foto Mauro Topini - Campo de'fiori
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ica” di ricordi<br />
<strong>Campo</strong> de’ fiori 41<br />
magini di Fabrica di Roma<br />
piegato comunale dell’ “altro secolo”<br />
Pasquale ed io ... militare<br />
...con il nipotino Saverio<br />
loco con tutta la famiglia.<br />
Il sindaco era il Conte Federico Pucci della<br />
Genga.<br />
Il comune, all’epoca, era abbastanza ricco<br />
perché riscuoteva la “corrisposta” da tutti i<br />
conduttori dei terreni di sua proprietà, e,<br />
perciò, tutti i suoi beni, compresa la legna<br />
dei boschi e l’erba dei pascoli, venivano<br />
battuti all’asta, addirittura con cadenze<br />
settimanali.<br />
Tutti i ruoli di riscossione dell’imposta sulle<br />
famiglie, sul bestiame e per le arti e<br />
mestieri, venivano rigorosamente redatti a<br />
mano e consegnati all’esattoria. Tutto questo<br />
per un paese che già contava circa<br />
3.300 anime.<br />
Sembra impensabile che, con un così scarso<br />
organico, si potesse avere una gestione<br />
oltremodo precisa ed efficiente.<br />
Pasquale resterà al lavoro fino al 1979<br />
quando, per raggiunti limiti di età, andrà in<br />
pensione e, si può ben dire, che lui fa<br />
parte di una generazione di uomini in via<br />
di estinzione, ma questo non mi sorprende<br />
vedendo com’ è ancora oggi.<br />
Ogni paragone all’attualità, proprio non<br />
regge!<br />
Quando non avevo ancora vent’anni, ebbi<br />
modo di apprezzare personalmente la sua<br />
grande disponibilità.<br />
Ero stato incaricato di fare il censimento<br />
della popolazione, poi quello dell’agricoltura<br />
e delle forze del lavoro e, allora,<br />
andavo spesso ad appoggiarmi nel suo<br />
ufficio, quello giù in fondo, vicino alla stanza<br />
del sindaco.<br />
Lì mi sentivo proprio a mio agio, tanto che,<br />
dovendo prendere pratica con la macchina<br />
da scrivere per prepararmi ad un concorso,<br />
Pasquale mi cedeva volentieri la sua,<br />
quando non doveva usarla.<br />
Allora battevo più volte le preghiere come<br />
il Padre Nostro e l’Ave Maria perchè avendole<br />
a memoria, non perdevo tempo nel<br />
copiare altri testi.<br />
Mi sembra di vedere ancora, dalla sua<br />
finestra, i tetti di Fabrica che facevano da<br />
sfondo, e di sentire la sua voce che, alle<br />
due, diceva:<br />
“Andiamo Sandro che è ora di pranzo”.<br />
... con la figlia Sandra