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2009 - Cc-Ti

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Ospite<br />

Intervista a Claudio Generali, Presidente dell’Associazione Bancaria <strong>Ti</strong>cinese, di Elisabetta Pisa<br />

16 <strong>Ti</strong>cino Business<br />

la crIsI FInanzIarIa è sotto controllo<br />

Qual è la situazione del settore bancario ticinese?<br />

“In tempi di recessione è ovvio che la crisi lambisca anche<br />

la nostra realtà. Però i nostri istituti non sono coinvolti<br />

direttamente nella parte finanziaria della crisi. Attendiamo<br />

le ripercussioni sull’economia reale: in questo<br />

senso non mancano le preoccupazioni”.<br />

È però vero che il Credit Suisse ha annunciato 650<br />

tagli in Svizzera e UBS nella Confederazione ha<br />

finora cancellato 2'000 posti di lavoro e potrebbe<br />

procedere a nuovi licenziamenti.<br />

“I tagli riguardano soprattutto il settore dell’investment<br />

banking, un tipo di attività non praticata in modo importante<br />

in <strong>Ti</strong>cino. Dunque il Cantone dovrebbe essere<br />

colpito in misura minore”.<br />

Siamo di fronte a un ridimensionamento strutturale<br />

o contingente del settore?<br />

”Per ciò che riguarda l'investment banking e la costruzione<br />

di prodotti speciali (l'ingegneria finanziaria per intenderci)<br />

si tratta di cambiamenti sicuramente strutturali”.<br />

A suo parere la piazza finanziaria svizzera cambierà<br />

configurazione?<br />

“Secondo me la fase della crisi finanziaria è superata.<br />

Quello per UBS è stato uno degli interventi effettuati dai<br />

vari governi accanto a provvedimenti di politica fiscale e<br />

monetaria presi quando la crisi di fiducia era tale che gli<br />

istituti non si prestavano soldi nemmeno fra di loro. Verranno<br />

abbandonati i prodotti complessi, quelli più redditizi,<br />

con una riduzione dei ricavi da commissione. Comunque<br />

è anche vero che ci sono istituti che in precedenza<br />

hanno cavalcato l’onda. Adesso la vera sfida è la crisi<br />

dell’economia, che potrebbe riflettersi anche sui bilanci<br />

delle banche. Se qualche azienda fallisse, le ripercussioni<br />

sarebbero inevitabili. Personalmente non sono molto ottimista<br />

sulla ripresa dell’economia. Questa non è una crisi<br />

di passaggio. È una crisi del sistema senza precedenti.<br />

Negli ultimi 20 anni gli obiettivi di crescita non sono stati<br />

realistici, adesso devono essere ridimensionati”.<br />

La ricerca di nuovi mercati non può essere la<br />

soluzione?<br />

”Quello della finanza era già globale. La finanza internazionale<br />

si muove su Internet. Adesso è finita un’epoca”.<br />

Pare che a soffrire in Svizzera siano più che altro i<br />

grandi istituti mentre le piccole banche registrano<br />

l'arrivo di nuova clientela che scinde il patrimonio<br />

anche per diversificare oltre che per una crisi di<br />

fiducia nei colossi bancari. È effettivamente così?<br />

“Nel momento del panico c’è stato chi ha diversificato e<br />

le banche prive di titoli tossici ne hanno beneficiato. Ma<br />

questa fase è superata. D’altro canto si dice: «Too big<br />

to fail», troppo grosso per fallire. Altrimenti crollerebbe<br />

tutto, anche le piccole banche fallirebbero”.<br />

Lehman Brothers però è colata a picco e nessuno se<br />

lo aspettava.<br />

“In quel caso il governo americano ha deciso di non intervenire.<br />

Personalmente mi sono formato in un periodo<br />

in cui la finanza creativa non esisteva, allora c’era più<br />

cautela: negli ultimi 20 anni sono state dimenticate le<br />

regole d’oro della finanza. Ora il pericolo è che le banche<br />

frenino il credito tradizionale alle aziende e alle famiglie,<br />

il che potrebbe portare qualche impresa al fallimento”.<br />

È quello che sta succedendo in <strong>Ti</strong>cino?<br />

”Al momento non ci sono dati disponibili. Non credo che<br />

ci sia da temere una stretta creditizia anche se qualche<br />

istituto può averlo fatto”.<br />

Come vede lo scenario economico-finanziario del<br />

<strong>Ti</strong>cino?<br />

“Condivido quanto pensa il Presidente della Camera di<br />

commercio, Franco Ambrosetti, secondo cui il Cantone<br />

non è una realtà dai grandi voli ma nemmeno dai grandi<br />

tonfi. Sono i vantaggi delle piccole dimensioni. Certo, il<br />

comparto finanziario preoccupa: la piazza elvetica ha subito<br />

un duro colpo di credibilità a livello internazionale. Un<br />

tempo si diceva che investire in Svizzera non dava grandi<br />

rendimenti, ma almeno il denaro era al sicuro. Di recente<br />

il franco sembra tornato a svolgere il ruolo di moneta rifugio:<br />

il che sta a significare che la nostra immagine non<br />

deve aver subito danni irrimediabili. Deve comunque far<br />

riflettere il fatto che il volume dei bilanci bancari è 6,5<br />

volte il PIL elvetico, nessuna nazione importante ha un<br />

sistema bancario che è un multiplo del PIL”.<br />

Quali sarebbero a suo parere le misure da adottare<br />

per uscire dalla crisi?<br />

“La crisi finanziaria è ormai sotto controllo. Ciò che più<br />

preoccupa è la ricaduta sull’economia reale. Investimenti<br />

degli enti pubblici, sgravi fiscali, immissione monetaria…<br />

quello che si sta facendo è utile. Però è vano pensare ad<br />

esempio che investimenti da parte del Cantone possano<br />

sortire effetti determinanti. Sarebbe opportuno già avere<br />

progetti pronti con le procedure approvate, perché purtroppo<br />

i tempi della democrazia sono lunghi. Il risultato<br />

paradossale potrebbe essere che si cominci a investire<br />

troppo tardi quando sarà il momento di mettere sotto controllo<br />

l’inflazione che presto o tardi seguirà la recessione”.

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