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Giordano Bruno Monaco Mago Occultista

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19/06/2012 - 20.17 <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Monaco</strong> <strong>Mago</strong> <strong>Occultista</strong><br />

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http://www.cartomante-bantan.com/1/storia_della_cartomanzia_5848028.html<br />

http://www.cartomante-bantan.com/1/storia_dei_pentacoli_a_cosa_servono_5848021.html<br />

http://www.cartomante-bantan.com/1/oroscopo_tema_natale_ti_permette_di_vedere_dalla_nascita_le_tue_potenzialita_1350093.html<br />

http://www.cartomante-bantan.com/1/felicita_si_puo_raggiungere_si_puo_trovare_5841380.html<br />

http://www.cartomante-bantan.com/1/storia_dell_esoterismo_5837682.html<br />

http://www.cartomante-bantan.com/1/biotensor_o_bio_tensore_valore_dello_strumento_antico_per_ricerche_energetiche_5884786.html<br />

http://www.bantan-sensitivo.com/1/storia_della_cartomanzia_5836497.html<br />

http://www.bantan-sensitivo.com/1/storia_dei_pentacoli_a_cosa_servono_5840997.html<br />

http://www.bantan-sensitivo.com/1/oroscopo_tema_natale_ti_permette_di_vedere_dalla_nascita_le_tue_potenzialita_518348.html<br />

http://www.bantan-sensitivo.com/1/felicita_si_puo_raggiungere_si_puo_trovare_5847931.html<br />

http://www.bantan-sensitivo.com/1/storia_dell_esoterismo_5847972.html<br />

http://www.bantan-sensitivo.com/1/biotensor_o_bio_tensore_valore_dello_strumento_antico_per_ricerche_energetiche_5884561.html<br />

<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Monaco</strong> <strong>Mago</strong> <strong>Occultista</strong> http://goo.gl/XjvUn http://goo.gl/W4m7G<br />

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19/06/2012 - 20.17 <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Monaco</strong> <strong>Mago</strong> <strong>Occultista</strong><br />

Perché <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong><br />

In questo sito abbiamo<br />

deciso di dedicare una<br />

pagina a <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>,<br />

una delle più belle menti<br />

della sua epoca,<br />

condannato al rogo nel<br />

1600 dalla Chiesa Cattolica<br />

per le sue posizioni<br />

filosofiche che anticiparono<br />

e ispirarono il pensiero ateo<br />

dei nostri tempi. Ecco le<br />

ragioni di un tale crimine<br />

dalle parole di un grande<br />

studioso del filosofo nolano,<br />

Anacleto Verrecchia:<br />

"Come si spiega<br />

l'accanimento della Chiesa<br />

contro il frate di Nola? La<br />

risposta va cercata nella<br />

filosofia stessa di <strong>Bruno</strong>, la<br />

quale teorizza non solo che<br />

l'universo è infinito, ma che<br />

è eterno, cioè che è sempre<br />

esistito e sempre esisterà.<br />

Tutto questo rende<br />

superfluo un dio creatore,<br />

che infatti non si saprebbe<br />

dove piazzare. Ma se non<br />

c'è posto per un dio, non c'è<br />

neppure per i chierici, suoi<br />

ministri: tutti disoccupati!<br />

Visto così, <strong>Bruno</strong> dev'essere<br />

subito apparso un filosofo<br />

troppo pericoloso per la<br />

Chiesa, e ciò spiega perché essa, dopo averlo ucciso, abbia sempre cercato di insegretirlo o almeno<br />

di diffamarlo. Se avessimo tutti gli atti del processo, anziché solo frammenti o spezzoni,<br />

sicuramente verrebbe fuori che il vero motivo della sua condanna al rogo fu soprattutto la teoria<br />

dell'universo infinito ed eterno. Invece la Chiesa ha accettato, in qualche modo, la teoria del Big-<br />

Bang, dicendo che solo un essere onnipotente, in altre parole un dio, poteva provocare una simile<br />

esplosione cosmica. Già, ma quell'esplosione potrebbe anche far pensare che Dio si sia sparato.<br />

Infatti né in terra né in cielo c'è traccia di un essere sommamente buono come quello di cui<br />

cianciano i chièrici. Motivi per spararsi non gliene mancavano di certo, dopo aver «creato» un<br />

mondo come questo. È ciò che pensa anche Schopenhauer: «Se un dio ha fatto questo mondo, io<br />

non vorrei essere quel dio, perché il dolore del mondo mi strazierebbe il cuore»". (Nachlass,<br />

München 1985, III, 57)”. (Anacleto Verrecchia, “<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>”, pag.11)<br />

La vita di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong><br />

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Il domenicano "Fratello <strong>Bruno</strong>" (1548-1576)<br />

Nato nel gennaio del 1548 a Nola, un tranquillo paese vicino a Napoli, Filippo <strong>Bruno</strong> è figlio di<br />

un gentiluomo senza titolo e dal modesto reddito.<br />

La scuola più vicina al paese gli dà un’istruzione pregna di un umanesimo che mette l’accento<br />

sugli autori classici, lo studio della lingua e della grammatica latina.<br />

Questo insegnamento lo segnerà tanto quanto la pedanteria che lo accompagna e lo rifiuta. A 14<br />

anni parte per Napoli, dove raggiunge l’università pubblica.<br />

Parallelamente, alcuni corsi particolari lo mettono al centro di dibattiti filosofici tra platonici e<br />

aristotelici.<br />

Fin da quest’epoca, egli scopre la mnemotecnica e quest’arte della memoria, allora in voga,<br />

risulterà presto una delle sue discipline favorite.<br />

A questo primo strato umanistico e<br />

filosofico, viene a sovrapporsi uno<br />

strato teologico determinante.<br />

Il 15 giugno 1565, Filippo ritorna<br />

dai Fratelli predicatori di San<br />

Domenico Maggiore.<br />

Questa scelta sembra motivata dal<br />

prestigio del convento domenicano<br />

che conferisce titoli indiscussi e ben<br />

considerati in tutta l’Italia.<br />

È anche un prezioso rifugio in questi<br />

tempi turbati dalla carestia e dalle<br />

epidemie.<br />

Per dieci anni <strong>Bruno</strong>, che ha<br />

adottato il nome di <strong>Giordano</strong> in<br />

omaggio ad uno dei suoi maestri in<br />

metafisica (<strong>Giordano</strong> Crispo), lega la<br />

sua vita ai domenicani, digerisce<br />

una cultura dogmatica e<br />

pluridisciplinare (filosofia naturale,<br />

dialettica, retorica, metafisica…).<br />

La sua condotta sembrava conforme<br />

al motto domenicano verba et<br />

exempla (parole ed esempi).<br />

Diventa prete nel 1573.<br />

Lettore in teologia nel luglio del<br />

1575, sostiene con successo una tesi<br />

su alcuni aspetti del pensiero di<br />

Tommaso d’Aquino e di Pierre<br />

Lombard. Tuttavia, gli indizi di<br />

un’imminente rottura sono già percettibili.<br />

In realtà, <strong>Bruno</strong> nasconde uno spirito ribelle alla gogna teologica e ha il gusto di vagabondare<br />

verso i sentieri poco ortodossi.<br />

La sua vorace curiosità non smette di crescere e di guadagnare in eclettismo.<br />

Si nutre abbondantemente delle opere di Erasmo, umanista considerato un eretico del 1559.<br />

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Ostenta gusto per l’ermetismo, la magia ed inizia una passione per la cosmologia staccata<br />

dall’approccio teologico.<br />

Fin dal suo primo anno di noviziato, era stato accusato di profanazione del culto di Maria.<br />

Finisce per urtare contro la gerarchia sulle questioni del dogma della Trinità, che egli respinge.<br />

Viene condotto contro di lui un procedimento per dichiararlo eretico.<br />

<strong>Bruno</strong> anticipa la sentenza: abbandona il saio domenicano e fugge da Napoli nel febbraio del<br />

1576.<br />

Questa apostasia getta <strong>Bruno</strong> in una vita avventurosa dove la precarietà materiale si<br />

accompagna alla brevità dei soggiorni<br />

Ermetismo ed alchimia<br />

Nell'ultimo post abbiamo<br />

affrontato la questione della<br />

Magia naturalis e di uno dei<br />

suoi propugnatori, che fu il<br />

frate domenicano <strong>Giordano</strong><br />

<strong>Bruno</strong>.<br />

E' forse tempo di spiegare che<br />

la Magia rinascimentale è una<br />

magia alchemica che trae le sue<br />

posizioni filosofiche dal<br />

Neoplatonismo e dalla figura<br />

mitica di Ermete Trismegisto.<br />

Nell'Antico Egitto veniva<br />

adorato un dio dalla testa di<br />

ibis, un uccello che un tempo<br />

abbondava sulle sponde del<br />

Nilo: il nome di questa divinità<br />

era Thot, ma, per progressive<br />

sovrapposizioni, essa finì per amalgamarsi a quella dell'Hermes greco, di cui condivideva alcuni<br />

attributi.<br />

Successivamente si pervenne a una figura con minori caratteri di deità: Ermete Trismegisto, che<br />

assunse una collocazione storica, benchè con caratteri mitici, divenendo un personaggio della<br />

leggenda, chiamato tre volte grande in quanto considerato il più grande filosofo, il più grande<br />

sacerdote, il più grande re.<br />

Così a detta del Magus rinascimentale Marsilio Ficino.<br />

Ermete diventa dunque un mitico benefattore degli albori della razza che porta conoscenza e<br />

sapienza ad un'umanità ancora bambina.<br />

Così come Mosè fu considerato il capostipite della tradizione esoterica ebraica, ugualmente<br />

Ermete lo diviene di quella egizia, con un discreto numero di discepoli.<br />

Fu così che, nel corso dei secoli, il dio Hermes si è trasformato nel maestro Hermete, fondatore<br />

dell'Ermetismo, che ha come suo principio costitutivo l'arte esoterica della trasformazione e del<br />

cambiamento.<br />

Alla base di quest'arte troviamo l'Alchimia, che si pone come obiettivo non solo quello di<br />

trasmutare alcuni metalli in altri (il famoso piombo in oro), ma anche quello di convertire le<br />

sostanze più grosse in quelle più sottili.<br />

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Recita la Tavola Smeraldina, il documento alla base dell'ermetismo, attribuito direttamente ad<br />

Ermete Trismegisto<br />

"Separerai il sottile dallo spesso, delicatamente, con grande ingegno."<br />

Tuttavia lo scopo segreto dell'alchimia era quello di portare l'uomo al ricongiungimento con la<br />

coscienza divina.<br />

E' forse molto diverso dal tramutare il piombo in oro? In effetti no.<br />

Cosa aveva mai di tanto importante l'oro per convogliare su di sè tutta la sua attenzione, a tal<br />

punto che gli occulti segreti della sua preparazione dovessero essere nascosti nelle immagini<br />

delle grandi cattedrali francesi?<br />

Pressocchè nulla.<br />

Esso si fa simbolo insieme ad altri<br />

metalli per indicare energie nascoste<br />

all'interno della nostra psiche.<br />

Ed è con quelle che si cimenta il vero<br />

Alchimista.<br />

Bisogna avere oro per creare oro,<br />

occorre cioè che il materiale grezzo della<br />

propria esistenza (il piombo) sia filtrato<br />

da quel minimo di consapevolezza con<br />

cui veniamo al mondo (oro) per produrre<br />

maggiore consapevolezza.<br />

Il mercurio è ad esempio simbolo del<br />

modo in cui la nostra mente media con<br />

il mondo, assorbendone le forme, al fine<br />

di conoscerlo: non era Hermes il<br />

messaggero degli dei?<br />

Tre sono gli stadi conosciuti di questo processo alchemico:<br />

nigredo, o fase al nero, associata a Venere e al desiderio, che si manifesta in un duplice<br />

aspetto:<br />

benefico e dispensatore di vita, oppure malefico e dispensatore di morte e distruzione.<br />

Ecco forse dunque svelarsi il simbolismo delle Madonne nere, talvolta identificate con<br />

Iside.<br />

albedo, o fase al bianco: la purificazione dal desiderio, che rimanda o all'ascetismo, il<br />

cui signore è Marte, simbolo di lotta e disciplina, e l'elemento a lui collegato, il ferro;<br />

oppure la possibilità di abbracciare il desiderio stesso, trasformandolo (che rimanda<br />

al tantrismo).<br />

Se l'obiettivo è raggiunto, l'Io viene chiamato Oro bianco o Zolfo bianco, materia che<br />

rende bianco il rame, metallo di Venere.<br />

rubedo, o fase al rosso: associata al calore, è il ritorno alla terra con la coscienza<br />

purificata che restituisce la vita all'incorporeità.<br />

L'Io, oramai distaccatosi dalle scorie dell'esperienza, deve ritornare per darle luce e<br />

calore.<br />

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Il suo lungo peregrinare (1576-1592)<br />

Per quindici anni, la sua<br />

vita appare come una<br />

scorciatoia commovente e<br />

metaforica: il<br />

barcamenarsi del percorso<br />

di un pensiero ampio e<br />

libero. Alle sinuosità della<br />

sua mente risponde il suo<br />

peregrinare in tutte le<br />

parti d’Europa. <strong>Giordano</strong><br />

<strong>Bruno</strong> lo riteneva<br />

espressione della massima<br />

sapienza antica. Nei suoi<br />

insegnamenti si fondono<br />

tradizioni gnostiche, platoniche e anche giudaiche, alle quali si assommano regole pratiche e<br />

morali, accompagnate da tecniche iniziatiche di derivazione alchimistica.<br />

Per alcuni, invece, si tratterebbe del Giano trifronte, più correttamente “triforme”, derivazione<br />

del Giano bifronte pagano, con una faccia rivolta al passato e l’altra al futuro.<br />

Tesi confutabile per due motivi.<br />

Primo motivo: il classico Giano bifronte è rappresentato in maniera vistosa nella facciata della<br />

chiesa, in cima a una lesena, quasi a fare contrappunto al Bafometto!<br />

Dal 1576 al 1578 cerca di stabilirsi in Italia, al prezzo di incessanti cambiamenti imposti dalla<br />

sua condizione di apostata quanto dalla sua crescente originalità. Genova, Noli, Savona, Torino,<br />

Venezia, Padova, Brescia, Napoli… <strong>Bruno</strong> vive con difficoltà delle lezioni di grammatica o di<br />

astronomia, riesce però a far pu bblicare un’opera prima a Venezia di cui non resta nient’altro<br />

che il titolo “Dei segni dei temp i”. Finisce per esiliarsi, si reca a Chambéry, poi a Ginevra dove<br />

spera di incontrare un’oasi di pace. L’antro calvinista lo seduce temporaneamente: è integrato<br />

nella comunità evangelica italiana del marchese di Vico, il saio domenicano è definitivamente<br />

abbandonato, assiste alle prediche, s’iscrive in diverse accademie… Finirà per unirsi alla causa<br />

calvinista? Eccolo di nuovo in conflitto con la gerarchia di cui contesta la competenza di uno dei<br />

membri. Il 6 agosto 1578, viene arrestato e scomunicato. Seconda esclusione da una comunità<br />

religiosa!<br />

<strong>Bruno</strong> non resterà là. Riparte: Lione, Tolosa… questa città sotto il giogo del severo dogmatismo<br />

cattolico lo tollera per due anni. Riesce ad insegnare la fisica, la matematica.<br />

Un’opera sulla mnemotecnica, “Clavis Magna” lo fa conoscere ad Enrico VIII. Il re, stupito dalle<br />

capacità della sua memoria abissale, lo convoca a Parigi e si fa suo protettore. La vita di <strong>Bruno</strong><br />

conosce allora una specie di età d’oro. Cinque anni eccezionalmente stabili (fino al 1583) lo<br />

vedono figurare tra gli abituali filosofi di corte. Insegna al Collegio dei lettori reali (il Collegio di<br />

Francia), si dedica agli sviluppi del suo pensiero. Di fronte alle tensioni religiose del momento,<br />

adotta una posizione tollerante, senza dare ragione a nessuno degli estremismi dei protestanti e<br />

dei leghisti. Nel 1582, “Il Candelaio”, feroce commedia satirica circa la mentalità dei suoi tempi,<br />

conferma il suo talento proteiforme e rivela un vero stile da scrittore, originale e vivo, lirico ed<br />

ironico, innamorato d’immagini sorprendenti, raffinate o brutali.<br />

Nell’aprile del 1583, munito di una raccomandazione reale, <strong>Bruno</strong> si reca in Inghilterra, prima a<br />

Londra e poi ad Oxford. L’accoglienza che gli viene riservata è piena di ostilità. La sua<br />

reputazione è brillante, ma solforosa. Non la smentirà: l’esposizione delle sue idee maltratta<br />

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l’opinione anglicana, solleva numerose critiche, suscita dispute appassionate. Deciso a trionfare,<br />

appollaiato sul suo orgoglio di pensatore che conosce il proprio valore e giudica non senza<br />

alterigia quello dei suoi avversari, <strong>Bruno</strong> consacra due anni a replicare per le rime. Due anni che<br />

fanno di <strong>Bruno</strong> un filosofo, un teologo ed un potente scienziato, innovatore, impertinente. Nel<br />

1584 escono 3 delle sue opere: "La cena delle ceneri”, “De la causa, principio et uno”, “De infinito,<br />

universo et mondi”.<br />

Queste opere espongono in particolar modo una visione cosmografica sublime ed audace,<br />

rivoluzionaria, quasi visionaria. Affonda la vecchia concezione sempre regnante del<br />

geocentrismo, sostiene la rappresentazione copernicana del mondo… anche superandola:<br />

l’universo è infinito, popolato da una moltitudine di mondi simili al nostro. Concependo un<br />

mondo aperto, <strong>Bruno</strong> compie un salto nell’Immensità. La forza della logica della sua intuizione<br />

ne fa un precursore di Keplero e dell’astronomia moderna. Ma <strong>Bruno</strong> resta ancorato nella sua<br />

epoca, mischiando alle sue folgorazioni credenze ermetiche, magiche ed animiste: la vita anima<br />

pianeti preoccupati di esporre le loro facce al sole, la materia possiede un’anima sensibile e<br />

razionale…<br />

Nel 1585, tre nuove opere approfo ndiscono e proseguono le sue audacie. “Lo spaccio della bestia<br />

trionfante” critica i comportamenti calvinisti e cattolici in nome di un attivismo umanista… “La<br />

cabala del cavallo di Pegaso” è un opuscolo satirico che demolisce metodicamente l’edificio<br />

aristotelico, venerabile riferimento da diversi secoli. Infine, “Gli eroici furori” ribadiscono l’idea<br />

di un mondo che non ha più un centro… e Dio più nessun luogo.<br />

Di ritorno da Parigi, <strong>Bruno</strong> vede la sua posizione deteriorarsi. Il re non può più arrischiarsi a<br />

difendere un “eretico” del sapere, mentre gli scontri religiosi s’inaspriscono. <strong>Bruno</strong> è isolato da<br />

un oscuro affare che l’oppone a Mordente, geometra sostenuto dai leghisti, che lo accusa di<br />

attribuirsi la paternità del compasso differenziale. Un nuovo esilio conduce il focoso pensatore in<br />

Germania. Nel giugno del 1586, l’università di Marburg e poi di Wittenberg lo accolgono. Vi<br />

rimane per circa due anni… il tempo di scontrarsi nuovamente con la gerarchia.<br />

Nell’autunno del 1588, <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong><br />

apprende della sua scomunica, proclamata<br />

questa volta dal pastore della chiesa<br />

luterana!<br />

La sua rapida messa al bando lo obbliga a<br />

riprendere la strada. Prima Helmstedt, poi<br />

Francoforte. Nell’intervallo, la sua<br />

produzione non s’indebolisce, alimentata dal<br />

fuoco delle polemiche e dei suoi viaggi<br />

successivi. La “Trilogia di Francoforte”<br />

testimonia della sua volontà di mettere in<br />

ordine il suo pensiero. “De immenso et<br />

innumerabilibus” riesamina le basi della sua<br />

cosmografia. “De monade, numero et figura”<br />

conduce ad una riflessione magica in cui si<br />

afferma il rapporto organico tra i numeri e le<br />

figure geometriche. “De triplici minimo et<br />

mensura” è una bozza di sorprendenti<br />

sviluppi sull’infinitamente piccolo che<br />

annunciano le riflessioni che seguiranno sull’atomo. La sua ultima opera, comparsa nel 1591<br />

(“De imaginum compositione”) espone un sistema mnemotecnico incredibilmente sofisticato.<br />

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Le idee del filosofo<br />

Mnemonica ed ermetismo Ermete Trismegisto http://goo.gl/k1qB1 http://goo.gl/dIQWT<br />

Dotato di una memoria prodigiosa che gli permette, si dice, di recitare 7.000 passaggi della<br />

Bibbia o anche 1.000 poemi di Ovidio, il<br />

filosofo è volentieri ospite dei principi<br />

d’Europa, dove dà libero sfogo alla sua<br />

inclinazione per la libera discussione.<br />

È autore di due libri che descrivono un<br />

metodo di memorizzazione. Questi libri<br />

hanno dato luogo a numerose<br />

interpretazioni e polemiche.<br />

Si tratta di memorizzare una successione<br />

di luoghi i n un edificio, e di associare<br />

così alla serie di luoghi memorizzati delle<br />

immagini destinate a ricordare i punti di<br />

un discorso. Pronunciando il proprio<br />

discorso, l’oratore passeggiava nella<br />

propria immaginazione lungo i luoghi che<br />

aveva memorizzato, cogliendo al<br />

passaggio le immagini che gli ricordavano<br />

le figure del suo discorso.<br />

Il sistema mnemonico topografico non si<br />

limitava ai soli edifici, ma poteva<br />

associare lo zodiaco o lo stesso ordine cosmico. L’esperienza che consiste nel far riflettere<br />

l’universo nella propria mente è all’origine della memoria magica del Medio Evo. Utilizzando le<br />

immagini magiche o talismaniche come immagini mnemoniche, il mago sperava di acquisire la<br />

conoscenza universale così come dei poteri, simili in qualche modo ai poteri del cosmo.<br />

Questa immagine è l’occasione per descrivere il nuovo sistema copernicano, ma lascia<br />

ugualmente pensare che <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> s’impegni nella via dell’ermetismo e della magia.<br />

Il domenicano <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> appare come un filosofo ed un mago ermetico, portatore di un<br />

messaggio religioso originale. Il messaggio che apporta all’eliocentrismo copernicano è associato<br />

alla magia solare di Marsilio Ficino. http://goo.gl/uQDO9 http://goo.gl/hc42W<br />

La pluralità dei mondi<br />

<strong>Bruno</strong> difende con vigore la tesi copernicana dell’eliocentrismo pubblicata nel 1543 e distrugge i<br />

limiti troppo stretti nei quali la religione cristiana rinchiudeva l’universo e va anche oltre,<br />

affermando l’esistenza di un’infinità di mondi abitati.<br />

Concepisce una pluralità di mondi simili al nostro in un universo che non sarebbe stato creato<br />

ma che sarebbe esistito da sempre. Questa concezione si oppone alla teologia cristiana.<br />

Ebbe il coraggio di mantenere la propria visione di un cosmo infinito malgrado gli interrogatori e<br />

la tortura, ciò che fece di lui un simbolo del pensiero laico contro il dogmatismo dell’Inquisizione.<br />

<strong>Bruno</strong> immagina un universo infinito di cui Dio sarebbe l’anima.<br />

Di spirito combattivo ed incline alla polemica, si mette contro la maggior parte dei teologi e dei<br />

pensatori del suo tempo.<br />

<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> pubblica le sue idee nel 1584, in italiano ed in latino, in un’opera intitolata: “De<br />

l’infinito, universo et mondi”.<br />

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19/06/2012 - 20.17 <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Monaco</strong> <strong>Mago</strong> <strong>Occultista</strong><br />

Egli è l’ardente propagandista di un universo infinito, della pluralità dei mondi e della vita nel<br />

cosmo:<br />

«Persevera, caro<br />

Filoteo, persevera;<br />

non ti scoraggiare e<br />

non indietreggiare,<br />

perché il grande e<br />

solenne senato della<br />

sciocca ignoranza,<br />

con l’aiuto di<br />

multiple<br />

macchinazioni ed<br />

artifici, non minacci<br />

e tenti di distruggere<br />

la tua divina<br />

impresa ed il tuo<br />

grandioso lavoro.<br />

(...) E poiché nel<br />

pensiero di ciascuno<br />

si trova una certa<br />

santità naturale, sita nell’alto tribunale dell’intelletto che esercita il giudizio del bene e del male,<br />

della luce e delle tenebre, accadrà che, da particolari riflessioni di ciascuno, nasceranno per il tuo<br />

processo dei testimoni e dei difensori molto fedeli e integri. (...) Facci ancora conoscere quello che è<br />

veramente il cielo, quello che sono veramente i pianeti e tutti gli astri; come i mondi infiniti sono<br />

distinti gli uni dagli altri; come un tale effetto infinito non è impossibile ma necessario; come un<br />

tale effetto infinito giovi alla causa infinita; qual è la vera sostanza, materia, atto ed efficienza del<br />

tutto; come tutte le cose sensibili e composte sono formate degli stessi principi ed elementi.<br />

Apportaci la conoscenza dell’universo infinito. Strappa le superfici concave e convesse che<br />

terminano all’interno e all’esterno tanto degli elementi quanto del cielo. Getta il ridicolo sulle sfere<br />

deferenti e le stelle fisse. Spezza e getta a terra, nel boato e nel turbine dei tuoi argomenti vigorosi,<br />

quello che le persone cieche considerano come le mura adamantine del primo impulso e<br />

dell’ultimo convesso. Che sia distrutta la posizione centrale accordata in proprio ed unicamente a<br />

questa Terra. Sopprimi la volgare credenza nella quintessenza. Donaci la scienza dell’equivalenza<br />

della composizione dei nostro astro e del nostro mondo, insieme a quelle di tutti gli astri e di tutti<br />

i mondi che possiamo vedere. Che con le sue fasi successive ed ordinate, ciascuno dei grandi e<br />

spaziosi mondi infiniti nutra equamente altri mondi infiniti di minor importanza. Annulla i<br />

motori estrinseci, nello stesso modo dei limiti di questo cielo. Aprici la porta attraverso la quale<br />

noi vediamo che questi astri non differiscono dagli altri. Mostra che la consistenza degli altri<br />

mondi nell’etere è simile alla consistenza di questo. Fa chiaramente intendere che il movimento di<br />

tutto proviene dall’anima interiore, affinché la luce di una tale contemplazione ci faccia<br />

progredire un po’ più sicuri nella conoscenza della natura». (De infinito, universo et mondi).<br />

Ne "l'Immenso", <strong>Bruno</strong> scrive: «Dio è infinito nell’infinito, dappertutto in tutte le cose, non al<br />

disopra né al di fuori, ma assolutamente inerente ad esse». Tutti gli aspetti della filosofia di<br />

<strong>Bruno</strong> (gnoseologia, metafisica, fisica, cosmologia, etica) scaturiscono in virtù dell’onnipresenza<br />

dell’Uno. Sostituisce a Dio il concetto di infinito.<br />

La cena delle ceneri<br />

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19/06/2012 - 20.17 <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Monaco</strong> <strong>Mago</strong> <strong>Occultista</strong><br />

“La cena delle ceneri” è il primo di tre grandi dialoghi metafisici di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, nel quale<br />

espone, contro i sostenitori di Aristotele e di Tolomeo, e andando oltre lo stesso Copernico, le sue<br />

concezioni cosmologiche. Se difende l’ipotesi copernicana durante una cena organizzata “in suo<br />

onore” dai dottori inglesi il 14 febbraio 1584, giorno delle Ceneri, è soprattutto per denunciare la<br />

pedanteria e l’oscurantismo dei cosiddetti dottori, e anzitutto perché egli è il <strong>Bruno</strong> “inventore di<br />

nuove filosofie”.<br />

Oggi la chiesa ancora si difende: essa non lo ha condannato per le sue visioni cosmologiche, ma<br />

per le sue posizioni eretiche, dice lei… come se le due cose possano essere separate, e come se la<br />

seconda giustificasse il rogo meglio della prima!<br />

D’altronde, piuttosto che l’eterodossia delle sue opinioni , è più la sua capacità di cambiarne che<br />

era insopportabile alle istituzioni religiose. Più relativista che scettico, <strong>Bruno</strong> scrive nel 1588,<br />

anticipando di quasi due secoli la tolleranza dell’Illuminismo, che la propria religione “è quella<br />

della coesistenza pacifica delle religioni, fondata sulla regola unica dell’intesa e della liberta di<br />

discussione reciproca”. <strong>Bruno</strong>, se si fida della ragione “di ciascuno”, disprezza i dotti.<br />

Uno spirito libero<br />

<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> e la sessualità<br />

Il desiderio di liberazione dai<br />

costumi, in particolare<br />

sessuali, è uno dei fattori che<br />

spiegano la crescita<br />

dell’ateismo nel XVI° secolo.<br />

Gli atei e gli eterodossi si sono<br />

fatti difensori di un amore<br />

naturale, svincolato dai divieti<br />

religiosi.<br />

Si sparge allora il sospetto di<br />

ateismo e sono numerose le<br />

vittime condannate<br />

semplicemente a causa della reputazione di omosessuali che è loro attribuita (è il caso di<br />

<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>). Le autorità religiose fanno spesso un collegamento tra la sodomia e l’ateismo.<br />

Tale associazione è comprensibile dal punto di vist a degli accusatori: ai loro occhi, colui che<br />

nega la verità fondamentale, l’esistenza di dio, abbandona ogni valore assoluto, rinuncia<br />

all’ordine divino del mondo che è allo stesso tempo cosmico, morale e intellettuale e quindi<br />

ritorna al caos! Sembra che, per tutti quei fondamentalisti, ogni situazione, sessuale o d’altro<br />

tipo, dipenda dal caos… dal momento in cui questa è minoritaria.<br />

L’ateismo teorico del rinascimento è uno degli elementi di una rivolta più generale della mente<br />

contro la costrizione soffocante dei dogmi religiosi cattolici, una rivendicazione di libertà globale<br />

di fronte tanto ai poteri civili quanto a quelli religiosi, una ribellione contro i divieti sessuali.<br />

<strong>Bruno</strong> l’«insopportabile»!<br />

Avrebbe potuto condurre la vita facile di un erudito di quell’epoca, se non fosse stato uno di<br />

quelli che fanno passare le proprie convinzioni davanti ai propri interessi. Il suo spirito<br />

d’indipendenza e un forte sentimento di rivolta di fronte agli abusi della chiesa, lo spingono a<br />

rompere con l’ordine dominicano (1576). Deve fuggire da Napoli, poi da Roma per scappare<br />

dall’Inquisizione. Cominciano allora anni di vagabondaggio: a Ginevra, poi in Francia, in<br />

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Inghilterra, in Germania e a Praga. Scomunicato anche dai calvinisti e dai luterani, più di una<br />

volta è costretto a fuggire in pieno dibattito per paura di farsi lapidare nella pubblica piazza. È<br />

di un animo "carico di umorismo" e di un orgoglio la cui dismisura ha uguale solo nella sua<br />

inflessibilità che lo rende propenso alla collera: lo si rifiuta o lo si bracca dovunque.<br />

Infatti, <strong>Bruno</strong> disturba più di qualcuno con le sue folli idee: atomista convinto, si pone<br />

soprattutto come fervente difensore dell’eliocentrismo di Copernico. Racconta (a chi lo vuole<br />

ascoltare) che la Terra gira su se stessa, che non è il centro del mondo, che la Via Lattea è di<br />

natura stellare e che il Sole è solo una di queste stelle, che il mondo è "un’infinita riserva<br />

d’innumerevoli mondi uguali al nostro"... Trent’anni prima di Galileo, senza lenti, avendo come<br />

solo strumento un giudizio non impregnato dei grandi dogmi della propria epoca, <strong>Giordano</strong><br />

presenta l’infinito...<br />

Senza gentilezza né delicatezza, declama:<br />

"Il Cristo? Un seduttore.<br />

La verginità di Maria? Un’aberrazione.<br />

La messa? Una blasfemia.<br />

La bibbia? Un tessuto di menzogne.<br />

I teologi? Pedanti che aggrottano le sopracciglia per darsi un’aria importante.<br />

I filosofi? Pedagoghi ignoranti accecati dal culto degli ideologi, (...) tutti "asini col basto" che<br />

passano la propria vita a sciupare tutti gli argomenti che vangano loro sulle labbra (...) mentre<br />

lui, "intrepido cavaliere errante del Sapere", va in guerra contro le false certezze...<br />

No, le donne non sono meno intelligenti degli uomini. No, la gente di chiesa non dovrebbe godere<br />

di beni così grandi ma accontentarsi di un po’ di brodo; no, gli Spagnoli non hanno fatto bene a<br />

scoprire l’America, perché hanno "violato la vita altrui".<br />

<strong>Bruno</strong> si agita, tenta di convincere, poi, quando non trova più auditorio, si mette a scrivere. La<br />

penna tra le sue mani non si fa più scrupoli della sua lingua. Si susseguono così: una commedia<br />

burlesca, trattati di mnemotecnica e soprattutto opere filosofiche.<br />

Processo di un Apostata magnifico (1592-1600)<br />

Il tradimento di Mocenigo<br />

Dopo più di una quindicina d’anni di peregrinazioni e la<br />

venuta di una ennesima espulsione, decide, nel 1591, di<br />

rientrare in Italia.<br />

Si installa presso Giovanni Mocenigo, patrizio veneziano<br />

che lo ha invitato a insegnargli la mnemotecnica, la<br />

geometria e l’arte di inventare. Presto deluso, <strong>Bruno</strong><br />

vuole ripartire e offende Mocenigo, già urtato dai modi<br />

poco ortodossi del filosofo. Lo tiene prigioniero poi lo<br />

consegna all’Inquisizione ( maggio 1592 ).<br />

Il 23 maggio 1592, <strong>Bruno</strong> è arrestato e imprigionato, si<br />

ritrova solo, di fronte al "Santo Uffizio". Il tribunale<br />

dell’Inquisizione si dà la missione di smascherare gli<br />

eretici per farli abiurare. Il processo poteva durare a<br />

lungo, durò otto anni nel caso di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>. Per lui,<br />

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non saranno fatti di stregoneria o anticristianesimo che lo condurranno al rogo, ma piuttosto la<br />

sua certezza che l’Universo è infinito e che altrove altri esseri viventi esistono.<br />

Il primo atto d’accusa si preoccupa soprattutto delle sue posizioni teologiche, considerate come<br />

eretiche: si evoca il suo pensiero antidogmatico, il rifiuto della transustanziazione e della trinità,<br />

la sua blasfemia contro Cristo, la sua negazione della verginità di Maria... Ma le sue attività<br />

filosofiche e scientifiche vengono già messe in risalto: vengono menzionate la sua pratica<br />

dell’arte divinatoria, la sua credenza nella metempsicosi e soprattutto la sua visione cosmologica.<br />

Man mano che il processo durerà, l’atto d’accusa non cesserà di ingrossarsi fino a riassumere la<br />

vita intera di una mente troppo liberamente alla ricerca e orgogliosamente assunta. In un primo<br />

tempo, <strong>Bruno</strong> si difende abilmente, recitando all’occasione, la commedia del pentimento ma<br />

unicamente su "errori<br />

minimi". Ma il suo passato<br />

di apostata riprende il<br />

sopravvento e Roma ottiene<br />

la sua estradizione. Nel<br />

1593, dieci nuovi capi<br />

d’accusa impegnano <strong>Bruno</strong><br />

in sette anni di un processo<br />

interminabile, intervallato<br />

da una ventina<br />

d’interrogatori condotti dal<br />

cardinale Bellarmino.<br />

Lo si pone sotto tortura.<br />

Arriva a cedere, ad<br />

abbozzare un gesto di<br />

pentimento... prima di<br />

riprendersi. Desideroso di<br />

finirla, il papa Clemente<br />

VIII intima un’ultima volta<br />

<strong>Bruno</strong> a sottomettersi.<br />

L’imputato replica:<br />

«Non temo niente e non mi pento di niente, non ho materia di cui pentirmi e non so di che cosa mi<br />

debba pentire». La situazione è bloccata. Il 20 gennaio 1600, Clemente VIII ordina al tribunale<br />

dell’Inquisizione di pronunciare il suo giudizio. Alla lettura della sua condanna al rogo, <strong>Bruno</strong><br />

commenta la sentenza pronunciata contro di lui con un coraggio poco ordinario, citeremo le sue<br />

esatte parole più avanti.<br />

Esistenze come quella di <strong>Bruno</strong> appaiono cariche di significato<br />

agli occhi dei viventi che hanno la tentazione di<br />

appropriarsene. Ma i migliori epitaffi sono talvolta redatti dai<br />

morti stessi: «È dunque verso l’aria che spiego le mie ali<br />

fiduciose. Non temo alcun ostacolo, né di cristallo, né di vetro,<br />

fendo i cieli, e mi erigo verso l’infinito. E mentre da questo globo<br />

mi elevo verso altri cieli e penetro oltre attraverso il campo<br />

etereo, lascio dietro di me ciò che altri vedono da lontano».<br />

Il Processo<br />

Si dice che durante il suo processo conservò tutta la sua<br />

insolenza: "Avete certamente più paura voi nel pronunciare<br />

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quella sentenza che io nell’ascoltarla! ", avrebbe tuonato davanti ai suoi giudici.<br />

La condanna del filosofo come "eretico", su ordine del papa Clemente VIII, mette una fine brutale<br />

alla vita di peregrinazioni, di dispute e di tormenti di questo essere eccezionale. Essa è<br />

rappresentativa dell’intolleranza e degli eccessi ideologici, nel campo cattolico così come nel<br />

campo riformato, in quell’epoca delle guerre di religione e della fine del Rinascimento.<br />

L’8 febbraio 1600, dopo sette anni di processo, d’incarcerazione e di torture nel corso delle quali<br />

ha sempre rifiutato di abiurare le sue convinzioni, il "Santo Uffizio" lo caccia dalla Chiesa come<br />

"eretico impenitente" e lo rimette a una corte secolare che lo condanna a morte.<br />

Il Supplizio<br />

All’alba del 17 febbraio del 1600, quattro secoli fa, a Roma, in<br />

Campo de’ Fiori, <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> sale sul rogo, su ordine del papa.<br />

Viene legato al patibolo del rogo dell’Inquisizione. Sfidando ancora<br />

l’autorità, distoglie lo sguardo dal crocefisso che gli viene<br />

presentato.<br />

L’uomo è attaccato nudo al patibolo del rogo. Ha cinquantadue<br />

anni.<br />

La folla lo circonda.<br />

Viene fissato il morso di legno destinato a impedirgli di parlare, di<br />

urlare un’ultima volta, per impedirgli materialmente di urlare<br />

ancora una volta la propria rivolta e la propria convinzione.<br />

Sul rogo, <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> ha forse rivolto lo sguardo verso il cielo,<br />

quel cielo che descriveva infinito e multiplo... ormai velato dal<br />

fumo delle fiamme che salgono verso di lui.<br />

Il rogo consuma quel corpo che non ha cessato di ridere, di pensare,<br />

di commuoversi e di provocare.<br />

<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> non ha ceduto davanti all’Inquisizione. Non ha<br />

abiurato alcunché della propria visione del mondo.<br />

Il suo crimine: aver avuto, prima di Galileo, Leibniz, Einstein o Mendeleïev, l’intuizione geniale<br />

di ciò che è divenuto la teoria generale dell’Universo, la relatività, la chimica, la genetica, etc.<br />

<strong>Bruno</strong> incarnò la lotta della coscienza contro il dogmatismo. Dopo gli eretici e gli stregoni, si<br />

mettono al rogo i libri giudicati empi. Tutti i libri scritti da <strong>Bruno</strong>, che i giudici poterono trovare,<br />

furono bruciati in piazza San Pietro.<br />

Il martirio del filosofo errante, cercatore dimenticato, discreditato dalla chiesa, è il simbolo di<br />

tutti i crimini contro la mente.<br />

Questo visionario della pluralità dei mondi, inflessibile e sulfureo, tre volte scomunicato,<br />

continua a incarnare, quattrocento anni più tardi, la resistenza a tutti i dogmi.<br />

Le pietre del Ricordo<br />

Il 17 febbraio 1907, per il 307° anniversario del supplizio di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, un processo dagli<br />

accenti fortemente anticlericali annerì Campo de’ Fiori a Roma, davanti alla statua di Ettore<br />

Ferrari, eretta il 9 luglio 1889 alla gloria del filosofo Nolano. È in quel luogo che un grande<br />

raduno di tutti gli atei è programmato il 13 dicembre 2004.<br />

Una lastra di pietra incisa all’ospedale di Orbetello, una piccola città del sud della Toscana, è<br />

dedicata alla memoria di: «GIORDANO BRUNO, filosofo e martire, che ai tempi della tirannia<br />

sacerdotale, del feudalesimo e dell’assoggettamento ha elevato la propria fede fino alle<br />

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manifestazioni più elevate della convinzione ribelle, di cui il rogo ne bruciò le carni ma glorificò il<br />

pensiero fino al trionfo, il popolo di Orbetello vuole ricordare il nome in questo istituto<br />

caritatevole, consacrato al dolore degli umili guariti dalla scienza e dall’amore, e non dal<br />

miracolo».<br />

La posizione della Chiesa<br />

La canonizzazione di Bellarmino<br />

Il cardinale Roberto Bellarmino, che istruì il processo di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> e di Galileo, è stato<br />

canonizzato nel 1930... per ragioni politiche evidenti legate all’epoca: era solo un anno che il<br />

"duce" Benito Mussolini, firmatario dei "Patti Lateranensi", aveva offerto al Papa, con questi<br />

accordi di Laterano, una piena e definitiva sovranità sullo stato del Vaticano; Pio XI, ben deciso<br />

a sostenere quanto meglio possibile quel dittatore fascista, l’aveva d’altra parte qualificato come<br />

"Uomo della provvidenza". Ma questa canonizzazione interveniva anche in reazione<br />

all’edificazione a Roma di una statua di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> posta lì dai massoni.<br />

Nessun passo indietro sulla condanna<br />

Il 3 febbraio 2000, in occasione del 400° anniversario della morte di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, il cardinale<br />

Poupard, presidente del consiglio pontificio della cultura – organismo che riabilitò Jan Hus e<br />

Galileo – ha espresso il rammarico della Chiesa davanti ai roghi dell’Inquisizione. Affermò<br />

nettamente la loro «incompatibilità con la verità evangelica». Ha anche annunciato che il Papa<br />

Giovanni Paolo II avrebbe chiesto perdono il 13 marzo nella basilica di San Pietro, durante una<br />

celebrazione volta a «ricreare il dialogo della Chiesa con tutti gli uomini». Ciononostante<br />

confermò che <strong>Bruno</strong> non sarebbe stato riabilitato, sebbene ci sia motivo di biasimare l’uso della<br />

forza impiegata contro di lui: «La condanna per eresia di <strong>Bruno</strong>, indipendentemente dal giudizio<br />

che si voglia portare sulla pena capitale che gli fu imposta, si presenta pienamente motivata»<br />

dichiarò il prelato.<br />

Si spinse fino ad affermare che la chiesa aveva fatto di tutto per non uccidere <strong>Bruno</strong> ma è, al<br />

contrario, l’attitudine di lui, ottusa e dogmatica ad essere stata causa della sua perdita!<br />

La "Santa" Sede si rammaricava dunque, a denti stretti, del rogo ma manteneva la validità<br />

teologica della condanna. Non poteva fare altrimenti poiché l’inquisitore responsabile delle<br />

condanne di <strong>Bruno</strong> e Galileo, il cardinale R. Bellarmino, era stato beatificato, canonizzato e fatto<br />

Dottore della chiesa. Si constata dunque che la chiesa ha manifestato alcuni pentimenti certi, ma<br />

che questi non sono arrivati fino alle de-canonizzazioni e de-beatificazioni che tuttavia<br />

s’imporrebbero se i pentimenti fossero sinceri ed i rimorsi reali.<br />

Altrimenti detto, se <strong>Bruno</strong> ritornasse oggi, avendo sempre le stesse convinzioni, non sarebbe più<br />

palesemente condannato a morte - perché i costumi sono (... un po’) migliorati - ma sarebbe<br />

condannato comunque, poiché poco importano alla Chiesa i nuovi progressi della scienza che<br />

provano che è lei ad essere in errore, le convinzioni di Giovanni Paolo II rimangono le stesse di<br />

Clemente VIII... Non sorprende che abbia il sostegno di tanti "conservatori".<br />

Revisionismo!<br />

Un certo revisionismo storico ha grande seguito in questo momento in Italia, revisionismo che<br />

nacque in Francia alla fine del secolo scorso. I revisionisti arrivano a tacciare <strong>Bruno</strong> di aver<br />

praticato l’occultismo e pretendono che il suo mito sia stato ripreso dalla massoneria italiana a<br />

metà del XIX secolo.<br />

Fare di <strong>Bruno</strong> un occultista renderebbe meno abominevole il suo assassinio da parte<br />

dell’Inquisizione nell’ottica vaticana... o forse ciò non eviterebbe piuttosto di doversi porre troppe<br />

domande sulla pertinenza delle intuizioni che facevano annunciare a questo filosofo che esistono<br />

nel cosmo altri mondi abitati?<br />

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Uomo di genio dal carattere difficile, profeta del pensiero futuro, <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> ebbe la<br />

sfortuna di vivere in un tempo in cui si bruciavano gli eretici... cioè tutti coloro che avevano la<br />

volontà ed il coraggio di pensare qualcos’altro rispetto a ciò che la chiesa intendeva imporre alla<br />

loro mente.<br />

LETTERA APERTA AL PAPA DELLA CHIESA CATTOLICA ROMANA<br />

Perché chieda perdono, in nome della sua Chiesa, per l’assassinio di GIORDANO BRUNO, arso<br />

vivo il 17 febbraio 1600 a ROMA<br />

Il Movimento Raeliano Internazionale, religione atea il cui dogma fondatore è l'affermazione che<br />

ogni forma di vita sulla Terra è stata creata scientificamente molto tempo fa da visitatori<br />

extraterrestri grazie ad una perfetta padronanza dell’ingegneria genetica, annuncia che, nel<br />

corso dell’anno 2004, organizzerà a ROMA, ed in varie altre nazioni del mondo, delle<br />

manifestazioni per chiedere la riabilitazione di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>.<br />

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Il 17 febbraio 1600, il filosofo e monaco sfratato <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> è stato condannato al rogo dalla<br />

Chiesa Cattolica Romana e in seguito arso vivo in Campo dei Fiori a Roma.<br />

La “Santa Congregazione dell'Inquisizione Romana e Universale”, all’epoca sotto gli ordini di<br />

Papa CLEMENTE VIII, lo fece imprigionare ed il Tribunale Romano dell'Inquisizione avviò nei<br />

suoi confronti un processo per “eresia”, poiché aveva osato dichiarare che l’universo è “infinito” ed<br />

“eterno” e, cosa ancora più grave, emettere l'ipotesi che potessero esistere altre forme di vita al di<br />

fuori della Terra; queste idee vennero considerate come totalmente “eretiche” e contrarie alla<br />

dottrina cattolica.<br />

Oggi il mondo scientifico riprende ed ammette le ipotesi di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> da quando si<br />

scoprono pianeti extrasolari e numerosi programmi di ricerca tentano di scoprire tracce di vita<br />

extraterrestre.<br />

Benché la Chiesa abbia riabilitato, dopo vari secoli di riflessione, altri filosofi come Galileo, Jan<br />

Hus e Savonarola, essa non ha ancora trovato il coraggio di riconoscere la propria colpevolezza<br />

per l’assassinio di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, una delle più grandi menti della sua epoca, filosofo che venne<br />

ospitato presso i principi d’Europa e per lungo tempo protetto da Enrico III, re di Francia.<br />

Noi Raeliani chiediamo solennemente al Papa della Chiesa Cattolica Romana di : porgere le sue<br />

scuse, in nome della sua Chiesa, per l’assassinio di GIORDANO BRUNO, arso vivo sul rogo<br />

provare al mondo che il pentimento della sua Chiesa non è ipocrita, accettando di<br />

‘‘decanonizzare’’ il cardinale Roberto Bellarmino che ha condotto i processi contro Galileo e<br />

<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, e che venne canonizzato nel 1930 (siamo qui di fronte ad una nuova occasione<br />

per interrogarci sulla pretesa infallibilità dei Papi).<br />

La Chiesa Cattolica Romana deve cessare inoltre di difendere valori di un’altra epoca in<br />

contraddizione con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo:<br />

La Chiesa Cattolica rifiuta il divorzio attentando in tal modo alla libertà individuale Essa<br />

condanna il controllo delle nascite e<br />

l’utilizzazione dei metodi contraccettivi<br />

aggravando il problema della<br />

sovrappopolazione La Chiesa Cattolica è<br />

colpevole di discriminazione sessuale e non<br />

accetta le donne prete Essa vieta l’utilizzazione<br />

del preservativo rendendosi in tal modo<br />

colpevole di crimini contro l’Umanità,<br />

favorendo la propagazione dell’AIDS e di molte<br />

altre<br />

malattie sessualmente trasmissibili.<br />

La Chiesa Cattolica condanna l’omosessualità<br />

come una mostruosità o una deviazione<br />

sessuale La Chiesa Cattolica Romana deve<br />

cessare di rivendicare, come facenti parte dei<br />

propri membri, gli individui battezzati in età<br />

infantile ed i minorenni senza aver mai<br />

richiesto il loro consenso.<br />

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<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, osservazioni sulle<br />

conciliazioni fra fisica e metafisica.<br />

Questo è l'estratto di una conferenza tenuta c/o<br />

la nostra associazione alla fine del 2003. Su<br />

G.<strong>Bruno</strong> sono state scritte migliaia di pagine,<br />

con ammirazione, con esaltazione, con


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disprezzo, con ironia. In realtà <strong>Bruno</strong> fu un uomo particolarissimo, irrequieto e con un'ansia<br />

maniacale ad ottenere il riconoscimento di un primato in ambito magico.<br />

L'immagine di "antesignano" di un certo illuminismo che ce ne ha rimandato la storiografia<br />

dello scorso secolo, è per lo più inficiata da prouderie d'ordine politico e, in questo articolo, non è<br />

assolutamente condivisa. In realtà <strong>Bruno</strong> fu un grosso "problema", per se stesso e per chi venne<br />

in contatto con lui e con la sua natura sanguigna e ingestibile. In questa breve memoria vengono<br />

messe in luce alcune delle più significative idee Bruniane concernenti il suo difficile tentativo di<br />

conciliazione tra fisica e metafisica evidenziando, unitamente alle geniali intuizioni, anche le<br />

diverse enfatiche e indifendibili posizioni che costituirono probabilmente il fondamento della sua<br />

drammatica vicenda umana.<br />

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Filippo <strong>Bruno</strong> nasce nel 1548,<br />

studia a Napoli fino a 14 anni poi,<br />

nel 1546 entra nel convento di S.<br />

Domenico a Napoli e prende il<br />

nome di <strong>Giordano</strong>. Senza voler<br />

entrare in un'analisi storica,<br />

sviluppata da specialisti assai più<br />

esperti di noi e per la quale<br />

rimandiamo alla bibliografia,<br />

possiamo obiettivamente rilevare<br />

che, fin dall'adolescenza, il Nostro<br />

presenta un carattere assai<br />

particolare e, probabilmente, non<br />

molto adatto per la vita monastica.<br />

Infatti, dopo pochi anni, inizia a<br />

contrapporsi ed a litigare (anche<br />

violentemente a quanto risulta) sia<br />

con i confratelli che con i superiori<br />

fino al punto di riuscire a farsi<br />

coinvolgere in un pesante<br />

procedimento disciplinare.<br />

Tav 1 Detta Prometheus con significato astrologico e magico tratta da "Articuli<br />

centum et sexaginta"<br />

Per nulla disposto a giustificarsi, abbandona il convento e si rifugia a Roma a S. Maria sopra<br />

Minerva dove, nel frattempo, lo raggiunge l'accusa di aver ucciso colui che lo aveva denunziato.<br />

A questo punto fugge da Roma, depone l'abito talare ed inizia il suo incessante peregrinare. Nel<br />

1579 <strong>Bruno</strong> arriva a Tolosa e scrive il "De Anima" per confutare Aristotele. Nel 1581, in piena<br />

guerra religiosa fra cattolici, luterani e calvinisti, prende le parti degli uni e degli altri,<br />

profondendosi spesso in valutazioni, a dir poco aggressive, nei confronti di quasi tutti coloro che,<br />

all'inizio lo avevano accolto e protetto e, dopo poco, respinto. Si rifugia Parigi. Pubblica il "De<br />

Umbris ideaurum", il "Candelaio" e il Cantus Circaeus. Entra in relazione con Enrico III a cui<br />

dedica l’"Ars memoriae" e ne riceve un compenso. Nel 1582 pubblica il “De compendiosa<br />

architectura et complemento artis Lulli” documento magico per eccellenza derivato dagli schemi<br />

di mnemotecnica Lulliana. Indi si reca in Inghilterra dove lavora sulla mnemotecnica e forse


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progetta il “De immenso”. Desideroso di<br />

ricevere un riconoscimento come "filosofo"<br />

ottiene di esser nominato lettore a Oxford<br />

ma, neanche a dirlo, litiga con i dottori di<br />

tale università, insultandoli per la loro<br />

lentezza e scarsa inventiva. Considerato<br />

insopportabile da coloro che lo avevano<br />

inizialmente accolto con simpatia, torna a<br />

Parigi e attacca violentemente la fisica<br />

aristotelica nel "Ca moracensis<br />

Acrotismus". Viene cacciato anche da<br />

Parigi e, nel 1586 va in Germania a<br />

Wittemberg dove si immatricola. Si<br />

immette, non richiesto, nella polemica fra<br />

luterani e calvinisti. In questo caso<br />

appoggia i luterani e ottiene di essere<br />

cacciato via anche da Wittemberg. Nel<br />

1588 arriva a Praga dove torna sulle<br />

opere Lulliane e stampa il "De lampade<br />

combinatoria Raymondi Lullii" e anche<br />

gli “Articuli centum et sexaginta adversus<br />

huius tempestatis mathematicos, atque<br />

philosophos". L’opera pare che sia<br />

piaciuta a Rodolfo II che sembra gli abbia<br />

regalato una piccola somma. <strong>Bruno</strong><br />

riparte per Helmstadt dove c’è il duca Giulio di Brunswich che, inizialmente lo difende ma poi,<br />

quando <strong>Bruno</strong> s'infila nuovamente in mezzo alle lotte tra luterani, cattolici e calvinisti, lo lascia<br />

a sé stesso. Nel 1590 <strong>Bruno</strong> lascia Helmstadt e va a Francoforte da cui viene nuovamente<br />

espulso per le sue crociate politico-religiose. Finalmente arriva a Zurigo dove lo raggiunge un<br />

invito del principe Giovanni Mocenigo veneziano, che lo invita a Venezia. Nel 1591 <strong>Bruno</strong> è a<br />

Venezia ma, dopo un po’ Mocenigo lo denuncia al S. Uffizio in quanto deluso dall’insegnamento<br />

del nolano. Da qui in poi, per <strong>Bruno</strong>, sarà realmente difficile trovare protettori.<br />

Nel 1592 inizia il processo. Le accuse che sembrano pesare maggiormente su di lui sono relative<br />

alla Magia. Dopo una serie infinita di ammissioni di colpevolezza, di ritrattazioni, di<br />

ripensamenti riesce a farsi denunciare anche da un compagno di cella, certo fra Celestino da<br />

Verona che lo accusa d’eresia nuovamente. Nel 1599 il cardinale Bellarmino ottiene l’abiura delle<br />

proposizioni eretiche. Presenta un testo in sua difesa. Poi abiura, poi ci ripensa e dichiara di non<br />

essere più disposto a ritrattare. Nel 1600 gli viene proposta un’ultima ipotesi di abiura ma lui si<br />

rifiuta e viene condannato al rogo a piazza Campo de Fiori. Dove muore il 17 Febbraio.<br />

Queste, in estrema sintesi le tappe della sua burrascosissima esistenza.<br />

Ora, prima di esporre brevi considerazioni su alcuni aspetti particolari del suo sistema filosoficomatematico<br />

vorremmo porre in evidenza come, a nostro avviso, la "storia" abbia lo strano<br />

privilegio di trasformare le persone in eroi o in esseri abietti, a seconda degli scopi e della<br />

tendenza di coloro che la scrivono. Alcuni personaggi poi sono stati letteralmente risucchiati da<br />

gruppi di potere, a volte in contrasto fra loro, per avallare tesi politico-sociali. Tale meccanismo è<br />

tanto più presente quanto più le persone prese in esame hanno destato clamore. Questo è stato<br />

sicuramente il destino di <strong>Bruno</strong>.<br />

<strong>Bruno</strong> è stato arso vivo. Questo ha trasformato un uomo intelligente ma, a nostro avviso,<br />

invadente, permaloso, aggressivo, presuntuoso, offensivo, turbolento, e sicuramente un po'<br />

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paranoico, in una specie di eroe della scienza, in un propugnatore della verità contro la<br />

superstizione, in un emblema preilluminista e libertario; insomma il martirio ha fatto di <strong>Bruno</strong><br />

un personaggio che non si è mai sognato d'essere. <strong>Bruno</strong> si considerava soprattutto un mago e da<br />

mago è vissuto ed è morto anche se, secondo noi, non aveva molti diritti di fregiarsi di tale titolo,<br />

sia perché assolutamente al di fuori di qualsiasi filone iniziatico sia perché, buona parte delle<br />

sue esternazioni magico-scientifiche, sono dei plagi clamorosi di Agrippa o di Lullo, con delle<br />

varianti fumose e declamatorie che snaturano il lavoro dei più ortodossi e sicuramente iniziati<br />

alchimisti che lo avevano preceduto.<br />

Ma c'è una parte del pensiero bruniano, che ci ha sempre affascinato ed è quella che, ispirata da<br />

Copernico e fortemente ancorata al pensiero degli stoici e degli atomisti greco-romani, recupera<br />

la primigenia conciliazione platonica fra cosmogonia e metafisica . Purtroppo <strong>Bruno</strong> non riuscì<br />

mai a resistere alla ambizione di voler mostrare il suo "primato" di mago, la sua differenza ed<br />

originalità, e, nel presentare i suoi sigilli, molti dei quali copiati da Lullo, li coprì di<br />

interpretazioni "personali" e spesso contraddittorie dove la fantasia febbrile del nolano seguiva<br />

dei percorsi "associativi" del tutto gratuiti, reinventandosi un "simbolismo" a suo uso e consumo.<br />

L’universo di <strong>Bruno</strong> può essere schem aticamente diviso in:<br />

Divino: archetipico, metafisico (mondo delle idee)<br />

Fisico : o naturale (che conserva le vestigia o la traccia di tali idee)<br />

Razionale: o umbratile (è ciò che riesce a<br />

vedere o immaginare l’uomo)<br />

Cioè la verità è soprasensibile e appartiene<br />

a Dio. La “forma” è il modo in cui le idee si<br />

“materializzano” e l’ombra è la<br />

“rappresentazione” che noi ci facciamo di<br />

tali idee e tali forme.<br />

Ma proprio l’ombra, come la Maya buddista,<br />

diventa illusione e, nello stesso tempo,<br />

mezzo di gnosi. Tutto il lavoro di <strong>Bruno</strong><br />

sarà dedicato a organizzare, strutturare, e<br />

far evolvere tale umbratilità (che per <strong>Bruno</strong><br />

trovasi comunque nella mente) fino a farla<br />

penetrare nel mondo delle idee.<br />

Ci si perdoni il parallelismo un po' forte ma,<br />

proprio in questa "chiave", ci sembra di<br />

trovare le radici di quel clamoroso equivoco<br />

che coinvolgerà autori quali Corbin e Jung.<br />

Cioè la connessione abnorme fra mondo<br />

della "idealizzazione" e mondo della<br />

"spiritualità" e quindi l'inserzione di tutto il<br />

processo mistico o gnostico all'interno….<br />

della testa del filosofo (all'interno cioè del<br />

pensiero, sia questo conscio, inconscio o<br />

superconscio!).<br />

Tav 2 Da "Explicatio triginta sigillorum" tavola rielaborata sui testi di Cornelio<br />

Agrippa http://goo.gl/pDVKx http://goo.gl/zFl6W per il probabile calcolo dei nomi angelici<br />

attraverso lettere ebraiche<br />

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L’uomo-filosofo bruniano rappresenta e deve impare ad associare le “ombre” in modo simbolico.<br />

Questa è la proposta bruniana che utilizza una disposizione naturale della psiche. Poi, con<br />

l’ausilio della “mnemotecnica” collega tra loro le immagini che ha creato. Ora tale scienza, che ha<br />

affascinato il rinascimento ed ha mobilitato uomini come Pico della Mirandola,<br />

http://goo.gl/qOfcb http://goo.gl/cKXMR Ficino, Lullo, ecc. può avere vari livelli di<br />

interpretazione. Essere cioè un semplice strumento per ricordare meglio storie, fatti, persone:<br />

utilizza, a tale scopo semplici schemi associativi (come le icone di un computer, all'interno dei<br />

quali vengono memorizzati oggetti o concetti simili fra loro). Si creano in tal modo, nella mente,<br />

della specie di "cassetti", con delle etichette. Ogni volta che si evoca l'etichetta…si apre il<br />

cassetto.<br />

In tali processi si può allargare la tecnica "associativa" a schemi grandiosi, sfruttando tutte le<br />

possibilità della logica e creando, per così dire, dei percorsi logici preferenziali, basati sulle<br />

quattro proposizioni aristoteliche relative al sillogismo. In tali percorsi le proposizioni "assurde"<br />

vengono escluse. Nonostante che <strong>Bruno</strong> affermi come, attraverso gradi successivi in cui il<br />

“simbolismo” si “purifica” e attraverso successive “folgorazioni” interiori (o stupore) le immagini<br />

da OMBRA diventano “conoscenza” e tutto ritorna verso l’UNO, direi che il processo è<br />

terribilmente simile a quello adottato nel software di un computer. Questa cosa non ci sembra<br />

affatto tranquillizzante in quanto ci farebbe supporre che il povero cardinale Bellarmino abbia<br />

avuto qualche ansia a tale proposito. Aveva forse intuito la nascita del ….grande fratello?<br />

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Chissà. Nei moltissimi testi dove <strong>Bruno</strong> ritorna su questo processo, a nostro avviso appare<br />

evidente (anche dal "modo" di scrivere) un grande conflitto psicologico dovuto alla non<br />

accettazione dei limiti della mente e al tentativo (sempre tramite la mente) di infrangere tali<br />

limiti, con l'ausilio di "macchine mentali" (come le ruote simboliche usate per la mnemotecnica.<br />

Ci si perdoni dunque l'azzardo ma, nel leggere le opere Bruniane, ci è sempre più sembrato che il<br />

nolano volesse sostituire alla mente umana un computer efficiente, che ricorda tutto, che<br />

attraverso una logica "binaria", come appunto quella delle macchine, potesse arrivare a stendere<br />

su un tappeto tutta la realtà concepibile e, da quella, procedere velocemente verso le Idee<br />

Supreme.<br />

Le ombre, per <strong>Bruno</strong>, sono il<br />

passaggio tra il buio e la luce. Sono<br />

ombre, non sono buio assoluto. Il<br />

parallelo con il mito platonico della<br />

caverna è evidente. Ma mentre in<br />

Platone http://goo.gl/nLFI2<br />

http://goo.gl/C8lBb tale percorso<br />

majeutico è, sotto un certo aspetto,<br />

sovrarazionale, in <strong>Bruno</strong> tutto<br />

transita attraverso la superprestazione<br />

della "mente" umana,<br />

costretta, stressata, impegnata a<br />

comprendere attraverso schemi<br />

razionali, sillogistici, aristotelici in<br />

ogni aspetto della realtà.<br />

Afferma <strong>Bruno</strong> nel Sigillus: “Solo con<br />

la concezione della Simmetria<br />

conosciamo qualsiasi cosa composta,<br />

connessa, congiunta, mista, ordinata.<br />

Infatti, benché contempliamo<br />

distintamente all’interno e all’esterno<br />

(sensi interiori ed esteriori), parte dopo<br />

parte, membro dopo membro, specie<br />

dopo specie, non riusciamo a<br />

comprendere la ragione della<br />

perfezione del TUTTO, se non grazie<br />

all’armonica e consonante analogia di<br />

tutte le cose con tutte le cose o almeno<br />

delle precipue con le precipue”.<br />

E poi, nel “Conceptus” stabilisce che,<br />

attraverso sette gradini si ascende al<br />

Principio finché si ha la<br />

trasformazione del sé nella cosa (transformatio sui in rem) e della cosa in se stesso<br />

(transformatio rei in se ipsum). Qui, forse, a nostro avviso, c'è un primo tentativo di conciliare un<br />

processo schiettamente razionale, con uno caratteristico della mistica, in cui l'osservatore, o colui<br />

che contempla, coincide con la cosa contemplata.<br />

Nel “De immenso” afferma: “Pertanto perseguiamo quella contemplazione che non è ne futile né<br />

vana, ma profondissima e la più degna dell’uomo perfetto, quando cerchiamo lo splendore,<br />

l’effusione e la partecipazione della divinità e della natura… Allora l’uomo verrà detto un grande<br />

miracolo da Trismegisto: l’uomo che si trasforma in Dio..”<br />

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Nei “Furori” poi <strong>Bruno</strong> si sofferma sulla continua osmosi fra la dimensione umana e quella<br />

divina e si accosta ed ispira ad Agrippa per i rapporti fra magia, kabala e astrologia, anzi, ne<br />

copia interi brani a piene mani, come questo “ Dio esercita il suo influsso sugli angeli, gli angeli<br />

sui corpi celesti…ecc.. e, viceversa “l’essere vivente ascende, attraverso l’animo ai sensi, dai sensi<br />

alle sostanze miste, dalle sostanze agli elementi, dagli elementi ai cieli, dai cieli ai demoni o agli<br />

angeli e attraverso questo a Dio o alle divine operazioni…” E poi prosegue con altri paragoni e<br />

conclude: “Per questa ragione gli antichi autori, di profonda filosofia, indicarono tale ascesa e<br />

discesa con l’uscita e l’entrata delle due porte del Cancro e del Capricorno, di cui la prima è detta<br />

degli uomini e la seconda degli dei”.<br />

Queste “Porte” sono chiamate tali, nel mondo latino, da Porfirio (L’antro delle Ninfe) dove le<br />

anime “scendono e prendono “forma” entrando nel mondo dalla porta solstiziale del cancro ed<br />

escono verso stati sovraindividuali o divini dalla porta solstiziale invernale.<br />

A questo punto <strong>Bruno</strong> insegna la tecnica per entrare in tale processo e parla di “quiete”, di<br />

“immobilità” e di distacco dal moto dei sensi, di “contrazione” e di tutto quel processo che, anche<br />

se descritto tecnicamente nei suoi testi “intender non lo può chi non lo prova”. E’ un qualcosa di<br />

molto simile (dice Mino Gabriele nel Corpus iconographicum Bruniano) alla esichya pitagorica.<br />

A noi, sinceramente, non sembra così, in quanto la esichya ci sembra assai più simile ad uno<br />

stato meditativo, rilassato, pacificato. La contrazione di <strong>Bruno</strong>, anche se supportata dal silenzio,<br />

ci sembra appartenere assai più alla dimensione titanica, prometeica.<br />

C’è un anonimo copista cinquecentesco (riporto dal testo di M. Gabriele) che parla di una<br />

“Pratica dell’estasi filosofica del <strong>Bruno</strong>" che è assai significativa:<br />

“Bisogna eleggere un luogo nel quale non senti strepiti d’alcuna maniera, all’oscuro o al barlume<br />

d’un piccolo lume, così dietro che non perquota gli occhi, o con gli occhi serrati. In un tempo<br />

quieto e quando l’homo si sente spogliato di ogni passione tanto del corpo quanto dell’animo. In<br />

quanto al corpo (e qui introduce prescrizioni che potrebbero sembrare tratte da un manuale di<br />

hatha yoga)…poi prosegue: “e così l’anima, non essendo occupata in alcuna attione né vegetabile<br />

né animale, si ritira in sé stessa, e servendosi solamente degli istrumenti intellettuali, purgata di<br />

tutte le cose sensibili”, non intende più le cose per discorso, come faceva prima, ma senza<br />

argomenti e conseguenze, fatta Angelo, vede intuitivamente l’essenza delle cose, nella lor semplice<br />

natura, et però vede una verità pura, schietta, non adombrata, di quello che si propone<br />

speculare…”<br />

A questo punto inizia il vero e “furioso" processo di “contrazione”. Riducibile in quattro livelli:<br />

a) Un primo stadio di vero e proprio distacco, paragonabile a quello di cui parlano il<br />

Francofortese o anche Eckhart. Ma processo di "distacco" di <strong>Bruno</strong> è sincretico e, se ben<br />

analizzato, risulta del tutto privo di quelle due virtù fondamenali che dovrebbero caratterizzare<br />

qualsiasi "ascesi. E cioè la carità e l'umiltà che nel nolano, nonostante i nostri sforzi, non siamo<br />

mai riusciti a trovare. <strong>Bruno</strong> utilizza tutto. Dice nel “De Magia” ”con il canto, e la preghiera e la<br />

contemplazione e l’estasi dell’anima” si espellono gli spiriti maligni. E altrove specifica che i<br />

sapienti non lo sono per dono ma per l’impegno e la fatica, e che solo attraverso la “contrazione”,<br />

l’isolamento più spietato all’interno di sé, è possibile separare le ombre e procedere dal<br />

molteplice all’Uno.<br />

b) Un secondo stadio il cui il fuoco come desiderium sapientiae, come vero e proprio eros,<br />

potentemente ascende all’intelletto e lo incendia. (è facile associare l’idea della kundalini<br />

tantrica)<br />

c) Un terzo stadio dove tale fuoco acuisce l’immaginazione e la memoria e la chiarezza<br />

dell’intelletto.<br />

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d) Un quarto stadio dove l’intelletto ascende al Divino e viaggia nel mondo delle idee.<br />

Ecco. E' proprio questa proposta di speculazione, di indagine, che troviamo nel punto più alto del<br />

processo di crescita che mette, a nostro avviso, <strong>Bruno</strong> in una posizione "difficile". Egli<br />

presuppone un lavorio speculativo, cioè razionale, dove ormai la ragione dovrebbe essere<br />

pacificata, dove invece i mistici parlano in genere di sconfitta della logica.<br />

In tale contesto anche la matematica di <strong>Bruno</strong> è uno strumento astrattivo potente, usato per una<br />

specie di gnosi contemplativa. La Matematica è Mathesis, materia prima, non è una successione<br />

di algoritmi, ma l’astrazione del concetto fino alla sua forma più pura che è appunto il numero.<br />

Così come la geometria è la riduzione “ad unum” fino a definire il punto, aspaziale e atemporale,<br />

come principio minimo e, nella sua aspazialità e atemporale, anche espressione della Divinità.<br />

Nel Sigillus dice: “Tutti i sapienti concordano nel sostenere che anche la matematica contribuisce<br />

alle operazioni dell’animo….La matematica, insegnando ad astrarci dalla materia, dal moto e<br />

dal tempo, ci rende capaci di intendere e contemplare le specie intellegibili. Perciò Pitagora,<br />

http://goo.gl/ub1cx http://goo.gl/lLpsw Platone e tutti quelli che cercarono d’insegnarci cose<br />

difficili e profonde, non usarono altri strumenti se non la matematica”.<br />

Ma la matematica bruniana non è mai distinta dalla magia più complessa per cui le speculazioni<br />

che compaiono nel “Triplice minimo e la misura” o nel “De immenso”, richiedono una grande<br />

attenzione per essere anche solo parzialmente comprese. Infatti, a parte la Yates in alcune parti,<br />

quasi nessuno si è avventurato in una esplicazione dei sigilli bruniani. Forse Mino Gabriele, al<br />

quale dobbiamo il merito di quell’opera eccezionale che consiste nella pubblicazione completa<br />

della grafica di <strong>Bruno</strong>, è lo studioso che, più di ogni altro, si è arrischiato a trarre conclusioni<br />

nell’arcipelago dei disegni, tentando di trarne una teoria unificata anche se, di fronte a schemi<br />

geometrici come quelli dei cosiddetti…atrii di Apollo, della Luna e di Venere depone, come tutti,<br />

le armi. Viene il sospetto che <strong>Bruno</strong> abbia a volte<br />

voluto soprattutto stupire, senza la pacatezza<br />

necessaria per valutare la coerenza di ciò che<br />

stava dicendo, in preda ad una rabbia, propria del<br />

suo carattere furioso, che lo portava a voler<br />

dimostrare ad ogni costo il suo primato; ma forse<br />

non aveva, come invece Campanella ed altri, il<br />

carisma e l’equilibrio per poterselo permettere.<br />

Abbiamo già descritto, il criterio guida della<br />

mnemotecnica magica: in sostanza, esistono nel<br />

mondo infiniti oggetti sensibili che rappresentano<br />

altrettante ombre di alcuni oggetti reali (o<br />

archetipi). Il riconoscere le ombre collegate (che<br />

procedono dal medesimo oggetto) consente di<br />

cogliere diversi aspetti dell’oggetto stesso, e,<br />

contemporaneamente, di “introiettarlo”<br />

riflettendolo nella mente.<br />

Gli archetipi costituiscono dunque una sorta<br />

di “indice generale” dei contenuti del<br />

mondo. Ciascuna voce di questo “indice generale”,<br />

a sua volta, origina “sotto-indici” e “sottosottoindici”<br />

e “sotto-sottosotto-indici”, e così via,<br />

fino ad arrivare all’apparente infinità degli oggetti<br />

creati.<br />

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Attraverso la guida dei simboli (figure, schemi, immagini<br />

allegoriche) il mago inizia a risalire lungo i “sotto-sotto-ecc.”,<br />

arrivando via via a categorie sempre più comprensive,<br />

finché «si arriva dalla confusa pluralità delle cose, all’unità che<br />

esse sottintendono».<br />

Questi concetti sono particolarmente approfonditi da<br />

<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> nel De Umbris Idearum, il testo più<br />

specificatamente dedicato all’arte della memoria e di impronta<br />

marcatamente magica.<br />

Il lavoro che <strong>Bruno</strong> propone<br />

nel De umbris idearum parte<br />

con una dissertazione sulla<br />

natura delle “ombre” e sui concetti di “idee” (che interpreta in<br />

senso neoplatonico).<br />

Esaurite queste premesse teoriche, passa quindi<br />

all’elencazione delle immagini-guida che costituiscono la<br />

parte pratica e operativa del testo.<br />

Si tratta di figure simboliche, quasi per intero mutuate<br />

dall’opera di Agrippa, che rappresentano:<br />

i trentasei decani dello zodiaco, cioè i reggitori magici delle<br />

cosiddette “decadi”, descritti come i demoni decani egizi (“Sale<br />

nella prima conformazione di Ariete un uomo nero, di possente<br />

statura, dagli occhi ardenti, dal volto irato, e vestito di bianco”);<br />

sette immagini planetarie per ciascun pianeta, per un<br />

totale di quarantanove immagini (“La prima di Giove un uomo<br />

decoroso sopra un carro trascinato da dragoni, gettando colla<br />

destra una saetta sul capo del dragone”);<br />

ventotto immagini per le posizioni lunari (“La prima su di<br />

una sede di ferro Etiopo che lancia un dardo cinto da una<br />

fune”);<br />

un’immagine del Draco Lunae o “dragone” (“Un uomo re<br />

che ha nella destra un dragone, sopra il capo del re una fiamma<br />

di fuoco e il capo del dragone è simile al capo di uno<br />

sparviero”);<br />

trentasei immagini<br />

collegate alla divisione duodenaria dello zodiaco<br />

(“La prima immagine di una prima casa, un uomo che<br />

getta le fondamenta e un altro che allontana una pecora<br />

col bastone, e riconduce l’altra, vicino ad una fonte che<br />

scaturisce”).<br />

Attraverso i simboli dell’astrologia (scienza<br />

fondamentale nell’approccio ermetico) il mago tende ad<br />

imprimersi nella mente le “ombre più alte”, cioè le<br />

categorie più vicine alle “idee pure“, che possono<br />

abitare solo nella mente divina. Si tratta ancora di ombre,<br />

dunque, ma di quelle più vicine agli archetipi.<br />

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Se gli archetipi stessi sono gli “indici” della biblioteca dell’universo, allora possiamo senz’altro<br />

ipotizzare che, nella visione del mago rinascimentale, i simboli astrologici<br />

rappresentano gli immediati “sotto-indici”, cioè le categorie intelligibili più vicine a<br />

ciò che può solo essere intuito, ma mai compreso.<br />

Imprimendo tali simboli nella mente, l’ermetista getta in qualche modo le basi per la successiva<br />

catalogazione di ogni ulteriore oggetto, che riceverà una sua collocazione in base alla ratio che lo<br />

collega ai simboli principali.<br />

In questo modo gli sarà possibile, muovendosi nel mondo, riconoscere in ogni cosa i<br />

collegamenti e le leggi che esprimono nel mondo stesso la presenza del Divino, e che<br />

fanno della apparente molteplicità un unico immenso disegno, espressione e sostanza<br />

dell’Assoluto. In questo disegno ogni apparente diversità si compone, si giustifica e si annulla.<br />

Così ogni legge si risolve nell’unico fatto della<br />

coscienza divina onnipervadente.<br />

La ruota della memoria<br />

«Il vero Caos di Anassagora è una varietà senza<br />

ordine. Proprio così come nella varietà stessa delle<br />

cose distinguiamo un ordine meraviglioso, che,<br />

instaurando una connessione degli elementi sommi<br />

con gl’infimi e degl’infimi coi sommi, fa concorrere<br />

tutte le parti insieme a costituire il bellissimo aspetto<br />

di un solo grande essere animato (qual è il mondo),<br />

poiché tanta diversità richiede tanto ordine e un così<br />

grande ordine tanta diversità. Non ci può essere,<br />

infatti, nessun ordine dove non risulti alcuna<br />

diversità. Perciò non è lecito intendere il primo<br />

principio né ordinato<br />

né in ordine» .<br />

Attraverso la comprensione dell’archetipo (che si realizza<br />

“portandolo dentro”) da un lato, e mediante il riconoscimento<br />

delle catene associative che da questo procedono dall’altro, il<br />

mago arriva a contenere in sé un grandissimo numero di oggetti<br />

e di concetti, ciascuno collegato agli altri in una serie coerente e<br />

ordinata.<br />

È un po’ come se gli archetipi costituissero una sorta di<br />

“indice generale” dei contenuti del mondo. Ciascuna voce<br />

di questo “indice generale”, a sua volta, origina “sotto-indici” e<br />

“sotto-sottoindici” e “sotto-sottosotto-indici”, e così di seguito,<br />

fino ad arrivare all’apparente infinità degli oggetti creati.<br />

Attraverso la guida dei simboli (figure, schemi, immagini<br />

allegoriche) il mago inizia a risalire lungo i “sotto-sotto-ecc.”,<br />

arrivando via via a categorie sempre più comprensive, finché «si<br />

arriva dalla confusa pluralità delle cose, all’unità che esse<br />

sottintendono».<br />

Le “ombre” di cui tratta <strong>Bruno</strong> non sono altro che gli oggetti del mondo sensibile, la<br />

manifestazione così come ci è possibile conoscerla attraverso i sensi e attraverso l’intelletto. E<br />

poiché “questa nostra natura non è così grande da potere abitare, secondo la sua capacità, il<br />

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campo stesso della verità”, ecco che ciò che possiamo ordinariamente cogliere e conoscere<br />

non sono le cose in sé (cioè il mondo reale), ma piuttosto “ombre”.<br />

L’ombra di un oggetto, infatti, contiene in sé qualcosa dell’oggetto stesso, e cioè alcuni aspetti<br />

della sua forma, ma è priva della completezza dell’originale.<br />

Un codice occultista di 500 anni fa, Svelato<br />

Nel 1499, un abate tedesco scrisse uno strano trattato sulla<br />

comunicazione con gli spiriti: la Esteganografía. Il suo<br />

autore, Johannes Trithemius, fu un notabile erudito e<br />

consigliere di imperatori, ma anche un mago ed alchimista<br />

che influenzò Fausto, Agrippa, Paracelso, http://goo.gl/yrvNb<br />

http://goo.gl/5UKGg <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> ed altri occultisti. La<br />

sua opera più emblematica, che costituisce un esempio<br />

eccezionale della magia del secolo XVI, è un'insolita<br />

esposizione di tecnica crittografica che, dopo secoli di tentativi<br />

falliti, ha decifrato ora un matematico nordamerica no.<br />

Un crittografo ha risolto il mistero dell'Esteganografía, l'opera<br />

più importante dell'abate e mago Johannes Trithemius.<br />

In piena era della crittografia quantica, quando gli scienziati<br />

tentano di trovare un sistema per trasmettere informazioni<br />

codificate mediante sofisticati computer subatomici, il<br />

precursore della crittografia moderna, l'abate benedettino<br />

Johannes Trithemius, torna a fare notizia. James A. Reeds,<br />

un matematico dei laboratori nordamericani ATT, è riuscito a<br />

decodificare l'Esteganografía, un misterioso manoscritto che,<br />

da secoli, resisteva dall’ essere decifrato.<br />

Prima che fosse stampato, nel 1609, e posteriormente compreso negli Indici dei libri proibiti<br />

dall'Inquisizione, questo trattato era circolato, in forma di manoscritto, tra celebri occultisti come<br />

Fausto, <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, Agrippa di Nettesheim e John Dee. Senza dubbio, tutti essi<br />

conoscevano la fama e la reputazione di Trithemius, uno dei maggiori eruditi e bibliografi della<br />

Germania, lo stesso autore di più di cinquanta libri ma, soprattutto, gran studioso della Cabala e<br />

simpatizzante delle scienze occulte.<br />

SORTILEGI DIABOLICI<br />

Johannes Trithemius, in realtà Johannes von Heidenberg (1462-1516), nacque in Tritthenheim<br />

(Germania) e studiò nella celebre Università di Heidelberg. Lì, insieme a Juan di Dalberg e<br />

Rodolfo Huessman, fondò la Confraternita Celtica, una società segreta per lo studio<br />

dell'astrologia, la numerologia, le lingue e la matematica.<br />

Ancora in Heidelberg, conobbe il mitico Johannes Fausto, che fu testimone della passione che<br />

Trithemius sentiva per le scienze occulte e degli esperimenti di alchimia che questo<br />

normalmente realizzava.<br />

Prima di entrare nel monastero benedettino di San Martin di Spanheim, nel quale fu famoso<br />

abate nel 1483, Trithemius sviluppò un immenso compito come mago ed alchimista. Di fatto, la<br />

sua entrata nel monastero, lontano da attenuarli, spinse le sue attività in questo senso.<br />

Trithemius riconobbe di avere studiato molti libri di magia e, perfino, avere imparato esorcismi.<br />

Tutte le sue investigazioni erano dirette verso i fenomeni misteriosi. Forse per questo, la Chiesa<br />

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l'accusò di insegnare le scienze maledette, di fare sortilegi diabolici. Trithemius,<br />

prudentemente, si difese argomentando che tali studi non avevano fatto altro che accrescere la<br />

sua fede cristiana. Ma quale era il misterioso contenuto delle sue investigazioni? Sembra che<br />

queste si riferissero a strani procedimenti per ipnotizzare persone a distanza, forse per telepatia,<br />

attraverso certe manipolazioni del linguaggio. Neanche mancano nell'opera di Trithemius<br />

allusioni alla parapsicologia e alla Cabala. Questo strano miscuglio si materializzò<br />

nell'Esteganografía,<br />

opera di otto volumi<br />

nella quale il suo<br />

proprio autore, perfino<br />

prima di concluderla,<br />

disse la cosa seguente<br />

in una lettera che, nel<br />

1499, indirizzò al suo<br />

amico Arnoldus<br />

Bostius:<br />

Posso assicurarvi che questa opera, nella quale insegno molti segreti e misteri poco conosciuti,<br />

sembrerà a tutti, perfino ai più ignoranti che contenga cose sovraumane, ammirabili ed<br />

incredibili, tenuto conto che nessuno ha scritto o parlato di queste prima di me.<br />

Paradossalmente, Bostius non arrivò mai a leggere la missiva. Morì poco prima che questa<br />

arrivasse nelle sue mani. Ma se lo fecero alcuni dei suoi colleghi qualcuno, ammirato da ciò che si<br />

raccontava lì, non ebbe alcun dubbio nel pubblicare il suo contenuto. Nella lettera, Trithemius<br />

anticipava le chiavi della sua opera: un metodo per comunicare il pensiero a distanza, centinaia<br />

di modalità di scrittura segreta... Non è difficile immaginare le ripercussioni che la divulgazione<br />

del contenuto dell'Esteganografía ebbe in quell 'epoca.<br />

Trithemius fu immediatamente accusato di essere bugiardo ed affabulatore. Questo nel migliore<br />

dei casi, poiché molti pensarono che si trattava di una specie di agente demoniaco. Tra questi<br />

ultimi si trovava il Principe Ereditario Filippo II del quale si racconta che, quando anni più tardi<br />

scoprì un esemplare dell'Esteganografía nella biblioteca di suo<br />

padre, ordinò immediatamente che si gettasse il libro nel falò. In<br />

modo che se il manoscritto originale conteneva la chiave di tanto<br />

straordinari poteri, questi si persero nella pira. Però,<br />

fortunatamente, esiste un manoscritto incompleto, di<br />

approssimativamente tre volumi, che almeno nelle sua maggior<br />

parte è arrivato fino ai nostri giorni.<br />

PROIBITA DALL'INQUISIZIONE<br />

Gli studi sulla vita ed opera di Trithemius coincidono nel<br />

sottolineare le sue eccezionali doti in astrologia e magia,<br />

segnalandolo come figura chiave del movimento occultista. Di lui<br />

si dice che era capace di "fabbricare" oro alchemico e che<br />

conosceva il segreto della pietra filosofale. Non è strano, dunque,<br />

che Fausto, Paracelso ed Agrippa, i tre maghi di Praga,<br />

sentissero tanta ammirazione per l'abate benedettino.<br />

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L'Esteganografía stava circolando in forma di manoscritto. Fu solo nel 1609, quando una<br />

stampa di Francoforte decise di pubblicarlo. Nella sua prima edizione, questo misterioso trattato<br />

porta l'indicazione "Con privilegio e permesso dei Superiori", benché non raffiguri in esso<br />

l'obbligatorio Imprimatur, in modo che ignoriamo di quali superiori si trattasse. Non sembra<br />

logico che questi appartenessero alla gerarchia ecclesiastica. In realtà, il poco dell’opera<br />

pubblicata, benché incompleta e spurgata, fu compresa nell'Indice dei libri proibiti dal tribunale<br />

del Santo Uffizio.<br />

Ma, perché la Chiesa cattolica considera tanto pericoloso questo libro? Abbiamo menzionato già<br />

che l'Esteganografía conteneva un ampio catalogo riguardo le scienze più o meno nascoste e di<br />

metodi per "scrivere segretamente", argomenti può darsi sufficienti a svegliare le diffidenze della<br />

Chiesa. Benché le intenzioni e l'affanno divulgativo dell'abate non sembrassero altro che quelle<br />

di uno scienziato disinteressato e, forse, eccessivamente razionalista per l'epoca, i suoi coetanei<br />

gli diedero l'etichetta di "mago occultista", fama che si accrebbe dopo la sua morte. E tutto questo<br />

malgrado Trithemius insistesse sul fatto che le sue conoscenze non fossero altra cosa che magia<br />

naturale.<br />

"Non ho fatto niente che sia straordinario - diceva l'abate - e, tuttavia, fanno correre la diceria che<br />

sono un mago. Ho letto la maggioranza dei libri dei maghi, non per imitarli, bensì col proposito<br />

di confutare un giorno le loro maliziose superstizioni."<br />

In effetti, qualche tempo più tardi, pubblicò Antipalus maleficiorum comprehemsus, un lavoro<br />

nel quale classifica malefici, stregoni e differenti varietà di divinazione.<br />

CONGIURARE I MORTI<br />

Ma, nonostante le buone intenzioni dell'abate, la sua<br />

passione per le scienze occulte sembra smisurata. Esiste<br />

un curioso passaggio nella sua biografia che appoggia<br />

questa ipotesi. Essendo stato invitato dall'imperatore<br />

Massimiliano per consultarlo su questioni di fede, si<br />

racconta che Trithemius riuscì a fare apparire il fantasma<br />

di María della Borgogna, defunta moglie di Massimiliano.<br />

Aveva l’ abate poteri per congiurare i morti? È possibile,<br />

benché alcune teorie, più razionaliste, mettono in dubbio<br />

questa possibilità. Diversi investigatori sostengono che<br />

questi conosceva alcuni trucchi ottici che metteva in<br />

pratica con l'aiuto di specchi e camere oscure.<br />

Non è questo l'unico aneddoto relativo alle abilità<br />

paranormali dell'abate. Si racconta che, in una certa<br />

occasione, Trithemius, il suo discepolo Agrippa ed un<br />

terzo personaggio la cui identità si ignora, alterarono lo<br />

stato di coscienza di una tale Anna Sidow. Durante la<br />

trance, questa annunciò a casa del Principe Ereditario i<br />

casi di decessi che andavano a prodursi nella stessa e... indovinò. Alcuni investigatori hanno<br />

interpretato questo evento come una precognizione ottenuta dall'abate attraverso la donna.<br />

ANGELI E PIANETI<br />

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Un altro dei lavori più rilevanti di Johannes Trithemius è Di septem secundeis, id est<br />

intelligentiis sine spiritibus orbes post Deum moventibus, cioè, Delle sette cause secondarie o<br />

intelligenze dopo Dio, una cronologia mistica nella quale sviluppa una concezione ciclica della<br />

storia dell'Umanità. Secondo la sua teoria, imparentata con lo gnosticismo e con la tradizione<br />

indù, sette angeli, i sette geni maggiori della Cabala che corrispondono ai sette angeli<br />

dell'Apocalisse di San Giovanni, governano i pianeti dal principio della Creazione, alternandosi<br />

nel potere ogni 354 anni e quattro mesi. Ad ogni epoca di silenzio ed oscurità, seguirà il regno<br />

della luce, e così via.<br />

In questo trattato, Trithemius elabora una complessa cronologia nella quale non mancano<br />

sorprendenti predizioni. Certamente, in una di esse fissò, 400 anni prima che si producesse<br />

l'avvenimento, la data esatta, 1917, della dichiarazione di Balfour, nella quale si misero le basi<br />

per la creazione di uno Stato ebreo.<br />

Ma, lasciando da parte il Trithemius occultista, un'altro degli aspetti più importanti dell'abate<br />

tedesco si riferisce alle sue investigazioni sulla crittografia, alle sue teorie sulle chiavi di<br />

trasposizione che, perfino nei nostri giorni, continuano ad impiegarsi nella diplomazia e lo<br />

spionaggio. Buon esempio di ciò è la Crittografia, opera apparsa nel 1518. L'importanza di questo<br />

libro, riferito esclusivamente alle scritture segrete, è fuori ogni dubbio. In realtà, è considerato<br />

come uno dei più preziosi esempi sulla crittografia moderna. Una delle sue prime edizioni può<br />

contemplarsi a Washington, nel museo criptografico dell'Agenzia Nazionale della Sicurezza degli<br />

EE UU (NSA).<br />

INVOCANDO GLI SPIRITI<br />

Tuttavia, l'opera più eccezionale e controversa di Johannes Trithemius è l'Esteganografía.<br />

L'autore, come abbiamo menzionato, spiegava che l'argomento centrale di questo trattato era<br />

quello di esporre differenti tecniche per inviare messaggi segreti a lunga distanza. Ma, inoltre,<br />

una parte considerevole dell'opera è dedicata all'enumerazione di diversi tipi di spiriti, come se si<br />

trattasse di un moderno dizionario esoterico. Trithemius mette loro nome, li classifica<br />

gerarchicamente e concreta le ore del giorno, pianeti e costellazioni che sono associati ad essi.<br />

Quando James A. (Jim) Reeds affrontò il difficile compito di decifrare l'Esteganografía si pose,<br />

in primo luogo, la seguente questione: si tratta di un'esposizione di tecnica crittografica<br />

mascherata di magia naturale o, al contrario, è in primo luogo un trattato di magia che l'autore<br />

ha occultato dietro un'apparenza crittografica?<br />

Nel 1606, è noto che i primi volumi dell'Esteganografía, pieni di discorsi a carattere pietosi<br />

apparentemente banali e di confusi testi per realizzare invocazioni, contengono messaggi cifrati<br />

nascosti. Ma ora, quasi 500 anni dopo, si sono scoperti codici simili nel terzo e più enigmatico<br />

libro. Delle 180 pagine numerate dell'edizione del 1608, 159 appartengono ai primi due volumi e<br />

solamente 21 al terzo. In questo ultimo libro può leggersi una sommaria prefazione ed un<br />

capitolo, probabilmente incompleto, nei quali si presentano strane tavole numeriche intestate da<br />

simboli zodiacali e planetari.<br />

Ma, come inviare messaggi segreti con l'aiuto degli spiriti? Nei volumi I e II, Trithemius facilita<br />

le istruzioni precise per farlo. Per esempio, si annotava un semplice discorso in un pezzo di carta<br />

e, dietro un curioso rituale, si invocava gli angeli. Uno di questi scongiuri che sembrarono<br />

inequivocabilmente all'Inquisizione demoniaci, cominciava con la seguente frase: "Padiel aporsy<br />

mesarpon omeuas peludyn malpreaxo..." Veramente, il semplice fatto di pronunciare queste<br />

enigmatiche parole può risultare inquietante, ma non ha niente di diabolico. Trithemius utilizzò<br />

un semplice codice di trasposizione di lettere con una sequenza determinata. Se applichiamo<br />

detto codice, il risultato è meno misterioso: "padiel aPoRsY mesarpon oMeUaS peludyn<br />

mAlPrEaXo..." Abbiamo messo in maiuscole le lettere codificate. La soluzione è l'espressione<br />

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latina primus apex... Dopo la decodificazione degli innumerevoli "scongiuri" presenti nei due<br />

primi volumi dell'Esteganografía, si ottengono una serie di frasi banali, probabilmente scelte a<br />

caso. Di conseguenza, è certo che Trithemius aveva scoperto una forma per inviare messaggi<br />

segreti a distanza, benché non sembri che gli spiriti avessero molto a che vedere con lei.<br />

ALFABETO INVERSO<br />

Il terzo libro<br />

dell'Esteganografía, con<br />

le sue oscure tavole<br />

numeriche, supponeva<br />

tutta una sfida per<br />

qualunque specialista<br />

in crittografia. Jim<br />

Reeds scoprì<br />

un'abbondante<br />

bibliografia su questo<br />

campo in Germania<br />

durante il secolo XVII.<br />

Comprovò che molti<br />

autori includevano nei<br />

titoli dei propri libri<br />

frasi com e<br />

"Giustificando<br />

Trithemius".<br />

Una di queste opere si<br />

pubblicò nel 1676. Il<br />

suo autore, Wolfgang Heidel, assicurava di aver decifrato il codice segreto del libro III.<br />

Curiosamente, anche Heidel utilizzò un codice crittografico per rivelare il contenuto delle sue<br />

investigazioni, in modo che nessuno lo capì.<br />

E ancora, molti pensarono che Heidel avesse fallito nel suo tentativo e, semplicemente, volesse<br />

appropriarsi illecitamente di un merito che non possedeva.<br />

Fino a quando nel 1996 Thomas Ernst, un investigatore dell'Università di Pittsburgh, riuscì a<br />

decifrare la vera natura del codice.<br />

Ernst che consultò tutte e due le copie del manoscritto originale dell'Esteganografía in<br />

Wolfenbütel (Germania) e nel Vaticano, pubblicò i risultati della sua investigazione nel 1996.<br />

Forse per averlo fatto in tedesco ed in una rivista poco conosciuta, il suo prezioso ritrovamento<br />

non ebbe la ripercussione che si meritava.<br />

Finalmente, Jim Reeds, l'investigatore dei laboratori ATT, dopo aver trascritto il libro originale e<br />

microfilmato per renderlo compatibile col suo computer, risolse il misterioso codice di Trithemius<br />

in solamente due giorni.<br />

In effetti, Reeds scoprì che l'abate benedettino aveva utilizzato alla rovescia l'ordine alfabetico ed<br />

aveva assegnato lettere a numeri. La difficoltà consisteva nel fatto che, Trithemius non aveva<br />

utilizzato lettere attuali, come la "k" e la "y", ma altre inesistenti attualmente. Dopo aver<br />

sostituito adeguatamente i segni, Reeds sviscerò i messaggi segreti nascosti nell'impalcatura di<br />

numeri e segni. Benché i messaggi codificati risultassero essere abbastanza innocui, in frasi<br />

scelte apparentemente a caso, questo ritrovamento conferma che Johannes Trithemius è, senza<br />

dubbio, la figura più distaccata della moderna scienza della crittografia.<br />

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PROPOSITO ENIGMATICO<br />

Ma, confina questa scoperta con il carattere "magico" dell'opera di Trithemius? Secondo Jim<br />

Reeds, questo ritrovamento non colpisce la personalità di Johannes Trithemius come figura<br />

chiave del movimento occultista del secolo XVI. Al contrario, Reeds crede che questa scoperta<br />

incrementerà molto l'interesse per l'enigmatica vita ed opere dell'abate benedettino. Tuttavia,<br />

l'investigatore nordamericano continua domandandosi perché Trithemius utilizzò la retorica<br />

della magia per fini tanto chiaramente scientifiche. Quale era il suo proposito? Chissà quelle<br />

frasi apparentemente tanto banali, risultato di decodificazione dell'Esteganografía, non lo sono<br />

tanto. Forse racchiudono il vero segreto dell'abate e mago Johannes Trithemius.<br />

La tabella dei nomi di spiriti e pianeti che disciplinano le ore, così tu potrai facilmente conoscere<br />

mediante ispezioni, ciò che lo Spirito e gestisce i Pianeti ogni ora del giorno e della notte della<br />

settimana.<br />

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Renaissance il codice creato da Johannes Tritemio. La gente era sospettosa di lui e dei suoi<br />

codici.<br />

E non tralasciamo l’oscuro alfabeto angelico ideato da Johannes Trithemius e Heinrich Agrippa,<br />

derivato dall’ebraico e strutturato secondo i principi della Kabbalah.<br />

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Lo spunto più interessante del libro riguarda il DNA umano.<br />

Sapevate che solo il 3% del nostro genoma è attivo?<br />

Il restante 97% viene definito 1genoma spazzatura1.<br />

In realtà questo sembra essere una banca della nostra storia genetica.<br />

Inoltre, sottoposto ad un programma crittografico di verifica del linguaggio, esso è risultato<br />

rispondere alle specifiche richieste: è un linguaggio esso stesso!<br />

Secondo quelle ricerche il DNA non serve solo a costruire e mantenere il nostro corpo, ma anche<br />

come deposito (Data Bank) di memoria dati e comunicazione.<br />

Essi hanno scoperto che il codice genetico segue tutte le regole dei linguaggi umani; essi hanno<br />

comparato le regole della sintassi (il modo nel quale sono messe assieme le parole) + la<br />

semantica (studio del significato delle parole e delle loro radici nelle varie forme linguistiche) +<br />

le regole basilari della grammatica ed hanno trovato che le coppie basiche (Adenina, Guanina,<br />

Citosina, Timina) del ns. DNA seguono specifiche regole grammaticali di un linguaggio ben<br />

preciso, come i nostri linguaggi umani.<br />

Il che porta ad affermare che il linguaggio umano derivi proprio dal linguaggio del DNA e non<br />

sarebbe un fenomeno indipendente da esso.<br />

Mi piace leggere libri pieni di spunti!<br />

Anche se questo non passerà alla storia come l’opera letteraria del secolo, spinge il lettore verso<br />

tutti i punti cardinali del sapere: la storia, l’arte, la filosofia e la scienza.<br />

Chaos, Orco e Notte.<br />

Come ombra del divino Chaos, Orco e Notte trovano spazio e dimensione naturale e razionale<br />

in un’opera di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, intitolata Lampas triginta statuarum (Wittenberg, 1587)<br />

Essi, infatti, devono svolgere la controparte ‘oscura’ della relazione trinitaria (Padre, Figlio e<br />

Spirito), permettendo a questa di riassumere un rinnovato valore ‘rivoluzionario’.<br />

Nella riflessione di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, infatti, lo spirito che è nella materia – il desiderio naturale<br />

– si riflette e rovescia nella materia che è nello spirito – l’eguaglianza del Figlio al Padre –<br />

allargando con ciò uno spazio razionale all’interno del quale può comparire l’immagine e la<br />

figura universale e concreta dell’Amore, nella sua relazione doppiamente infinita (verticale ed<br />

orizzontale).<br />

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È grazie a quest’apertura che la molteplicità naturale (Chaos) trova una sponda - senza<br />

riduzione od esclusione alcuna – nella molteplicità razionale (Notte), grazie ad una mediazione<br />

nello stesso tempo chiara ed oscura:<br />

lo Spirito e l’Orco.<br />

Il testo bruniano è<br />

particolarmente difficile e<br />

complesso, ma la struttura<br />

fondamentale che pone in luce ed<br />

evidenza pare certamente poter<br />

rappresentare lo strumento<br />

essenziale per il ribaltamento e<br />

rovesciamento del presupposto<br />

teologico, politico e naturale<br />

tradizionale, vincolato alla<br />

semplice filiazione in linea<br />

diretta e deterministica del<br />

rapporto trinitario.<br />

Qui il concetto dell’Uno<br />

necessario e d’ordine – di<br />

derivazione neoplatonicoaristotelica<br />

– giunge<br />

nella propria applicazione sino<br />

alla nostra contemporaneità,<br />

magari grazie proprio alla ripresa e all’esaltazione strumentale della filosofia hegeliana in<br />

ambiente universitario ed accademico statunitense.<br />

Con oculata ed opportuna capacità di visione la rinnovata concezione del mondo unico – appunto<br />

di derivazione premoderna – riesce a riprendere il sopravvento e l’egemonia dal punto di vista<br />

culturale riutilizzando tutta la linea tradizionale del rapporto trinitario che da Plotino ad<br />

Agostino, attraverso Scoto Eriugena e Tommaso, arriva sino ad Hegel ed agli hegeliani<br />

contemporanei (persino nelle figure degli stessi Papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI).<br />

Questa concezione, prettamente imperiale, si fa ora strumento di cattivazione universale delle<br />

coscienze, prefigurando l’immagine di una razionalità di nuovo totalitaria e concentrazionaria.<br />

Usando concetti ambigui dal punto di vista temporale – per la propria derivazione dall’ambito<br />

teoconservatore statunitense – quali ‘destino eterno’ ed ‘integralità dell’umano’, questa<br />

concezione entra in risonanza, appunto, con lo strumento di governo mondiale: la necessità<br />

assoluta del profitto capitale (con la sua universalità coattiva ed escludente).<br />

E ad essere coartate verso posizioni reazionarie e conservatrici non sono solamente le<br />

teorizzazioni teologiche e politiche: persino i presupposti della conoscenza naturale vengono<br />

irrigiditi nella difesa di quella concezione lineare e deterministica che meglio garantisce, con la<br />

propria internità, la struttura tradizionale dell’Essere.<br />

Teorie e discipline nuove – come le teorie fisiche delle stringhe, o le logiche della paraconsistenza<br />

– vengono guardate con sospetto – se non nascostamente censurate - negli ambienti accademici<br />

ed universitari, proprio per la loro messa in discussione di tutti i caposaldi della concezione<br />

classica (punto, linea, corpo e spazio; movimento; principio d’identità e di non-contraddizione,<br />

terzo escluso).<br />

Disattente – quando non apertamente contrarie - ai migliori progressi scientifici, civili e di<br />

pensiero, le strutture occidentali del potere laico e di quello religioso sembrano concentrate<br />

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unicamente sulle modalità attraverso le quali tutte le determinazioni possano essere coordinate<br />

e organizzate univocamente.<br />

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Distopia.<br />

L’univocità dell’Atto e della Potenza<br />

Imperiali.<br />

La credenza senza appartenenza dei<br />

cittadini europei (Silvio Ferrari, La Chiesa<br />

cattolica tra Ratzinger e Ruini. Religione<br />

civile o intransigenza: due strategie. si sta<br />

infatti rapidamente tramutando,<br />

ritrasformando – almeno nelle intenzioni<br />

pedagogiche della Chiesa Cattolica Romana<br />

– in una rinnovata partecipazione<br />

identitaria, sollecitata dalla comunicazione<br />

retorica dell’apparato organizzato della<br />

determinazione simbolica (ibidem). Se i miti<br />

ed i riti della religione cristiana non<br />

consentono più una presa normativa<br />

sull’insieme mobile delle popolazioni<br />

europee, i veicoli concreti della fede – i segni<br />

religiosi – riprendono per sé lo spazio delle<br />

coscienze ed i loro movimenti di<br />

riconoscimento (proprio ed altrui). In tal<br />

modo ciò che, in una decodificazione della superstizione latente, assume la caratteristica<br />

dell’idolo, conquista comunque la platea dell’orizzonte razionale (culturale in senso lato). La fede<br />

viene pertanto veicolata attraverso la restrizione di questi strumenti identitari. Ma viene,<br />

appunto, ristretta: conquista le coscienze, ma viene conquistata dall’idolatria. Dall’idolatria<br />

dell’univoco.<br />

Allora verità, libertà e natura possono di nuovo essere poste in una successione che – dall’alto del<br />

cielo al basso terrestre – riesuma la tradizionale disposizione dell’Atto e della sua Potenza nella<br />

Rivelazione. Si costruisce lo spazio ed il tempo per un unico Linguaggio. E, in realtà, alla fine per<br />

un’unica Espressione. Effetto immediato di questa riduzione parossistica è la ripresentazione di<br />

quella normatività che sembrava essere andata perduta: la visione dogmatica elaborata nei<br />

secoli dalla Chiesa cattolica si presenta come fondamento necessario ed ineludibile, intangibile<br />

ed indiscutibile, dell’etica e della politica collettiva. Con ciò una teocrazia ancora più potente –<br />

ma anche maggiormente minata da crepe e difetti interni – compare sulla scena dei ‘destini’<br />

politici e religiosi occidentali. L’Uno indicato dalla religione si sovrappone e si smarca dall’Uno<br />

indicato dall’economia. La stessa moltiplicazione dell’offerta religiosa presente sul continente<br />

nord-americano (ibidem) avrà quindi una conclusione ‘fatale’ nella riduzione all’idolo che<br />

maggiormente rappresenta la vocazione imperiale statunitense: la partecipazione ‘azionaria’<br />

vincente (ibidem). La riduzione sul continente europeo sarà invece avvantaggiata dalla<br />

composizione delle confessioni a costruzione maggiormente gerarchica, mentre più difficile sarà<br />

integrare le forme religiose più assembleari, che tenderanno invece a costituire la possibilità per<br />

la creazione di mondi diversi. Nello stesso tempo una vocazione neocalvinista e neopuritana<br />

permeerà di sé le antiche assemblee religiose cattoliche, mentre queste ultime potranno fornire<br />

alle prime, in via di espansione a livello mondiale, la conoscenza e l’esperienza delle proprie virtù<br />

mediative ed unitarie. Così globalmente nel mondo si formerà un ibrido fra le due prevalenti


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confessioni cristiane, attraverso un avvicinamento progressivo, che trasferirà le caratteristiche<br />

migliori e vincenti<br />

dall’una all’altra, quasi<br />

secondo una selezione<br />

darwiniana dei<br />

migliori atteggiamenti<br />

‘religiosi’.<br />

Visto che l’ambiente<br />

sarà quello economico,<br />

la determinazione<br />

socio-politica della<br />

religione sopravvivente<br />

dovrà dimostrare di<br />

essere quella<br />

maggiormente adatta<br />

alla vera ed autentica<br />

fede del pr ofitto<br />

capitale: l’unicità del<br />

controllo e del dominio<br />

delle forze naturali ed umane. Questo principio (e non altri) muove la richiesta relativa alla<br />

codificazione costituzionale delle ‘radici cristiane dell’Europa’, proprio in quanto il richiamo<br />

all’identità culturale e civile tradizionale dell’Europa costituisce una riscrittura orwelliana del<br />

passato: essa infatti annichila nel passato tutte le posizioni differenti e contrarie, per espungerle<br />

soprattutto dalla possibilità di ripresentarsi nel futuro. Inoltre, proprio come nel passato tragico<br />

delle guerre e delle persecuzioni religiose, questo richiamo all’unicità della fede religiosa vorrà<br />

favorire il processo di integrazione sopra indicato, garantendo un nuovo supernazionalismo<br />

religioso quale motore della difesa della civiltà neoimperiale europea.<br />

In particolare, proprio la Chiesa cattolica romana si sta facendo promotrice e portatrice di questo<br />

impulso all’unificazione aggressiva, intendendo vincere la gara per l’egemonia con le altre<br />

confessioni religiose del continente europeo. Prima nella disputa con l’ortodossia, poi con la<br />

riaffermazione dell’esclusività e del primato nell’opera di salvezza del proprio canone di verità<br />

(Dominus Jesus). La Chiesa cattolica romana sta partecipando a questa lotta mettendo in campo<br />

strumenti dottrinali apparentemente capaci di assorbire il campo delle confessioni contrapposte<br />

(anglicani, luterani, protestanti in genere): la razionalità della vocazione, il suo impiego<br />

immediatamente civile e collettivo, la stretta e forte forma identitaria sono strumenti attraverso<br />

i quali Papa Benedetto XVI cerca di conquistare, facendosi prima apparentemente conquistare<br />

da principi d’uso frequente presso i fedeli delle chiese protestanti. Lo stesso orizzonte razionale<br />

della fede viene utilizzato per un richiamo all’evidenza – quasi aristotelico-cartesiana – della<br />

contraddizione che animerebbe la cultura di tradizione illuminista europea: il patente<br />

distogliersi dal fondamento dell’Uno nella sua necessaria e penetrativa organicità (ibidem). Le<br />

determinazioni necessarie interne a questa ramificazione progressiva razionale costituirebbero<br />

invece le unità valide per l’agire collettivo, nel rapporto interno ed esterno, nella trasformazione<br />

neocorporativa dell’economia e della società europea e nel combattimento previsto e preparato<br />

con l’Oriente ed il suo assolutismo (qui compare di nuovo l’uso dell’impostazione ed<br />

interpretazione hegeliana). La Chiesa cattolica romana, perseguendo il proprio obiettivo<br />

egemonico in Europa, si forgerebbe dunque quale perfetto strumento ideologico dell’imperialismo<br />

occidentale, nella sua ‘fatale’ espansione verso la conquista dell’intero orizzonte planetario. Il<br />

richiamo alla volontà – quasi provvidenziale – di fare del cristianesimo la religione civile<br />

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dell’Europa (ibidem) non ha dunque altro valore e funzione della preparazione e predisposizione<br />

di questo strumento ideologico, dell’essenziale e necessario richiamo all’unità delle genti europee<br />

(contro il nemico interno ed esterno). Libertà e democrazia, in questo contesto, non avranno<br />

allora altro senso e significato della conservazione – anche feroce – delle espressioni economicosociali<br />

del capitale, con una progressiva militarizzazione del diritto borghese, verso stati di<br />

dittatura (dittatura del capitale) sempre più profondi ed accentuati. La stessa unità del diritto,<br />

razionale e naturale, nei suoi beni della vita, libertà e felicità verrà piegata e spezzata,<br />

effettivamente capovolta, dalla difesa indiscussa della proprietà finanziaria mondiale, dalle sue<br />

necessità rese diritto esclusivo e dalle manifestazioni ad esse adeguate dell’agire individuale e<br />

collettivo (persuasione dei mezzi di comunicazione di massa).<br />

A questa fascistizzazione del diritto – l’autoaffermazione del<br />

corpo e della ragione sana - porterà il suo contributo teoretico e<br />

pratico il nuovo processo fusionale religioso, il processo<br />

dell’integrazione dottrinale mondiale. Avendo di mira questo<br />

obiettivo, la Chiesa cattolica romana sta rinnovando la propria<br />

offerta di stato etico, prima italiano, poi europeo ed infine<br />

mondiale. Una battaglia per la conquista mondiale dunque di<br />

grande impegno, accompagnata nelle sue diverse fasi<br />

espansive dalla nascita o dalla fortificazione di opportune<br />

organizzazioni economico-religiose e pedagogiche (Opus Dei,<br />

Comunione e Liberazione, Legionari di Cristo), capaci di<br />

innescare ed accompagnare lo sviluppo di quella conquista. Il<br />

tocco, il tatto e l’impressione decisa degli interessi in senso lato<br />

economici – la sicura salvezza dell’identità, attraverso il<br />

controllo del rapporto fra produzione e scopo - costituirà la<br />

stella polare e l’orizzonte di cielo di questi movimenti. Ben<br />

altro terreno, aperto e molteplice, proporrà invece la soluzione<br />

della fase conclusiva e definitiva della civiltà occidentale, quale<br />

apertura a relazioni di pace e giustizia nell’intero pianeta.<br />

Utopia.<br />

La plurivocità del creativo e dialettico.<br />

Ben altro terreno, si diceva. Non è in realtà un terreno nuovo:<br />

esso era già presente nella cultura greca, prima delle riduzioni<br />

platonico-aristoteliche; ha attraversato l’età medievale e<br />

rinascimentale, spingendo da sotto con la propria forza eruttiva, ogni qualvolta il messaggio<br />

evangelico ritornava alle proprie origini egualitarie e libertarie; si è trasformato nei movimenti<br />

della nuova scienza e filosofia dell’epoca moderna; è stato travisato, quando questi movimenti<br />

hanno riadattato per loro stessi un ambiente naturale e razionale che li riaccostava alla<br />

tradizione neoplatonico-aristotelica; ha superato con difficoltà le proprie crisi contemporanee,<br />

quando ha cercato di abbandonare questo contesto; si ritrova oggi a dover riformulare una<br />

prospettiva filosofica forse completamente nuova, assolutamente rivoluzionaria. Questo terreno<br />

viene riesumato in tutta la sua straordinaria vitalità creativa e dialettica, dal cataclisma<br />

bruniano, dal presupposto teologico, politico e naturale proposto all’inizio della modernità dal<br />

filosofo di Nola <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>.<br />

Così di fronte alla crisi del positivismo scientifico della seconda metà del XIX secolo e del riflesso<br />

che pareva comportare per ogni prospetto di razionalità, l’infinito creativo e dialettico bruniano<br />

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poteva essere portato in auge solamente dalle avanguardie culturali e politiche occidentali,<br />

prima della definitiva crisi indotta dalla modernità stessa tramite i due conflitti mondiali. Non<br />

ancora uscita dalla crisi indotta, la modernità post-bellica si è ritrovata a riproiettare di fronte e<br />

davanti a sé i due filoni della metafisica dell’oggettività e della soggettività, proprio attraverso<br />

ciò che occlude e decapita in anticipo la visione e la prassi del presupposto bruniano: la<br />

concezione dello Stato etico, nella sua versione socialista ed in quella liberale. Eguaglianza senza<br />

libertà e libertà con un’eguaglianza solamente formale combatterono allora fra loro per<br />

l’impossessamento totale e definitivo, per il dominio ed il controllo, del mondo unico di antica<br />

tradizione platonico-aristotelica. Facile fu, inevitabilmente, la vittoria del secondo contendente,<br />

dove almeno l’apparenza superiore della libertà, pur nella sua astrattezza e funzionalità, poteva<br />

ancora espletare la ragione di una completezza ed integralità per la libertà personale.<br />

La vittoria di questo contendente doveva però portare in campo – come porta attualmente in<br />

campo – la 'virtù' nascosta ed originaria della modernità: dare alla completezza ed integralità<br />

della libertà personale l’antico valore classico, feudale e di classe della separazione e della<br />

differenza. Far risorgere quell’antico prospetto neopitagorico-aristotelico, che <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong><br />

aveva duramente sperimentato in terra inglese, per ribadire la necessità di un atto prioritario e<br />

di una potenza ad esso gerarchicamente subordinata. In questo contesto la riattualizzazione<br />

delle argomentazioni bruniane – in<br />

particolar modo quelle portate dalla<br />

Cabala del Cavallo pegaseo, con la loro<br />

carica ironica e beffarda nei confronti<br />

del progetto di costituzione ordinata<br />

del mondo – non possono non far<br />

ancora tremare di sdegno e di scandalo<br />

i nuovi esegeti e cultori del Nuovo<br />

Ordine mondiale, proprio per la<br />

ragione che esse riescono a far<br />

intravedere lo sviluppo di uno spirito<br />

mondiale ‘sovversivo’: un nuovo spirito<br />

dell’Anticristo, capace di rompere e<br />

dissolvere – come alter Christus –<br />

l’identificazione idolatrica fra religione<br />

e potere.<br />

Ora pare giungere infatti a<br />

conclusione il sistema del mondo<br />

preparato lungo tutti i secoli della<br />

modernità stessa, necessariamente<br />

espungendo dalla storia e soprattutto<br />

dalla memoria – pericolosamente<br />

sempre 'artistica', come aveva scoperto<br />

<strong>Bruno</strong> - tutte quelle anomalie o scarti<br />

diversivi e pericolosi che hanno sì<br />

apparentemente portato il sistema<br />

stesso a progredire, ma hanno nel contempo costituito - soprattutto per il tempo presente e<br />

futuro - un’occasione rivoluzionaria: a partire dalla Rivoluzione sovietica del 1917 e<br />

regredendo sino alla Rivoluzione francese del 1789-92/3, per giungere a ritroso appunto sino<br />

al giusnaturalismo del ‘600, la volontà intellettuale moderna ora egemone procede alla<br />

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sradicazione, abrasione ed<br />

espulsione di qualsiasi spazio e<br />

tempo di vitale, libera ed eguale,<br />

comunanza e fratellanza, umana e<br />

naturale. Nel tempo della guerra<br />

infinita e preventiva, la civiltà<br />

occidentale è giunta finalmente –<br />

ed in modo apparentemente fatale -<br />

ad identificare l’infinito astratto<br />

della tradizione neoplatonicoaristotelica<br />

con la volontà di<br />

terrorizzare o distruggere ogni<br />

parvenza di movimento autonomo.<br />

Nel mondo unico abitato dal<br />

principio capitalistico del profitto<br />

certo ed assicurato, necessario, la<br />

sola logica capace di mantenere e<br />

conservare in vita il sistema che di<br />

ciò si alimenta e prospera è la<br />

logica della sopraffazione<br />

preventiva, mentre l’unico<br />

strumento destinato a realizzarla<br />

si appalesa definitivamente come<br />

lo strumento delle armi e della<br />

distruzione selettiva (culturale,<br />

socio-economica, istituzionale ed<br />

infine, come extrema ratio, fisica e<br />

collettiva). Contraddizione ed<br />

opposizione vengono allora delegittimate nella propria reale fattualità, per essere assunte e<br />

neutralizzate entro una cornice predisposta ad attutirne gli urti, le pulsioni e, soprattutto, le<br />

dinamiche. Per questo la neutralizzazione preventiva ad opera del diritto iper-borghese<br />

internazionale non può non restringere in maniera sempre più asfissiante ogni spazio e tempo<br />

che, tenacemente, desiderino continuare ad essere abitati da una concezione vitale, libera ed<br />

eguale, della convivenza, umana e naturale. Specchio riflesso di questa costituzione formale è,<br />

poi, la civiltà materiale che viene edificata e costantemente costruita, nell’intento di occupare<br />

tutti gli spazi dell’immaginazione: qui l’astratto ridiventa il motore di un costante e diuturno<br />

perseguimento simbolico. L’integro e l’integrale scavano un fossato ed una frattura, un vero e<br />

proprio 'Vallo di Adriano', nei confronti delle nuove minacce e dei 'nuovi barbari', stanziati ai<br />

confini dell’Impero, ma anche oramai penetrati nelle pieghe più periferiche del medesimo tessuto<br />

connettivo economico-sociale mondiale.<br />

Di fronte a questa salvezza totalmente a rischio, innalzarsi a costituire una separazione ed una<br />

differenza ultima e definitiva non sarà allora che l’estremo rifugio prima dell’annichilazione.<br />

Così di fronte all’inclusione necessaria e necessitata – con la forza del terrore, se necessario - in<br />

questo mondo d’incubo, può restare solamente il richiamo al suono ed al canto, al sogno utopico<br />

ma tremendamente reale nella sua eventuale negazione, dell’attualizzazione del presupposto<br />

bruniano. Quella attualizzazione che i movimenti culturali, teorici e pratici, nati alla metà degli<br />

anni ‘60 del secolo XX hanno già iniziato a compiere e che i successivi sviluppi delle filosofie o<br />

delle scienze umane e naturali hanno contribuito a far progredire. Considerazione e definizione<br />

dell’inconscio come insiemi infiniti (Matte Blanco), teoria delle stringhe (supersimmetria),<br />

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filosofia e logica della paraconsistenza, matematiche della non-linearità e della complessità,<br />

teologie della liberazione e della partecipazione collettiva, movimenti 'altermondialisti': tutte<br />

queste correnti intellettuali e pratiche possono ritrovare spazio e tempo d’agibilità entro il<br />

presupposto bruniano.<br />

Natura ed Anima, nella loro interpretazione bruniana, paiono infatti poter slanciare finalmente<br />

un presupposto teologico, naturale e politico rovesciato ed opposto rispetto a quello della<br />

tradizione neoplatonico-aristotelica (la severiniana 'follia dell'Occidente'). Con un regresso ai<br />

pensatori presocratici ed una rivoluzione nel concetto di Spirito <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> costituiva e<br />

costituisce tutt’ora una splendida occasione per una modernità diversa da quella che poi pare<br />

essersi effettivamente realizzata e sviluppata. Finalmente, in tutte le sue dilaceranti separazioni<br />

e contraddizioni esiziali. Un’occasione di modernità che però ora riappare, nella propria virtù e<br />

tensione risolutrice.<br />

Così all’indagine teologica del problema spetta quella preminenza che potrà garantire – secondo<br />

lo stesso costume bruniano - frutti fecondi anche sul piano degli schemi culturali che siamo usi<br />

predisporre, per leggere ed interpretare sia la realtà che chiamiamo, generosamente, Natura sia<br />

quella che, affettuosamente, denominiamo con i termini di Anima e Ragione.<br />

Per collocare <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> nella storia dell’ermetismo e della magia rinascimentale occorre<br />

riferirsi in primo luogo alle sue opere mnemoniche, il De umbris idearum, il Cantus Circaeus e il<br />

Sigillo dei Sigilli che contengono i suoi primi scritti sulla memoria. Quest’arte classica,<br />

considerata per lo piu mnemotecnica, ha avuto una lunga storia nel corso del Medio Evo. Nel<br />

rinascimento si rivifica tra neoplatonici ed ermetici come metodo per imprimere nella memoria<br />

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immagini fondamentali ed archetipe<br />

presupponendo lo stesso ordine<br />

cosmico e consentendo cosi’ anche una<br />

profonda conoscenza dell’universo. Le<br />

‘’ombre delle idee ’’ di <strong>Bruno</strong> sono<br />

immagini magiche, immagini archetipe<br />

celesti, che sono più vicine alle idee<br />

della mente divina di quanto non siano<br />

le cose inferiori; e non e’ da escludere<br />

che lo stesso Ficino, nel suo frequente<br />

uso della parola ‘’ombre’’, abbia voluto<br />

anch’egli intenderla in questa<br />

accezione. Chi era in possesso di un<br />

tale sistema si innalzava al di sopra<br />

del tempo e rifletteva nella propria<br />

mente l’intero universo della natura e<br />

dell’uomo come riflesso gnostico<br />

dell’universo nella mente. Imprimendo<br />

nella memoria immagini celesti,<br />

immagini archetipe del cielo che sono<br />

ombre vicine alla idea della mente<br />

divina dalla quale dipendono tutte le<br />

cose inferiori e imprimendo nella<br />

fantasia figure zodiacali ‘’si può<br />

ottenere il possesso di un’arte<br />

figurativa che assiste<br />

meravigliosamente, non solo la<br />

memoria, ma tutti i poteri dell’anima’’.<br />

Il sistema bruniano della memoria è perciò rappresentativo della memoria di un mago, che<br />

conosce la realtà oltre la molteplicità delle apparenze, avendo conformato la propria<br />

immaginazione ad immagini archetipe, e che, grazie alla sua penetrazione nella realtà, ha<br />

conseguito anche poteri operativi. L’operazione di <strong>Bruno</strong> appare assai semplice. Egli ha<br />

ricondotto la magia rinascimentale alle sue fonti pagane, abbandonando i tentativi del Ficino di<br />

elaborare una magia innocua dissimulandone la fonte principale, l’Asclepius, e schernendo<br />

violentemente gli ermetici religiosi che hanno creduto di fondare un ermetismo cristiano facendo<br />

a meno dell’Asclepius, e proclamandosi un Egiziano convinto che ha deplorato la distruzione<br />

fatta dai cristiani del culto degli dei naturali della Grecia e della religione attraverso cui gli<br />

egiziani avevano raggiunto le idee divine, il sole intelligibile, l’Uno del neoplatonismo; ed ha<br />

auspicato il ritorno della religione magica egizia e le loro leggi morali che sostituiranno il caos.<br />

Al contempo si rese conto che tali operazioni non potevano essere ne' comprese, ne' attuate da<br />

tutti, ma che era necessaria una selezione degli animi ed un graduale avvicinamento sia ai temi<br />

specifici che all'operatività che ne conseguiva. Lo disse e scrisse chiaramente sia nel preambolo<br />

della sua prima opera mnemonica, il “De Umbris Idearum”che inizia con l'incipit:<br />

Ombra profonda siamo, e voi non tormentateci, o inetti : un’opera tanto importante non si rivolge<br />

a voi, ma ai dotti.<br />

Sia poi nel discorso introduttivo di Hermes che, come manifesto programmatico dell'Arte della<br />

memoria dice:<br />

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Quest'arte non serve soltanto ad acquisire una semplice tecnica mnemonica, ma avvia e introduce<br />

anche alla scoperta di numerose facoltà. Di conseguenza, coloro ai quali sarà concesso di<br />

apprendere i più profondi principi<br />

dell’Arte, conformemente alla sua<br />

maestà, ricordino: di non divulgarla<br />

senza distinzione a chiunque, senza<br />

una selezione, ed elargiscano i suoi<br />

canoni esplicitamente ai singoli, in<br />

modo più intenso o più dilazionato a<br />

seconda dei meriti e delle facoltà<br />

ricettive di coloro ai quali deve essere<br />

comunicata. Inoltre, sappiano coloro<br />

cui è giunta questa arte: il nostro<br />

ingegno non è tale né da essere legato a<br />

una determinata corrente di filosofia<br />

altrui né da disprezzare universalmente<br />

qualunque altro indirizzo filosofico.<br />

Davvero non c'è nessuno che non<br />

teniamo in gran conto tra coloro che si<br />

sono appoggiati al proprio ingegno per<br />

giungere alla contemplazione delle cose<br />

e che hanno costruito qualcosa con arte<br />

e metodo. Non trascuriamo i misteri dei<br />

Pitagorici, né sminuiamo la fede dei<br />

Platonici e non disprezziamo neppure i<br />

ragionamenti dei Peripatetici, quando<br />

si fondano su una premessa reale.<br />

L'operazione iniziatica appare chiara:<br />

un percorso non per tutti, ma<br />

accessibile a tutti.<br />

Una iniziazione progressiva dove conformemente a stati interiori di consapevolezza e di<br />

percezione, corrispondono capacità ricettive di insegnamenti arcaici, sempre più vicini alla<br />

Sorgente iniziale di gnosi.<br />

“Quando l'orecchio del discepolo è pronto a ricevere la parole, giungono le labbra del Maestro a<br />

pronunciarle”<br />

Con la scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492 e con la rivoluzione<br />

copernicana del 1530, il mondo occidentale si trovò a fare i conti con una nuova realtà. Erano<br />

crollati muri e barriere che si credevano invalicabili e definiti per sempre; tutto tornò in<br />

discussione, il predominio del papato subiva la riforma luterana dopo quella anglicana, il mondo<br />

diventava più ampio e si preparava una nuova era, quella della modernità. <strong>Bruno</strong> comprese ed<br />

accettò il sistema copernicano, ma alzò la testa verso le stelle, verso l'universo infinito e nella<br />

“Cena de le Ceneri” portò la sua critica a Copernico. La Cena de le Ceneri è il primo dei sei<br />

dialoghi italiani seguito dal “De la causa, principio et uno” e il “De l’infinito universo et mondi”,<br />

come primo trittico sul concetto di infinito universo e lo “Spaccio de la bestia trionfante”, la<br />

“Cabala del cavallo pegaseo” e “De gli eroici furori” per indicarne la riforma etico, morale e<br />

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sociale che tale percezione<br />

comporta passando attraverso la<br />

tecnica cabalistica come chiave di<br />

lettura dell’intellegibile, per la<br />

liberazione dell’animo umano nei<br />

furori. <strong>Bruno</strong> li scrisse e pubblicò<br />

tutti a Londra, nell’arco di due soli<br />

anni dal 1584 al 1585, e in<br />

italiano, come il precedente “Il<br />

Candelaio”, commedia anch’essa in<br />

volgare per rivolgersi ad un<br />

pubblico più vasto e lanciando<br />

semi da fare attecchire e<br />

germogliare negli animi più<br />

predisposti, capaci poi di seguirlo<br />

nelle opere latine dove affina e da<br />

metodologie operative al suo<br />

pensiero. Ne ”La cena delle<br />

ceneri”, <strong>Bruno</strong> getta le basi della<br />

sua “nova filosofia”e racconta di<br />

come si scontrò coi dottori di<br />

Oxonia per la sua critica all’eppur<br />

nuova e straordinaria teoria<br />

copernicana. Ma la sua non era<br />

critica, era solo un completarla,<br />

intuiva l’Universo infinito senza<br />

centro…. o con infiniti centri.<br />

Copernico s’era limitato a<br />

sostituire il geocentrismo con<br />

l’eliocentrismo, aveva intuito, ma non fino in fondo, aveva calcolato, ma nei limiti dei calcoli, non<br />

aveva immaginato equazioni più profonde. <strong>Bruno</strong> intuì l’universo, infinito, senza limiti e con<br />

innumerevoli mondi: da questa intuizione inizia il suo percorso, come nuova condizione umana<br />

ad una nuova concezione del mondo. Il presupposto fondamentale di tutta la filosofia bruniana è<br />

che: una volta ammesso che Dio è infinito, e questo lo ammettevano anche prima di <strong>Bruno</strong>, e una<br />

volta ammesso, soprattutto con <strong>Bruno</strong> e proprio nella Cena, che anche la natura è infinita, due<br />

infiniti non possono concettualmente coesistere rimanendo separati e distinti, ma due infiniti<br />

non sono che un medesimo infinito. E il sapiente, il filosofo, il mago, colui che cerca, cerca la<br />

natura, ma nel cercare nella natura, cerca anche Dio, Dio che è fatto natura. (Emblema Atalanta<br />

Fugiens) <strong>Bruno</strong> parla di “profonda magia”, cioè di quella magia che è un sapere tanto forte da<br />

essere in grado di penetrare nelle segrete singolarità della realtà naturale e nella Cena delle<br />

ceneri fa precisazioni importanti, ispirato da un punto di vista speculativo dal pensiero di<br />

Plotino, in termini di filosofia religiosa, il problema del rapporto tra Dio e Natura: Dio è<br />

trascendente, rispetto alla natura, che agostinianamente ha creato rimanendo al di la di essa,<br />

oppure: Dio è immanente nella natura, cioè è l’attività produttrice che è come il motore interno<br />

della natura, ma non se ne distacca. E nella Cena delle Ceneri, per trovare una via d’uscita dallo<br />

scontro con la filosofia trascendentistica dominante, <strong>Bruno</strong> adopera l’idea plotiniana del duplice<br />

atto. Infatti parla delle due Sofie: una, la sapienza di Dio, trascendente, e la sapienza, viceversa<br />

terrena, immanente nella natura; e dice che all’uomo è dato di conseguire soltanto la seconda, la<br />

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sofia terrena, in cui la verità è immanentizzata nella natura; quell’altra <strong>Bruno</strong> non la nega ma<br />

riconosce che è preclusa alla capacità dell’uomo.<br />

Ma in quella che <strong>Bruno</strong> chiama sofia terrena, cioè la conoscenza della natura, è una conoscenza<br />

in cui, che cosa si conosce?<br />

Che cos’è che costituisce il vero e proprio contenuto di questo conoscere? La verità è l’idea, ma<br />

l’idea noi non la vediamo e tocchiamo;<br />

piuttosto noi vediamo e tocchiamo le<br />

cose sensibili che sono, platonicamente<br />

“ombre delle idee”, come <strong>Bruno</strong> titola<br />

appunto la prima delle sue opere.<br />

Ad una nuova visione del cosmo deve<br />

necessariamente corrispondere una<br />

nuova visione dell’uomo.<br />

Con queste parole poste all’inizio della<br />

cena delle ceneri, <strong>Bruno</strong> annuncia la<br />

nuova era, che apre lui stesso, lui che<br />

“ha disciolto l'animo umano e la<br />

cognizione,<br />

e……. ch'ha varcato l'aria, penetrato il<br />

cielo, discorse le stelle, trapassati gli<br />

margini del mondo, fatte svanir le<br />

fantastiche muraglia de le prime,<br />

ottave, none, decime ed altre, che vi<br />

s'avesser potuto aggiungere, sfere, per<br />

relazione de vani matematici e cieco<br />

veder di filosofi volgari; cossì al<br />

cospetto d'ogni senso e ragione, co' la<br />

chiave di solertissima inquisizione<br />

aperti que' chiostri de la verità, che da<br />

noi aprir si posseano, nudata la<br />

ricoperta e velata natura, ha donati gli<br />

occhi a le talpe, illuminati i ciechi e<br />

……. Far quel progresso col spirto che non può far l’ignobile e dissolubile composto, “<br />

ignobile e dissolubile composto che è il corpo umano appesantito dalla materia. <strong>Bruno</strong> s’erge<br />

come uomo cerniera fra il vecchio e nuovo mondo che s’apriva col ‘600, ultimo della tradizione<br />

rinascimentale che con immagine plotiniana, traboccava, aprendo la via al secolo dei lumi.<br />

La sua nuova visione dell’universo dentro il quale l’uomo si inserisce e si ritaglia un proprio<br />

spazio, fatto a misura di ciò che realmente è, per quello che vale e per come può incidere nella<br />

realtà che lo circonda, che è a sua perfetta somiglianza: ciò che è percepisce, come se si<br />

specchiasse in se stesso.<br />

Vedeva il rapporto uomo – natura come immagine riflessa da uno specchio: quello che esiste oltre<br />

lo specchio non è altro che ciò che gli mostra.<br />

La natura si riflette in noi come noi in lei, in una vicissitudine dove l’uomo diviene sempre centro<br />

di quell’universo che da lui si propaga.<br />

Dal macro al micro cosmo, l’uomo si pone quindi in modo nuovo, come uno degli infiniti punti e<br />

quindi sempre centro per suo volere, potere ed azione:<br />

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“Se l’universo è infinito, ogni punto è centro dell’universo” La dimensione della visione del reale<br />

si sposta quindi dall’orizzontale al verticale.<br />

Posto che la percezione sensoriale<br />

non rappresenta che uno degli<br />

infiniti modi con cui si può percepire<br />

la realtà e posto che il nostro “punto<br />

di osservazione” dipende<br />

esclusivamente da come siamo<br />

“NOI” e da come osserviamo il<br />

mondo e che da questo punto<br />

d’osservazione noi agiamo,<br />

interveniamo sul divenire,<br />

interagiamo con esso, con l’intensità<br />

della nostra energia data dal modo e<br />

dal mondo in cui viviamo e da cui<br />

percepiamo la realtà, quel che di<br />

essa assorbiamo e di cui ci<br />

alimentiamo, e come con essa<br />

interagiamo.<br />

Passare dall’orizzontale al verticale,<br />

significa quindi “porsi” ad un<br />

determinato livello o piano<br />

geografico, geometrico o geodetico di<br />

vibrazione, assorbendo l’energia che<br />

poi il reale ci restituisce.<br />

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“La costruzione d’una natura<br />

padroneggiabile dalla mente perché<br />

la mente possa ricevere<br />

a sua volta ritmo e proporzione dalla<br />

natura”<br />

Con la sua sfolgorante visione, <strong>Bruno</strong> apre le porte al mondo moderno, mondo della ragione,<br />

della scienza, della ricerca e della conoscenza che vede nell’uomo non tanto il centro dell’universo<br />

come scopo del creato per intervento divino, ma la centralità dell’uomo nell’universo, come una<br />

delle tante manifestazioni della natura, capace di percorrere la strada che lo porta sempre più ad<br />

una dimensione finanche “divina” del tutto.<br />

Proprio come Pico aveva magnificamente espresso sul finire del XV° sec.<br />

" Non ti diedi, Adamo, una stabile dimora, ne un’immagine propria, né alcuna peculiare<br />

prerogativa, perché tu devi avere e possedere secondo il tuo voto e la tua volontà, quella dimora,<br />

quell’immagine, quella prerogativa che avrai scelto sicuramente.<br />

Una volta definita la natura alle restanti cose, sarà pure contenuta entro prescritte leggi.<br />

Ma tu senz'essere costretto da nessuna limitazione, potrai determinarla da te medesimo, secondo<br />

quell'arbitrio che ho posto nelle tue mani.<br />

Ti ho collocato al centro del mondo perché potessi così contemplare più comodamente tutto quanto<br />

è nel mondo.<br />

Non ti ho fatto del tutto né celeste né terreno, né mortale, né immortale perché tu possa plasmarti,<br />

libero artefice di te stesso, conforme a quel modello che ti sembrerà migliore.


19/06/2012 - 20.17 <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Monaco</strong> <strong>Mago</strong> <strong>Occultista</strong><br />

Potrai degenerare sino alle cose inferiori, i bruti, e potrai rigenerarti, se vuoi, sino alle creature<br />

superne, alle divine."<br />

Insomma la vita è totalmente varia....<br />

Questa varietà è la caratteristica<br />

dominante.. che allo stesso tempo evoca<br />

l'unitarietà di fondo....<br />

Come avviene nell'osservazione delle<br />

figure formantesi in un caleidoscopio,<br />

gli specchietti e i cristalli sono gli<br />

stessi ma le immagini appaiono<br />

sempre diverse.<br />

Così eone dopo eone universo dopo<br />

universo big bang dopo big bang la<br />

vita continua a manifestarsi in una<br />

policromia di colori, di forme<br />

incommensurabilmente diverse ma<br />

attingenti alla stessa matrice: la<br />

coscienza.<br />

La consapevolezza dell'Uno che si fa<br />

molti.<br />

Questa era anche la visione del nostro<br />

filosofo e spiritualista laico <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>.<br />

Egli aveva intuito la vera essenza, la sorgente universale, e la possibilità degli universi<br />

continuamente ricreati e paralleli..<br />

Il fuoco d'artificio eternamente manifesto e inestracabilmente congiunto di Spirito e Materia.<br />

Che la sua intuizione non fosse stata accolta dai suoi contemporanei, e gli provocò anzi un'atroce<br />

morte, dal punto di vista del pensiero astratto e della realtà delle cose ha poca importanza...<br />

Ed inoltre, nella percezione dualistica, l'intelligenza ha bisogno della stupidità per risultare<br />

evidente.<br />

Ciò che è vero lo è sempre e non abbisogna di conferme... è autoesistente.<br />

Come ognuno di noi può riscontrare nella sua stessa identità e senso dell'essere che non<br />

abbisogna di venire corroborata da agenti esterni.. anzi sono gli agenti esterni ad essere<br />

corroborati nella loro presenza ed esistenza dal "noumeno", dal soggetto!<br />

La verità non può essere raccontata poichè il racconto non è la sostanza.<br />

Ed ora ecco un'altra faccia della medaglia, quella della visione scientistica:<br />

Martin Bojowald ha lavorato per sei anni intorno alle complicate equazioni che sorreggono la sua<br />

teoria.<br />

Oggi finalmente è potuto uscire allo scoperto su Physics Nature per dire che l'universo non è<br />

nato con il Big Bang.<br />

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Quando si verificò il "grande botto" al quale si fa tradizionalmente risalire la creazione del<br />

mondo che conosciamo, l'universo esisteva già. Anzi, il Big Bang non fu altro che un<br />

"ripiegamento", un "rimbalzo" della materia preesistente.<br />

Uno dei limiti della teoria del Big Bang, descritta matematicamente da Einstein, è che in un<br />

dato momento tutta la materia era concentrata in un punto con volume zero e massa ed energia<br />

infinite.<br />

Secondo le leggi della fisica, impossibile.<br />

Ora gli scienziati dell'università di Pennsylvania State University, coordinati da Bojowald,<br />

dicono che prima della nascita del nostro universo ce n'era uno simile che però collassava su se<br />

stesso.<br />

Unendo la teoria della relatività ad equazioni di fisica quantistica, alla Penn State è nato il<br />

primo modello che descrive sistematicamente l'esistenza di un universo preesistente al nostro, e<br />

che ne calcola alcune caratteristiche.<br />

Secondo il modello (Loop Quantum Gravity, o Lqg), il vecchio universo stava collassando<br />

rapidamente, fino a raggiungere uno stato in cui la gravità e l'energia erano così alte (ma non<br />

infinite, come sostenuto dalle teorie precedenti) che la repulsione reciproca ha fatto invertire il<br />

processo e ha dato vita all'universo in espansione che conosciamo oggi.<br />

Per i fisici americani, anche se molto simili fra loro, gli universi "pre" e "post" rimbalzo non erano<br />

uguali: le equazioni che li governano infatti hanno almeno una variabile differente, che Bojowald<br />

chiama il "fattore di dimenticanza cosmica".<br />

Cioè l'assenza di almeno un parametro dell'universo "pre" nell'universo "post".<br />

Il che impedisce anche l'infinito replicarsi di universi gemelli.<br />

Questo e' un modo insolito degli Uomini Blu, per direzionare la nostra attenzione verso<br />

particolari numeri sacri, presenti nei diversi culti sotto vari formati e coloriti.<br />

Sono le chiavi ermetiche degli antichi codici celesti, ed i tre numeri che mi hanno dato come guida<br />

sono: 33-21-11, che compaiono nello schema multi- dimensionale appena elaborato che contiene<br />

allenamenti e giochi divini, per attivare l'occhio interiore ed impararere a vedere oltre le<br />

apparenze..<br />

La scala 11, di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> 21, per l’Uomo sole 33.<br />

Disendi nelle tue profondita',<br />

in equilibrio tra le due forze.<br />

Percepisci le essenze sacre,<br />

dentro e fuori di te,<br />

ed inizia ad espanderti....<br />

Giocando col Dio sole, si arde di sacro amore.<br />

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Controllare bene la tabella<br />

Controllare bene i numeri<br />

Controllare bene le combinazioni<br />

Buon lavoro<br />

È il decimo numero primo, dopo il 23 e prima del 31.<br />

È un numero primo di Sophie Germain<br />

È un primo primoriale, 29 = 2 * 3 * 5 − 1<br />

È la somma di tre quadrati, 22 + 32 + 42<br />

È il terzo numero, dopo 1 e 5, tale per cui 2n2 − 1 è un quadrato; (sequenza A001653 nell'OEIS)<br />

È il quinto numero di Markov: si trova nelle soluzioni all'equazione Diofantina di Markov (2, 5,<br />

29), (2, 29, 169), (5, 29, 433),...<br />

Non è la somma di due numeri primi<br />

È un numero di Tetranacci: 1, 1, 2, 4, 8, 15, 29...<br />

2n2 + 29 è un numero primo per tutti i valori di n da 1 a 28.<br />

È la radice quadrata di (6! + (6! + 6) / 6).<br />

Può essere scritto in due modi diversi come combinazione fra i primi 4 numeri primi e le 3<br />

operazioni aritmetiche di base (somma, sottrazione e moltiplicazione) : 29 = (2 * 7) + (3 * 5) = (5 *<br />

7) − (2 * 3).<br />

È il più piccolo numero con più di una cifra il cui prodotto delle cifre del suo cubo è a sua volta un<br />

cubo : 293 = 24.389 = 2 * 4 * 3 * 8 * 9 = 1.728 = 123.<br />

È la più grande potenza di 2 le cui cifre sono tutte diverse fra loro : 229 = 536.870.912.<br />

La 29a Proposizione di Euclide è la prima ad usare il postulato delle parallele.<br />

Chimica<br />

È il numero atomico del rame. (Cu)<br />

Biologia<br />

Il cranio umano è composto da 29 ossa.<br />

Simbologia<br />

Numerologia<br />

Presso le zone del cesenate il numero Ventinove viene considerato numero portatore di sventura.<br />

È singolare come questa credenza si sia diffusa presso la popolazione più giovane in un lasso di<br />

tempo relativamente breve raggiungendo anche le zone limitrofe e le province contigue (vedi il<br />

caso del ventinovesimo scudetto della Juventus).<br />

Smorfia<br />

Nella Smorfia il numero 29 è il padre dei bambini (il pene).<br />

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Le ruote mnemoniche di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, che utilizzano 24 lettere.<br />

Vi chiederete, quindi, il motivo per cui ho insistito nel voler “provare” come il riferimento<br />

(numerico) cinese sia stato essenziale anche in modi, luoghi e tempi diversi.<br />

Semplicemente perché, viste la sue prerogative creative, se usato per “anticipare” le scelte<br />

umane come nel caso dell’I’Ching, potrebbe mettere a frutto le infinite possibilità di quella stessa<br />

struttura plasmante, posta dimensionalmente altrove e chiaramente avulsa dai nostri 3 vincoli<br />

temporali: presente, passato e futuro.<br />

In sintesi, gli episodi umani condividono con la materia, la stessa energia creante, dimostrando<br />

un fatto essenziale: che tutto ciò che ci circonda, altro non è che il frutto numericamente<br />

emozionale di un pensiero, identificabile con una mente …..che non può essere che Divina.<br />

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Perciò la materia, come ben sapeva <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, è un frutto anche emotivo.<br />

Gli eventi in divenire sono scelte emozionali che mantengono al loro interno la matrice ciclica<br />

della prevedibilità (Yin e Yang).<br />

La stessa prevedibilità, capace di consentire periodicamente, a miliardi di corpi celesti,<br />

appartenenti ad una galassia come la nostra di allinearsi e permettere al Sole, ogni 2160 anni,<br />

all’Equinozio di primavera, di sorgere ponendo alla sue spalle una diversa costellazione, senza<br />

nessun errore e secondo cicli di 25.920 anni.<br />

Che altro aggiungere se non la speranza di vedere la nostra medicina come la scienza ufficiale<br />

direzionarsi verso un atteggiamento più aperto verso scienze miracolosamente sfuggite<br />

all’estinzione come il Para-Tan.<br />

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Dal canto mio quel ponte di cui parlavo,<br />

sento di essere prossimo al terminarlo e<br />

forse un sigillo ermetico di <strong>Giordano</strong><br />

<strong>Bruno</strong>, da lui definito Monade o DIO,<br />

meglio di tante altre immagini potrà<br />

essere l’ultima pietra di un opera<br />

conoscitiva costruita per unire occidente<br />

e oriente, passato e presente, scienza<br />

ufficiale e non.<br />

Riallacciandomi all'ultimo articolo in cui,<br />

in qualche modo, accennavo al tema<br />

della Magia e al modo spontaneo in cui<br />

essa si diffonde fra le nuove generazioni,<br />

affascinando con simboli e riti, non posso<br />

non fare riferimento a come invece essa<br />

veniva concepita ad esempio da un<br />

grande pensatore e filosofo del passato:<br />

<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>.<br />

Se gli aveste chiesto di insegnarvi<br />

qualcosa sull'argomento, vi avrebbe<br />

spiegato, tanto per cominciare, che lui<br />

usava chiamarla Magia naturalis e che, sempre per come lui la vedeva, essa abbondava nei<br />

bambini.<br />

Come dargli torto?<br />

Conosco piccoli uomini in grado di scivolare in trance<br />

naturali e spontanee, di ricordare episodi della loro<br />

vita passata con estrema naturalezza, di parlare<br />

contemporaneamente piu' lingue: questo perchè in<br />

verità i bambini e gli anziani sono quelli più vicini ai<br />

luoghi della vita in cui le dimensioni si assottigliano e<br />

il velo di Maia si fa più sottile fino quasi a strapparsi.<br />

Poi i nostri cuccioli inesorabilmente crescono e si<br />

conformano al Primo e al Secondo Mondo (la famiglia,<br />

la società) per un processo necessario e inevitabile<br />

che assicura la sopravvivenza prima, l'integrazione<br />

poi.<br />

Ma la Magia Naturalis persiste nella Natura,<br />

nell'Energia che permea tutte le cose, in<br />

quell'Intelligenza immanente e suprema che per<br />

<strong>Giordano</strong> era Dio.<br />

Chi è dunque il <strong>Mago</strong>?<br />

Il <strong>Mago</strong> è colui che persegue l'evoluzione della sua<br />

Anima secondo gli schemi divini, sottoponendosi ad<br />

un allenamento costante delle sue facoltà fino ad<br />

arrivare ad essere ciò che un uomo può davvero<br />

diventare: un individuo con capacità illimitate che<br />

riaccende in sè la Luce dell'intelligenza suprema.


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<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> era famoso per il suo metodo mnemonico tramite il quale insegnava ai suoi<br />

studenti ad ampliare a dismisura le loro capacità di ricordare.<br />

A tal proposito aveva realizzato anche un mazzo di carte che aveva lo scopo di raccogliere<br />

archetipi, simboli figure primordiali, che andavano memorizzate nei minimi particolari per<br />

essere così interiorizzate dall'inconscio, in modo da rilasciare gradualmente le loro potenzialità.<br />

Era un'Alchimia trasformativa che lavorava sul piombo dell'uomo per farne oro.<br />

<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> era un uomo di costumi non proprio morigerati, ma anche di grandi ideali<br />

filantropici: la libertà di culto, la pace tra popoli di costumi diversi, il libero pensiero.<br />

E nonostante fosse conosciuto per il suo esagerare con il vino e per il suo amore per le belle<br />

donne, fu l'essere integerrimo che compì il sacrificio finale sul rogo quando capì che, abiurando e<br />

tenendo in luogo pubblico, così come gli era stato offerto, un discorso di confutazione di tutte le<br />

sue teorie, avrebbe mandato un segnale discordante a tutti i giovani ( e in Europa erano tanti)<br />

che leggevano i suoi libri.<br />

Da dove viene allora tanta integrità morale, quella vera, che permette a un uomo di divenire la<br />

trasfigurazione di se stesso?<br />

Per <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> proveniva dalla Magia Naturalis, da quella Alchimia che non era processo<br />

di trasformazione dei metalli ma dell'uomo, che era processo di avvicinamento alla Divinità.<br />

Cinque anni fa infatti, scoprii all'interno di Collemaggio le Tre Ottave dopo più di sette secoli dal<br />

loro assemblaggio ermeticamente voluto dal grande Celestino V. Utilizzando inconsciamente i<br />

numeri, collegai, a ragione, quella somma simbolica pari a 24 unità a qualcosa di altrettanto<br />

simbolicamente molto più antico. Ciò che dentro Collemaggio era numero, infatti, appariva<br />

attraverso le composite braccia degli esseri posti al di fuori dello Zodiaco di Dendera, come<br />

qualcosa di estremamente animico e … creativo.<br />

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16 braccia divine, maschili, e 8 braccia umane ma femminili, mi diedero la possibilità di capire<br />

cosa e quanto in quel labirinto fosse nascosto. Volendo sinteticamente descrivere il tutto potrei<br />

dire che Celestino V continuava, attraverso la simbologia del Labirinto, la trasmissione<br />

millenaria di un messaggio le cui caratteristiche animiche, certamente si riproponevano<br />

all'interno dello zodiaco più famoso del mondo. Zodiaco che moltissimo m'insegnò e continua ad<br />

insegnarmi, in quanto i 12 esseri, chiaramente dotati di 24 braccia, dimostravano essere<br />

direttamente collegati con ciò che la sfera centrale zodiacale conteneva. Qui infatti 72 corpi<br />

celesti a loro volta suddivisi in due gruppi stellari compositi, pari a 24 e 48 unità, dimostravano<br />

chiaramente la loro diretta emanazione dodecafonica, nascente da un sistema numerico da me<br />

conosciuto, e splendidamente descritto dalla Lista Sumera dei RE. "Il numero è un limpido<br />

principio, fisico, metafisico, e razionale" appresi da <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>, ed infatti mai come in<br />

questo contesto, ciò che poteva sembrare fisicamente numerabile, come una serie di astri,<br />

razionalmente inquadrabili dalla mente umana, in verità dimostrava avere una ragione<br />

metafisica, alla sua nascita. Ora scusandomi per la mia divagazione numerica, purtroppo<br />

necessaria, vorrei che il lettore immaginasse quelle 24 braccia trasformarsi in sei cerchi, come<br />

appaiono a Collemaggio, quindi che vedesse quella sestina fondersi a formare Tre Otto, i quali<br />

una volta l'anno a Collemaggio non fanno altro che aspettare un prodigio voluto da DIO<br />

attraverso tutte e sei le dimensioni figlie del suo primo ottuplice vagito.<br />

Un Solstizio di Luce<br />

Infatti il 21 giugno, al solstizio<br />

d'estate il sole trasformerà in<br />

Luce (sempre Palmieri docet)<br />

l'informazione numerica posta<br />

all'interno del rosone di<br />

Collemaggio, che per primo<br />

codificai, informazione destinata<br />

a diventare esattamente un<br />

Settimo cerchio all'interno del<br />

labirinto in questione. Ora,<br />

ripensando alle braccia di<br />

Dendera, si capirà come queste<br />

altro non siano che l'ultimo<br />

baluardo energetico posto a<br />

monte di una realizzazione<br />

estremamente materiale oltre che<br />

terribilmente luminosa.<br />

Sostanzialmente ci si può rendere<br />

conto di come qualcuno, non si sa<br />

chi, non si sa quando, ha avuto<br />

l'ardire, riuscendoci, di codificare<br />

un atto creativo che tanto sta<br />

impegnando tutti i laboratori di<br />

fisica nucleare di tutto il mondo. Di conseguenza la sfera contenente la visione celeste egizia,<br />

altro non potrà essere che la Settima sfera. Sarà quindi il Settenario, per un sapere senza tempo<br />

come quello dell'Ottava, la summa simbolica di un atto creativo la cui origine è posta<br />

esattamente dove oggi non abbiamo il coraggio di spingerci, ma dove <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> era di casa,<br />

… nell'invisibile.<br />

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Adesso torniamo al suo Sigillo utile a ricordare la memoria Archetipica, facciamolo perché LUI<br />

nella sua unica descrizione dei Tre sigilli Ermetici, dirà, come già scritto in Mente o Apollo, che<br />

"le azioni degli Dei, utili cimaticamente e geometricamente a creare i presupposti della nascente<br />

Luce", in Amore o Venere "verranno sostituite dalle corrispondenti caratteristiche<br />

emozionali. In Amore saranno quindi, una summa di emozioni, simili a quelle umane, come,<br />

odio, coraggio, codardia, gioia, tristezza, ira, ecc., a portare a compimento le geometrie divine. In<br />

altre parole <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> quattro secoli orsono, sapeva, spiegava, e sperava che ognuno di noi<br />

capisse come e quanto amore, un Dio, immanente e musicalmente Ottava, avesse posto,<br />

attraverso un miriade di emozioni, alla base della sua sessuata e frattale volontà di creare …la<br />

Materia. Di conseguenza potremo sperimentare qualsiasi tipo di emozione nella nostra vita e<br />

per quanto potrà sembrarci impossibile ammetterlo, persino l'odio, per esempio, comunque e<br />

sempre farà parte di un unico sentimento creativo chiamato …Amore .<br />

Se accetteremo tutto ciò, avremo nuovamente una materia viva, emozionabile ed emozionante,<br />

potremo quindi comunicare con essa e mettere a punto una nuova scienza tecnicamente animica,<br />

come l'Ottava.<br />

Questo dovrà essere l'immediato compito della razza umana; se sapremo perseguirlo, <strong>Bruno</strong> non<br />

sarà morto invano, altrimenti saremo noi a … bruciare.<br />

I mistici sigilli di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong><br />

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Tra misteri e rivelazioni, il romanzo racconta la storia di Tristan, viaggiatore nel tempo<br />

mediante un tatuaggio le cui lettere formano magicamente l’acronimo V.I.T.R.I.O.L. (Visita<br />

Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem). Dove lo condurrà il suo cammino<br />

lungo i confini tra il reale e l’immaginario, tra sbalzi temporali e misteri dell’occulto? Quale<br />

terribile verità si cela dietro il suo percorso iniziatico che, nel condurlo attraverso diversi gradi di<br />

conoscenza, segue fedelmente il modello della rinascita alchemica?<br />

Sarà un inaspettato finale a svelare i segreti di un’opera avvincente e profonda, in cui l’autore<br />

riesce nell’impresa di tradurre in linguaggio narrativo i principi basilari della dottrina ermetica,<br />

di cui è profondo conoscitore.<br />

Anche gli ultimi dei miei disegni elaborati, li ho ritrovati nel libro di illustrazioni di <strong>Giordano</strong><br />

<strong>Bruno</strong>.<br />

Alcune che ha scelto, sono leggermente diverse quasi a volerne velare i "vietatissimi" contenuti,<br />

le essenze, molte delle essenze sono identiche....troppo identiche per chiamarle "coincidenze"..<br />

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<strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> sarebbe stato per me, un ottimo maestro, perche' avrebbe compreso il linguaggio<br />

interiore divino, fatto di geometrie sacre, numeri fantastici per rappresentare le sublimi opere<br />

del GAU(essenza filatrice dell'universo o donna ragno), conosciute e rivelate anticamente con<br />

diversi stili e coloriti....<br />

Sembra proprio che i 7 quadrati magici abbiano a che fare con la musica delle sfere, legge<br />

"armonica", o terza legge di Keplero..<br />

Le conoscenze iniziatiche degli antichi uomini<br />

RIEMERGE DALL' ARCHIVIO DI STATO DI ROMA UNA PREZIOSA<br />

TESTIMONIANZA DELL' INQUISIZIONE<br />

E il notaio «fotografò» <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> sul rogo.<br />

In un disegno la prima immagine del filosofo<br />

Un nuovo documento sul rogo di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong><br />

offre per la prima volta una testimonianza visiva<br />

del tragico evento del 17 febbraio 1600: si tratta di<br />

un disegno, eseguito dal notaio Giuseppe De<br />

Angelis, in cui si vede il filosofo avvolto dalle<br />

fiamme.<br />

Collocato accanto alla descrizione del trasferimento<br />

dell'«eretico» dal carcere di Tor di Nona alla piazza<br />

di Campo de' Fiori, lo schizzo mostra <strong>Bruno</strong> di tre<br />

quarti, con addosso una tunica, e con le braccia<br />

dietro il corpo, probabilmente legate a un palo come<br />

spesso accadeva.<br />

Il volto presenta dettagli interessanti: un filo di<br />

barba sembra marcare i contorni del viso, mentre il tratto molto accentuato degli occhi e delle<br />

sopracciglia potrebbe far pensare a uno sguardo marcato, quasi minaccioso.<br />

Questo prezioso inedito è stato rinvenuto nell'Archivio di Stato di Roma da Michele Di Sivo e<br />

Orietta Verdi nel corso del restauro di alcuni documenti in occasione della mostra dedicata a<br />

Caravaggio a Roma (fino al 15 maggio), in cui sono esposte testimonianze sconosciute sul<br />

soggiorno nell' Urbe del grande pittore.<br />

Si tratta del registro che raccoglie gli avvenimenti accaduti tra il 1° gennaio e il 31 marzo 1600.<br />

L' intervento dei restauratori ha permesso di recuperare quasi il settanta per cento del testo in<br />

latino.<br />

Ma già una prima trascrizione, effettuata da Di Sivo e dalla Verdi, presenta, nonostante alcune<br />

evidenti lacune, interessanti informazioni finora rimaste sconosciute agli specialisti.<br />

Il notaio De Angelis, come era nella prassi, registra che <strong>Bruno</strong>, trovandosi detenuto presso il<br />

governatore di Roma (che all' epoca era Ferrante Taverna) viene affidato al giudice Giovanni<br />

Battista Gottarello per far eseguire la condanna comminata dal Tribunale dell' Inquisizione.<br />

Il nome di Gottarello non era mai apparso prima in nessun documento: spetta a lui dare il via al<br />

corteo che accompagna <strong>Bruno</strong> in Campo de' Fiori.<br />

L'Inquisizione, infatti, affidava al braccio secolare l'esecuzione della pena capitale.<br />

Tra i testimoni del rogo, figurano il cardinale Giulio Antonio Santori di Santa Severina e lo<br />

stesso notaio De Angelis.<br />

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L'unico importante resoconto del supplizio del Nolano, in cui si descrive l'atteggiamento sdegnato<br />

di <strong>Bruno</strong> che reagisce con ferocia quando gli presentano un crocifisso, è conservato in una lettera<br />

spedita da Roma, proprio il 17 febbraio 1600, da Kaspar Schoppe al suo maestro Konrad<br />

Rittershausen.<br />

Da quest'ultimo, probabilmente, il grande Keplero avrebbe potuto attingere le informazioni che<br />

hanno ispirato la sua famosa missiva del 1607 in cui si accenna alla tragica fine dell' «infelice»<br />

filosofo. In assenza degli atti processuali e di fronte alla carenza di documenti che riguardano la<br />

vita di <strong>Bruno</strong>, questa nuova scoperta aggiunge una piccola tessera alla ricostruzione degli<br />

avvenimenti. Ma l' elemento più prezioso riguarda il disegno del notaio. Si tratta di uno schizzo,<br />

è vero.<br />

Si tratta di un manoscritto purtroppo deteriorato dall' umidità, senza dubbio.<br />

Ma l'abbozzo dell' unica testimonianza visiva del rogo potrebbe fornire, se studiata a fondo e con<br />

strumenti che possono permettere di distinguere con maggiore chiarezza il tratto della mano<br />

dalle sbavature dell'inchiostro, qualche dettaglio utile a rispondere ad alcuni interrogativi.<br />

<strong>Bruno</strong> aveva veramente la mordacchia, il morso collocato in bocca?<br />

Solo un documento la menziona, senza altri riscontri.<br />

E ancora: <strong>Bruno</strong> viene bruciato nudo, come è ricordato soltanto in una nota della Confraternita<br />

di San Giovanni Decollato?<br />

A una prima analisi del disegno sembrerebbe che <strong>Bruno</strong> indossasse una tunica, mentre resta<br />

difficile confermare o smentire la presenza della mordacchia (il tratto della bocca resta non<br />

abbozzato: per distinguere i limiti della barba o per voler marcare la bocca chiusa?).<br />

Altre interessanti indicazioni potrebbero chiarire dettagli del volto del Nolano. Lars Berggren ha<br />

mostrato che tutti i ritratti del filosofo finora conosciuti sono stati eseguiti molto tempo dopo la<br />

sua morte. Dagli interrogatori degli atti veneziani ricaviamo l'unico racconto, molto vago, di un<br />

testimone che descrive <strong>Bruno</strong> come «un homo piccolo, scarmo, con un pocco di barba nera». Del<br />

resto, anche nel Candelaio il pittore Gioan Bernardo (le iniziali, G. B., rafforzano nella commedia<br />

il suo ruolo di alter ego dell'autore) viene rappresentato con una «negra-barba». E in effetti il<br />

disegno del notaio De Angelis sembrerebbe confermare la presenza della barba che correrebbe<br />

lungo tutto il volto.<br />

Ma questo schizzo - che, lo ripetiamo, merita indagini più approfondite - non può essere<br />

considerato un caso isolato.<br />

Esistono, infatti, diversi esempi in cui ai margini dei registri venivano offerte immagini dei<br />

condannati a morte con una serie di importanti dettagli. Michele Di Sivo, in un suo articolo, ne<br />

segnala due:<br />

Andrea Pacini, bruciato a Roma per sodomia il 10 maggio 1614, viene raffigurato nudo con un<br />

volto effeminato e addirittura con due seni abbozzati, mentre Giovanni Mancini (condannato il<br />

23 ottobre 1623 per aver celebrato messa senza essere prete) viene rappresentato nelle fiamme,<br />

vestito, e con i tratti del volto e dei capelli ben evidenziati.<br />

Quanti altri documenti importanti per la memoria del nostro grande patrimonio intellettuale e<br />

artistico potrebbero venir fuori dai nostri archivi?<br />

A Roma se non fosse stato per l' eccellente idea dei dirigenti dell'Archivio di Stato di rivolgersi a<br />

sponsor privati, per il restauro degli importanti documenti su Caravaggio, non avremmo mai<br />

avuto occasione di aggiungere nuove tessere alla vita del famoso pittore e adesso anche a quella<br />

di <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong>.<br />

Ma perché lo Stato si disimpegna sempre più e non difende i suoi tesori?<br />

L'alibi della crisi viene smentito dai fatti: i miliardi di euro stanziati per coprire le furberie di<br />

pochi allevatori non avrebbero potuto essere degnamente e fruttuosamente investiti nella scuola<br />

e nella cultura?<br />

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19/06/2012 - 20.17 <strong>Giordano</strong> <strong>Bruno</strong> <strong>Monaco</strong> <strong>Mago</strong> <strong>Occultista</strong><br />

Claudio<br />

Mi auguro che questo documento vi piaccia, nel caso vogliate leggere altri<br />

documenti che trattano questi particolari argomenti e conoscere altri studiosi del<br />

passato, consultate i miei siti Web<br />

http://www.bantan-sensitivo.com/<br />

http://www.cartomante-bantan.com/<br />

Buon lavoro a tutti<br />

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