la legislazione suntuaria. secoli xiii-xvi. emilia-romagna - Direzione ...
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374 Legislazione suntuaria in forma completa. Non sono invece giunti fino a noi i primi statuti cittadini, risalenti ai primi anni del Duecento, di cui peraltro ci fornisce qualche testimonianza il codice del sec. XIII intitolato Registrum privilegiorum, concessionum, pactorum et scripturarum ad comunem Mutine pertinentium, conservato presso l’archivio storico comunale, un cartulario che raccoglie le copie autentiche di privilegi, concessioni imperiali ed altre scritture di pertinenza del comune modenese dal 969 al 1260, tra cui appunto alcune rubriche statutarie relative agli estimatori del 1225-1228. Agli anni 1306-1307 risalgono gli statuti riuniti nel codice intitolato Respublica Mutinensis, che contiene le provvigioni e riformagioni del consiglio del popolo dal 1306 al 1307, gli statuti del governo provvisorio e le deliberazioni del consiglio dei quattrocento del 1306. Le disposizioni statutarie riguardano perlopiù la figura del capitano del popolo e la difesa dell’autonomia del governo “popolare” contro il signore estense 8 . Gli statuti cittadini del 1327 furono dunque accolti dagli Este, una volta riacquistato il dominio di Modena nel 1336, e rimasero in vigore, con aggiunte e riforme che risalgono al 1403, fino al 1420 quando fu emanato un nuovo corpus statutario. Numerose sono le rubriche ivi contenute di argomento suntuario. Riguardano le limitazioni delle cerimonie nuziali e di quelle funebri, gli abiti ed ornamenti delle serve ed in generale delle donne. A questo proposito particolarmente interessante, per quanto concerne l’estensione della normativa, si dimostra la rubrica CLXXVII contenuta nel libro IV. Il testo della rubrica, che si presenta interamente cassato, rimanda ad una lunga nota in minuscola notarile nel margine inferiore della carta, in cui viene riportata la trascrizione di una provvigione degli anziani e sapienti, organo deliberativo del comune di Modena, dove, rispetto alla normativa precedente, tali limitazioni non avrebbero avuto luogo «in aliqua muliere que sit uxor vel de familia alicuius nobilis et de numero nobilium et potentum civitatis Mutine vel districtus et que continue habitet et continuam faciat residenciam cum aliquo nobili vel potenti vel predictis in domibus habitationum dictorum nobilium vel potentum». All’interno del codice, che contiene gli statuti del 1327 relativi ai giudici delle vettovaglie, si trovano ben tre provvigioni dei sapienti di Modena del 1365 riguardanti il divieto alle donne di portare più di cinque once d’oro o d’argento ad ornamento delle vesti, né alcuna perla o pietra preziosa sul capo o sul dorso, così come il portare vesti foderate o profilate di vaio. 8 G. DOTTI MESSORI, Modena, in Repertorio degli statuti comunali emiliani e romagnoli (secc. XII-XVI), a cura di A. VASINA, II, Roma 1998 (Istituto storico italiano per il Medio Evo, Fonti per la storia dell’Italia medievale, Subsidia, 6**), pp. 103-114.
Modena 375 È da precisare che la documentazione riguardante l’attività del consiglio cittadino, giunta fino a noi, presenta una vasta lacuna per il periodo che va dal 1329 al 1412 9 . La presenza di più codici contenenti la redazione degli statuti del 1327 ha dettato la necessità di dare ragione, attraverso la loro collazione, delle varianti più significative del testo di ciascuna rubrica. Gli statuti del 1420 contengono un’unica rubrica di argomento suntuario e si riferisce alle vesti e agli ornamenti delle donne, dalla quale vengono dispensate le mogli di militari, dottori e nobili e di cittadini «artes machanichas non exercentium et viventium more nobili». Ma questa normativa (che ritroviamo anche nella edizione del 1590 degli statuti del 1547) viene ampliata da una provvigione del 30 aprile 1420, presente all’interno del codice statutario, ed estesa a tutte le donne di qualunque stato e condizione. È dell’agosto del 1537 la grida emanata da Ercole II, nella quale il duca vieta ai cittadini modenesi di portare ornamenti d’oro o d’argento, mentre impone a coloro che possiedono «mula, carreta o cocchio» di tenere un buon cavallo, della “misura” stabilita dagli ufficiali preposti alla gabella. In realtà si tratta della stessa grida emanata per la città di Ferrara lo stesso 5 agosto 1537 10 , la cui redazione era stata evidentemente estesa e riadattata alla città di Modena. Sul finire del quarto decennio del secolo XVI l’attività consiliare dei conservatori 11 del comune di Modena attesta una particolare attenzione riguardo alla normativa suntuaria, probabilmente anche per effetto dell’attività dei predicatori. Nella seduta del 12 aprile 1549 la necessità di frenare il lusso nei “costumi” dei cittadini modenesi è sancita dalla presenza in città del predicatore Boniforte da Pavia, frate agostiniano, cui i conservatori fanno chiaramente riferimento: «Habentes quotidie vocem Domini in auribus nostris per verbum reverendi patris fratris Boniforti de Papia Augustiane religionis predicatoris famosissimi». Presenza attestata anche da Tommasino de’ Bianchi nella sua Cronaca, che denuncia il grande richiamo di cittadini suscitato 9 A tal proposito si veda A. BIONDI, Per una storia dell’attività consiliare nel Comune di Modena dal Medioevo alla fine dell’Antico Regime (1796), introduzione storica a I registri delle deliberazioni consiliari del Comune di Modena dal XIV al XVIII secolo, Inventario a cura di C. LIOTTI - P. ROMAGNOLI, in «Atti e inventari dell’Archivio Storico», Collana diretta da A. BORSARI, Modena 1987, IV, pp. 10-43. 10 AS MO, Archivio segreto estense, Cancelleria Ducale, Registri di gride manoscritti, b. 2, reg. 1534-1558, “Grida d’oro, cochi et cavali”, cc. 22r-23v. 11 Nel 1510 il nome dei sapienti venne cambiato con quello di conservatori, per indicare il consiglio cittadino, organo rappresentativo del comune a fronte del signore estense. A. BIONDI, Per una storia dell’attività consiliare... cit., p. 26.
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È da precisare che <strong>la</strong> documentazione riguardante l’attività del consiglio<br />
cittadino, giunta fino a noi, presenta una vasta <strong>la</strong>cuna per il periodo che va<br />
dal 1329 al 1412 9 .<br />
La presenza di più codici contenenti <strong>la</strong> redazione degli statuti del 1327<br />
ha dettato <strong>la</strong> necessità di dare ragione, attraverso <strong>la</strong> loro col<strong>la</strong>zione, delle varianti<br />
più significative del testo di ciascuna rubrica.<br />
Gli statuti del 1420 contengono un’unica rubrica di argomento suntuario<br />
e si riferisce alle vesti e agli ornamenti delle donne, dal<strong>la</strong> quale vengono<br />
dispensate le mogli di militari, dottori e nobili e di cittadini «artes machanichas<br />
non exercentium et viventium more nobili». Ma questa normativa (che<br />
ritroviamo anche nel<strong>la</strong> edizione del 1590 degli statuti del 1547) viene ampliata<br />
da una provvigione del 30 aprile 1420, presente all’interno del codice<br />
statutario, ed estesa a tutte le donne di qualunque stato e condizione.<br />
È dell’agosto del 1537 <strong>la</strong> grida emanata da Ercole II, nel<strong>la</strong> quale il duca<br />
vieta ai cittadini modenesi di portare ornamenti d’oro o d’argento, mentre<br />
impone a coloro che possiedono «mu<strong>la</strong>, carreta o cocchio» di tenere un<br />
buon cavallo, del<strong>la</strong> “misura” stabilita dagli ufficiali preposti al<strong>la</strong> gabel<strong>la</strong>.<br />
In realtà si tratta del<strong>la</strong> stessa grida emanata per <strong>la</strong> città di Ferrara lo stesso<br />
5 agosto 1537 10 , <strong>la</strong> cui redazione era stata evidentemente estesa e riadattata<br />
al<strong>la</strong> città di Modena.<br />
Sul finire del quarto decennio del secolo XVI l’attività consiliare dei conservatori<br />
11 del comune di Modena attesta una partico<strong>la</strong>re attenzione riguardo<br />
al<strong>la</strong> normativa <strong>suntuaria</strong>, probabilmente anche per effetto dell’attività dei<br />
predicatori. Nel<strong>la</strong> seduta del 12 aprile 1549 <strong>la</strong> necessità di frenare il lusso<br />
nei “costumi” dei cittadini modenesi è sancita dal<strong>la</strong> presenza in città del predicatore<br />
Boniforte da Pavia, frate agostiniano, cui i conservatori fanno chiaramente<br />
riferimento: «Habentes quotidie vocem Domini in auribus nostris<br />
per verbum reverendi patris fratris Boniforti de Papia Augustiane religionis<br />
predicatoris famosissimi». Presenza attestata anche da Tommasino de’ Bianchi<br />
nel<strong>la</strong> sua Cronaca, che denuncia il grande richiamo di cittadini suscitato<br />
9 A tal proposito si veda A. BIONDI, Per una storia dell’attività consiliare nel Comune di<br />
Modena dal Medioevo al<strong>la</strong> fine dell’Antico Regime (1796), introduzione storica a I registri delle<br />
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C. LIOTTI - P. ROMAGNOLI, in «Atti e inventari dell’Archivio Storico», Col<strong>la</strong>na diretta da A.<br />
BORSARI, Modena 1987, IV, pp. 10-43.<br />
10 AS MO, Archivio segreto estense, Cancelleria Ducale, Registri di gride manoscritti, b. 2,<br />
reg. 1534-1558, “Grida d’oro, cochi et cavali”, cc. 22r-23v.<br />
11 Nel 1510 il nome dei sapienti venne cambiato con quello di conservatori, per indicare<br />
il consiglio cittadino, organo rappresentativo del comune a fronte del signore estense. A.<br />
BIONDI, Per una storia dell’attività consiliare... cit., p. 26.