Lo spagnolo come lingua accademica - Contrastiva

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10.06.2013 Views

Oggi gli studiosi contemporanei partono dal riconoscimento del fatto che il concetto astratto di linguaggio specialistico è ormai ben definito e circoscritto per la quasi totalità di quanti si apprestano all’argomento: il problema restante al quale si cerca di fornire spiegazioni chiare e soddisfacenti è ancora quello della migliore terminologia da adottare; in una situazione di confusione gene- rata dalla pluralità delle definizioni possibili non tutti i linguisti concordano per ciò che riguarda quest’aspetto, dando così vita a più scuole di pensiero. Il primo confronto è tra l’uso di lingua o linguaggio, con una netta differenza di significati. Con il termine lingua si definisce un sistema di segni, un codice verbale utilizzabile dalla sola specie umana; il linguaggio è, invece, un codice nel codice: oltre alla lingua annovera anche una componente non verbale che comunque è utilizzata ai fini della comunicazione e ogni specie dispone del proprio linguaggio; non esistendo un codice verbale esclusivo che possa dar vita ad una lingua vera e propria così come s’intende nella definizione sovra- stante, si predilige l’uso del sostantivo linguaggio per quello che riguarda i cosiddetti sottocodici. A tal proposito è interessante segnalare la contestazio- ne di Maurizio Gotti riguardo alla formula lingue speciali usata in sostituzio- ne del termine linguaggi: la lingua speciale, infatti, dovrebbe essere un codice verbale nuovo che non condivide le proprie caratteristiche con la lingua co- mune (Gotti, 1991). Altra importante contrapposizione è quella che intercorre tra gli aggettivi specialistico e settoriale, un’alternanza che dà luogo a più o- pinioni discordanti: in realtà, nella maggioranza dei casi questi sono usati per determinare le medesime specificità; confrontandone l’uso in testi diversi si riscontra che i due termini svolgono la funzione di sinonimi; spesso si tratta solo di scelte terminologiche differenti. Un esempio di questo tipo si ritrova confrontando le definizioni di Gotti e Serianni: il secondo, infatti, implica con il termine settoriale lo stesso significato che il primo sottintende con l’aggettivo specialistico (Serianni, 2003); Gotti a sua volta opera una distin- zione fra i due, prediligendo la definizione “linguaggio specialistico” poiché 6

settoriale è una caratterizzazione fin troppo vaga (Gotti, 1991: 7). Una distin- zione che giustificherebbe la scelta di una soluzione piuttosto che un’altra è quella che lega l’aggettivo settoriale agli ambiti di utilizzo del codice, mentre specialistico si riferisce prettamente alla disciplina trattata. La gamma delle definizioni possibili è ancora ricca di risorse e così, diversa- mente dagli autori precedentemente citati, altri studiosi sono orientati verso l’adozione di terminologie alternative: è il caso dei linguisti Sobrero e Berru- to. Sobrero parla di lingue speciali per indicare le lingue che sono utilizzate per comunicare determinati argomenti, legati a partico- lari attività lavorative e professionali, come ad esempio matematica, la bio- logia, la linguistica, la musica, lo sport. La caratteristica principale dei sot- tocodici/lingue speciali è quella di avere un lessico specialistico (Sobrero, 1997: 237). L’accento è posto sulle tre discriminanti principali: lessico, argomento, ambi- to. A questo proposito è utile riportare un’ulteriore distinzione che intercorre secondo l’autore tra le definizioni di lingua settoriale, giudicata come nel ca- so di Gotti troppo vaga e comunque legata a un settore o ambito non speciali- stico di utilizzo, e lingua specialistica, intendendo con questa un linguaggio con il quale gli specialisti di una disciplina comunicano con altri specialisti. La specializzazione, presente nelle discipline e mancante nei settori, diventa a questo punto il criterio grazie al quale si può operare una differenza netta fra le due lingue, una differenza che si riscontra in modo particolare a livello les- sicale. Nelle lingue specialistiche, infatti, esistono regole precise che danno vita a un lessico specifico formato da neologismi e particolari strutture testua- li, cosa che non accade, invece, nelle lingue settoriali, le quali si servono di espressioni della lingua comune. 7

Oggi gli studiosi contemporanei partono dal riconoscimento del fatto che il<br />

concetto astratto di <strong>lingua</strong>ggio specialistico è ormai ben definito e circoscritto<br />

per la quasi totalità di quanti si apprestano all’argomento: il problema restante<br />

al quale si cerca di fornire spiegazioni chiare e soddisfacenti è ancora quello<br />

della migliore terminologia da adottare; in una situazione di confusione gene-<br />

rata dalla pluralità delle definizioni possibili non tutti i linguisti concordano<br />

per ciò che riguarda quest’aspetto, dando così vita a più scuole di pensiero.<br />

Il primo confronto è tra l’uso di <strong>lingua</strong> o <strong>lingua</strong>ggio, con una netta differenza<br />

di significati. Con il termine <strong>lingua</strong> si definisce un sistema di segni, un codice<br />

verbale utilizzabile dalla sola specie umana; il <strong>lingua</strong>ggio è, invece, un codice<br />

nel codice: oltre alla <strong>lingua</strong> annovera anche una componente non verbale che<br />

comunque è utilizzata ai fini della comunicazione e ogni specie dispone del<br />

proprio <strong>lingua</strong>ggio; non esistendo un codice verbale esclusivo che possa dar<br />

vita ad una <strong>lingua</strong> vera e propria così <strong>come</strong> s’intende nella definizione sovra-<br />

stante, si predilige l’uso del sostantivo <strong>lingua</strong>ggio per quello che riguarda i<br />

cosiddetti sottocodici. A tal proposito è interessante segnalare la contestazio-<br />

ne di Maurizio Gotti riguardo alla formula lingue speciali usata in sostituzio-<br />

ne del termine <strong>lingua</strong>ggi: la <strong>lingua</strong> speciale, infatti, dovrebbe essere un codice<br />

verbale nuovo che non condivide le proprie caratteristiche con la <strong>lingua</strong> co-<br />

mune (Gotti, 1991). Altra importante contrapposizione è quella che intercorre<br />

tra gli aggettivi specialistico e settoriale, un’alternanza che dà luogo a più o-<br />

pinioni discordanti: in realtà, nella maggioranza dei casi questi sono usati per<br />

determinare le medesime specificità; confrontandone l’uso in testi diversi si<br />

riscontra che i due termini svolgono la funzione di sinonimi; spesso si tratta<br />

solo di scelte terminologiche differenti. Un esempio di questo tipo si ritrova<br />

confrontando le definizioni di Gotti e Serianni: il secondo, infatti, implica con<br />

il termine settoriale lo stesso significato che il primo sottintende con<br />

l’aggettivo specialistico (Serianni, 2003); Gotti a sua volta opera una distin-<br />

zione fra i due, prediligendo la definizione “<strong>lingua</strong>ggio specialistico” poiché<br />

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