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la legislazione suntuaria. secoli xiii-xvi. emilia-romagna - Direzione ...

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Ferrara 291<br />

difficile situazione politica, resa ulteriormente complicata dalle nozze con<br />

Renata di Francia, figlia di re Luigi XII. Siamo nell’epoca in cui il calvinismo<br />

si diffuse nel<strong>la</strong> corte francese, e <strong>la</strong> presenza di Renata a Ferrara era mal<br />

tollerata dal papa; il figlio Alfonso II (1559-1597) <strong>la</strong> allontanerà dal<strong>la</strong> città.<br />

Al<strong>la</strong> morte di quest’ultimo <strong>la</strong> Santa Sede riuscì comunque ad avere il sopravvento,<br />

scomunicando il successore designato, e al<strong>la</strong> fine di gennaio del 1598<br />

fece il suo ingresso a Ferrara il primo legato, cardinale Pietro Aldobrandini:<br />

<strong>la</strong> città, economicamente stremata, si arrendeva.<br />

Come sopra accennato, <strong>la</strong> prima normativa <strong>suntuaria</strong> ferrarese si trova<br />

negli statuti di Obizzo II: riguarda in partico<strong>la</strong>re i doni dei padrini e le offerte<br />

fatte in occasione di ordinazioni e monacazioni, i funerali e le nozze, con<br />

limitazione per il numero degli invitati e per i doni nuziali. Non si rego<strong>la</strong>menta<br />

ancora l’utilizzo delle vesti di lusso, che farà <strong>la</strong> sua comparsa soltanto<br />

un secolo e mezzo più tardi, in una delibera del 1434. Anche se si deve considerare<br />

<strong>la</strong> carenza delle fonti presenti nell’archivio del comune ferrarese (<strong>la</strong><br />

serie delle “Deliberazioni dei XII Savi” è conservata soltanto a partire dal<br />

1393), a causa del<strong>la</strong> quale non si può escludere a priori l’esistenza di legis<strong>la</strong>zione<br />

<strong>suntuaria</strong> nel corso dell’intero XIV secolo, nei primi tentativi di rego<strong>la</strong>mentazione<br />

non si vede certo trasparire quello zelo che caratterizza i legis<strong>la</strong>tori<br />

di altre città. Nonostante compaia anche qui <strong>la</strong> formu<strong>la</strong> «pro bono et<br />

honestate hominum et personarum ac etiam rei publice totius civitatis»,<br />

causa prima dell’intervento volto al<strong>la</strong> limitazione del lusso eccessivo, nel<br />

consiglio non si riuscì ad ottenere l’unanimità dei voti su disposizioni tutto<br />

sommato non partico<strong>la</strong>rmente restrittive, quali <strong>la</strong> riduzione delle code che<br />

superavano un quarto di braccio e l’obbligo delle maniche chiuse per evitare<br />

imbottiture di pelli o interni di stoffe preziose. Anzi, quest’ultimo partito fu<br />

approvato con quarantasei voti a favore e tredici contrari: più del 20% dei<br />

votanti non era d’accordo!<br />

Nel 1456, con gli statuti di Borso, si tornò sull’argomento e venne rego<strong>la</strong>mentata<br />

nel dettaglio <strong>la</strong> disciplina di vesti e ornamenti 5 . Pochi anni più<br />

tardi, però, in seguito alle <strong>la</strong>mentele del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, una delibera del consiglio<br />

concesse una dispensatio re<strong>la</strong>tiva ad alcuni aspetti di questa legge; tale<br />

dispensatio, a scanso di equivoci, venne anche riportata a piè di pagina in<br />

una delle copie degli statuti 6 .<br />

5 Se ne è recentemente occupata P. MARISALDI, “… Mulierum, quarum sexus est fragilis”.<br />

Normativa statutaria sul<strong>la</strong> condizione femminile (sec. XV), tesi di <strong>la</strong>urea, Università degli Studi<br />

di Ferrara, Facoltà di Lettere e filosofia, rel. T. Bacchi, a.a. 1999-2000.<br />

6 BA FE, Ms. Cl. I, n. 475, c. 62v.

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