143 Anno XVIII - 2008 - Marina Militare
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intervenire al fianco dell’Egitto e gli Stati<br />
Uniti, temendo l’allargamento del conflitto,<br />
costrinsero britannici, francesi ed israeliani<br />
al ritiro: l’amministrazione Eisenhower costrinse<br />
Regno Unito e Francia ad un cessate<br />
il fuoco, arrivando addirittura a minacciare<br />
l’Inghilterra a vendere le riserve statunitensi<br />
della sterlina, provocando così il crollo<br />
della valuta britannica. Prima del ritiro<br />
delle forze d’occupazione Lester Pearson,<br />
ministro degli esteri canadese, si era presentato<br />
all’ONU suggerendo la creazione di<br />
una Forza di emergenza delle Nazioni Unite<br />
(UNEF) a Suez per “mantenere i confini<br />
in pace mentre si cercava un accordo politico”.<br />
Le nazioni Unite accettarono entusiasticamente<br />
e la forza venne inviata, migliorando<br />
enormemente le condizioni dell’area.<br />
Lester Pearson venne premiato con il Nobel<br />
per la pace nel 1957 per i suoi sforzi. La forza<br />
di emergenza dell’ONU fu una creazione<br />
di Pearson, ed egli è considerato il padre<br />
del moderno concetto di “peacekeeping”.<br />
A dimostrazione dei rischi cui possa essere<br />
soggetta la navigazione in queste acque, non<br />
va dimenticato che nel 1971 la petroliera liberiana<br />
Coral Sea, noleggiata da Israele per<br />
trasportare petrolio da Eilat, fu colpita da<br />
due missili e che nel 1972 un cacciatorpediniere<br />
francese fu bombardato dall’isola yemenita<br />
di Perim (posta al centro dello Stretto).<br />
Ancora, nel 2000 l’USS Cole durante<br />
una sosta operativa nel porto di Aden, subì<br />
un attacco terroristico riportando 17 vitti-<br />
me tra il suo equipaggio.<br />
Nell’ottobre 2002, infine,<br />
il Limburg, una VLCC<br />
(Very Large Crude Carrier)<br />
francese, noleggiata<br />
dalla compagnia Malese<br />
Petronas, subì anch’essa<br />
un attentato esplosivo in<br />
vicinanza della costa dello<br />
Yemen.<br />
Dai dati sopra riportati si<br />
evince come queste acque<br />
si prestino a celare insidie<br />
e pericoli per la libertà<br />
dei traffici via mare.<br />
E’ evidente come in mare<br />
le vie di comunicazione<br />
non possano andar distrutte<br />
nè interrotte, cosa<br />
che invece accade sulla<br />
terraferma. Voler interrompere<br />
una linea di comunicazione<br />
marittima<br />
significa distruggere il<br />
vettore, la piattaforma.<br />
Un escalation dell’instabilità dell’area, un<br />
deterioramento delle condizioni di sicurezza,<br />
ed un innalzamento della minaccia<br />
terroristica (es. verificarsi in successione<br />
di attentati diretti contro unità mercantili)<br />
porterebbero sicuramente a considerare il<br />
passaggio dello stretto in parola non praticabile.<br />
La chiusura di un tale chokepoint<br />
impedirebbe alle petroliere provenienti<br />
dal Golfo Persico di raggiungere l’accesso<br />
al Mediterraneo attraverso Suez. Se si<br />
dovesse verificare ciò, allora le petroliere<br />
e i porta containers sarebbero costretti a<br />
dover circumnavigare il continente Africano<br />
e raggiungere con lunghi tempi di trasferimento,<br />
superiori costi di trasporto ed<br />
aumento notevole nei consumi di bunker, i<br />
porti dell’occidente industrializzato (ovvero<br />
quelli del Mediterraneo, del Nord Europa e<br />
del Continente Nord Americano). E’ infatti<br />
in queste aree che si concentrano i più importanti<br />
poli di raffinazione petrolifera al<br />
mondo.<br />
Nell’analisi strategica del caso paese è stata<br />
dimostrata la dimensione globale della<br />
crisi somala. Nel presente allegato si intende<br />
approfondire l’analisi delle presumibili<br />
conseguenze che scaturirebbero dalla chiusura<br />
dello stretto di Bab el Mandeb, ferma<br />
restando la consapevolezza dell’estrema volatilità<br />
dei prezzi del mercato del petrolio<br />
e l’evoluzione frenetica della strategia dei<br />
trasporti di fronte al verificarsi di sconvolgimenti<br />
internazionali.<br />
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