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la legislazione suntuaria. secoli xiii-xvi. emilia-romagna - Direzione ...

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XIV Legis<strong>la</strong>zione <strong>suntuaria</strong><br />

litici coevi si intreccia alle modificazioni che hanno avuto luogo nel<strong>la</strong> medesima<br />

città nel corso dei <strong>secoli</strong>. Tutto questo mi pare renda bene l’idea del<strong>la</strong><br />

molteplicità e del<strong>la</strong> complessità delle situazioni che trovano rappresentazione<br />

in questa raccolta di norme.<br />

Il problema del<strong>la</strong> disomogeneità torna anche a proposito del<strong>la</strong> scelta delle<br />

fonti: testi in prevalenza normativi, ma non solo, perché è vero che ci interessava<br />

il disciplinamento suntuario, ma nel<strong>la</strong> sua concretezza, nel<strong>la</strong> dialettica<br />

cioè che le norme instaurano con i normati in una re<strong>la</strong>zione fatta di resistenze,<br />

di inseguimenti, di de<strong>la</strong>zioni, di punizioni e così via. Possiamo supporre<br />

che ci fossero resistenze da parte dei produttori dei beni disciplinati,<br />

come <strong>la</strong>scia intendere un accenno nel<strong>la</strong> documentazione imolese del 1594<br />

ad un’eventuale “irrisione” da parte degli artigiani. Possiamo anche immaginare<br />

resistenze dei disciplinati tali da rendere poco praticati i provvedimenti,<br />

come si legge negli “Acta Consilii” di Faenza del 1553, là dove si allude alle<br />

difficoltà incontrate nel disciplinamento votato a maggioranza (41 a favore e<br />

32 contro) in questi termini: «nil ultra fuit processum propter difficultatem<br />

eiusdem materie».<br />

Un caso partico<strong>la</strong>re di “resistenza” è quello delle donne cesenati che in risposta<br />

alle limitazioni del 1575 scrissero un documento di protesta nel quale<br />

<strong>la</strong>mentavano <strong>la</strong> loro condizione di «cacciate da tutti gli uffici publici, spogliate<br />

di tutti li magistrati» nonché prive di ogni grande o picco<strong>la</strong> dignità.<br />

Secondo le cesenati, gli ornamenti erano una necessità a «sollevamento di<br />

tanta miseria». La loro iniziativa si inserisce in una serie di atti simili al<strong>la</strong><br />

quale vanno ricondotti tanto lo scritto commissionato a Bologna da Nicolosa<br />

Sanuti in polemica con le norme suntuarie volute dal cardinal Bessarione 7<br />

come anche tre orazioni viterbesi per <strong>la</strong> soppressione del<strong>la</strong> legge che vietava<br />

alle donne l’uso dell’oro e del<strong>la</strong> porpora 8 . Sono testimonianze importanti<br />

del<strong>la</strong> consapevolezza dell’emarginazione subita dalle donne ma anche del valore<br />

compensativo e conso<strong>la</strong>torio delle apparenze. Una resistenza femminile<br />

al disciplinamento suntuario emerge anche da una episto<strong>la</strong> del 1434 del noto<br />

francescano Alberto da Sarteano, ispiratore dei provvedimenti contro il<br />

lusso presi a Ferrara da Niccolò III d’Este nel 1434. In essa egli registra con<br />

7 C. KOVESI KILLERBY, ‘Heralds of a well-instructed Mind’: Nicolosa Sanuti’s Defence of<br />

Women and their Clothes, in “Renaissance Studies”, 13 (1999), pp. 255-282. Vedere anche:<br />

D. OWEN HUGHES, Le mode femminili e il loro controllo, in G. DUBY - M. PERROT, Storia<br />

delle donne. Il Medioevo, a cura di C. KLAPISCH-ZUBER, Roma-Bari 1990, pp. 166-193, in<br />

partico<strong>la</strong>re pp. 183-190.<br />

8 G. LOMBARDI, Galiane in rivolta. Una polemica umanistica sugli ornamenti femminili<br />

nel<strong>la</strong> Viterbo del Quattrocento, I, Introduzione; II, Testo e commento, Roma 1998, in partico<strong>la</strong>re<br />

I.

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