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la legislazione suntuaria. secoli xiii-xvi. emilia-romagna - Direzione ...

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440 Legis<strong>la</strong>zione <strong>suntuaria</strong><br />

«La prammatica fu ben presto <strong>la</strong>sciata cadere in dimenticanza; e non fu mai richiamata<br />

in vigore, non apparendo in alcuna delle varie raccolte di bandi generali rinnovati<br />

a più riprese dal duca Ottavio nel suo lungo governo. Evidentemente il<br />

provvedimento contro il lusso fu voluto piuttosto dagli Anziani, che dal duca Ottavio;<br />

il quale, come il padre Pier Luigi, era troppo amante del<strong>la</strong> magnificenza, del<br />

fasto smodato, delle splendide feste, perché potesse farsi promotore di una provvisione<br />

di tal genere, inculcante <strong>la</strong> virtù del risparmio, inoltre <strong>la</strong> nuova dinastia ducale<br />

sentiva il bisogno nel suo inizio di sfoggiare in lusso per accrescere il proprio prestigio<br />

e <strong>la</strong> propria autorità agli occhi dei sudditi, specialmente dei ricchi feudatari<br />

dello Stato e per affermarsi degnamente tra le altre corti principesche italiane» 9 .<br />

Tra i Farnese, solo Ranuccio II, al<strong>la</strong> fine del suo governo (e del XVII secolo),<br />

tenterà di imporre pesanti divieti, ed anche qui possiamo ascoltare il<br />

commento negativo del Drei:<br />

«Contro questa economia domestica, imposta rigorosamente dal principe, non<br />

trovo si elevasse alcuna saggia voce che ammonisse, ciò che avvenne nel vicino<br />

stato di Mi<strong>la</strong>no, quale grande detrimento <strong>la</strong> provvigione arrecava alle industrie<br />

locali, e quali altri provvedimenti economici si imponessero per sollevare le popo<strong>la</strong>zioni<br />

del ducato immiserite dalle carestie, dalle guerre, dai frequenti passaggi<br />

di truppe straniere, dal<strong>la</strong> cattiva amministrazione, dal<strong>la</strong> politica ambiziosa dei<br />

suoi principi, dal<strong>la</strong> loro smania di pubbliche grandi costruzioni, dal<strong>la</strong> sontuosità<br />

eccessiva del<strong>la</strong> corte, per cui i sudditi erano oppressi da enormi balzelli» 10 .<br />

Non diversa era stata l’opinione dello Scarabelli a proposito delle norme<br />

emanate, sotto il governo di Ghiberto da Gente, negli statuti parmigiani del<br />

1258:<br />

«I frati predicatori indussero per un momento le donne ad accorciar le code a<br />

smettere dalle spalle l’orgoglio (bellissimo ornamento), e a coprirsi il capo d’un<br />

velo; ma <strong>la</strong> bellezza rimproverata dallo specchio si ribellò presto ai frati, e il lusso<br />

tirò tanto le code che non ne furon mai viste più lunghe. La dittatura entrò in<br />

aiuto de’ frati e fece leggi suntuarie (…) ma se giovavano ai nobili che per le<br />

guerre malvagie consumavano i patrimonii, nuocevano all’artigiano che nel caro<br />

vivere e nel<strong>la</strong> rovina d’ogni bene aveva bisogno di <strong>la</strong>voro e molto, e vario, e<br />

splendido. Così il lusso represso da un punto sbucava dall’altro. Ma i rettori ostinati<br />

vollero vincer<strong>la</strong>: tassarono l’opera, tassarono il drappo, fecero mille spropositi,<br />

sempre invano: conciossiaché crescendo il commercio dovevan crescere <strong>la</strong> industrie<br />

e farsi più numerose le braccia, quindi caro il frutto dell’opere; il popolo<br />

voleva vivere; e quelle leggi nemiche del<strong>la</strong> prosperità perdevano ogni vigore» 11 .<br />

9 G. DREI, Le leggi suntuarie... cit., p. 643.<br />

10 Ibid., pp. 656-657.<br />

11 L. SCARABELLI, Istoria civile… cit., I, pp. 486-487.

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