143 Anno XVIII - 2008 - Marina Militare
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agricoltori che sono facilmente attratti dalla<br />
proficua coltivazione di papavero 58 e dall’altra<br />
le istituzioni indebolite ed impossibilitate<br />
nel controllare le attività illecite nel proprio<br />
territorio 59 .<br />
Influenzabilità da altri paesi<br />
“Gli stati falliti determinano una intensificazione<br />
delle rivalità regionali... il vuoto di potere<br />
permette alle potenze regionali di consolidare<br />
la loro influenza a spese di altri attori regionali”.<br />
Queste parole sono state pronunciate da Gamal<br />
A. G. Saltan 60 che ha individuato nell’Iran il<br />
maggiore beneficiario del fallimento degli Stati<br />
islamici, riuscendo a manipolare l’ideologia<br />
per i propri interessi nazionali 61 . La segnalazione<br />
del ricercatore egiziano evidenzia quindi<br />
un’ulteriore problema che deriva dal collasso<br />
degli Stati, ossia la loro facile influenzabilità<br />
da ideologie e politiche spesso estremiste e radicali<br />
che si contrappongono alla visione più<br />
moderata (e quindi con un fattore di penetrazione<br />
culturale inferiore) di altri paesi.<br />
Preoccupazione quest’ultima condivisa<br />
anche in ambito italiano dal Ministro degli<br />
Affari Esteri Massimo d’Alema che guarda<br />
con preoccupazione ad “un Medio Oriente<br />
fuori controllo, caratterizzato dal declino<br />
dell’influenza americana, dall’ascesa dell’Iran<br />
come nuova potenza «imperiale 62 »”.<br />
LE NAZIONI ED I FAILED STATES<br />
Gli Stati falliti sono quindi una problematica a<br />
livello globale. Il vuoto di potere che creano e le<br />
attività criminali che sono favorite dall’assenza<br />
dell’efficace esercizio di sovranità sul territorio<br />
preoccupano la Comunità Internazionale,<br />
costretta a chiedersi come affrontare ed<br />
eventualmente prevenire questi fenomeni<br />
statuali. Conseguentemente, il concetto<br />
di failed State entra nei concetti strategici<br />
elaborati dalle nazioni e dalle organizzazioni<br />
internazionali (NATO, UE, etc.), soprattutto<br />
sotto la voce “sicurezza”.<br />
Il punto di vista occidentale<br />
Come già evidenziato in premessa, gli Stati<br />
Uniti già all’indomani degli attentati del<br />
11 settembre 2001 avevano elaborato una<br />
strategia che tenesse conto degli stati in via<br />
di dissoluzione. Tuttavia il termine failed<br />
States viene indicato in maniera esplicita<br />
solo nell’analogo documento del 2006,<br />
all’interno del quale il Governo americano<br />
definisce una strategia di prevenzione nei<br />
confronti del fallimento, intervenendo nei<br />
conflitti regionali che potrebbero esserne la<br />
causa 63 . Dal documento emerge chiara la<br />
volontà della potenza egemone di agire anche<br />
in maniera indipendente sotto la bandiera<br />
della salvaguardia della sicurezza nazionale.<br />
Questa strategia si concretizza in tre livelli,<br />
più volte ribaditi nella loro essenza in tutto il<br />
documento:<br />
- prevenzione e risoluzione del conflitto, ossia<br />
a medio-lungo termine, la promozione della<br />
democrazia come unica vera organizzazione<br />
politica e sociale e a breve termine, l’assistenza<br />
ai paesi in crisi per evitarne il collasso;<br />
- intervento nel conflitto, come soluzione<br />
nel caso in cui sia minata la sicurezza degli<br />
interessi americani 64 ;<br />
- stabilizzazione e ricostruzione post conflitto,<br />
attraverso l’opera di un ufficio governativo ad<br />
hoc 65 responsabile del coordinamento tra le<br />
diverse agenzie e le Forze Armate.<br />
Anche l’Unione Europea vede negli Stati<br />
falliti una minaccia per la propria sicurezza 66 ,<br />
ancorché la sfera degli interessi europei sia<br />
maggiormente circoscritta rispetto a quella<br />
USA e fondamentalmente limitata ai paesi<br />
confinanti (inclusi le nazioni rivierasche del<br />
Mediterraneo ed il Medio Oriente) 67 .<br />
Tuttavia, è ben chiara la volontà dell’Europa<br />
di non agire di iniziativa ma di seguire le<br />
58 Jamal Arif, “Opium production resumes in Afghanistan” del 12/03/02, www.eurasianet.org, 21/01/08.<br />
59 Lambach Daniel, “The Perils of Weakness: Failed states and perceptions of threat in Europe and Australia”, intervento in occasione<br />
della conferenza New Security Agendas: European and Australian Perspectives, Menzies Centre for Australian Studies, King’s<br />
College, Londra 1-3 luglio 2004.<br />
60 Ricercatore presso Al-Ahram Center for Political and Strategic Studies del Cairo.<br />
61 Soltan Gamal A. G., “Stati falliti: una nuova minaccia per gli interessi nazionali dell’Egitto” del 08/03/07, www.arabnews.it,<br />
15/01/08.<br />
62 D’Alema Massimo, “Interessi e valori: la politica estera italiana”, Rivista Italianieuropei nr. 1/2007, www.massimodalema.it,<br />
21/01/08.<br />
63 The National Security Strategy of The United States of America, marzo 2006, pagg. 15-16.<br />
64 È interessante sottolineare come il Governo americano giudichi le Forze Armate della intera Comunità Internazionale non sufficientemente<br />
addestrate per questa tipologia di Peace Support Operations (PSO).<br />
65 Trattasi del Office of the Coordination for Reconstruction and Stabilization, creato il 15 agosto 2004.<br />
66 Consiglio dell’Unione Europea, Un’Europa Sicura in un Mondo Migliore – Strategia Europea in materia di Sicurezza, Bruxelles,<br />
12 dicembre 2003.<br />
67 A conferma di quanto detto, l’UE ha assunto la guida della missione SFOR in Bosnia il 2 dicembre 2004 (che ha assunto la denominazione<br />
di Operazione ALTHEA), sostituendo la NATO. Inoltre, all’inizio dell’anno <strong>2008</strong> l’UE ha iniziato un operazione in<br />
Ciad e Repubblica del Centrafrica per controllarne i confini con il Sudan.