la legislazione suntuaria. secoli xiii-xvi. emilia-romagna - Direzione ...

542 Legislazione suntuaria
1560, marzo 10
Memorie storiche di Faenza
Riforma suntuaria
Come cinque anni innanzi il municipale consiglio erasi mostro sollecito, secondo
sua autorità, a porre un freno al lusso per ciò che riguardava il vestire degli uomini
e delle donne, così intralasciato pure non aveva esso di adoperarsi nel 1557 e
’59 a dover estirpare codesto corruttore de’ costumi, e cagione fortissima d’impoverimento,
ma purtroppo sempre indarno, perché – ad ovviare una volta a tale sconcio
– supplicarono i nostri maestrati il preside della provincia a concedere loro di
bandire, conforme ottennero, alcune ben acconce leggi, a cui diedero il titolo di
Ordine et provigione sopra le pompe et conviti della città di Faenza, e le quali riputiamo
dicevole di riportare perché soprammodo malagevoli a rinvenirsi, sebbene pubblicate
per le stampe.
Essendo notissimo ad ognuno quanto sia vitioso, et da biasimare, in tutte le cose
l’eccedere il modo et i termini dell’honesto, et massimamente quando più s’offende
la Maiestà Divina se ne sdegnano gli animi degli huomini giudiciosi, et ne
patiscono grave danno quelli che incorrono in tale errore; per questo vedendosi nella
città di Faenza quanto vanamente molti peccano, con loro grave danno et biasimo,
facendo spese eccessive et in tutto inutili nel vestire le proprie persone, et delle
moglieri et famiglie loro, et nel fare spesso conviti et banchetti, et medesimamente
in altre simili cose che, servando la mediocrità, sariano più utilmente commendate
da ciascuno, i magnifici signori antiani et consiglio generale di detta città, con volontà
et consenso del reverendissimo et illustrissimo monsignor il signor Giovanni
Battista Doria, protonotario apostolico, presidente della provincia di Romagna, volendo
provedere che per l’avvenire con più modestia le persone in detta città si reggano
et governino, hanno ordinati gli infrascritti capitoli, i quali intendono et vogliono
che sieno inviolabilmente osservati da ciascuna persona di qualunque grado,
età, sesso et conditione, sotto le pene contenute in essi.
In prima statuiscono et ordinano che nessuna persona come di sopra possa portar
habito, o vestimento alcuno, d’oro, d’argento né di tela d’oro o de argento, né
di velluto cremesino, o morello di grana, né d’altro velluto di tanto o maggior prezzo;
né corpetti, camise, calze, calzetti o altro simile lavorato d’oro o d’argento; né
sopra habito o vestimento alcuno mettere o portar, in liste o in altro modo, oro o
argento battuto o filato.
Item che nissuna donna possa portare scoffie o rete in testa d’oro o d’argento
battuto, ma solo d’oro o d’argento filato, senza altro ornamento; et che non eccedano
il valor di mezzo scudo d’oro.
Item prohibiscono tutti i ricami et profili fatti o in colori o con agocchia in dissegno,
et così in vestimenti per uso di qualunque persona, come in fornimenti di
cocchi et carrette, et generalmente in ogni altra cosa.
Item commandano che nissuna donna possa portare vestimenti stratagliati dal
busto in giuso, et medesimamente sottane o altri vestimenti con la coda.