10.06.2013 Views

2009 - Cc-Ti

2009 - Cc-Ti

2009 - Cc-Ti

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Biblioteca liberale<br />

di Alessio del Grande<br />

non sarà la polItIca a salvare Il mondo<br />

“La crisi. Può la politica salvare il mondo?” è il titolo del<br />

nuovo saggio di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, in<br />

cui i due noti economisti fanno a pezzi il revival statalista<br />

e la “retorica grossolana” del rimettere tutto in mano alla<br />

politica per scongiurare il rischio di una nuova Grande<br />

Depressione. “Sembra all’improvviso irrilevante - premettono<br />

nella loro analisi - che in molti Paesi i politici spesso<br />

rispondano a pressioni di lobby e a interessi economici<br />

particolari, ragionino sul breve periodo a scapito delle<br />

future generazioni, in qualche caso siano persino corrotti,<br />

che il settore pubblico sia spesso inefficiente e sperperi<br />

il denaro dei contribuenti, che più Stato significhi anche<br />

più tasse”. Basterebbe questa premessa per smontare la<br />

vulgata corrente secondo cui il capitalismo sarebbe finito<br />

e lo Stato dovrebbe recuperare un ruolo egemone per<br />

evitare i danni che, come nella crisi del 1929, il libero<br />

mercato può arrecare all’economia reale.<br />

Già, la crisi del ’29. In realtà, oggi come allora - avvertono<br />

Alesina e Giavazzi - è vero il contrario: “Sono gli errori<br />

della politica a portare al collasso. Oggi il nazionalismo<br />

economico sembra tornato di moda; sono rinate tendenze<br />

protezionistiche, come spesso accade nei periodi difficili.<br />

È una concezione che va a colpire le funzioni vitali dei<br />

mercati finanziari, ignorando le leggi dell’economia. Soluzioni<br />

populiste e in gran parte sbagliate”.<br />

Se la crisi attuale non è, per fortuna, lontanamente paragonabile<br />

a quella del 1929, quando negli USA un cittadino<br />

su quattro perse il posto di lavoro e il PIL, prodotto<br />

interno lordo, americano scese del 30% (ora si prevede<br />

al più qualche trimestre di crescita negativa dell’1 o 2<br />

percento), è purtroppo oggi riemersa forte ovunque la<br />

tentazione di ristatalizzare l’economia, mascherandola<br />

con piani di salvataggio per banche e industrie, e invocando<br />

un nuovo sistema di regole e controlli per il sistema<br />

finanziario internazionale, additato come il principale<br />

responsabile della recessione.<br />

Che certa finanza, anche e soprattutto per le sue ambigue<br />

commistioni con la politica, abbia la sua parte di responsabilità<br />

è assodato, che abbia pure dato origine a quella<br />

che Bush padre ha definito la “voodoo economics”, in<br />

cui si sono incubati i germi di questa crisi, è altrettanto<br />

vero, ma non basta questo per condannare il sistema finanziario<br />

internazionale, per ingabbiarlo in una più rigida<br />

rete di regole. Si dimentica troppo facilmente che è stato<br />

questo sistema a finanziare la crescita economica mondiale<br />

degli ultimi 15 anni, che ha sostenuto l’innovazione<br />

tecnologica raccogliendo risparmi in quei Paesi, come la<br />

Cina, dove si risparmiava, per investirli nei Paesi avanzati,<br />

incrementandone la produttività. Si dimentica che senza<br />

le tanto vituperate banche d’investimento e i venture capitalist<br />

- ricordano Alesina e Giavazzi - non sarebbero nati<br />

fenomeni come Google o Yahoo, che furono essi a scommettere<br />

su queste aziende quando ancora non facevano<br />

alcun profitto. E senza quell’enorme flusso di risparmio<br />

verso le “dot.com” (sino a far scoppiare la grande bolla<br />

del 2001) Internet non avrebbe avuto l’impetuoso sviluppo<br />

che nel giro di pochi anni ha cambiato il mondo.<br />

Ad innescare la crisi non sono stati la liberalizzazione dei<br />

mercati, la globalizzazione, gli speculatori finanziari o la<br />

tumultuosa crescita della Cina che ha pure sostenuto la<br />

frenesia consumistica degli USA, ma la cattiva politica.<br />

Quella politica che ha alterato gli equilibri tra Stato e mercato,<br />

che ha incoraggiato con protezioni e privilegi la mala<br />

finanza disancorandola da ogni principio di responsabilità.<br />

Negli USA il terremoto dei subprime è nato nell’ombra<br />

degli apparati governativi e di potenti protezioni politiche,<br />

si è alimentato con la folle strategia della banca centrale<br />

che aveva azzerato il costo del denaro. Ora dalla crisi<br />

non si esce ingessando l’economia e i mercati finanziari<br />

o elevando nuove barriere protezionistiche. Né salvando,<br />

dal fallimento o sussidiando, come si tenta di fare in<br />

qualche Paese, imprese nazionali scarsamente produttive,<br />

poiché ciò significherebbe solo impedire la nascita<br />

di altre imprese capaci di offrire qualità migliore a costo<br />

minore, con grande vantaggio dei cittadini consumatori.<br />

Perché è questa la logica del libero mercato: distruggere<br />

per creare in un processo continuo di avanzamento. “Il<br />

capitalismo può produrre crisi gravi - concludono i due<br />

economisti - ma rimane il sistema economico migliore<br />

che il genere umano sia stato in grado di creare”.<br />

<strong>Ti</strong>tolo: La crisi.<br />

Può la politica salvare il mondo?<br />

Autore: Alberto Alesina<br />

e Francesco Giavazzi<br />

Editore: : Il Saggiatore<br />

Pagine: 142<br />

17

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!