Parte IX Galassie a Spirale - Dipartimento di Fisica e Astronomia
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Astrofisica Generale Mod.B<br />
parte <strong>IX</strong><br />
Relazioni <strong>di</strong> Scala in <strong>Galassie</strong> a <strong>Spirale</strong><br />
Laurea Specialistica in <strong>Astronomia</strong><br />
AA 2012/13<br />
Alessandro Pizzella
Sommario<br />
0) Introduzione<br />
1a) misura della magnitu<strong>di</strong>ne<br />
2b) misura della velocità<br />
1) Relazione TF<br />
2) Legge <strong>di</strong> Freeman e galassie a bassa brillanza<br />
superficiale
<strong>Galassie</strong> a <strong>Spirale</strong> – Relazioni <strong>di</strong> Scala<br />
Relazione <strong>di</strong> Tully-Fisher<br />
Analogamente a quanto visto per le galassie ellittiche, anche le galassie a spirale hanno<br />
seguono delle relazioni <strong>di</strong> scala.
Formazione ed evoluzione delle galassie a spirale<br />
Secondo il clustering gerarchico, deboli perturbazioni <strong>di</strong> densità nella materia oscura sono<br />
state sufficienti a determinare l’evoluzione del gas primor<strong>di</strong>ale negli ammassi <strong>di</strong> galassie<br />
che ve<strong>di</strong>amo oggi. Tali fluttuazioni <strong>di</strong> densità furono generate durante l’inflazione e<br />
l'instabilità gravitazionale le ha amplificate portandole alla formazione <strong>di</strong> aloni <strong>di</strong> materia<br />
oscura con un certo spettro <strong>di</strong> massa. Le strutture si sono poi accresciute gerarchicamente<br />
nel senso che gli oggetti più piccoli come gli aloni galattici si sono formati prima e, man<br />
mano che il tempo passava, si sono via via formate strutture più gran<strong>di</strong> come gli ammassi<br />
ed i super ammassi <strong>di</strong> galassie. Le galassie che ve<strong>di</strong>amo oggi sono il risultato <strong>di</strong> unioni <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>verse galassie più piccole. Lo spettro della funzione iniziale <strong>di</strong> massa degli aloni può<br />
essere derivato seguendo il formalismo Press-Schechter oppure utilizzando il risultato <strong>di</strong><br />
simulazioni N-corpi. Il secondo è un approccio più empirico che si è mostrato molto<br />
efficace nel descrivere il merging degli aloni e nella costruzione degli “alberi <strong>di</strong><br />
formazione”. Gli aloni <strong>di</strong> materia oscura sono stati inizialmente modellati come sfere<br />
isoterme ma modelli ad N-corpi hanno mostrato che tale approccio era troppo<br />
approssimativo ed attualmente il profilo proposto da Navarro, Frank e White, che<br />
presenta una cuspide <strong>di</strong> densità nel centro e non un core isoterma, è più propriamente<br />
usato per approssimare la densità della materia oscura nelle regioni centrali anche se è<br />
ancora suscettibile <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fiche.
Gli aloni sono composti da materia oscura con una frazione <strong>di</strong> materia barionica del circa<br />
5%-10%. Una volta che l’alone virializza, il gas inizia a collassare in maniera <strong>di</strong>ssipativa<br />
e forma le galassie. White and Rees (1978) hanno modellato questo processo e hanno<br />
derivato una funzione <strong>di</strong> luminosità in buon accordo con le osservazioni. Dato che il<br />
collasso è un processo graduale le proprietà degli aloni e dei <strong>di</strong>schi <strong>di</strong> galassie sono<br />
correlate. Prima <strong>di</strong> collassare, l’alone è riempito <strong>di</strong> gas alla temperatura viriale. Nel<br />
raffreddarsi, il gas irra<strong>di</strong>a la “bin<strong>di</strong>ng energy” ma mantiene il momento angolare. Alla<br />
fine si deposita sul <strong>di</strong>sco supportato dalla rotazione, piatto, che sta formando stelle e con<br />
un profilo <strong>di</strong> luminosità esponenziale ed una curva <strong>di</strong> rotazione piatta. Nel corso <strong>di</strong> questo<br />
processo in cui il gas cade verso il centro per formare il <strong>di</strong>sco, l’alone risponde<br />
a<strong>di</strong>abaticamente e si contrae nelle regioni che circondano il <strong>di</strong>sco. Quando viene<br />
raggiunto un certo valore critico della densità del gas la formazione stellare inizia. Le<br />
primissime stelle <strong>di</strong> grande massa che si formano influenzeranno le regioni a loro<br />
circostanti arricchendo il mezzo interstellare <strong>di</strong> metalli che influenzeranno a loro volta il<br />
tasso <strong>di</strong> raffreddamento del gas e aumentando quin<strong>di</strong> la velocità con cui collassa.<br />
Inoltre l’energia cinetica liberata dalla supernove regolerà la formazione stellare inibendo<br />
ulteriore formazione nella regione attorno ad essa.
Questo gioco tra l'instabilità del mezzo interstellare e la porosità regola la formazione<br />
stellare in un <strong>di</strong>sco. I metalli immessi nel mezzo interstellare influenzeranno le proprietà<br />
della successiva generazioni <strong>di</strong> stelle. Il <strong>di</strong>sco poi accresce non solo acquisendo gas dagli<br />
imme<strong>di</strong>ati <strong>di</strong>ntorni ma anche dalla cattura <strong>di</strong> galassie nane presenti nello spazio circostante.<br />
Queste galassie nane si trovano nello stesso alone della galassia centrale e tutto l’insieme <strong>di</strong><br />
oggetti si muove su orbite <strong>di</strong>fferenti attorno al centro <strong>di</strong> massa dell’alone con il risultato<br />
finale che, per effetto <strong>di</strong> frizione <strong>di</strong>namica numerose galassie spiraleggiano verso il centro<br />
dell’alone dove si trova la galassia più massiccia. I <strong>di</strong>schi coinvolti in questo processo<br />
sopravvivono se sono più massicci rispetto all’oggetto che sta spiraleggiando <strong>di</strong> almeno un<br />
fattore 10 (un incontro 1:10 ed esempio). La galassia acquisita viene completamente<br />
<strong>di</strong>strutta e può depositarsi nel centro a formare il bulge, oppure nel <strong>di</strong>sco spesso (thick<br />
<strong>di</strong>sk). Oltre un rapporto 1:3 nessun <strong>di</strong>sco è in grado <strong>di</strong> sopravvivere e il risultato del<br />
merging è probabilmente una galassia ellittica.
Andromeda ed il suo alone <strong>di</strong><br />
stelle
I teorici hanno sviluppato due tecniche alternative per modellare l’evoluzione delle galassie<br />
in dettaglio. Da un lato vi sono complesse simulazioni numeriche. Queste sono generalmente<br />
basate su simulazioni ad N-corpi combinate con idro<strong>di</strong>namica (smoothed particle<br />
hydrodynamics o SPH) in modo da considerare la presenza <strong>di</strong> gravità, <strong>di</strong>namica del gas,<br />
raffreddamento ra<strong>di</strong>ativo e processi <strong>di</strong> riscaldamento. La formazione stellare è inclusa in base<br />
a considerazioni fenomenologiche Il vantaggio <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci è nel trattamento<br />
<strong>di</strong>retto delle equazioni che descrivono la gravità e il raffreddamento del gas senza dover<br />
ricorrere ad assunzioni semplicistiche o a relazioni <strong>di</strong> scala. Il problema ovviamente è nella<br />
complessità dei conti, che richiedono tempi lunghi e notevoli volumi <strong>di</strong> calcolo. Riescono a<br />
riprodurre regioni relativamente limitate <strong>di</strong> universo e hanno una risoluzione spaziale e<br />
temporale altrettanto limitata. Inoltre formazione stellare e feedback (cioè l’auto regolazione<br />
del tasso <strong>di</strong> formazione stellare dovuta alle esplosioni <strong>di</strong> supernova etc.) sono trattate in<br />
maniera molto approssimata (ve<strong>di</strong> filmato Steimetz). Dall’altro lato troviamo i modelli<br />
semianalitici. Questi modelli contengono descrizioni semplificate dei vari processi che<br />
agiscono nella formazione delle galassie come la formazione ed evoluzione degli aloni <strong>di</strong><br />
materia oscura, il raffreddamento del gas all’interno degli aloni, il collasso del gas che va a<br />
formare un <strong>di</strong>sco e la successiva evoluzione del <strong>di</strong>sco, la formazione delle stelle ed il<br />
feedback, l’effetto della metallicitá, il merging <strong>di</strong> galassie e la formazione degli sferoi<strong>di</strong>,<br />
proprietà delle galassie quali la luminosità ed il colore.
Il vantaggio dei modelli semianalitici è che possono essere utilizzati ad ogni risoluzione<br />
spaziale e temporale e che sono molto flessibili. Quest’ultimo punto è però anche uno<br />
svantaggio in quanto la libertà nei parametri <strong>di</strong> input indebolisce le conclusioni dei risultati.<br />
Questo è il motivo per cui i modelli s.a. hanno pesantemente bisogno <strong>di</strong> essere calibrati con<br />
dati osservativi. Inoltre non sono in grado <strong>di</strong> trattare il raffreddamento del gas in maniera<br />
auto-consistente dal punto <strong>di</strong> vista idro<strong>di</strong>namico ma devono utilizzare pesanti semplificazioni.<br />
Tully e Fisher hanno trovato questa importante relazione tra la luminosità e la velocità <strong>di</strong><br />
rotazione del <strong>di</strong>sco nelle galassie a spirale. È una relazione utilissima per la determinazione<br />
della scala delle <strong>di</strong>stanze etc. Nonostante ciò rimane una relazione empirica in quanto non è<br />
stata ancora capita dal punti <strong>di</strong> vista fisico. Il fatto che sia valida in un ampio intervallo <strong>di</strong><br />
masse significa che la sua esistenza è dovuta ad un fondamentale legame tra la massa della<br />
galassia, la storia <strong>di</strong> formazione stellare, il momento angolare specifico ed il contenuto e<br />
<strong>di</strong>stribuzione della materia oscura.<br />
Sia la pendenza che il punto zero devono essere spiegati negli scenari descritti in precedenza<br />
(ed ovviamente devono essere riprodotti dai modelli semi-analitici o N-body).
Relazione <strong>di</strong> Tully-Fisher<br />
Cosa è la Tully-Fisher? È una relazione empirica tra la luminosità <strong>di</strong> galassie a spirale e la<br />
velocità <strong>di</strong> rotazione del gas (tipicamente HI).<br />
La magnitu<strong>di</strong>ne della galassia deve essere corretta per estinzione esterna (nostra galassia,<br />
lo sappiamo già fare) ed interna. A <strong>di</strong>fferenza delle galassie ellittiche, generalmente<br />
povere <strong>di</strong> gas, le galassie a spirale possono essere significativamente oscurate da<br />
assorbimento interno. Ovviamente la magnitu<strong>di</strong>ne va poi riportata alla magnitu<strong>di</strong>ne<br />
assoluta in base alla <strong>di</strong>stanza.<br />
La velocità deve essere invece deproiettata opportunamente per l’inclinazione.
È possibile sviluppare un ragionamento analogo a quanto fatto con il FP per capire se una<br />
relazione come la TF è attesa oppure no, e che cosa significa. Per il FP si era partiti dal<br />
teorema del viriale. Nel caso <strong>di</strong> galassie a spirale conviene partire <strong>di</strong>rettamente dalla<br />
velocità <strong>di</strong> rotazione.<br />
In<strong>di</strong>chiamo con V 0 una velocità <strong>di</strong> rotazione caratteristica <strong>di</strong> una galassia. Questa potrebbe<br />
essere la V <strong>di</strong> massima rotazione, la V asintotica del tratto piatto, la V ad un fissato raggio<br />
etc.. Chiamiamo M la massa gravitante (cioè tutta la massa, luminosa e oscura) della<br />
galassia e r c un raggio tipico caratteristico della galassia come può essere il raggio <strong>di</strong><br />
scala. Possiamo allora <strong>di</strong>re che<br />
2 GM<br />
V 0=<br />
(γ r c )<br />
(1)<br />
è un fattore che tiene conto della struttura e cinematica della galassia (ad esempio, per<br />
un <strong>di</strong>sco esponenziale la curva <strong>di</strong> rotazione è sempre la stessa con il massimo della V a<br />
circa 2.3 raggi <strong>di</strong> scala). Definiamo ancora un po’ <strong>di</strong> utili parametri. =M dark /M lum è il<br />
2<br />
rapporto tra la massa della materia oscura e luminosa presenti nella galassia; =M /r è<br />
0 lum c<br />
la brillanza superficiale caratteristica della galassia; L la luminosità totale e M /L il<br />
lum<br />
rapporto Massa-luminosità della sola componente luminosa (da non confondere con il
apporto M/L totale). In questo modo posso scrivere M=(1+)M lum e l’equazione (1) può<br />
essere riscritta come<br />
V 0<br />
M lum /L <strong>di</strong>pende solo dalla popolazione stellare. Se le popolazioni sono tutte simili è<br />
costante, non cambia da una galassia all’altra. è anche costante se le galassie sono tutti<br />
<strong>di</strong>schi esponenziali. idem. 0 si vede dalle osservazioni che cambia poco da una galassia<br />
all’altra. Il termine entro la parentesi quadra contiene termini che sono essenzialmente<br />
costanti nel caso in cui le galassie a spirale siano tutte omologhe, caratterizzate dalla<br />
stessa struttura. Se questo fosse vero, allora abbiamo trovato una spiegazione della TF<br />
dato che l’equazione (2) <strong>di</strong>ce che la luminosità totale L è proporzionale alla velocità <strong>di</strong><br />
rotazione V 4 . Il fatto che esista la relazione TF conferma in qualche modo che le nostre<br />
assunzioni erano fondate. Esiste una regolarità nei pocessi che formano le galassie a <strong>di</strong>sco<br />
sia per quanto riguarda la formazione stellare (M lum /L) che per la formazione della<br />
galassia ().<br />
4 =G 2 M 2<br />
(γ 2 [ =L 2<br />
r c)<br />
M lum<br />
L G2 (1+α) 2<br />
γ 2 μ0] (2)
Spesso la relazione TF viene utilizzata in forma logaritmica per cui l’eq. (2) <strong>di</strong>venta<br />
4[ L=V 0<br />
M lum<br />
L G2 (1+α) 2<br />
γ 2 μ0]−1 [ log L=4logV0−log M lum<br />
L G2 (1+α) 2<br />
γ 2 μ0] =alogV 0−b (4)<br />
Abbiamo trovato l’equazione <strong>di</strong> una retta. L’esponente 4 è la pendenza della retta mentre<br />
il termine noto contiene il rapporto M lum /L, e 0 .<br />
(3)
Misure per la TF<br />
Per determinare la TF servono misure <strong>di</strong> velocità e della magnitu<strong>di</strong>ne totale della galassia.<br />
Magnitu<strong>di</strong>ne. Per la determinazione della magnitu<strong>di</strong>ne totale assoluta delle galassie a<br />
spirale valgono le stesse considerazioni fatte per le galassie ellittiche. Sono necessarie le<br />
correzioni per l’estinzione della nostra galassia, la conoscenza della <strong>di</strong>stanza della<br />
galassia, eventuale K-correction. Le galassie a spirale, a <strong>di</strong>fferenza delle ellittiche, sono<br />
ricche <strong>di</strong> gas e polveri. È quin<strong>di</strong> necessario correggere per l’estinzione interna alla<br />
galassia. La correzione <strong>di</strong>pende dalla profon<strong>di</strong>tà ottica della polvere e dalla frazione <strong>di</strong><br />
luce che non viene oscurata f. Dipende dall’inclinazione della galassia: più è inclinata più<br />
forte è l’estinzione interna in quanto la luce deve attraversare una colonna <strong>di</strong> polvere<br />
maggiore. A seconda dell’inclinazione i della galassie l’estinzione in magnitu<strong>di</strong>ni vale:<br />
A i =−2.5log { f (1+e−τ sec i )+(1−2f) (1−e− τ sec i )<br />
(τ seci) } (5)<br />
Tipici valori sono f≈ 0.25 e τ ≈ 0.55 in banda B)
La legge <strong>di</strong> estinzione<br />
descritta in equazione (5)<br />
con i valori <strong>di</strong> f≈ 0.25 e τ<br />
≈ 0.55.
Un modo empirico <strong>di</strong> trattare l’estinzione considera la <strong>di</strong>pendenza dall’inclinazione come<br />
M=M i -M 0 = log(b/a) (6a)<br />
M=M i -M 0 = log( cos(i) ) (6b)<br />
dove b/a è il rapporto assiale apparente della galassia e è funzione della lunghezza<br />
d’onda. In questo modo si può determinare la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> magnitu<strong>di</strong>ne, dovuta<br />
all’estinzione, funzione dell’inclinazione.<br />
Questo fatto torna utile per poter determinare il valore dell’estinzione. Vi sono grandezze<br />
come la magnitu<strong>di</strong>ne assoluta <strong>di</strong> una galassia che non dovrebbero <strong>di</strong>pendere<br />
dall’inclinazione. Dato che l’assorbimento interno <strong>di</strong>pende proprio dall’inclinazione sotto<br />
cui ve<strong>di</strong>amo una galassia, eventuali variazioni della magnitu<strong>di</strong>ne assoluta in funzione<br />
dell’inclinazione sono dovute proprio all’estinzione.
INCISO L’inclinazione <strong>di</strong> una galassie influenza anche un altro osservabile che è la<br />
brillanza superficiale.<br />
a<br />
i<br />
a/cos i<br />
La brillanza superficiale L per i=0 è data dalla densità volumetrica d v per a: L 0 =d v a; se<br />
osservo la galassia con in inclinazione i vedrò una brillanza supeficiale L= d v a/cos i =<br />
L 0 /cos i. Passando alle magnitu<strong>di</strong>ni -2.5log(L)=-2.5log(L 0 /cos i) --><br />
= 0 -2.5 log ( cos i )
In questo caso la magnitu<strong>di</strong>ne totale della galassia non è cambiata. All’aumento della<br />
brillanza superficiale consegue anche una riduzione dell’area ricoperta dalla galassia nel<br />
piano del cielo: per una galassia <strong>di</strong> faccia A 0 =a 2 /4 (a=<strong>di</strong>ametro). Una galassia inclinata<br />
appare come un ellisse <strong>di</strong> assi a e b=acos i e <strong>di</strong> A=ab/4= cos i a 2 /4 = A 0 cos i.<br />
Se si calcola la luminosità totale come la brillanza superficiale L per l’area si vede subito<br />
che AL=A 0 L 0 non <strong>di</strong>pende dall’inclinazione. Tutto questo chiaramente trascurando la<br />
questione dell’estinzione.<br />
FINE INCISO
La funzione <strong>di</strong> luminosità delle galassie vicine (SDSS), ad esempio, <strong>di</strong>pende dalla<br />
inclinazione. Dato che l’inclinazione non è nota, si può utilizzare il rapporto assiale<br />
apparente b/a. Nella figura qui sotto si vede che (scelta una banda) costruendo due LF con<br />
due <strong>di</strong>versi bin <strong>di</strong> rapporto assiale b/a si ottengono due LF con due M* <strong>di</strong>verse. Le galassie<br />
con b/a alto, e quin<strong>di</strong> poco inclinate, sono me<strong>di</strong>amente più brillanti delle galassie con b/a<br />
basso e più inclinate.
Come si vede dalla funzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> b/a, b/a non è un in<strong>di</strong>catore perfetto<br />
dell’inclinazione. Infatti la sua <strong>di</strong>stribuzione non è piatta mentre quella dell’inclinazione<br />
dovrebbe esserlo. La probabilità con cui una galassia sia inclinata <strong>di</strong> un qualche angolo è<br />
sempre la stessa, tutti gli angoli <strong>di</strong> inclinazione sono ugualmente probabili.
La <strong>di</strong>fferenza è dovuta a 3 fattori: la mancanza <strong>di</strong> galassie con b/a~1 è dovuta al fatto che i<br />
<strong>di</strong>schi non sono perfettamente circolari ma possono avere una forma leggermente<br />
schiacciata; la mancanza <strong>di</strong> galassie con b/a~0 è dovuta allo spessore intrinseco del <strong>di</strong>sco<br />
(il raggio <strong>di</strong> scala verticale tipico <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sco è circa il 10% del suo raggio <strong>di</strong> scala) e dal<br />
fatto che il bulge, nelle galassie viste <strong>di</strong> taglio, sporge rispetto al <strong>di</strong>sco ed aumenta lo<br />
spessore apparente della galassia. La cosa può essere trattata in modo empirico ma<br />
matematicamente complicato con formule che vanno al <strong>di</strong> la della semplice<br />
√<br />
(q<br />
cosi= 2 2<br />
−q0) 2<br />
(1−q0 )<br />
che non considera, ad esempio, <strong>di</strong>schi ovali. È possibile scrivere<br />
Dove intervenono come parametri gli angoli <strong>di</strong> vista della galassia (,) e quelli strutturali<br />
(=spessore e =ellitticità )<br />
(7)<br />
cosi=b /a=f (θ,ϕ , ν,ϵ) (8)
Misura della Velocità<br />
La velocità <strong>di</strong> rotazione della galassia viene misurata essenzialmente in due mo<strong>di</strong>: dall’HI<br />
e dall’H.<br />
HI = osservazioni ra<strong>di</strong>o nella riga a 21cm. Inizialmente è così che è stata trovata la TF<br />
H = curva <strong>di</strong> rotazione<br />
HI (o H non risolta) Come abbiamo già visto nello stu<strong>di</strong>o della cinematica, le<br />
tipiche misure HI non vengono ottenute con una risoluzione spaziale molto alta. Infatti già<br />
per poter avere una risoluzione dell’or<strong>di</strong>ne dei 15” sono necessarie array <strong>di</strong> antenne con<br />
una linea base <strong>di</strong> almeno qualche chilometro (interferometria ra<strong>di</strong>o). Antenne singole,<br />
anche gran<strong>di</strong>, non hanno la possibilità <strong>di</strong> risolvere spazialmente le tipiche galassie a<br />
spirale. La risoluzione in velocità è invece adeguata. La mancanza <strong>di</strong> risoluzione spaziale<br />
non costituisce alla fin fine un grande ostacolo. Lo spettro zero-<strong>di</strong>mensionale (come<br />
quello <strong>di</strong> una stella per la quale non abbiamo alcuna informazione spaziale) appare<br />
tipicamente come un profilo simmetrico con due massimi simili. Sapendo già a priori che<br />
le galassie a spirale ruotano su se stesse abbiamo facilità ad interpretare il profilo come<br />
quello <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sco ruotante non risolto spazialmente.
La larghezza della riga spettrale è quin<strong>di</strong> legata alla <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> velocità dei due lati del<br />
<strong>di</strong>sco: maggiore è la larghezza della riga, maggiore è la rotazione. Bisogna ovviamente<br />
tenere conto dell’inclinazione del <strong>di</strong>sco. Ma come si misura la larghezza del profilo della<br />
riga 21cm?<br />
Un modo molto usato è quello <strong>di</strong> considerare la larghezza misurata al 20% dell'intensità<br />
massima in<strong>di</strong>cato come W 20 (così ha fatto Tully) ma alcuni preferiscono la larghezza al<br />
50% dell'intensità massima (W 50 ). I valori possono necessitare <strong>di</strong> correzioni per la<br />
larghezza strumentale e per la turbolenza del gas che vale ~38 km/s e che va sottratta<br />
quadraticamente alla W misurata. Ovviamente la velocità che si misura è proiettata lungo<br />
la linea <strong>di</strong> vista e bisogna deproiettarla: 2V max ≈ W i = W 20 /sen i.<br />
Andando a z alti, la risoluzione spaziale <strong>di</strong>minuisce sempre <strong>di</strong> più. Vi sono situazioni in<br />
cui la risoluzione che si ottiene con osservazioni nelle bande ottiche è quasi nulla e<br />
paragonabile a quella <strong>di</strong> osservazioni ra<strong>di</strong>o one-<strong>di</strong>sh.
H (o HI risolto). Qui la situazione è più semplice, o meglio siamo in grado <strong>di</strong><br />
vedere la velocità <strong>di</strong> tutta la curva <strong>di</strong> rotazione. Vi sono <strong>di</strong>verse scelte. Si può prendere il<br />
valore della rotazione massimo oppure a raggi fissati. Quale è la migliore? Dipende.
R opt =R 25 =3.2h (h = raggio <strong>di</strong><br />
scala del <strong>di</strong>sco esponenziale). A<br />
seconda della <strong>di</strong>stanza a cui<br />
pren<strong>di</strong>amo la velocità lo scarto<br />
della TF cambia. La <strong>di</strong>stanza che<br />
sembra dare lo scarto minimo è<br />
≈0.7R opt ≈2.2h e cioè vicino alla<br />
velocità massima del <strong>di</strong>sco che<br />
cade a circa 2.2h. Per poter<br />
svolgere questo tipo <strong>di</strong> analisi<br />
sono chiaramente necessarie<br />
curve <strong>di</strong> rotazione e non<br />
osservazioni HI zero<br />
<strong>di</strong>mensionali.
Il prendere la V max sembra invece non essere la scelta migliore in quando la relazione<br />
appare meno definita.
Esempio <strong>di</strong> TF in banda K derivata per tre <strong>di</strong>verse scelte <strong>di</strong> V: W 20 dalla riga 21cm<br />
dell’HI, 2V max dalla curva <strong>di</strong> rotazione e 2V asymp dalla curva <strong>di</strong> rotazione
TF barionica<br />
La relazione TF fino ad ora definita viene ben seguita da galassie spirali brillanti. Al<br />
<strong>di</strong>minuire della luminosita' le galassie tendono a deviare dalla relazione, mostrando una<br />
velocita' piu' alta del previsto. Questo e' dovuto alla significativa presenza <strong>di</strong> gas HI.
Esempio <strong>di</strong> lavoro sulla TF a z=1 (Smith et al 2004 MNRAS, 354, L19). L’evoluzione <strong>di</strong><br />
vede a fatica.
Evoluzione della TF con z<br />
La relazione TF viene usata per determinare le <strong>di</strong>stanze similmente alla relazione D n -<br />
ma non <strong>di</strong>scutiamo qui questo aspetto. Analogamente al FP la TF viene utilizzata per<br />
evidenziare l'evoluzione delle galassie a spirale con il redshift. Lo scenario HC prevede<br />
che il rapporto tra la massa in stelle e la massa totale (il rapporto M/L globale quin<strong>di</strong>) sia<br />
simile ad ogni z dato che le galassie gran<strong>di</strong> si sono formate dalla fusione <strong>di</strong> galassie più<br />
piccole. Il collasso monolitico prevede invece che le galassie abbiano un rapporto M/L<br />
più alto in quanto il gas, presente nell’alone <strong>di</strong> materia oscura ormai già ben formato,<br />
deve ancora trasformarsi in stelle. In questo secondo caso l’evoluzione della componente<br />
stellare potrebbe portare un effetto opposto dato che il suo rapporto M/L tende a<br />
<strong>di</strong>minuire nel tempo. Questi effetti possono in principio essere rivelati dallo stu<strong>di</strong>o della<br />
evoluzione della TF con z. Similmente al caso del FP, quello che si cerca <strong>di</strong> misurare, ma<br />
con esiti ancora incerti, è l’eventuale variazione della pendenza e/o del punto zero della<br />
relazione (ve<strong>di</strong> eq. (4)).
Altro lavoro (Ziegler et al. 2003, ApJ 598, L90). Qui è mostrato il campione <strong>di</strong> galassie, estratto<br />
dal FDF (i punti sono le galassie mentre l’istogramma la <strong>di</strong>stribuzione delle magnitu<strong>di</strong>ni<br />
assolute secondo la scala sulla destra)
Evidenziano una qualche<br />
evoluzione della pendenza<br />
Le linee sono il miglior fit<br />
(secondo <strong>di</strong>versi algoritmi)<br />
dei dati (linee meno<br />
pendenti e punti gran<strong>di</strong>) e<br />
delle galassie a z=0 (linee<br />
più pendenti e punti<br />
piccoli).<br />
Sembra che le galassie più<br />
luminose siano evolute<br />
poco rispetto quelle meno<br />
luminose. Questo è contro<br />
allo HC.
Per fare questo è necessario fare modelli e misure come già abbiamo visto stu<strong>di</strong>ando la<br />
cinematica <strong>di</strong> galassie ad alto z, ovvero nel caso in cui la galassia cade quasi tutta nella<br />
fen<strong>di</strong>tura. Le immagini HST (o ad alta risoluzione) sono quin<strong>di</strong> comunque molto utili
Legge <strong>di</strong> Freeman<br />
Freeman ha per primo descritto il profilo ra<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> brillanza superficiale con la legge<br />
esponenziale<br />
−r / h<br />
I (r)=I 0 e<br />
Che tradotta in magnitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>venta<br />
Utilizzando un campione <strong>di</strong> galassie a spirale nel 1970 Freeman ne ha determinato la<br />
brillanza superficiale centrale estrapolando l’equazione (2.1) fino ad r=0 nelle galassie<br />
dove il bulge aveva un contributo significativo. La legge che Freeman ha trovato e che<br />
descrive come la brillanza superficiale centrale <strong>di</strong>pende da altri parametri delle galassie<br />
ed è...<br />
B0=21.7±0.3 mag arcsec −2<br />
(2.1)<br />
μ=μ 0+1.086 r /h (2.2)<br />
2.3<br />
La (2.3), detta legge <strong>di</strong> Freeman, significa che 0 è costante per tutte le galassie, o meglio<br />
ha una <strong>di</strong>stribuzione gaussiana <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a 21.7 (in banda B) e pari a 0.3. (Ovviamente si<br />
intende la brillanza centrale riportata ad una inclinazione i=0 secondo la regola<br />
0 = 0osservata +2.5log(cos(i)) )<br />
In realtà si è visto negli anni che si trattava <strong>di</strong> un effetto <strong>di</strong> selezione. Esistono <strong>di</strong>schi<br />
stellari con 0 significativamente al <strong>di</strong> sotto del valore <strong>di</strong> 21.7.
Vengono definite come galassie a bassa brillanza superficiale (LSB = Low Surface<br />
Brightness) quelle galassie con 0 >22.7 (in banda B, 23.5 in band I) e cioè almeno 3<br />
sigma al <strong>di</strong> sotto della <strong>di</strong>stribuzione definita dalla legge <strong>di</strong> Freeman.
Oggi si sa che le galassie LSB<br />
sono molto numerose. La<br />
definizione <strong>di</strong> galassia LSB è in<br />
realtà un po’ vaga. In teoria sono<br />
le galassia a <strong>di</strong>sco con 0 >22.7<br />
ma in pratica non è così facile<br />
in<strong>di</strong>viduarle. La 0apparente <strong>di</strong>pende<br />
dall’inclinazione per cui una<br />
galassia può avere 0 app
Le galassie LSB sembrano aver seguito una storia evolutiva che non le ha portate a<br />
posizionarsi nella sequenza <strong>di</strong> Hubble classica. Le galassie LSB sono generalmente<br />
dominate dal <strong>di</strong>sco e late-type (anche se le molte galassie LSB dominate generalmente<br />
dal bulge possono non essere state classificate come LSB) oppure galassie giganti (tipo<br />
Malin 1). Tendono ad avere poca formazione stellare, sono ricche <strong>di</strong> gas, e sembrano<br />
essere poco evolute. Le masse <strong>di</strong> HI sono dell’or<strong>di</strong>ne dei 10 9 M ⊙ e la densità superficiale<br />
<strong>di</strong> HI è solo poco al <strong>di</strong> sotto della densità critica per innestare la formazione <strong>di</strong> stelle.<br />
Sono in genere presenti gra<strong>di</strong>enti <strong>di</strong> colore nel <strong>di</strong>sco con la regione interna del <strong>di</strong>sco più<br />
rossa della regione esterna. Si tende ad interpretare le galassie LSB come galassie a <strong>di</strong>sco<br />
dotate <strong>di</strong> un momento angolare maggiore che ne ha contrastato il collasso. Tendono<br />
infatti ad avere un raggio <strong>di</strong> scala maggiore delle galassie HSB. Questo è il motivo che ne<br />
ha in qualche modo rallentato l’evoluzione inibendo la formazione stellare. Sono ancora<br />
oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e, considerando il fatto che la metà delle galassie a <strong>di</strong>sco sono LSB,<br />
sono galassie attualmente sotto-stu<strong>di</strong>ate relativamente alla loro importanza.<br />
Le galassie LSB sono invece molto stu<strong>di</strong>ate per quanto riguarda la <strong>di</strong>stribuzione della<br />
materia oscura in quanto si ritiene che ne siano dominate anche nelle regioni centrali.
▵ LSB<br />
o HSB<br />
* S0<br />
Ellittiche<br />
□ nucleari<br />
Malin 1
Malin 1<br />
Si tratta <strong>di</strong> una galassia molto particolare. Scoperta per caso (1987) esaminando lastre del<br />
Virgo cluster. Nella fig. si vede una spirale <strong>di</strong> Virgo e Malin 1 (in<strong>di</strong>cata dalla freccia). Virgo<br />
si trova a circa 17Mpc, Malin 1 a 450Mpc. Ha un <strong>di</strong>ametro circa 6 volte quello della Via<br />
Lattea, una brillanza superficiale estremamente bassa ed una enorme quantità <strong>di</strong> HI (10 11 M ⊙ )<br />
oltre ad un nucleo <strong>di</strong> tipo Seyfert <strong>di</strong> bassa luminosità. I dati sembrano in<strong>di</strong>care che si tratta <strong>di</strong><br />
una galassia che non è evoluta e<br />
non sta evolvendo. La sua<br />
composizione chimica deve<br />
essere cambiata poco nel tempo<br />
e il <strong>di</strong>sco HI potrebbe essersi<br />
formato anche a z=2 per<br />
rimanere quiescente fino ad<br />
oggi.