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2009 - Cc-Ti

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mio nel campo della cultura quando l’ente radiotelevisivo<br />

proprio per la salvaguardia delle stessa<br />

è nato e possiede una concessione. Come tutti i<br />

monopoli se ne infischia di tagliare i costi dove<br />

questi hanno la loro origine. Questo non è downsizing<br />

ma semplicemente “downthinking” la facile<br />

scelta della strada più agevole. Colpire la cultura è<br />

come colpire la ricerca di base. Te ne accorgi dopo<br />

10 anni. Il prezzo dell’irresponsabilità lo paga la<br />

prossima generazione, spogliata in parte e senza<br />

colpa del diritto alla conoscenza. L’OSI è un’orchestra<br />

eccellente, una delle poche istituzioni musicali<br />

prestigiose di questo Cantone con un curriculum di<br />

prim’ordine e una reputazione internazionale riconosciuta.<br />

Come per lo Stato, anche in questo caso<br />

si gira intorno alla torta e i tagli che veramente<br />

incidono, per ragioni politiche e di opportunità non<br />

si fanno. Si continua invece ad alimentare l’organico<br />

che gonfiandosi diventa sempre più potente,<br />

autoreferenziale e intoccabile. Che la SSR si ritiri<br />

da questo impegno nonostante il mandato assegnatole<br />

e il canone obbligatorio è semplicemente<br />

l’ennesima dimostrazione di prepotenza, che solo<br />

i monopoli statali si possono permettere. Merci,<br />

service publique!<br />

Aggiungo che più in generale, pure la politica culturale<br />

del Cantone è alquanto discutibile per quanto<br />

attiene alla sezione culturale che distribuisce i fondi<br />

(della lotteria cantonale). Come sempre, quando<br />

la preparazione è carente, i finanziamenti si fanno<br />

ad innaffiatoio, privilegiando l’eguaglianza a scapito<br />

dell’equità e della qualità. Così si gratifica la mediocrità,<br />

la scarsa professionalità, entrambi fattori<br />

fortemente presenti in <strong>Ti</strong>cino, e non solo in ambito<br />

culturale. Una riforma in questo delicato settore<br />

strategico è più che necessaria sia per ristrutturare<br />

le numerose commissioni di esperti, spesso per<br />

nulla esperti e poco trasparenti, che costellano il<br />

firmamento culturale del Cantone. Ciò per ridare<br />

al cittadino quelle istituzioni sparite che la cultura<br />

esige, come teatri e sale da musica per consolidare<br />

quello che c’è, come i musei dove è necessario e<br />

urgente un consolidamento, e per sostenere attività<br />

letterarie, musicali e varie manifestazioni; prima<br />

su tutte il Festival del cinema di Locarno. Urge<br />

cambiare il criterio di ripartizione introducendo regole<br />

selettive che privilegino il merito, la qualità abbandonando<br />

quell’egualitarismo deleterio che tanto<br />

piace a certi politici e tutto appiattisce e banalizza<br />

e immiserisce.<br />

Per la musica il motore culturale è la RTSI. Eliminare<br />

l’OSI è iniquo e controproducente come lo<br />

sarebbe la paventata chiusura di Rete 2. Quest’ultima<br />

fa pochi ascolti? Non importa, almeno finché<br />

siamo obbligati a pagare il canone gli ascolti devono<br />

contare meno del valore culturale che si diffonde<br />

nel Paese e non è quantificabile.<br />

Lo “share”, tanto amato dai nostri dirigenti RTSI,<br />

equivale allo “Shareholdervalue” delle imprese private,<br />

oggi pesantemente accusato di essere una<br />

delle cause dello sconquasso etico nel mondo capitalista.<br />

Se il profitto non è un fine, ma un mezzo,<br />

anche lo share lo è. Almeno finché Billag imperat.<br />

Ricordiamoci, tagliare i finanziamenti alla cultura,<br />

non è molto meglio che bruciare i libri a Berlino o<br />

la biblioteca di Alessandria. Anche la <strong>Cc</strong>-<strong>Ti</strong> ha le<br />

sue colpe per non aver mai preso in considerazione<br />

la difesa della cultura. Non è un suo compito?<br />

Non direttamente, ma oggi la cultura è un business<br />

enorme che coinvolge decine di miliardi. Forse dovremmo<br />

riflettere se incamminarci in quella direzione<br />

in modi e tempi da stabilire, come già avviene<br />

per molte Camere di commercio in Italia, Francia<br />

e Germania.<br />

In questo mondo globalizzato c’è un disvalore che<br />

è andato imponendosi prepotentemente spazzando<br />

via la vecchia, consolidata e validissima etica capitalistica:<br />

il cinismo. Che, per citare ancora Wilde,<br />

significa “conoscere il prezzo di tutte le cose e<br />

il valore di nessuna”. Per carità, ciò che avviene<br />

nel privato, per quanto deprecabile, resta in genere<br />

nel privato. Ma quando il cinismo pervade gli enti<br />

statali il problema diventa serio. Sfacciataggine,<br />

arroganza e indifferenza, tutte componenti del cinismo,<br />

non si possono alimentare con i soldi pubblici.<br />

Quindi battiamoci per difendere quel pezzo<br />

di cultura che ci appartiene e vogliono portarci via.<br />

Fermiamo le invasioni barbariche!<br />

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