politecnici”. Secondo lei ci sono ambiti formativi poco esplorati che potrebbero rivelarsi importanti nei prossimi anni? “Il settore dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie (lo sviluppo sostenibile non è più un tabù) potrebbero aprire nuove possibilità a livello di formazione e di occupazione. Ad esempio, l’industria delle macchine ha conosciuto uno sviluppo notevole nel corso degli anni e continuerà a conoscerlo con un’esigenza di aggiornamento continuo”. Quali sono le differenze tra la formazione in Ticino e negli altri Cantoni? “Siamo una regione linguistica di periferia rispetto a Zurigo e Berna. Il nostro comunque è un sistema di formazione professionale molto completo e articolato (dispone di una gamma di professioni enorme) con circa 25 scuole di formazione professionale di base e superiore che copre le esigenze dell’economia. Naturalmente per una questione numerica non è opportuno sviluppare determinati percorsi formativi, quelli molto di nicchia. I Cantoni che non presentano frontiere linguistiche collaborano fra loro con la possibilità di avere anche delle economie di scala. Noi razionalizziamo al massimo le risorse disponibili”. I percorsi formativi sono il frutto della concertazione tra Confederazione, Cantoni e mondo imprenditoriale. Quali sono le vostre aspettative nei confronti di quest’ultimo attore? “L’obiettivo di tutti è preparare al meglio le future generazioni e andare incontro alle esigenze dell’economia. Gli imprenditori saranno chiamati a rafforzare il loro impegno nell’offrire posti di apprendistato. Tra l’altro poi in alcuni casi gli apprendisti restano in azienda, diventando parte del capitale professionale delle imprese. Inoltre il nostro è un sistema di formazione professionale molto efficiente e collaudato, però poco conosciuto all’estero. Ci proponiamo di promuoverlo rispetto alle aziende straniere che operano in Svizzera e che potrebbero mettere a disposizione nuovi posti di apprendistato”.

Ospite Intervista con Andrea Gehri, Presidente dell’Associazione svizzera delle piastrelle, Sezione Ticino, di Elisabetta Pisa coMe battere la concorrenza? con la forMazione La sua associazione è molto attiva sul fronte della formazione professionale. Quali sono le attività che svolgete? “La formazione professionale rappresenta sicuramente una delle attività di maggior peso con l’obiettivo di avviare le nuove leve alla professione: siamo responsabili dei corsi di introduzione per apprendisti, quindi dei corsi pratici che si svolgono nella sede centrale dell’associazione; organizziamo percorsi sulla sicurezza al Centro di formazione di Gordola per tutti gli associati, e, per quanto riguarda la formazione continua, prepariamo dai 3 ai 5 seminari all’anno su temi tecnici. Ci impegniamo poi anche nella salvaguardia dell’etica e nella qualità professionale. Tra l’altro siamo partner delle istituzioni e degli operatori economici del Canton Ticino per promuovere la qualità della formazione”. Perché la formazione è così importante per la vostra associazione? “Effettivamente è uno dei punti cardine della nostra attività. Ma tra gli altri obiettivi c’è anche la valorizzazione della professione come tale, per far capire quali sono gli aspetti sensibili (ad esempio effettuare un’opera di qualità sul posto e il servizio post-vendita) in modo che il cliente ticinese non si rivolga altrove. Dobbiamo difendere il nostro territorio e le peculiarità del nostro servizio, che è nettamente superiore a quello offerto in Italia. Probabilmente siamo più cari dei piastrellisti italiani, ma noi per legge siamo responsabili del lavoro per cinque anni, un aspetto che viene sottovalutato dal cliente e che comporta l’impiego di molte energie e risorse da parte nostra”. Quindi la concorrenza degli italiani vi ha indotto a puntare di più sulla formazione? “La formazione è importante. Il piastrellista è un arredatore: quello che andiamo a rivestire rimane, difficilmente viene cambiato se non piace così come si può cambiare un mobile. La qualità della messa in opera è essenziale. La piastrella la si acquista in scatole, il valore aggiunto è la corretta messa in opera del piastrellista. In Italia non ci sono scuole per apprendisti piastrellisti (tra l’altro ci capita di formare frontalieri), anche se è vero che sulla fascia di confine hanno una tradizione di manualità molto forte”. Oggi, in un mondo in rapida evoluzione, quanto è importante la formazione? “La posa è sempre più complessa. L’industria propone soluzioni e materiali nuovi, tecnologicamente all’avanguardia. Se non si conoscono i prodotti, non si possono applicarli, altrimenti si va incontro a grosse contestazioni. Non è possibile fare conto solo sull’abilità. Senza la formazione non si sta al passo coi tempi: non si può lavorare come si lavorava 30 anni fa”. Quali sono gli ostacoli che l’associazione incontra nelle sue proposte di attività? “Le ditte associate in Ticino sono 35 e rappresentano il 65-70% della forza lavoro del settore. Ci sono altre 180-190 ditte che operano nel comparto e che non aderiscono. Sono realtà molto piccole, formate da una-due persone che tentiamo di convincere a seguire i corsi”. C’è parecchia resistenza? “Sì, è un problema di mentalità. Nell’edilizia l’artigiano non ha mai saputo valorizzare il proprio operato e non sempre viene percepito il valore aggiunto dell’aggiornamento. Certamente costa formare apprendisti, che poi magari vanno altrove. Ma questo è un rischio che corrono tutte le aziende. La formazione può giocare un ruolo contro la crisi? “Fortunatamente noi la crisi come la descrivono i massmedia non l’avvertiamo ancora. Forse il nostro settore verrà colpito successivamente, ma al momento abbiamo discrete riserve di lavoro. Comunque sia la crisi non deve essere un motivo per non formare apprendisti. Bisogna considerare che un piastrellista a 50 anni inizia ad avere gli acciacchi procurati dalla professione (problemi a schiena, ginocchia, articolazioni...). Il ricambio generazionale è fondamentale. Nel nostro settore è anche più difficile attrarre i giovani e la formazione può giocare un ruolo importante sulla motivazione. In altri comparti c’è una prospettiva di evoluzione professionale: ad esempio gli elettricisti possono diventare ingegneri. I piastrellisti non hanno la possibilità di evolvere a livello accademico, ma è anche vero che possono intraprendere altri percorsi rimanendo nell’ambito della professione, diventando capocantiere, caposquadra, responsabile dell’équipe o indipendenti aprendo un’azienda propria”. Lei ha un’azienda di piastrelle, mosaici, cotto, marmi, graniti, pietre naturali e artificiali. Qual è il vostro contributo sotto il profilo della formazione? “Negli ultimi venti anni siamo probabilmente quelli che hanno formato di più. In Ticino nell’arco di un triennio vengono formati dai 20 ai 30 apprendisti, con punte ultimamente di 40. Noi ne formiamo almeno dai tre ai cinque. Buona parte dei nostri apprendisti rimangono poi nell’organico aziendale”. 13

Ospite<br />

Intervista con Paolo Colombo, Direttore della Divisione della formazione professionale del Canton <strong>Ti</strong>cino, di Elisabetta Pisa<br />

12 <strong>Ti</strong>cino Business<br />

oltre 200 i nUovi prograMMi<br />

di forMazione professionale<br />

Come è strutturata la formazione professionale in <strong>Ti</strong>cino?<br />

“Si tratta di un sistema duale con una formazione in<br />

un’azienda di tirocinio (per la formazione professionale pratica)<br />

e in una scuola (cultura generale e conoscenze professionali)<br />

con complementi nei cosiddetti corsi interaziendali.<br />

Vi sono inoltre le scuole professionali a tempo pieno. In<br />

particolare si articola in formazione professionale di base<br />

(3 o 4 anni al termine dei quali viene rilasciato un attestato<br />

federale di capacità che può essere abbinato a una maturità<br />

professionale, oppure due anni in seguito ai quali si ottiene<br />

un certificato federale di formazione pratica) e superiore<br />

che si acquisisce frequentando scuole specializzate superiori<br />

conseguendo dei diplomi, oppure sostenendo esami<br />

federali di professione (attestato professionale federale) o<br />

esami professionali federali superiori (diploma federale).<br />

Infine non si può dimenticare la formazione professionale<br />

continua con aggiornamenti periodici. Il percorso professionale<br />

viene scelto da circa il 70% degli svizzeri: sul piano<br />

nazionale gli apprendisti sono circa 200’000 e ogni anno<br />

sono consegnati 60'000 attestati federali”.<br />

In che modo la formazione viene adeguata a un mondo<br />

del lavoro in costante mutamento?<br />

“Dal 2005 stiamo rivedendo più di 200 ordinanze (programmi)<br />

di formazione per far sì che il contenuto formativo<br />

sia conforme alle esigenze dell’individuo e dell’economia. I<br />

partner della formazione – Confederazione, Cantoni e organizzazioni<br />

del mondo del lavoro – concordano le riforme e le<br />

negoziano in base alle risorse disponibili e alle esigenze di<br />

un mondo del lavoro e di una società che cambiano. Ogni<br />

anno entrano in vigore una trentina di nuove ordinanze, tra<br />

profili nuovi e rivisti”.<br />

Quali sono i settori che richiedono le maggiori<br />

modifiche?<br />

“Si spazia un po’ in tutti i comparti: da quello industriale,<br />

artigianale, artistico, agrario fino a quello commerciale e<br />

della sanità”.<br />

I percorsi che offrono le maggiori opportunità<br />

lavorative?<br />

“Sono interessanti in particolare i settori della tecnica,<br />

dell’artigianato e dell’industria. Inoltre aumenterà la richiesta<br />

di figure legate alla sanità. Da oggi al 2030 viene stimato<br />

sul piano nazionale un incremento del 30% del fabbisogno<br />

di personale che opera in ambito sanitario. In più dalla gente<br />

viene una richiesta di sempre maggiore sicurezza in termini<br />

di ordine pubblico: da qui potrebbero avere origine nuovi<br />

percorsi formativi”.<br />

Quali sono le richieste a livello di formazione che<br />

vengono dal mondo imprenditoriale?<br />

“Le aziende richiedono risorse flessibili che siano in grado<br />

di contribuire alla competitività delle imprese, siano motori<br />

dell’innovazione, curiose, che guardino oltre, abbiano<br />

buone competenze e sappiano agire in un contesto sempre<br />

più internazionale e concorrenziale. Al di là delle esigenze<br />

del mondo del lavoro, uno dei compiti della formazione è<br />

anche quello di garantire, da un lato, l’integrazione sociale<br />

pure delle persone meno “agili”, dall’altro opportunità di<br />

studio, di perfezionamento e di carriera a coloro che sono<br />

particolarmente dotati, attraverso una formazione professionale<br />

superiore, l’accesso alle SUP, alle università e ai<br />

politecnici”.<br />

Secondo lei ci sono ambiti formativi poco esplorati<br />

che potrebbero rivelarsi importanti nei prossimi anni?<br />

“Il settore dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie<br />

(lo sviluppo sostenibile non è più un tabù) potrebbero<br />

aprire nuove possibilità a livello di formazione e di occupazione.<br />

Ad esempio, l’industria delle macchine ha conosciuto<br />

uno sviluppo notevole nel corso degli anni e continuerà<br />

a conoscerlo con un’esigenza di aggiornamento continuo”.<br />

Quali sono le differenze tra la formazione in <strong>Ti</strong>cino e<br />

negli altri Cantoni?<br />

“Siamo una regione linguistica di periferia rispetto a Zurigo<br />

e Berna. Il nostro comunque è un sistema di formazione<br />

professionale molto completo e articolato (dispone di una<br />

gamma di professioni enorme) con circa 25 scuole di formazione<br />

professionale di base e superiore che copre le<br />

esigenze dell’economia. Naturalmente per una questione<br />

numerica non è opportuno sviluppare determinati percorsi<br />

formativi, quelli molto di nicchia. I Cantoni che non presentano<br />

frontiere linguistiche collaborano fra loro con la<br />

possibilità di avere anche delle economie di scala. Noi<br />

razionalizziamo al massimo le risorse disponibili”.<br />

I percorsi formativi sono il frutto della concertazione<br />

tra Confederazione, Cantoni e mondo imprenditoriale.<br />

Quali sono le vostre aspettative nei confronti di<br />

quest’ultimo attore?<br />

“L’obiettivo di tutti è preparare al meglio le future generazioni<br />

e andare incontro alle esigenze dell’economia. Gli<br />

imprenditori saranno chiamati a rafforzare il loro impegno<br />

nell’offrire posti di apprendistato. Tra l’altro poi in alcuni<br />

casi gli apprendisti restano in azienda, diventando parte<br />

del capitale professionale delle imprese. Inoltre il nostro è<br />

un sistema di formazione professionale molto efficiente e<br />

collaudato, però poco conosciuto all’estero. Ci proponiamo<br />

di promuoverlo rispetto alle aziende straniere che operano<br />

in Svizzera e che potrebbero mettere a disposizione nuovi<br />

posti di apprendistato”.

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