la legislazione suntuaria. secoli xiii-xvi. emilia-romagna - Direzione ...

Ravenna 505
Quod quelibet femina debeat portare ad domos deffunctorum mantaduras
suas quas portant assidue
Statuimus et ordinamus quod quelibet femina teneatur et debeat portare mantaturas
suas quas assidue portat et non alios mantellos, cum vadunt ad aliquod corruttum
vel ad domum alicuius deffuncti, nisi esset mater, filia vel neptis vel cognata,
quibus liceat mantellum portare si voluerint. Et quod nulla femina debeat portare
mantellum alicui mulieri que iret ad corruptum, nisi premissis mulieribus. Et
si qua contra predicta vel aliquod predictorum capitullorum fecerit, condempnetur
pro qualibet vice comuni in viginti soldis ravignanorum de dote sua vel de aliis bonis.
De predictis inquiratur per potestatem.
1331 o 1332
Storia di Romagna
Disposizioni suntuarie relative a vesti e ornamenti
Pietro de Galluzzi, per la Santa Romana Chiesa rettore di Ravenna, et i nobili
signori antiani consoli della medesima città, la quale per le guerre passate essendo
ridotta in tal povertà che a pena si poteano sostentare le spese che faceano, però fu
fatto ordine che nessuna donna, tanto cittadina quanto forastiera, possa o debba
portare argento, oro, perle o altre cose d’argento et d’oro o di perle, né portare in
capo corona, o fosse d’argento o d’oro, ornata di perle o di precio precioso in capo
o sopra il dosso, o centura d’oro et d’argento, siano di quale condizione esser si voglia;
né potessero portare lo strassino alle vesti più longo di cinque spanne, in pena
di venticinque lire ravignane da pagarsi della dote di dette donne. Et il milite del
rettore fosse oblegato fare diligentemente cercare ogni giorno di festa in chiese et altri
luoghi della città, et trovandone alcuna, senza eccettioni debba pigliare idonea
cautione.
1331 o 1332
Lustri ravennati
Disposizioni suntuarie relative a vesti e ornamenti
Cresciuto il lusso delle donne ravennati, radunatosi il conseglio di settanta senatori
[...], si risolse che donna alcuna [non] portasse per l’avvenire la corona in testa
d’oro o d’argento ricoperta di gemme, né portasse li cingoli di valore di più di dieci
lire ravennati, né lo strascico delle vesti eccedesse i cinque piedi.