10.06.2013 Views

2009 - Cc-Ti

2009 - Cc-Ti

2009 - Cc-Ti

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Il tema<br />

di Alessio Del Grande<br />

8 <strong>Ti</strong>cino Business<br />

pArAdisi FiscAli<br />

e ATTAcco Al segreTo bAncArio<br />

Gli Stati Uniti da una parte, l’Unione Europea dall’altra: il<br />

segreto bancario è nella morsa di un attacco senza precedenti,<br />

che ha trovato pure i suoi cavalli di Troia nelle disavventure<br />

americane di UBS e nelle posizioni della sinistra<br />

svizzera da sempre in piena sintonia con i presunti diritti di<br />

un fisco sovranazionale a cui dovrebbero piegarsi tutti gli<br />

ordinamenti nazionali.<br />

In queste settimane la pressione internazionale per iscrivere<br />

la Confederazione nella black list dei “paradisi fiscali”, per<br />

quanto la stessa OCSE non la consideri tale, era aumentata<br />

di giorno in giorno. Prevale nel Paese una sindrome d’accerchiamento,<br />

appesantita anche dalla lentezza con cui il<br />

Consiglio federale ha reagito all’attuale crisi, accentuando<br />

con ciò un generale sentimento di debolezza politica.<br />

Se sul fronte americano la partita è ancora del tutto aperta<br />

– a dipendenza dell’evolversi del contenzioso di UBS con<br />

le autorità fiscali e giudiziarie USA –, su quello europeo, il<br />

segreto bancario è attualmente protetto da tre convenzioni<br />

con Bruxelles. Accordi che in cambio del riconoscimento<br />

del segreto bancario, prevedono assistenza amministrativa<br />

e giudiziaria in caso di frode fiscale o reati analoghi, e il prelevamento<br />

di un’imposta, sui depositi dei cittadini europei<br />

in Svizzera, che viene riversata ai Paesi dell’UE. Nel 2007,<br />

grazie alla sola trattenuta sui redditi dei capitali a risparmio,<br />

la Confederazione ha versato agli Stati dell’UE poco meno di<br />

mezzo miliardo di franchi. Anche con gli USA c’è in vigore<br />

un’intesa per cui i contribuenti americani che hanno un<br />

conto in Svizzera pagano un’imposta alla fonte del 30%.<br />

Basteranno ancora questi accordi a difendere il segreto bancario?<br />

Servirà davvero a qualcosa blindarlo ancorandolo alla<br />

Costituzione? Gli esiti di questo scontro dipenderanno in<br />

larga misura da molteplici fattori: dalla strategia del Governo<br />

federale; dalla forza contrattuale che riuscirà a far pesare<br />

sia verso gli USA che nelle trattative con Bruxelles; dalla<br />

compattezza della classe politica nel sostenere le ragioni<br />

del segreto bancario; dalla correttezza con cui gli attori della<br />

piazza finanziaria eviteranno abusi e deviazioni delle leggi<br />

internazionali e delle convenzioni sottoscritte con gli altri<br />

Paesi.<br />

Certo è che dopo gli attacchi dei mesi scorsi, di Francia,<br />

Germania e Inghilterra, e soprattutto dopo le vicende americane,<br />

si accentuerà ancora di più la pressione contro il<br />

segreto bancario. Tutti gli Stati stanno spendendo somme<br />

ingenti contro la crisi, per sostenere banche e industrie<br />

sull’orlo del crac. Deficit e debito pubblico aumentano esponenzialmente,<br />

per cui i Governi hanno bisogno di nuove<br />

risorse, di nuovi capitali. Dove trovarli? In una fase recessiva<br />

come quella attuale, i cui esiti sono ancora tutti da vedere,<br />

è impossibile solo pensare che si possano trovare queste<br />

risorse accentuando la pressione fiscale sui cittadini e sulle<br />

imprese. Sono tutti consapevoli che ciò aggraverebbe l’impatto<br />

della recessione. Quindi, per reperire nuovi capitali,<br />

che non siano quelli delle obbligazioni di Stato che prima o<br />

poi bisognerebbe comunque restituire con gli interessi, non<br />

resta che una sola strada: la caccia ai grandi evasori fiscali<br />

o presunti tali. A livello mondiale l’ammontare di questa evasione<br />

viene stimata tra 5’000 e gli 8’000 miliardi di dollari.<br />

Capitali che oggi fanno gola al fisco di ogni Stato. Non è difficile<br />

prevedere, quindi, un inasprimento della battaglia per<br />

recuperare questi soldi, di conseguenza ulteriori attacchi al<br />

segreto bancario svizzero. Indicativi in tal senso sono stati<br />

già nei mesi scorsi, dunque prima ancora che scoppiasse<br />

il caso UBS, le bordate del ministro tedesco delle Finanze<br />

Steinbrück, a cui recentemente si sono affiancati il ministro<br />

britannico Alistar Darling, secondo cui il segreto bancario<br />

svizzero “è intollerabile poiché protegge l’evasione fiscale”,<br />

e il Presidente francese Sarkozy.<br />

Molto probabilmente per disarmare il fronte europeo basterebbe<br />

l’introduzione di una trattenuta anche sui redditi<br />

dei capitali (dei cittadini europei) da riversare ai loro Stati,<br />

ricalcando il modello dell’attuale tassazione sul risparmio.<br />

Ma questa offensiva concentrica contro la Svizzera ha anche<br />

il sapore amaro delle menzogne di Stato quando si tenta<br />

si spacciarla davanti all’opinione pubblica mondiale come<br />

un paradiso fiscale. Va ricordato che su 31 paradisi fiscali,<br />

elencati dall’OCSE, ben 9 si trovano sul territorio del Regno<br />

Unito, altri 14 in ex colonie dell’impero britannico. Gibilterra,<br />

da quando ha adottato la giurisdizione britannica è diventata,<br />

secondo la magistratura spagnola, la roccaforte del<br />

riciclaggio della mafia russa. L’Inghilterra è, perciò, il Paese<br />

meno legittimato a sbraitare contro il segreto bancario svizzero.<br />

Nemmeno gli stessi Stati Uniti hanno le carte in regola<br />

per dare lezioni a chicchessia. Difatti, molte delle banche<br />

americane che in questi ultimi tempi hanno beneficiato dei<br />

generosi aiuti del Tesoro, come Goldman Sachs, Citigroup e<br />

Morgan Stanley hanno sedi nelle Cayman, paradiso fiscale<br />

per eccellenza, dove sono attive con centinaia di sportelli.<br />

Inoltre, il Governo americano ha autorizzato pure le grandi<br />

società di export a domiciliarsi nelle sedi delle filiali aperte<br />

nelle Barbados o nelle Isole Vergini, sottraendole così alle<br />

normative fiscali internazionali.<br />

Di fronte a queste verità, per un Paese come la Svizzera,<br />

dove storicamente è un valore di civiltà condiviso il fatto che<br />

sia il cittadino a dichiarare al fisco la sua ricchezza e non sia<br />

il fisco, invece, a controllare i suoi conti in banca, cedere sul<br />

segreto bancario non comporterebbe solo un grave danno<br />

per la piazza finanziaria, ma significherebbe anche rinunciare<br />

ad un fondamentale principio di libertà.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!