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2009 - Cc-Ti

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Il tema<br />

di Alessio del Grande<br />

Poche settimane fa la rivista economica “Bilanz” ha pubblicato<br />

la classifica dell’attrattività delle città svizzere. E<br />

il <strong>Ti</strong>cino non n’è uscito bene. La graduatoria, che ha preso<br />

in esame 129 centri, ha visto in testa Zugo, seguita da<br />

Zurigo, mentre Lugano si è piazzata al 34esimo posto,<br />

Bellinzona al 95esimo e Locarno al 98esimo. I criteri<br />

valutativi riguardavano il mercato del lavoro, le opportunità<br />

per il tempo libero, i trasporti pubblici, la struttura<br />

sociale, la pressione fiscale, il turismo, la posizione geografica<br />

e la ricchezza, intesa anche come potere d’acquisto,<br />

costo dei terreni e degli affitti e modifica dei prezzi<br />

confrontandoli con l’anno precedente. Poiché il nostro<br />

Cantone non ha di certo brillato, si sono contestati, come<br />

al solito, i criteri di valutazione e la relatività dei risultati<br />

comparativi. Stesse reazioni per un’altra classifica, quella<br />

pubblicata ad agosto dal Credit Suisse sugli indicatori<br />

della qualità della localizzazione, (IQL), ossia l’attrattività<br />

dei singoli Cantoni per le aziende, che ha visto il <strong>Ti</strong>cino<br />

retrocedere dal 19esimo posto al 21esimo rispetto alla<br />

valutazione del 2004.<br />

Anche in questa classifica Zugo e Zurigo occupano le<br />

prime due posizioni, mentre il <strong>Ti</strong>cino ha perso punti soprattutto<br />

per il livello generale di formazione-istruzione<br />

della popolazione e per l’allacciamento alle grandi vie di<br />

comunicazione, restando più o meno nella media nazionale<br />

per quel che riguarda, invece, la pressione fiscale<br />

per privati e imprese, che è un altro importante criterio di<br />

giudizio. Anche in questo caso, considerati i magri risultati,<br />

si è lamentato il fatto che lo studio del Credit Suisse<br />

ha tenuto conto soltanto di pochi indicatori statistici, che<br />

non darebbero il giusto peso a tutti i fattori di attrattività.<br />

Che queste classifiche non siano scienza esatta è fuor di<br />

dubbio. Tuttavia, esse servono a segnalare quantomeno i<br />

punti deboli di un sistema Paese, i settori da migliorare<br />

o potenziare, le indicazioni che ne scaturiscono possono<br />

essere, quindi, assai preziose. Perché bene o male rappresentano,<br />

comunque, dei campanelli d’allarme per il <strong>Ti</strong>cino,<br />

soprattutto nel momento in cui la Svizzera è balzata al<br />

primo posto nella stima internazionale della competitività<br />

<strong>2009</strong>/2010 stilata dal Forum economico mondiale (WEF),<br />

che ha giudicato eccellenti la capacità d’innovazione e la<br />

cultura degli affari nel nostro Paese. Dunque, mentre la<br />

Svizzera eccelle, da noi si perdono colpi.<br />

8 <strong>Ti</strong>cino Business<br />

attrattività e COmpetitività:<br />

il tiCinO perde SmaltO<br />

Ancora più preoccupanti sono i risultati di un recente<br />

studio della SUPSI sulla concorrenzialità fiscale intercantonale.<br />

La ricerca, coordinata dal professore Marco<br />

Bernasconi, ha messo in luce una pressione fiscale che<br />

in <strong>Ti</strong>cino favorisce particolarmente i redditi medio-bassi,<br />

mentre si situa nella media nazionale per quelli in mezzo,<br />

ma è nettamente al di sopra di essa per i redditi elevati<br />

che di fatto sono fortemente penalizzati. Si potrebbe<br />

obiettare: è giusto che i ricchi paghino più imposte. Ma<br />

ha avvertito Bernasconi: “È necessario tenere in considerazione<br />

che le persone fisiche molto facoltose, così come<br />

le società dalla notevole mobilità, possono essere indotte<br />

a lasciare il cantone o a non farne il proprio domicilio o<br />

sede per cercare situazioni fiscali più favorevoli altrove”.<br />

Con effetti devastanti per il <strong>Ti</strong>cino.<br />

Che lo si voglia o no, ha ricordato il professore, la concorrenza<br />

fiscale tra i Cantoni è un dato di fatto con cui<br />

bisogna fare i conti. Soprattutto se si pensa che in <strong>Ti</strong>cino<br />

la fascia dei contribuenti con alti redditi, oltre i 250 mila<br />

franchi, versa alle casse dello Stato ben 170 milioni sui<br />

632 del gettito fiscale complessivo delle persone fisiche.<br />

Per scongiurare il pericolo di fuga dei contribuenti ricchi,<br />

ma senza alterare il meccanismo sociale della fiscalità<br />

ticinese, tra i correttivi suggeriti da Bernasconi, e dal<br />

team del Centro di competenze tributarie della SUPSI, c’è<br />

la proposta di fissare un’aliquota massima dell’11% per<br />

l’imposta cantonale, con una riduzione di quattro punti<br />

rispetto a quella odierna, e del 2,4 per mille sulla sostanza.<br />

Un correttivo che potrebbe attirare altri contribuenti<br />

ricchi e convincere a restare quelli che già ci sono. Perché<br />

sono soprattutto loro ad alimentare il fisco in un Cantone<br />

dove il 25% dei contribuenti, vale a dire circa 42 mila<br />

persone, sono esenti da imposta a causa delle loro condizioni<br />

economiche. Ma bisogna muoversi in fretta, perché<br />

altrove non si sta di certo a guardare. Difatti, l’aliquota<br />

massima che in <strong>Ti</strong>cino si vorrebbe portare all’11%, alcuni<br />

Cantoni l’hanno già abbassata addirittura attorno al<br />

6%. E che non si venga a dire che così si svuoteranno le<br />

casse dello Stato. La strategia di sgravi portata avanti tra<br />

il 1995 e il 2003 ha prodotto, difatti, maggiori entrate<br />

per l’erario: tra il 1996 e il 2008 il gettito delle persone<br />

fisiche è aumentato del 18% e quello delle persone giuridiche<br />

è cresciuto addirittura del 61%.

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