foto Mauro Topini - Campo de'fiori
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<strong>Campo</strong> de’ fiori 9<br />
, figure, personaggi<br />
ua e vino di<br />
misere anime de li tavernari, le quali stavano<br />
nello luoco de socto et erano messe<br />
in tre tini, delli quali uno ne era pieno de<br />
giaccio, l’altro de vino ardente, et l’altro<br />
pieno de aceto et de altre cose. Et per lo<br />
peccato de mascere l’acqua nello vino, era<br />
messa ciascheduna delle dicte misere<br />
anime nello tino dello giaccio et cacciata<br />
dalli demoni con grappi infocati, molto<br />
laniandola…”<br />
Della popolare Santa, nota a tutti i romani<br />
con il familiare vezzeggiativo di Ceccolella,<br />
si ricorda anche un famoso miracolo del<br />
vino, come è possibile leggere sotto uno<br />
degli affreschi della cosiddetta Casa delle<br />
Oblate a Tor de’ Specchi:“…avendo la<br />
Beata Francesca dato alli poveri una<br />
bocte, puoi miracolosamente fu trovata la<br />
dicta bocte piena de buono et optimo<br />
vino…”<br />
Il rapporto fra acqua e vino si mantenne<br />
sempre talmente intimo da finire per<br />
generare inevitabili malintesi, ne è autorevole<br />
testimone la Statua parlante del<br />
Facchino, ubicata in Via Lata, all’angolo<br />
con Via del Corso, la quale regge tra le<br />
braccia un barilotto all’epoca adoperato<br />
per il trasporto del vino, ma che è messo lì<br />
a buttar acqua.<br />
Roma da sempre vive nella doppia dimensione<br />
della terraferma e dell’acqua, elementi<br />
che costituiscono le caratteristiche<br />
peculiari dei romani. La città, attraversata<br />
dal Tevere, è abbellita da innumerevoli<br />
fontane grandi e piccole, realizzate da<br />
famosi architetti o da anonimi artisti; sono<br />
a tutti noti gli acquedotti che riforniscono<br />
Roma, ma molto probabilmente sono<br />
meno note le vicende collegate alla costruzione<br />
di alcuni di questi ed è certo che in<br />
pochi sanno che la loro realizzazione fu<br />
resa possibile grazie alle gabelle imposte<br />
sul vino.<br />
L’acquedotto voluto da Papa Paolo V,<br />
Camillo Borghese, 1605 - 1621, attinge da<br />
alcune sorgenti presso il Lago di<br />
Martignano e, con un tracciato lungo e<br />
sinuoso costeggiante parte del Lago di<br />
Bracciano, completa il suo percorso sul<br />
Gianicolo e nelle fontane di Piazza San<br />
Pietro. Un avviso datato 28 marzo 1609<br />
riporta la seguente notizia:“…riuscendo la<br />
spesa dei condotti dell’Acqua Paolina, che<br />
si conduce qua da Bracciano, maggior di<br />
quello si pensava da principio, per il denaro<br />
che deve contribuir il popolo si ragiona<br />
di metter l’impositione altre volte proposta<br />
di quattro giulii e mezzo per botte di vino<br />
romanesco a fine di farvi sopra un monte,<br />
per cavar ad un tratto il denaro, che bisogna<br />
per detti acquedotti, con li quali si<br />
verrà a rendere più che mai deliziosa questa<br />
città…”<br />
Nemmeno con la costruzione di Fontana di<br />
Trevi, sotto il Pontificato di Urbano VIII,<br />
Maffeo Barberini, 1623 - 1644, si salvò il<br />
vino, tanto che Pasquino malinconicamente<br />
commentava:“…Urban poi che di tasse<br />
aggravò il vino, ricrea coll’acqua il popol di<br />
Quirino…”.<br />
E’ sempre stata un’attrazione fatale quella<br />
esercitata dal vino nei confronti dei romani,<br />
vino uguale nettare e questi hanno<br />
sempre sofferto di nostalgia per i vini de<br />
na vorta:<br />
“…m’aricorderò sempr’a Marino, / indiove<br />
tutti l’anni annàmio fora d’ottobre a villeggià…<br />
“…li nun c’ereno vini misturati…<br />
“…bevevio un quartarolo, e dicevio: esci /<br />
e er vino esciva…”.<br />
Bevevio, cioè, bevevate, scriveva il Belli e<br />
Giggi Zanazzo testimonierà che un quartarolo,<br />
cioè la quarta parte di un barile, era<br />
la misura scolata da un carrettiere in una<br />
sola giornata, di lavoro ben s’intende.<br />
“…vale più un bicchiere di vino che tutta<br />
l’acqua del Tevere…<br />
“…badate ch’er bicchiere sia sempre<br />
pieno…<br />
“…l’acqua arovina li ponti mentre er vino è<br />
la zinna de li vecchi…”.<br />
Puoi credere, è Giggi Zanazzo che lo dice!<br />
Peraltro, il romano che caratterialmente è<br />
lontano da quelle compatte manifestazioni<br />
diffuse in altre parti d’Italia, in particolari<br />
momenti, è portato a far caciara e perciò<br />
gli si addice una fontanella che butta vino,<br />
anche se c’è da rischiare la pelle per arrivare<br />
fin sotto la cannella.<br />
Annota il cronista, noi crediamo con beneficio<br />
d’inventario, che in occasione della<br />
Riccardo Consoli<br />
Claudia Collesei<br />
trionfale presa di possesso di Papa<br />
Innocenzo X, Giovan Battista Pamphilj,<br />
1644 - 1655, i due leoni di granito, che<br />
fanno la guardia alla rampa capitolina, versarono<br />
l’uno vino bianco e l’altro rosso:<br />
“…con gran sollazzo del popolo che d’ogni<br />
sesso ed età correva con tazze e fiaschi a<br />
bevere allegramente, et altri a gara, et a<br />
forza di pugni s’avanzavano a farne acquisto<br />
con la panza e con boccali…”<br />
Altro molto bene documentato cronista, ci<br />
informa che, durante una festa in onore di<br />
Cola di Rienzo, persino il cavallo del<br />
Monumento Equestre a Marco Aurelio,<br />
allora ubicato in <strong>Campo</strong> Laterano, il primo<br />
agosto del 1347, “…dalla mattina all’arva,<br />
‘nfi a nona…”, gettò acqua e vino dalle<br />
narici.<br />
A Roma, città ricchissima di fontane, il contrasto<br />
acqua - vino si presenta in maniera<br />
assai più tangibile che non in altre città, al<br />
punto che si volle innalzare un tabernacolo<br />
a ricordo della confluenza di tanti acquedotti,<br />
identificato con il Mausoleo di Santa<br />
Costanza sulla Via Nomentana; le numerose<br />
scene di vendemmia raffigurate nelle<br />
decorazioni del sarcofago della Santa<br />
hanno fatto si che, per lunghi anni, questo<br />
fosse creduto e denominato Sepolcro di<br />
Bacco. Alla fine del Seicento, artisti fiamminghi<br />
e olandesi, in quel periodo residenti<br />
in gran numero a Roma, avevano fissato<br />
in questo luogo la sede di una speciale<br />
Associazione avente per scopo, oltre che il<br />
reciproco aiuto, quello di passare insieme<br />
e in allegria le ore libere da impegni di studio<br />
e lavoro; i soci raccomandavano che<br />
quelle feste dovessero terminare con un<br />
pellegrinaggio al cosiddetto Sepolcro di<br />
Bacco, dove all’alba veniva offerta alla divinità<br />
un’ultima libagione.