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la legislazione suntuaria. secoli xiii-xvi. emilia-romagna - Direzione ...

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6 Legis<strong>la</strong>zione <strong>suntuaria</strong><br />

C’è un’altra fonte nel nostro dossier che consente di conoscere di quali<br />

capi fosse composto il guardaroba di alcune bolognesi e di connettere i capi<br />

a una famiglia e in qualche caso anche al mestiere esercitato dal padre o dal<br />

marito del<strong>la</strong> donna al<strong>la</strong> quale apparteneva <strong>la</strong> veste denunciata. La fonte è il<br />

“Registro del<strong>la</strong> bol<strong>la</strong>tura delle vesti” al<strong>la</strong> quale si era tenuti a rigore di legge.<br />

Di questo registro era nota l’esistenza da tempo ma se ne erano perse le tracce.<br />

Mi piace pensare che il nostro accanito interesse per il tema abbia contribuito<br />

a materializzarlo.<br />

La bol<strong>la</strong>tura fu uno stratagemma per permettere a chi possedeva una veste<br />

non consentita dai nuovi statuti suntuari di indossar<strong>la</strong> ugualmente se dichiarata<br />

all’apposito funzionario, cioè denunciata e segnata con un simbolo<br />

ad hoc che, essendo spesso un bollo, diede origine al<strong>la</strong> definizione di “vesti<br />

bol<strong>la</strong>te”. Già le norme senesi del 1330 introdussero <strong>la</strong> “marcatura” 4 prevista<br />

a Bologna tanto nel 1389 come appunto negli statuti del gennaio 1401. Il<br />

registro bolognese giunto fino a noi elenca 210 capi che vennero denunciati<br />

in due giorni, il 25 e il 26 gennaio, probabilmente sull’onda dell’effetto suscitato<br />

dall’emanazione di una nuova normativa. Il lettore vi troverà “sacchi”<br />

– sinonimo di sopravveste altrove denominata pel<strong>la</strong>nda o cioppa – di zetanino<br />

che era una stoffa leggera e preziosa di origine orientale, oppure di panno<br />

di <strong>la</strong>na ma anche di velluto di colore nero, cremisi, bianco, o azzurro. Il capo<br />

poteva essere ricamato, arricchito da frange dorate, con maniche a mantello<br />

o ad ali, foderate di seta o di vaio. Molti presentarono un unico sacco<br />

ma vi fu chi denunciò ben quattro vesti, alcune delle quali erano a tal punto<br />

ornate e sontuose da suscitare l’ammirazione dell’ufficiale incaricato del<strong>la</strong><br />

bol<strong>la</strong>tura 5 . L’idea del<strong>la</strong> denuncia e del<strong>la</strong> bol<strong>la</strong>tura fu di quelle che sopravvissero<br />

a lungo: ritroviamo <strong>la</strong> stessa pratica, che prova sia il realismo dei legis<strong>la</strong>tori<br />

sia il loro timore di essere gabbati, tanto nel 1525 come nel 1575.<br />

Col tempo le fogge sempre più e<strong>la</strong>borate e i numerosi oggetti resi disponibili,<br />

cinture, borse, gioielli e poi ventagli, zibellini con tanto di testa rifinita<br />

in oro, pizzi, cocchi e carrette, ispirano sempre più numerosi divieti mentre<br />

appare costante il disciplinamento di oro e perle. I pizzi definiti “profili fatti<br />

in te<strong>la</strong>ro overo agocchia” compaiono per <strong>la</strong> prima volta, elencati assieme ai ricami,<br />

nel 1559 6 . Di fronte a nuove mode il legis<strong>la</strong>tore si mostra in alcuni casi<br />

4 M.A. CEPPARI RIDOLFI - P. TURRINI, Il mulino delle vanità. Lusso e cerimonie nel<strong>la</strong> Siena<br />

medievale, Siena 1996, in partico<strong>la</strong>re p. 86.<br />

5 Si può vedere: M.G. MUZZARELLI, Guardaroba medievale. Vesti e società dal XIII al XVI<br />

secolo, Bologna 1999, in partico<strong>la</strong>re pp. 133-139.<br />

6 Sulle novità cinquecentesche vedere: P. GORETTI, La rego<strong>la</strong>mentazione delle apparenze: vesti<br />

e ornamenti nel<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione <strong>suntuaria</strong> bolognese del XVI secolo, in “Schede Umanistiche. Rivista<br />

semestrale dell’Archivio Umanistico Rinascimentale Bolognese”, n.s., 1996, 2, pp. 117-137.

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