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10 Legislazione suntuaria Le provvisioni di dieci anni dopo, cioè del 1398, preparano in definitiva le norme del 1401 che appaiono più complete e non del tutto sovrapponibili ai provvedimenti di due anni e mezzo prima. In caso di matrimonio, per esemplificare, mentre nel 1398 si consentiva un convivio di non più di 30 invitate, il numero di queste ultime scende a 24 nel 1401 salvo il pagamento di 5 lire per ogni ulteriore invitata. Sono concesse due “imbandigioni” di carne per il banchetto nuziale tanto nel 1398 come nel 1401 ma a quest’ultima data si precisa che non si possono offrire più di due pernici ed un fagiano «pro incisorio sub pena decem librarum». Gli statuti prevedono regolarmente le multe che le provvisioni invece non indicano. Si collegano alle norme del 1401 le denunce del 24 e 25 gennaio dello stesso anno di vesti “contra legem” già a disposizione dei proprietari al momento dell’emanazione delle nuove regole. Si tratta di denunce, già ricordate, di splendide sopravvesti ornate di frange oppure ricamate in seta con motivi di alberi o di animali quali leopardi o cervi ma anche di lettere, tutti espressamente vietati nella normativa del 1401. Vi si annoverano anche vesti a frappe o divisate, fatte cioè di panni di diverso colore accostati fra loro, con maniche ampie foderate di seta o di vaio. La moglie di Castellano, figlio di Nanni Gozzadini, presentò quattro capi. La moglie di Giovanni Boccadiferro ben cinque. Di alcuni denuncianti è specificata la professione: chi merciaio, chi calzolaio, chi barbiere chi orefice. Dal guardaroba di Usberto degli Usberti vennero tratti per essere denunciati tre capi che non è detto fossero femminili: un sacco di broccato d’oro in campo rosso con ricami in seta azzurra, motivi di raggi d’oro e di animali sempre in oro, un secondo sacco era fatto di baldacchino e rosato ad schaias cioè a motivi di rombi accostati mentre un terzo era a onda di velluto di panni di grana, cioè rosso e di velluto bianco con cordelle dorate. La fonte è ricchissima di suggestive informazioni su tessuti, colori, fogge, ornamenti. A questo tripudio di velluti e ori segue un lungo silenzio fino al 1453. Nei cinquant’anni che vanno dall’affermazione di Giovanni I Bentivoglio al dominio di Sante non vi sono tracce di legislazione suntuaria. Le provvisioni del 1453 volute dal cardinal legato Bessarione sono subito seguite, nel 1454, dagli statuti che ne costituiscono un calco. Questi provvedimenti presentano una sostanziale novità non solo in relazione alla precedente normativa bolognese ma anche in senso più generale. Essa consiste nella suddivisione della società cittadina in sei categorie ad ognuna delle quali è attribuita un’estetica esattamente specificata. Anche altre città procederanno a una analoga partizione cittadina ma solo dopo tale data 8 . Le mogli e figlie dei cavalieri sono ai 8 Vedere: L. BERTI, I capitoli “De vestibus mulierum” del 1460, ovvero “status” personale e distinzioni sociali nell’Arezzo di metà Quattrocento, in Studi in onore di A. D’Addario, a cura di L. BORGIA, F. DE LUCA, P. VITI, R.M. ZACCARIA, Lecce 1995, IV, pp. 1171-1214.

Bologna 11 vertici della piramide cittadina con una veste cremisina, una seconda di velluto ma non cremisi, un lucco di cremisino o di panno rosato ed un’altra veste di panno rosato. La lunghezza dello strascico concesso loro è di 2/3 di braccio. Alle donne dei dottori è accordato un numero minore di capi, uno strascico di mezzo braccio, meno gioielli e così via fino all’ultima categoria sociale costituita dalle donne del contado. Per chi non rispettava le regole era prevista una multa di 10 lire e di 5 per i sarti o i ricamatori che avevano confezionato o decorato le vesti. Questa normativa non si occupa di feste o funerali. Nel 1474, in pieno dominio bentivolesco, il cardinal legato Francesco Gonzaga, dichiarandosi preoccupato per la riduzione dei patrimoni cittadini ma forse soprattutto impensierito per la mancanza di distinzione «inter nobiles et ignobiles» emana nuovi provvedimenti suntuari simili per impostazione – estetica per categorie sociali definite – e contenuti a quelli del 1453 ma con varianti. Una di esse riguarda le donne degli ebrei che per la prima volta cadono sotto lo sguardo del disciplinatore delle apparenze per essere da questi suddivise in due classi (mogli e figlie di banchieri da una parte, tutte le altre dall’altra) ed equiparate rispettivamente alle donne della quarta e della quinta categoria sociale cittadina 9 . Nel 1508, quando ormai Giulio II aveva conquistato la città da due anni, vennero emanati nuovi provvedimenti che consistevano nella riedizione dei decreti del 1474 con piccole aggiunte. Una di esse riguarda un ritrovato moderno, le «faldee overo circhi» oggetti «reprobati et degni de biasmo» che si mettevano sotto alle vesti per enfatizzarne l’ampiezza. Per oltre cinquant’anni, in definitiva lungo tutto il periodo bentivolesco e più, “tiene” il modello di disciplinamento proposto dal cardinal Bessarione. Anche i provvedimenti presi nel 1514 sono sulla scia dei precedenti in quanto contengono la stessa partizione in categorie sociali anche se introducono diversi elementi di novità. È nuova l’indicazione delle doti per categoria: sino a 2.000 lire di bolognini d’argento per cavalieri, dottori o conti, sino a 1.500 per notai, cambiatori, drappieri e così via. Ai mariti era proibito «spendere intorno alle lor spose» più della metà della dote ricevuta. La pena per i trasgressori è fissata in 16 ducati d’oro e in 5 lire per i sarti, i ricamatori o gli orefici. Alla pena si somma la privazione «di ogni officio di utile et di honore della magnifica comunità di Bologna». Un bando del 1525 copre la distanza fra la provvisione del 1514 e quella del 1545. Il bando si limita a ritoccare l’entità delle doti consentite ma è ne- 9 Sugli ebrei a Bologna vedere: Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, a cura di M.G. MUZZARELLI, Bologna 1994; Verso l’epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, a cura di M.G. MUZZARELLI, Firenze 1996.

10 Legis<strong>la</strong>zione <strong>suntuaria</strong><br />

Le provvisioni di dieci anni dopo, cioè del 1398, preparano in definitiva<br />

le norme del 1401 che appaiono più complete e non del tutto sovrapponibili<br />

ai provvedimenti di due anni e mezzo prima. In caso di matrimonio, per<br />

esemplificare, mentre nel 1398 si consentiva un convivio di non più di 30<br />

invitate, il numero di queste ultime scende a 24 nel 1401 salvo il pagamento<br />

di 5 lire per ogni ulteriore invitata. Sono concesse due “imbandigioni” di<br />

carne per il banchetto nuziale tanto nel 1398 come nel 1401 ma a quest’ultima<br />

data si precisa che non si possono offrire più di due pernici ed un fagiano<br />

«pro incisorio sub pena decem librarum». Gli statuti prevedono rego<strong>la</strong>rmente<br />

le multe che le provvisioni invece non indicano.<br />

Si collegano alle norme del 1401 le denunce del 24 e 25 gennaio dello stesso<br />

anno di vesti “contra legem” già a disposizione dei proprietari al momento<br />

dell’emanazione delle nuove regole. Si tratta di denunce, già ricordate, di<br />

splendide sopravvesti ornate di frange oppure ricamate in seta con motivi di<br />

alberi o di animali quali leopardi o cervi ma anche di lettere, tutti espressamente<br />

vietati nel<strong>la</strong> normativa del 1401. Vi si annoverano anche vesti a frappe<br />

o divisate, fatte cioè di panni di diverso colore accostati fra loro, con maniche<br />

ampie foderate di seta o di vaio. La moglie di Castel<strong>la</strong>no, figlio di Nanni Gozzadini,<br />

presentò quattro capi. La moglie di Giovanni Boccadiferro ben cinque.<br />

Di alcuni denuncianti è specificata <strong>la</strong> professione: chi merciaio, chi calzo<strong>la</strong>io,<br />

chi barbiere chi orefice. Dal guardaroba di Usberto degli Usberti vennero tratti<br />

per essere denunciati tre capi che non è detto fossero femminili: un sacco di<br />

broccato d’oro in campo rosso con ricami in seta azzurra, motivi di raggi d’oro<br />

e di animali sempre in oro, un secondo sacco era fatto di baldacchino e rosato<br />

ad schaias cioè a motivi di rombi accostati mentre un terzo era a onda di velluto<br />

di panni di grana, cioè rosso e di velluto bianco con cordelle dorate. La fonte<br />

è ricchissima di suggestive informazioni su tessuti, colori, fogge, ornamenti.<br />

A questo tripudio di velluti e ori segue un lungo silenzio fino al 1453.<br />

Nei cinquant’anni che vanno dall’affermazione di Giovanni I Bentivoglio al<br />

dominio di Sante non vi sono tracce di legis<strong>la</strong>zione <strong>suntuaria</strong>. Le provvisioni<br />

del 1453 volute dal cardinal legato Bessarione sono subito seguite, nel 1454,<br />

dagli statuti che ne costituiscono un calco. Questi provvedimenti presentano<br />

una sostanziale novità non solo in re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong> precedente normativa bolognese<br />

ma anche in senso più generale. Essa consiste nel<strong>la</strong> suddivisione del<strong>la</strong><br />

società cittadina in sei categorie ad ognuna delle quali è attribuita un’estetica<br />

esattamente specificata. Anche altre città procederanno a una analoga partizione<br />

cittadina ma solo dopo tale data 8 . Le mogli e figlie dei cavalieri sono ai<br />

8 Vedere: L. BERTI, I capitoli “De vestibus mulierum” del 1460, ovvero “status” personale e<br />

distinzioni sociali nell’Arezzo di metà Quattrocento, in Studi in onore di A. D’Addario, a cura<br />

di L. BORGIA, F. DE LUCA, P. VITI, R.M. ZACCARIA, Lecce 1995, IV, pp. 1171-1214.

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