10.06.2013 Views

2009 - Cc-Ti

2009 - Cc-Ti

2009 - Cc-Ti

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Contromano<br />

di Alessio del Grande<br />

Una nUova strategia<br />

contro le chiUsUre<br />

e per la crescita econoMica<br />

A leggere alcuni commenti sul risultato del voto<br />

dell’8 febbraio si ha la brutta impressione che in<br />

<strong>Ti</strong>cino si sia votato non tanto sull’estensione della<br />

libera circolazione a Romania e Bulgaria, ma contro<br />

l’Italia. Le dichiarazioni di molti politici sulla<br />

necessità d’insistere a Berna affinché tuteli di più<br />

il cantone dalla pressione del Nord Italia (occupazione,<br />

reciprocità per le imprese, sicurezza) e le<br />

rivendicazioni, largamente condivise, di chi vorrebbe<br />

blindare la frontiera, confermano questa impressione.<br />

Che in quel 66% ticinese di no all’Europa<br />

ci sia una forte componente anti italiana è,<br />

purtroppo, un dato di fatto. Rattrista che il <strong>Ti</strong>cino<br />

sia largamente contagiato da quella che qualcuno<br />

ha giustamente definito la sindrome dell’“idraulico<br />

lombardo”. Sindrome che sembra aver cancellato<br />

una comunanza di lingua e cultura, di tradizioni,<br />

d’intensi scambi economici e commerciali, da cui<br />

negli anni hanno guadagnato sia il <strong>Ti</strong>cino che la<br />

Lombardia.<br />

È questo uno dei più pericolosi effetti collaterali di<br />

questa crisi, non dissimile dalla recente protesta<br />

degli operai inglesi contro gli italiani che gli “rubano”<br />

il lavoro in patria, o dalla scelta di tanti Paesi<br />

europei di tutelare l’economia nazionale contro le<br />

insidie del mercato globale e della concorrenza.<br />

Ecco il risultato perverso di quell’ideologia della<br />

crisi, che con la dissennata critica al capitalismo e<br />

ai presunti eccessi del libero mercato, ha riportato<br />

in auge e rilegittimato protezionismo e nazionalismo.<br />

I più tetri fantasmi di un Novecento che<br />

hanno portato al fascismo, al nazismo e al comunismo.<br />

Al vertice del G7 di Roma, i Governi hanno<br />

ribadito il rifiuto di ogni forma di protezionismo,<br />

ma è soltanto una dichiarazione di principio. Di<br />

fatto ovunque si procede con seminazionalizzazioni,<br />

se non vere e proprie nazionalizzazioni, delle<br />

banche, con aiuti, mascherati in forme diverse,<br />

all’industria, inviti e clausole per comprare solo<br />

prodotti nazionali, e non da ultimo con restrizioni<br />

ai flussi immigratori, sino a qualche anno fa im-<br />

8 <strong>Ti</strong>cino Business<br />

pensabili. Paura e protezione è il nuovo paradigma<br />

delle politiche governative, prive ormai di visioni<br />

lunghe e appiattite su dimensioni locali dove si<br />

rincorrono solo timori e rancori quotidiani per far<br />

cassetta elettorale. Chi avverte sui pericoli di queste<br />

chiusure resta inascoltato. Chi avverte che aiutando<br />

e sussidiando imprese in difficoltà (perché<br />

non si sono ristrutturate e quindi fuori mercato) si<br />

sottraggono risorse ingenti a settori più innovativi<br />

e promettenti, viene subito isolato. Chi avverte che<br />

questa politica farà esplodere deficit statali e debito<br />

pubblico (che i contribuenti saranno chiamati<br />

a pagare con aumenti di tasse e imposte) viene<br />

messo a tacere.<br />

In un panorama così desolante non meraviglia,<br />

dunque, più di quel tanto che due ticinesi su tre<br />

abbiano votato contro i Bilaterali. Ma dai politici,<br />

anche da quelli che siedono in Governo, ci sarebbe<br />

da aspettarsi qualcosa d’altro: che non si alimentino<br />

almeno questa voglia di chiusura, la paura e<br />

il risentimento verso gli italiani, operai, artigiani<br />

o imprese, che vengono a lavorare in <strong>Ti</strong>cino.<br />

Certamente nell’attuale applicazione dei Bilaterali<br />

c’è qualcosa che non funziona. Che ci siano delle<br />

distorsioni nella cosiddetta reciprocità – ossia la<br />

possibilità per le imprese ticinesi di poter lavorare<br />

in Italia con altrettanta facilità – è innegabile. Giusto,<br />

dunque, intervenire con correttivi adeguati.<br />

Ma a Berna non bisogna chiedere solo questo.<br />

Su Berna bisogna anche insistere affinché Consiglieri<br />

federali e alti funzionari dell’amministrazione<br />

si rendano conto della grande opportunità che<br />

rappresenta non solo per il nostro Cantone, ma<br />

per tutta la Svizzera, la vicinanza con una potenza<br />

economica quale la Lombardia, una delle aree più<br />

dinamiche e produttive di tutta l’Europa, e più<br />

in generale la prossimità con tutto il Nord Italia,<br />

cuore pulsante dell’economia italiana. Una macro<br />

regione di cui per motivi storici e geo-economici<br />

il <strong>Ti</strong>cino fa parte integrante. Ma per questo è necessario<br />

che i nostri stessi politici capiscano dav-

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!