Sermoni per il Triduo e per la Festa dell'Immacolata Concezione

Opera Omnia 

di Francesco Antonio Marcucci 

3.1 

I

II 

Al Fondatore, Padre e Maestro 

con filiale gratitudine nel 150° anniversario 

del dogma dell’Immacolata Concezione 

Stemma patriarcale di Mons. Francesco Antonio Marcucci dell’Immacolata Concezione

Istituto Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione 

MARCUCCIANA OPERA OMNIA 

diretta da Suor Maria Giuditta Mosca 

Sezione 1. storico-letteraria 

2. biblico-teologica 

3. mariologica 

4. filosofica 

5. omiletica 

6. varie 

7. epistolario 

PIANO GENERALE 

VOLUMI PUBBLICATI 

1.1 Artis Historicae Specimen. Riflessioni sopra di alcuni precetti più importanti dell’Arte Istorica, 

2002 

1.2 De Asculo Piceno. De Inscriptionibus Asculanis. Delle Sicle e Breviature, 2004 

3.1 Sermoni per il triduo e per la festa dell’Immacolata Concezione, 2004 

III

Angeli che reggono il festone con la scritta riferita a Maria SS.ma 

Tu honorificentia populi nostri, affresco, 1768. 

Oratorio, Casa Madre Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, AP (foto D. Oddi). 

IV

FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI 

Sermoni per il Triduo 

e per la Festa 

dell’Immacolata Concezione 

(1739-1786) 

Istituto Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione 

V

TRASCRIZIONI: Suor Maria Vanessa Fabiane Hilario, Suor Anna Schiavi, 

Suor Ana Maria Geraldi, Antonietta Ettorri 

TRADUZIONI: Alberto Cettoli 

INTRODUZIONI AI SINGOLI SERMONI: Suor Maria Paola Giobbi 

In sovracopertina: 

Immacolata Concezione, Anonimo (sec XVII). Incisione su rame (cm. 22x28), 

Museo-Biblioteca “Francesco Antonio Marcucci”(foto D. Oddi). 

L’iconografia mariana evidenzia l’allegoria biblica dei privilegi della “tutta bella”: il giglio (purezza), la rosa 

(l’amore), lo specchio (giustizia), la palma fiorita (pace). Lo Spirito Santo, al centro del festone, sorretto da 

angeli giulivi, avvolge di luce Maria dando risalto cromatico a tutta la composizione. 

© 2004 – Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione 

Via S. Giacomo, 3 - 63100 Ascoli Piceno 

E-mail: casamadr@libero.it 

Casa generalizia, via Cosimo Tornabuoni, 12 - 00166 Roma 

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, 

memorizzata o trasmessa in alcuna forma e con alcun mezzo 

elettronico, in fotocopia, in disco o in altro modo, 

senza l’autorizzazione scritta dell’Editore 

Stampa: Grafiche ITE – Dolo (Venezia) 

VI

Presentazione della Superiora Generale 

Suor Maria Roberta Torquati 

Presentazione del Vescovo di Ascoli Piceno, 

Mons. Silvano Montevecchi 

INDICE 

Presentazione del Vescovo di S. Benedetto del Tronto-Montalto- 

Ripatransone, Mons. Gervasio Gestori 

Introduzione di P. Stefano de Fiores 

Descrizione e criteri di trascrizione dei manoscritti 

Sermoni per il Triduo 

e per la Festa dell’Immacolata Concezione 

1. SPIEGAZIONE DELLA SACRA LODE PER LA FESTA 

DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELL’ANNO 1739 

Introduzione 

1/a. Spiegazione di quella sagra lode sopra l’Immacolata Concezione 

della SS.ma Vergine, che principia: Lodiamo Fedeli / Quell’alma 

Signora/ Che il Cielo innamora/ Che il Drago atterrò 

1/b. La sacra Lode 

2. SACRO TRIDUO E SERMONE PER LA FESTA 


Introduzione 

2/a. Maria SS.ma liberò un suo divoto da una tempesta di mare per la divozione 

alla di Lei Immacolata Concezione 

2/b. Maria SS.ma ordinò ad un suo divoto che se voleva essere suo sposo, 

fosse divoto dell’Immacolata di Lei Concezione 

2/c. Maria SS.ma risuscitò un suo divoto e gli impose che fosse molto divoto 

dell’Immacolata Concezione di Lei 

2/d. Chi è vera divota dell’Immacolata Concezione dee sforzarsi a fare una 

vita molto pura e netta da ogni colpa 

Pag. XII 

Pag. XIII 

Pag. XV 

Pag. XVII 

Pag. XXVI 

Pag. 4 

Pag. 5 

Pag. 17 

Pag. 21 

Pag. 24 

Pag. 28 

Pag. 33 

Pag. 36 

VII

3. SACRO TRIDUO ED ORAZIONE PANEGIRICA PER LA FESTA 


VIII 

Introduzione 

3/a. La divozione all’Immacolata Concezione è di efficace mezzo per l’aiuto 

ne’ gravi bisogni 

3/b. Il diffendere e pubblicar le glorie dell’Immacolata Concezione impegna la 

Vergine a mostrar singolari finezze di amore 

3/c. La divozione verso l’Immacolata Concezione è un efficace preservativo e 

rimedio contra la peste 

3/d. Il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe (Sal. 

86, 2) 

4. SACRO TRIDUO PER LA FESTA DELL’IMMACOLATA 

CONCEZIONE DELL’ANNO 1750 

Introduzione 

4/a. I veri divoti di Maria SS.ma nella festa della sua Immacolata Concezione 

debbono piucchè mai onorarla 

4/b. Chiunque brama soccorso dalla SS.ma Vergine ne’ suoi bisogni spirituali 

e temporali sia divoto dell’Immacolata Concezione 

4/c. I miracoli fatti dalla SS.ma Vergine per glorificar la sua Immacolata Concezione 

ci debbono essere di grande stimolo ad onorar il suddetto mistero 

5. SACRO TRIDUO ED ORAZIONE PER LA FESTA 


Introduzione 

5/a. L’onorar l’Immacolata Concezione di nostra Signora è una cosa a Lei e 

al suo divin Figlio molto gradita 

5/b. Per aver lo scampo da’ pericoli è di giovamento grande la divozione 

all’Immacolata Concezione 

5/c. La divina maternità, a cui la Vergine fu ab eterno preeletta, fu la sorgente ed 

origine della sua preservazione e santificazione singolarissima 

6. SERMONE PER LA FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE 

DELL’ANNO 1754 

Introduzione 

La Vergine col ricordarci in questo dì i suoi gran pregi dell’Immacolata Concezione 

vuol’essere imitata dove possiamo; ammirata e glorificata dove non possiamo 

imitarla 

Pag. 41 

Pag. 43 

Pag. 46 

Pag. 49 

Pag. 52 

Pag. 57 

Pag. 59 

Pag. 64 

Pag. 68 

Pag. 71 

Pag. 74 

Pag. 77 

Pag. 80 

Pag. 88 

Pag. 89

7. DISCORSO PER LA FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE 


Introduzione 

La divozione verso l’Immacolata Concezione impegna fortemente la Vergine 

ad amarci, a proteggerci, a salvarci 



Introduzione 

8/a. La singolar bellezza ch’ebbe Maria nella sua Immacolata Concezione ci 

obbliga ad amarla grandemente dopo Dio 

8/b. La singolar premura che ha Maria SS.ma, che noi siam divoti della sua 

Immacolata Concezione, ci obbliga ad esser tali 

8/c. La SS.ma Vergine avendo talvolta per via di odore miracoloso manifestata 

l’illibatezza della sua concezione, ci ha voluto con questo eccitare 

ad amarla ed ossequiarla con la santità dei costumi 

9. SACRO TRIDUO ED ORAZIONE PANEGIRICA PER LA FESTA 


Introduzione 

9/a. Il dilucidare il mistero dell’Immacolata Concezione è lo stesso che impegnare 

la Vergine a favore della nostra eterna salvezza 

9/b. L’ossequiar di continuo l’Immacolata Concezione di Maria è lo stesso 

che impegnarla a preservarci e a liberarci dalle gravi cadute 

9/c. La Vergine comunicando ai veri divoti della sua Immacolata Concezione lo 

spirito di dolcezza e di pace fa che la loro morte riesca dolcissima 

9/d. Il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria è apportatore di ogni bene 

10. ORAZIONE PER LA FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE 


Introduzione 

L’elezione ab eterno che fu fatta della SS.ma Vergine alla maternità divina fu 

la sorgente di tutti i suoi privilegi e particolarmente della sua Immacolata Concezione 

11. SACRO TRIDUO E DISCORSO PER LA FESTA 


Introduzione 

Pag. 91 

Pag. 93 

Pag. 99 

Pag. 102 

Pag. 105 

Pag. 107 

Pag. 109 

Pag. 111 

Pag. 114 

Pag. 116 

Pag. 118 

Pag. 125 

Pag. 127 

Pag. 131 

IX

X 

11/a. La divozione all’Immacolata Concezione è segno di predestinazione. 

I divoti dell’Immacolata Concezione sono gli eletti a formar 

in cielo la corte alla gran Madre di Dio. La Vergine si mostra 

speziale rifugio per li divoti dell’Immacolata Concezione 

11/b. Glorifica Iddio chi onora l’Immacolata Concezione di Maria 

12. SACRO TRIDUO E DISCORSO PER LA FESTA 


Introduzione 

12/a. Convenne al divin Padre preservar la Vergine, come sua figlia, dal peccato 

originale 

12/b. Conveniva che l’eterno divin Padre preservasse Maria come mediatrice fra Dio 

e l’uomo 

12/c. Conveniva che il divin Padre preservasse Maria come trionfatrice del demonio 

12/d. Le leggi umane in armi di difesa per la purità della concezione di Maria (Mt. 

1, 16) 

13. SACRO TRIDUO E SERMONE PER LA FESTA 


Introduzione 

13/a. La divozione all’Immacolata Concezione di Maria serve di fondamento 

alla speranza del perdono in vita 

13/b. La divozione all’Immacolata Concezione di Maria serve di fondamento 

alla speranza di fare una santa morte 

13/c. La divozione all’Immacolata Concezione di Maria serve di fondamento 

alla speranza di ottenere dopo la morte la gloria 

13/d. L’infetta natura di Adamo non poteva in conto veruno aver dominio in 

Maria 



Introduzione 

14/a. Il trionfo di Maria nella sua Immacolata Concezione fu un trionfo meraviglioso 

14/b. Che la Vergine non fosse figlia di Adamo quanto alla colpa originale 

ce ne rende testimonianza Adamo stesso 

14/c. Per degnamente complimentare Maria SS.ma nella sua Immacolata Concezione 

l’Arcangelo San Gabriele se ne fa nostro maestro 

Pag. 136 

Pag. 137 

Pag. 143 

Pag. 145 

Pag. 149 

Pag. 153 

Pag. 158 

Pag. 169 

Pag. 171 

Pag. 178 

Pag. 185 

Pag. 190 

Pag. 201 

Pag. 203 

Pag. 208 

Pag. 213

15. DISCORSO PER IL SECONDO GIORNO DEL TRIDUO PER LA 

FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELL’ANNO 1767 

Introduzione 

Le glorie della vittoria riportata da Maria SS.ma nella sua Immacolata Concezione 

16. SERMONE PER LA FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE 


Introduzione 

16/a. Le grandi premure ch’ebbe Dio di arricchire di singolari privilegi la sua 

Madre nella di Lei concezione affin una concezione si fosse corrispondente 

all’infinita dignità a cui era stata preeletta di Madre di Dio (Lc. 1, 49) 

16/b. Dialogo: Filmata, Ginauzia, Produlario 

17. OMELIA PER LA FESTA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE 


Introduzione 

Io proteggo quelli che mi amano … per favorire quanti mi amano (Prov. 8, 

17-21) 

Elenco cronologico degli scritti mariologici dell’Autore 

Indice dei nomi di persona e di luogo 

Repertorio di persone menzionate nell’opera 

Bibliografia del repertorio 

Pag. 219 

Pag. 222 

Pag. 231 

Pag. 234 

Pag. 235 

Pag. 249 

Pag. 252 

Pag. 259 

Pag. 273 

Pag. 279 

Pag. 295 

XI

Il Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci, Anonimo, 1746, 

Olio su tela (cm. 60X83), Museo-Biblioteca “Francesco Antonio Marcucci”. 

AP (foto D. Oddi). 

1

E’ il primo dipinto che raffigura il Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci e 

lo ritrae all’età di 29 anni. E’ collocato nella casa madre di Ascoli Piceno, via S. 

Giacomo, 3, nello studio della Superiora Generale. 

Nella parte inferiore del quadro si legge: 

“DON FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI DEVOTO DELL’IMMA- 

COLATA CONCEZIONE, MISSIONARIO APOSTOLICO E PRIMO SERVO 

DELLE PIE OPERAIE DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE, DI ANNI XXIX”. 

Francesco Antonio indossa l’abito del Missionario. Nella mano sinistra regge il 

bastone che era solito portare nelle predicazioni missionarie; l’indice della mano 

destra indica l’Immacolata Concezione; dal petto pende un grande crocifisso appeso 

al collo e, a destra di esso dalla parte del cuore, si intravede un ovale azzurro con 

l’immagine dell’Immacolata Concezione. Dalla cintura scende la corona del rosario. 

Nella libreria, raffigurata a destra del quadro sono visibili tre libri sui cui dorsi 

si leggono chiaramente i titoli dei volumi: Bibbia Sagra, Sagre Controversie e I 

dodici privilegi. I tre volumi stanno a significare il precoce impegno catechetico e 

missionario del giovane sacerdote, la sua fedeltà alla dottrina della chiesa e il suo 

amore devoto al mistero dell’Immacolato Concepimento di Maria. 

I dodici privilegi stanno per I dodici privilegi di Maria, è il suo primo libro a 

stampa, pubblicato il 28 agosto 1745, a soli 28 anni. 

Appoggiato sul tavolo, sotto la libreria, aperto sul frontespizio, c’è un libro 

recante la dicitura: “Costituzioni delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione”. Il 

testo rappresenta le prime Istruzioni per le suore della congregazione da lui fondata 

ad Ascoli Piceno, l’8 dicembre 1744. 

2

1 

Spiegazione della sacra lode per la festa dell’Immacolata 

Concezione dell’anno 1739 

3

4 

1/a 

Spiegazione della sacra lode per la festa dell’Immacolata Concezione 

dell’anno 1739 

E’ la prima composizione di predicazione ad argomento mariano pervenutaci 

dall’Autore 1 . Si tratta del commento ad una Lode mariana da lui composta 

lo stesso anno 1739, per onorare il Mistero dell’Immacolata Concezione di 

Maria e proposta come canto ai fedeli della sua parrocchia di Santa Maria 

Intervineas ad Ascoli Piceno. La sacra Lode fu ispirata all’Autore dalla sua 

“cara Signora”; la stessa che ora, in occasione della sua festa dell’8 dicembre, 

gli suggerisce di commentarla ai fedeli i quali ne trarranno frutto nella misura 

che la comprenderanno e la memorizzeranno. 

L’ispirazione mariana della sacra Lode e della spiegazione giustifica la 

sorpresa che suscita la lettura dei due componimenti per la completezza, profondità 

e soavità con cui viene trattato il Mistero mariano, impostazione che 

verrà in parte ripresa dall’Autore nell’Orazione per l’Immacolata Concezione, 

una delle sue opere mariologiche più belle e complete, stampata nel 1760. 

La spiegazione sarà stata certamente gradita ai fedeli perché intervallata 

dal canto di ogni strofa, e, ancor più, sarà stata molto toccante perché pronunciata 

da un giovane ancora suddiacono 2 , che già aveva fatto voto di credere e 

difendere l’Immacolata Concezione di Maria e di dare per essa anche la vita, se 

ciò fosse stato necessario. Scopo di questa predicazione è rinnovare la devozione 

verso il Mistero dell’Immacolata Concezione, ringraziare Dio per i benefici 

che ne derivano ed impetrare ogni altra grazia da Maria SS. ma 3 . 

1 Nel 1737 egli aveva scritto Agli amanti di Maria, che però non era un testo di predicazione, serviva 

piuttosto per aiutare i devoti di Maria ad onorarla, attraverso la pratica di sette virtù: pazienza, obbedienza, 

castità, umiltà, carità, modestia e povertà che ricordano le sette allegrezze e i sette dolori della 

Madre di Dio. (Cf. Archivio Suore Concezioniste di Ascoli Piceno, d’ora in poi ASC, 2, autografo 

d’ora in poi autogr. cm 10x14, ff. 114). 

2 Francesco Antonio Marcucci era stato ordinato suddiacono il 19 settembre del 1739. 

3 Non è fuori luogo dichiarare che nell’intero corso della sua vita, ogni scadenza significativa, ogni avvenimento, 

ogni opera furono scanditi da un suo omaggio di lode a Maria, riferito in particolar modo 

al mistero dell’Immacolata sua Concezione. Il padre, l’avvocato Leopoldo Marcucci, instillò per primo 

nel cuore del figlio l’amore all’Immacolata. Poi il giovane approfondì con gli studi la conoscenza 

di Maria e coltivò la crescita del suo amore attraverso l’amicizia con don Ignazio Matteucci, con i padri 

francescani conventuali di Ascoli, in particolare con fr. Lorenzo Ganganelli, futuro papa Clemente 

XIV e soprattutto con l’imitazione delle virtù di Maria che propose con vari scritti ai fedeli e alle 

sue religiose. (Cf. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, prot. n. 1083, Positio super fama sanctitatis et 

virtutibus, Francisci Antonii Marcucci, Romae 2003, vol. 1, p. 211, vol. 2, p. 1094).

Il pubblico era ben motivato a ciò essendo la città di Ascoli legata già da 

lunga data con voto all’Immacolata per averne già sperimentata la sua potente 

protezione 4 . 

Il componimento, dal punto di vista del contenuto, si può dividere in tre 

parti: nella prima, strofe I-VII, l’Autore spiega il senso teologico del dogma 

mariano, aiutandosi con la Sacra Scrittura, l’insegnamento dei Santi Padri, dei 

Dottori della Chiesa e dei più famosi teologi e mariologi del tempo; nella seconda, 

VIII strofa, presenta le varie posizioni dei papi e dei concili circa il 

Mistero dell'Immacolata, evidenziando la vasta cultura che egli già aveva 

acquisito; nella terza, strofe IX-XIII, l’Autore invita i fedeli ad una grande 

devozione verso il Mistero dell’Immacolata Concezione che i tanti miracoli già 

accaduti provano quanto sia gradita a Maria SS.ma. Vengono presentati tre tipi 

di devozione verso di lei: imitare le sue virtù; lodare la sua bellezza e i suoi 

pregi come si lodano le qualità di un amico; amarla e venerarla con gioia e 

spontaneità, con una devozione sincera e fervorosa. 

Il brano è stato trascritto dall’autografo ASC 51, pp. 211-230. 

Spiegazione di quella sagra lode sopra l’Immacolata 

Concezione della SS.ma Vergine, che principia: Lodiamo Fedeli / 

Quell’alma Signora, / Che il Cielo innamora, / 

Che il Drago atterrò. Ecc 5 

Le Glorie dell’Immacolata Concezione di Maria V. SS.ma 

dimostrate nella spiegazione di quella Sagra Lode: 

Lodiamo Fedeli, ecc. fatta in S. Maria Intervineas. 

In occorrenza della stessa gloriosissima Festa dell’Anno 1739. 

Discorso Familiare. 

In Nome del Padre, ecc. 

4 Lo stesso Autore, nell’ Appendice del Saggio delle Cose Ascolane e de’ Vescovi di Ascoli nel Piceno Teramo 

1766, p. CCCXLVIII, n. 26, scrive: “Sisto IV avendo istituita nel 1476 per tutta la cattolica Chiesa la 

festa con messa ed ufficio dell’Immacolata Concezione di Nostra Signora, non volle Ascoli cedere a 

verun’altra Città cristiana, né risparmiare a spese per solennemente celebrarla, giacché fin dal 1454 con 

ossequio particolare la venerava”; Cf. Ivi, anche Appendice, p. CCCXXXIV, n. 4; Cf. MARCUCCI, F.A., 

Orazione per l’Immacolata Concezione di Maria sempre Vergine, Ascoli Piceno 1760, p. 30 e ristampa anastatica 

con introduzioni di Stefano De Fiores e Andrea Anselmi, Ed. Monfortane, Roma 1998, p. 30. 

5 Dopo questo titolo, l’Autore scrive e poi cancella la seguente annotazione: “Chi leggendo questa 

spiegazione si sentisse ispirato a maggior gloria di Dio, e dell’Immacolata Concezione, di darla alle 

stampe, acciò le Persone, intendendo quello che cantano, maggiormente si affezionassero, e propagassero 

questo Sagrosanto Mistero, faccia la carità di avvisare il miserabile Autore, acciò la possa prima 

correggere”. 

5

Eccomi in quest’oggi su questo Palco, Uditori miei cari, per ubbidire ai comandi 

di chiesa Santa, che in questo gloriosissimo Giorno più che mai ricordevole 

dei grandissimi Benefici ricevuti dall’Immacolata Concezion della 

Vergine, per adempir il suo voto a Lei fatto in occorrenza di esser stata liberata 

dal fiero contagio della Peste: Conceptionis eius votiva Solemnitas 6 (in 

orat. in festo) non solo Ella tutta gioliva con Rito doppio ne solennizza la 

Festa, ma di più impone anche a noi sotto rigoroso Precetto di venerarla 

con ossequi li più umili, li più divoti, li più fervorosi: Gloriosae Virginis Mariae 

Conceptionem dignissimam recolamus 7 (Antiph. ad Magnificat in festo). 

Non vi crediate però, che per far questo, lasciando il mio semplice stile, 

voglia mettermi con sodissime ragioni, e con indissolubili Argomenti a 

provar con evidenza la verità di un Mistero sì sacrosanto. Eh, che saria 

troppa audacia rivocar di nuovo in dubbio una verità confessata da tutto 

il Mondo Cattolico, e riagitare un’altra volta una Causa già vinta: a cui 

crederla, v’illuminarono a bastanza le Scienze, vi convinsero le Ragioni, vi 

persuasero le Scritture, i Pontefici ed i Concili, vi sforzarono i Santi Padri, 

v’illustrarono le Rivelazioni, vi animarono i miracoli; in somma vi concorse 

il Cielo, la Terra tutta, e per fino lo stesso Inferno, facendola confessare 

dai suoi Primogeniti Figli, volea dire, gli Eretici. Guardimi dunque 

il cielo, che io non vi creda tutti persuasi, ed affezionati talmente 

all’Immacolata Concezion della Vergine, che per difenderla, crederla, ed adorarla, 

non siate pronti assiem con me dar mille volte tutto il Sangue, 

quando ancor bisognasse. Ecco adunque lo scopo, che avrò per mira in 

questo familiare discorso, ripigliando quel semplice stile a me connaturalissimo, 

cercare di rinovarvi lo Spirito di Divozione verso questo Mistero 

sì sacrosanto, e di muovervi a dovuti Ringraziamenti a causa di quei infiniti 

Benefici, che da lui ci derivarono, per poter coll’uno, e coll’altro impetrare 

ogni Grazia da Maria SS.ma. Essendo queste, le tre benefiche cagioni, 

per cui Agostino il grande riconosce ordinate le feste (Ser. 47) Viva 

Maria SS.ma! Ma come meglio potrò far questo, se non con spiegarvi 

quella Sagra Lode sopra la sua Immacolata Concezione: Lodiamo Fedeli, che 

tutto Giorno in suo onore cantiamo! Ecco il perché! Il non cavarsi Profitto 

dalla Parola di Dio spesse volte avviene, o perché non si capisce, o perché 

non si ritiene a memoria. Spiegandovi dunque la Sagra Lode son certo, 

che in voi questo non può darsi, perché sapendola tutti, capirete bene 

la sua Spiegazione, meglio la riterrete a mente. Vi assicuro, con mia gran 

confusione, che altra Idea avea in mente per questo discorso, se non fos- 

6 Festa dedicata alla Sua Concezione. 

7 Veneriamo l’eccelsa Concezione della Gloriosa Vergine Maria. 

6

se stata quella cara Signora, che me l’avesse distolta, poiché siccom’Ella 

per sua Bontà ispirommi a comporla in onore della sua Immacolata Concezione, 

così mi ha particolarmente ispirato a spiegarvela in quest’oggi. Viva 

dunque in eterno Maria SS.ma! Prima però di dar principio alla spiegazione, 

diamo Gloria alla nostra Signora con cantarla con ogni più fervoroso 

Affetto. Su, su dunque! Viva Maria SS.ma! Lodiamo Fedeli, ecc. (si canta 

tutta la sagra Lode) 

I. Attenti tutti! Lodiamo Fedeli | quell’alma Signora, | che il Cielo innamora, | che il 

Drago atterrò. 

Nel dir Lodiamo Fedeli, si intende un Invito generale, che fa ogn’Anima 

fervorosa a tutti i Fedeli, cioè a tutti i Cristiani, a tutto il mondo cattolico 

a Lodare quell’alma Signora, cioè Maria V. SS.ma; alma cioè grande in Cielo, 

grande in Terra, grande nell’Inferno, per la gran Podestà che ha 

nell’Empireo, nel mondo, e negli Abissi, essendo Regina e Imperadrice di 

tutto il creato; la quale, per la sua gran Dignità, Santità, e Bellezza particolarmente 

il Cielo innamora, poiché la gode perfettamente, l’ama, e la loda, e 

la tiene in continuo Gaudio, e Dolcezza; e per la stessa sua Dignità e Santità 

il Drago atterrò, levandogli l’impero formidabile, che avea sopra il Genere 

umano. 

Chi non vede, che invitando quest’Anima fervorosa tutti i Fedeli a lodare 

quell’alma Signora, che il Drago atterrò, intende invitarli specialmente a lodar 

Maria SS.ma in quel suo singolar Privilegio, concessoli da Dio di aver atterrato 

il Drago in quell’Istante, che questo drago infernale atterra noi tutti, 

cioè nella nostra Concezione; poiché noi nella nostra Concezione siamo 

fatti schiavi dal diavolo, e perciò siamo da Lui atterrati per il peccato originale 

con cui siamo concetti, il che ci vien tolto dal Santo Battesimo; ma la 

Vergine però, non fu atterrata dal drago, ma Essa atterrollo, poiché fu concetta 

senza peccato originale. Onde quest’Invito a lodar Maria SS.ma, che il 

Drago atterrò, e lo stesso, che a lodarla nella sua Immacolata Concezione, dicendosi 

Immacolata, cioè senz’alcun’ombra di macchia; poiché l’Anima della 

Vergine in quell’Istante, che fu da Dio infusa nel corpo (che allora dicesi 

concezione passiva) non contrasse il peccato originale, non fu macchiata, ma 

tutta bella, tutta immacolata. Ed ecco, come si chiama Immacolata Concezione, 

alla quale siamo invitati a dar Lodi fervorosissime. 

II. Eletta ab eterno | da Dio fu per Madre, | con cuore da Padre | la scelse, ed amò. 

Maria SS.ma fu eletta ab eterno da Dio per Madre, e però come eletta per Madre, 

non era conveniente, che anch’Ella fosse annumerata tra tutti gl’altri 

infettati figli di Adamo, no, che non era conveniente; e però Iddio con cuore 

7

8 

da Padre cioè con Amore da caro Padre, se la scelse per sé ed amò, non 

mischiandola con noi discendenti, ma serbandosela, e preservandola per 

sé. E questa verità lasciando di comprovarla coll’Autorità dei Santi Padri 

(S. Pier Damian. ser. De Nativ. Virg.), così ve la spiego: è certo, che Iddio 

nel Temporale Governo delle cose non amministra alcuna cosa con nuova 

volontà, come insegnano con Sant’Agostino tutti i Teologi. Or bene! 

Se dunque l’Anima della Vergine nel primo Istante dell’Infusione fu immune 

dalla macchia originale, già Iddio ab eterno con suo efficace, e assoluto 

decreto avea stabilito di preservarla. Come si intenda tal Preservazione, 

per esser troppo alta, non accade dirla; basta il sapere, che Maria fu 

eletta ab eterno da Dio per Madre, e però come eletta, se la prescelse e l’amò. 

III. Del Fallo di Adamo | non mai ne fu infetta | quando fu concetta, esente ne andò. | 

Vuol dire, che la gran Regina del Cielo, del fallo, cioè del peccato di Adamo, 

mai ne fu infetta, mai ne fu macchiata; onde quando fu concetta, esente ne 

andò, cioè ne andò senza, a distinzione di tutto il resto del Genere umano. 

Per farvi meglio capir questo, ve lo spiego con un’altra Verità. È certo dalle 

Sagre Scritture, particolarmente dalla Sagra Genesi al decimo settimo, e da 

Osea Profeta al sesto; e da’ tutti li Santi Padri, particolarmente da 

Sant’Agostino (Lib. 16. De Civ. c. 17, et Lib. 2. De Nuptiis, c. 11), e San 

Giovan Crisostomo (to. s. Lom. s. ad Neophitos), è certo, dico, che tra Dio 

ed Adamo vi fu un Patto virtuale, o sia Decreto, con il quale Iddio costituì, 

collegò tutte le nostre volontà in quella di Adamo; talché se Adamo obediva, 

ancor noi avessimo obedito; se Adamo trasgrediva, anche noi avremmo 

fatto lo stesso. Adamo non obedì a Dio, prevaricò, ed ecco che ancor 

noi prevaricassimo con lui, avendo le nostre volontà collegate colla sua, in 

somma, essendo noi inclusi nel Patto. (Bonae Spei De Imm. Conc. Dub. 

4). Or posto ciò, sappiasi communemente con i Teologi, che Iddio non incluse 

la Vergine nel Patto con Adamo, perché se la Vergine SS.ma era eletta 

Madre di Dio, dunque era superiore alla Legge: Se era superiore alla Legge, dice 

San Metodio, dunque non fu compresa nella Legge commune de’ Figli di Adamo (S. 

Lor. Giustin. Ser. De Annunciat.; Orat. De S. Sim. et Anna). E così benché 

Adamo peccò, e noi tutti peccassimo con Lui, Maria SS.ma come fuori da 

questo patto, non peccò, e neppur contrasse il debito del peccato originale. 

Ed ecco, come della macchia comune quando fu concetta esente ne andò. 

IV. Di più in quell’Istante | fu tanto arricchita | di Grazia, e di Vita, | che il Ciel superò. 

Di più, cioè oltre l’esser stata Concetta la Vergine senz’ombra di peccato 

originale, e senza debito di contrarlo, in quell’Istante fu tanto arricchita di

Grazia e di Vita, cioè a dire, gli fu concesso da Dio l’Uso perfettissimo di 

Ragione. Più! Tutti i Doni dello Spirito Santo, come attesta San Bernardino 

da Siena, e come pruova dottamente l’Esimio Suarez, il Novati, il 

Frances, ed altri (Suar. to. 2 in 3. p. disp. 4, sect. 2.). Più! Gli furono infuse 

tutte le Virtù Morali, come saggiamente prova il dottissimo Vasquez, 

con Altri: (Vasq. to. 2. in 3. p., disp. 19, c. 2.). Più! In somma, ebbe 

più Santità, più Grazia Maria SS.ma nel primo Istante di sua Immacolata 

Concezione, di quanta mai ne avesse, e ne possedesse sull’ultimo 

de suoi Acquisti, non solo tutte l’Anime Sante quaggiù in Terra, ma tutti 

gli Angioli, e Serafini insieme del Cielo. Così difese il Suarez e così scrisse, 

e con Lui infiniti altri Autori, e fu mandato a ringraziar dalla Vergine 

di questa nuova Verità da lui il primo palesata. Onde con gran fondamento 

scrive il dottissimo A Lapide, che Maria SS.ma nel primo solo Atto 

di Amor verso Dio, che fece nel primo Istante di sua Immacolata Concezione superò 

nel merito di gran lunga tutti gli Atti di Amore fatti sin dai più eccelsi Serafini 

dell’Empireo nel Termine del corso loro (In 3 p. to. 2. disp. 4. sect. 2.; Segner., 

Dev. di Mar.; Corn. a Lap. in Proverb. 31, 22). E però con ragione si dice, 

che in quell’Istante fu tanto arricchita di Grazia, e di vita, che il Ciel superò, 

cioè superò tutti gl’Angioli, e Serafini del Cielo, prendendo il continente 

per il contenuto. 

V. Il Cielo, e la Terra | sì vaga Bambina, | come gran Regina umil adorò. 

Qui per Nome del Cielo s’intendono gli Angioli, i quali umilmente, facendo 

a gara tra loro, adorarono e fecero grandissima festa a sì vaga 

Bambina, dissi vaga, perché era molto bella al cospetto degl’Angioli in 

guisa tale, che anche allora era loro Regina, e per meriti, e per Grazia, e 

per Santità, e per Dignità; onde tutti umiliati l’adorarono come gran Regina, 

grande nel Cielo, perché Regina del Cielo; grande nel mondo, perché 

Signora di Lui; grande nell’Inferno, perché di Lui Padrona. Queste umili 

Adorazioni degl’Angioli, e Feste, oltre l’esser state rivelate alla 

Ven[erabile] Suor Maria di Agrida nella sua Mistica Città di Dio, al principio 

del Libro primo, anche San Vincenzo Ferrerio saggiamente le 

scrisse dicendo: Subito, che l’Anima della Beata Vergine fu creata, subito fu fatta 

Santa, e subito gli Angioli in Cielo con grandissime Pompe celebrarono le Feste della 

di lei Concezione (Ser. 2. De Nativ. Virgin.). 

Per Nome poi della Terra s’intendono i Patriarchi, che sospirandola, ed i 

Profeti, che presagendola, l’adorarono in Spirito come gran Regina. E benché 

il mondo, quando la Vergine fu concetta senza macchia, non si potesse 

avvedere di questo gran Privilegio, pur nondimeno il vedersi quella 

Pace, quel mantenimento de Popoli, quali Iddio sopportò molto tempo 

9

10 

per Amor di questa sua cara Sposa, come notò San Bernardino da Siena, 

davano ben’a divedere, qualche gran Tesoro, o per dir meglio, qualche 

gran colonna esser posta nel mondo, che sosteneva tutto il mondo. 

S’intende di più per la Terra, i Santi Padri del Limbo (Suor Agrida Mist. 

Cit.), che avvisati dagl’Angioli già esser stata Concetta la loro Liberadrice, 

chi può ridire le umilissime Adorazioni che fecero a sì vaga Bambina, 

come a loro Imperadrice e Signora? Ecco dunque, come il Cielo e la 

Terra sì vaga Bambina, come gran Regina umil adorò. 

VI. Di più in quel Momento | lo Spirto di Averno, | e tutto l’Inferno | sconfitto restò. 

Di più, cioè, oltre Maria SS.ma l’esser stata Concetta senza peccato originale, 

e senza debito di contrarlo, oltre l’aver ottenuto l’Uso perfettissimo 

di Ragione, i Doni dello Spirito Santo, tutte le Virtù Morali, una 

Grazia superiore a quella di tutti gl’Angioli, e Santi insieme, oltre a tutto 

questo, in quel Momento beato in cui fu concetta, lo Spirto di Averno, cioè il 

demonio, e tutto l’inferno sconfitto restò, perché gli stritolò il capo, e 

l’incatenò debellandolo, superandolo, e levandogli quel formidabile 

Impero, che avea sopra il Genere umano, verificandosi l’infallibile Oracolo 

di Dio, registrato nel terzo della Sagra Genesi, quando disse al Serpente, 

che avea ingannato Eva: Verrà una Donna che tu non 

l’ingannerai, non ci porrai mano, ma Essa stritolerà il tuo capo. Ipsa conteret 

caput tuum. Qual fosse questa, è certo, che fu Maria SS.ma. Così lo spiegano 

San Girolamo, San Cipriano, San Ruperto, San Bernardo, il Lirano 

ed altri innumerabili, anzi tutti gli sagri espositori. 

VII. Questa gran Vittoria | nelle Sagre Carte, | già per ogni parte | ben si palesò. 

Questa gran Vittoria, ch’ebbe nella sua Immacolata Concezione la Vergine 

con atterrare, e sconfiggere lo Spirito di Averno, andando esente dalla 

colpa originale, nelle Sagre Carte, cioè nella Sagra Scrittura, già per ogni parte, 

quasi in ogni Profezia, ed in più Luoghi di ciascuna Profezia ben si palesò, 

coll’esser da Profeti profetizzata e veduta in spirito. Di fatti, così si 

vede nella Sagra Genesi al terzo capo citato, così nei Proverbi all’ottavo, 

così nell’Ecclesiastico al vigesimo quarto, così in Ester al decimo quinto, 

così ne’ Sagri Cantici al quarto; così in San Luca al primo, raccontando 

che l’Angelo messaggero disse alla Vergine Ave, che oltre il significar 

Dio ti salvi, vuol dir ancor absque vae, cioè senza macchia, al contrario 

di Eva, cioè cum vae, colla macchia. Così l’intende il B. Alberto Magno 

(ibi). E così in cento, e mille altri Luoghi della Sagra Scrittura, come 

può vedersi in Cornelio a Lapide, nel Salazzarro (de Imm. Conc.), nel

Bonae Spei (de Imm. Conc.), nel Novati (de Eminent. Virg.), nel Frances 

(de Imm. Conc.), e in mille altri Autori. Ecco, come nelle Sagre Carte, 

già per ogni parte ben si palesò questa gran Vittoria. Grande sì in vero, perché 

unica, perché singolare solamente della gran Vergine nostra Signora. 

VIII. Triregni, e Congressi | con modo giocondo, | e poi tutto il mondo | pur la confessò. 

Triregni, cioè a dire i Pontefici, quali hanno il Diadema chiamato Triregno, 

ed i Congressi cioè a dire i Concili Ecumenici, i Concili Generali, con 

modo giocondo, allegro, cordiale, e divoto confessarono, e favorirono questa 

Vittoria, questo singolarissimo Privilegio di Maria SS.ma di esser stata 

Immacolata nella sua Concezione. Di fatti, Sisto IV sommo Pontefice 

fece tre Bolle a favore di questo Mistero sì sagrosanto; una delle quali 

fu confermata da Alessandro VI e da San Pio V, e dal Concilio di Trento. 

Cosippure Paolo V fece otto Bolle in favore, e nella sesta proibì, che 

nessuna Persona ardisse dire pubblicamente, che la Vergine fu concetta 

col peccato originale; e Gregorio XV si estese a proibirlo anche in privato; 

ed Alessandro VII confermò ambedue le Proibizioni. Clemente 

XI poi stabilì di Precetto la Festa l’Anno 1708. E prima di questi Pontefici 

poi favorirono assai questa gloriosa Sentenza, e con Decreti, e con 

Indulgenze, e con confermazioni delle Religioni, e confraternite erette 

ad onore dell’Immacolata Concezione, Celestino II, Innocenzo VII, Gregorio 

XII, Alessandro V, Innocenzo VIII, Giulio II, Paolo IV, Pio IV, 

Gregorio XIII, Leone X, Clemente VII, Adriano VI, Paolo III, Giulio 

III, Sisto V, Clemente VIII, e Urbano VIII, ed altri, talché passano il 

numero di ventitre Pontefici, che con modo giocondo onorarono 

l’Immacolata Concezion della Vergine (Bullar. Rom. to. 3, Constit. 97. et 

105; et Constit. 15. Gregor. XV; et to. 6. Constit. 114, et to. 7; et vide 

Bonae Spei, Salazar., Vasquez de Immac. Concept., et Moresin: De 

Ecclesiar. Orig.). 

Ah viva Maria SS.ma! Vi furono ancor a favor di questo suo Privilegio il 

Concilio Efesino, il Concilio di Costantinopoli, il Niceno, il Basileense, 

e quello di Trento (apud Bonae Spei loc. cit., et suis locis). Ed ecco, Uditori 

miei, come Triregni e Congressi con modo giocondo onorò l’illibato 

concepimento di Maria SS.ma. E poi doppo tanti onori de’ Pontefici, e 

de’ Concili, ancor tutto il mondo pur la confessò. 

Ah Uditori miei cari, promettetemi d’incommodarvi per un Anno intiero 

mattina, e Giorno di ascoltarmi, che vi do parola di raccontarvi qualche 

Parte di quest’Acclamazione universale di tutto il mondo. Chi può 

ridire ciò, che fecero le Città, ed Università di Parigi, di Bologna, di Genova, 

di Milano, di Napoli, di Roma, di Vienna, di Palermo, di Terraci- 

11

12 

na, di Magonza, di Colonia, di Valenza, di Siviglia, di Barcellona, e di 

tutta quanta la Spagna, che si obligarono chi con Voti, chi con Promesse, 

chi con Suppliche di difendere, ed adorare questo gran Mistero? 

Anche l’Inghilterra, allor che era cattolica si era specialmente affezionata 

ad un tal Privilegio, anzi ella fu la prima, che pubblicamente onorollo 

e generalmente confessollo; benché anche ai Tempi di Sant’Andrea 

Appostolo, al riferir del Bellarmino, fosse cominciato a venerarsi nelle 

chiese della Siria, dell’Egitto, d’Armenia, e di Gerosolima, come a pieno 

rapporta il dottissimo Rausino. Ah Dio mio! Chi può raccontarvi i Voti 

e le Suppliche di Ferdinando III Imperadore; di Ferdinando V, Filippo 

III, e Filippo IV Regi cattolici; e di Carlo V, e Leopoldo I anch’essi Imperadori; 

e di tanti altri Monarchi e Signori? Che non fecero tante Religioni? 

Che non predicarono tant’insigni oratori? Che non scrissero tanti 

Dottori, Padri e Scrittori di Chiesa Santa, che se il P[adre] Maestro de 

Alva a’ suoi tempi ne contò più di sei mila, io a’ nostri, senz’alcuna bugia, 

posso dire, esserne passati sin dodici mila a favor dell’Immacolata 

Concezion della Vergine. E per finirla, ecco come tutto il mondo pur la confessò. 

Lasciando qui di dire ciò che ne dissero quell’Anime Fortunate, a cui la 

Vergine rivelò la Verità di questo Mistero, cioè a dire S[anta] Brigida, 

S[an] Norberto, S[anta] Elisabetta Regina, il Beato Pietro Cisterciense, 

S[anta] Metilde, la Beata Oringa Agostiniana, la Beata Beatrice de Silva 

Fondatrice delle Monache dell’Immacolata Concezione, la Ven[erabile] 

Maria di Agrida, il P[adre] Bernardo Colnago d[ella] C[ompagnia] di Gesù, 

ed altri senza numero (Auriem. to. 1. in Affect., Morosin, De Orig. 

Eccles., Gonon Chron. 6). 

IX. Per questo Mistero, | o quanti Mortali | da peste e da Mali | Maria liberò. 

Per questo Mistero, Attenti di Grazia. Ecco lo sprone per esser acquistar la 

divozione affettuosissima verso l’Immacolata Concezione! Per questo Mistero 

dunque, cioè a causa di esser stato divoto di questo Privilegio della 

Vergine, a causa di aver ricorso ad essa in Nome della sua Immacolata 

Concezione, oh quanti Mortali, cioè a dire oh quanti uomini, oh quanti Fedeli, 

da peste e da Mali Maria liberò. Dicalo, per tacer di mill’altri Luoghi, 

Roma, Napoli, Genova, Milano, e Vienna, come furon liberate dal fiero 

contagio della peste, se non per far voto, e Promesse alla Vergine di difender 

la sua Immacolata Concezione: così ancor Basilea, così Coimbra, 

così Mogon… ma a che mi sto più a stancare, giacché sarebbe un non 

mai finire. Basti dire, che già era, ed è volgato detto: Beato quel Paese, 

in cui si onora l’Immacolata Concezion di Maria, poiché sarà esente 

dalla Peste. E per autentica di questo detto, la Vergine istessa spedì dal

cielo San Bartolomeo Appostolo alle Suore di Santa Chiara in Coimbra 

a portargli un’orazione alla sua Immacolata Concezione acciò mediante 

la divota Recita di quella, fossero, come di fatti furon libere dalla Peste. 

Qual’orazione per Grazia dell’Altissimo tengo appresso di me. Che dirò 

poi dei Mali di Anima, e di Corpo, dai quali innumerabili Persone furono 

liberate, mercè la divozione all’Immacolata Concezione di Maria? Io 

non ardisco parlarne, solo dico, che se mi promettessero di nuovo un 

altr’Anno di ascoltarmi giorno e notte, potrebbe essere, che ve ne raccontassi 

qualche buona Parte. Eh che bisogna pur dire Beato chi è divoto 

dell’Immacolata Concezion di Maria. Sentite, U[ditori] miei cari, siate 

divoti di questo Mistero, ma veri divoti, e poi datemi pur dell’infame, 

del temerario, degli schiaffi, se non otterrete dalla Vergine tutte le Grazie 

spirituali, ed anche temporali, che vi giovino per la vostra eterna salute. 

Così vi prometto, e m’impegno, e quando questo non si verifichi, uccidetemi, 

che mi contento. Non parlerei così franco, se non sapessi la 

Sentenza che diè il venerabile Bernardino Bustio, o per dir meglio, che 

diè Maria SS.ma per bocca di Lui, cioè a dire: se alcuno desidera qualche 

Grazia da Essa, gliela chieda con fiducia in onore, e Riverenza della 

sua Immacolata Concezione: Si quis Gratiam quampiam a Beata Virgine obtinere 

desiderat eam in Reverentiam Immaculatae suae Conceptionis efflagitet. 

X. Ognun dunque impari | aver Divozione | alla Concezione, | per quanto che può. 

Che Meraviglia adunque, se ora con tutto zelo si aggiunge ognun dunque 

impari aver divozione alla Concezione? Dunque, cioè a dire, se è così, che la 

Vergine tanto gradisca l’esser divoto a questo Mistero, che per questo 

più, che per qualsivogl’altro conceda con abbondanza le Grazie, ognuno 

impari, che quanto a dire, sì Giovani, che Vecchi, sì Ecclesiastici, che 

Regolari, che Secolari, sì Nobili, che Ignobili, sì Poveri, che Ricchi, sì 

Virtuosi, che Ignoranti: Ognuno impari ad esser pio di tutto il mondo cattolico, 

a vista di tante Grazie, all’udire tanti Prodigi, aver Divozione, cioè 

ad esserne Divoto, vero, pronto, e sincero, per quanto che può, che vale a 

dire, per quanto le sue Forze, la sua Capacità, e il suo Stato gli permette. 

Mi spiegherò meglio in questa Divozione. Attenti tutti! E per non sbagliare, 

ve la prenderò da Santa Chiesa nell’odierno Officio. Si pone da 

Chiesa Santa nell’Antifona al Magnificat quest’Invito a tutti i Fedeli: 

Gloriosae Virginis Mariae Conceptionem dignissimam recolamus 8 . 

Nell’Invitatorio poi dice: celebremus; e nel Secondo Responsorio del Secondo 

Notturno dice, cum jucunditate celebremus. Attenti, eccovi descritta 

8 Veneriamo (con tutto il cuore) l’eccelsa Concezione della Gloriosa Vergine Maria. 

13

14 

la divozione verso l’Immacolata Concezion di Maria V. SS.ma, in queste 

tre Parole, recolamus, celebremus, e cum jucunditate 9 , che quanto a dire la 

divozione verso questo gran Mistero deve esser di tre sorti, cioè vera, 

pronta, e sincera. 

Veniamo alla prima! Recolere in Latino, vale in italiano venerare con tutto il 

cuore; onde nell’invitarci Santa Chiesa con dirci recolamus è lo stesso che 

ci abbia detto veneriamo con tutto il cuore. E questa è la vera Divozione, che 

non consiste solo nella Venerazione esterna di orazioni, ma principalmente 

nell’interna d’imitazione. Onde per aver Divozione vera verso 

l’Immacolata Concezion di Maria, si deve far due cose, e venerarla col 

recitarle ogni Giorno qualche orazione, e venerarla con cercare di purgarsi 

da ogni peccato, da ogni difetto, per quanto si può. In quanto 

all’orazioni, è uso lodevole recitar dodici Ave Marie la mattina, e dodici 

la sera per salutarla ogn’ora del Giorno, e della Notte con pregar la Vergine, 

che siccom’ella fu preservata dalla Macchia originale, così preghi il 

suo Figliuolo, che in ogni ora del Giorno, e della Notte liberi anche noi 

dal peccato attuale. Così pratticava quel Grande Amante di Maria, Alfonso 

Rodriquez d[ella] C[compagnia] di Gesù, e fu più volte rimunerato 

colla Presenza della Vergine. Questa venerazione esterna aiuta molto 

per ottener l’interna, che è quella di purgarsi l’Anima da ogni peccato, e 

da ogni difetto, per quanto ci è possibile, ad Imitazione della Vergine, 

che fu tutta Immacolata, tutta pura, tutta bella nella sua Concezione. Questa 

ha da esser il nostro Specchio, ove conoscendo le nostre bruttezze 

dobbiamo spesso lavarci con Atti di Contrizione, e con frequente Confessione. 

Ahi, che altrimenti Maria SS.ma può rimproverarci con dirci: 

come? Tu mi credi tutta bella tutta immacolata nella mia Concezione; così mi ami; 

così mi adori, e poi, d’onde avviene, che tu al contrario sei un’Anima tutta laida, tutta 

brutta? Ah caro Figlio, cerca d’immitarmi se ti do piacere. Imitari ne pigeat, quod 

celebrare delectat 10 (S. Aug. Ser. 47, De sanctis). Ed ecco la prima specie della 

divozione, che deve aversi verso l’Immacolata Concezione, quale possono 

averla, come debbono tutti e chiamasi Divozione vera. 

Veniamo alla seconda sorte della Divozione! Questa Parola Latina celebrare, 

voltasi in volgare per dar lode, o lodare sicché nel dirci Chiesa Santa, 

celebremus vale, che noi oltre il venerarla, come di sopra si è detto, diamo 

Lode, lodiamo l’Immacolata Concezione. Il che dicesi Divozione pronta, 

quanto a dire, apparecchiata in ogni occasione di discorso sì privato, 

che pubblico, in ogni Congiontura o di scrivere, o di altro diamo sem- 

9 Veneriamola, lodiamola e con gioia. 

10 Non rincresca di imitare quello che allieta celebrare.

pre Lodi, esaltiamo, propaghiamo questo illibatissimo Mistero della 

Vergine Sagrosanta. Il cercare in ogni ragionamento di Lodare un Amico, 

è segno molto manifesto di una grande Amicizia. Or così 

l’encomiare, l’infiammare ognuno nell’ossequio dell’illibato Concepimento 

di Maria SS.ma, è segno molto certo di una gran divozione. 

Ah Uditori miei cari, Viva Maria SS.ma, chi vi può rattenere da questo? 

Non occorre allegar in scusa l’Ignoranza, come fa alcuno tra voi. Eh 

che ciascuno sa raccontarne qualche Miracolo, ognuno sa insegnare ad 

altri che sii Divoto dell’Immacolata Concezion di Maria. San Pasquale 

Baylon, con tutto che imperito nelle Lettere, pure acceso dal grande 

Amore, andava girando per il convento, invitando qualunque Religioso, 

che incontrava, ad inginocchiarsi con Lui, e dire: Benedetta, e glorificata sia 

l’Immacolata Concezione della Vergine Bambina (Diar. Sacr. to. 2). 

Ah Dio mio! Accendasi pur una volta in voi, cari Uditori, una singolarissima 

Premura di accrescergli Adoratori, di ampliarne il Culto, di propagarne 

le Glorie, di promuoverne la Divozione. Ah Superiori, e Prelati, 

chi vi niega insinuare ne’ vostri Sudditi quest’ossequio all’immacolato 

Candor di Maria? Questo procurate insinuare nei Penitenti, o Confessori; 

ne’ vostri Figli, o Padri, o Madri; ne’ vostri Scolari, o Maestri; ne’ 

vostri Servi, o Padroni; ne’ vostri Familiari, o Compagni. Illustrate questo 

gran Mistero, o Dotti, con componimenti nell’Accademie, nelle 

Scuole, ne’ Pergami, e nei Libri, senza curarvi delle critiche della Gente 

oziosa, e poco divota, che con tanto discapito della lor’Anima, vanno 

dietro alle piume, e si perdono la Sostanza che pur troppo farebbe per 

loro. Vi basti, che Maria SS.ma sia creduta, adorata, e riverita da tutti 

Immacolata nella sua Concezione; del resto nulla importar vi deve. Ah Nobili, 

che nelle vostre ville lodevolmente ergete, e Templi, e Altari, chi 

v’impedisce di non consegrarli al suo Nome con questo Titolo glorioso? 

Artieri, e voi, perché nelle vostre Botteghe a vista di ognuno non ve 

ne collocate l’Immagine Sagrosanta, con avvisar ciascuno a salutarla. In 

somma ogni Genere di Persone, o con procurar, che altri visitino 

gl’Altari a Lei dedicati, o con altro, può concorrere acciò sia lodata 

l’Immacolata Concezion della Vergine. E però ogni Anima così apparecchiata 

in ogni congiontura dicesi averne una Divozione pronta a dargli 

Lode. Viva l’Immacolata Concezion di Maria! Io al certo se per il passato 

l’ho fatto di rado, d’insinuar tal divozione, in avvenire quanto più spesso 

potrò, voglio, e spero farlo; e però lo dico pur qui in pubblico; non 

vi arrechi stupore, se in occasione di Lettere, aggiunghi in fine: Sia divotissima 

dell’Immacolata Concezion di Maria, e dica spesso così: Benedetta sia la purissima, 

ed Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria. Poiché vi sono 

15

16 

cento Anni d’Indulgenza, concessa da Sommi Pontefici per ogni volta, che si dica. E 

questo lo farò con chiunque si sia; e vorrei, che altri, posto sotto piedi 

ogn’umano rispetto, mi seguitassero. Per discendere finalmente alla terza 

sorta di Divozione sappiate, che quel dirci la Chiesa cum jucunditate, 

spiegasi, che noi dobbiamo esser divoti di questo Mistero, dobbiamo 

venerarlo con Gioia, con Contento. Ah mio Dio, Amore, Amore, Amore, 

giacché da questo nasce ogni Gioia, e Contento; da questo nasce ogni 

Sincerità di Affetto, che vorria per l’oggetto amato spargere ancor tutto 

il sangue. E questa dicesi Divozione Sincera, cioè tutta fervorosa 

senz’alcuna finzione. Ah viva Maria SS.ma, ecco cosa vuol dire aver 

sincera Divozione verso il suo Immacolato Concepimento, cioè, spesso 

sacrificarsi col desiderio, spesso protestarsi, che per parte nostra, quando 

bisognasse spargere tutto il Sangue per difendere, per ampliare questa 

sua Prerogativa, mille volte lo daressimo con tutto il cuore, con tutto 

l’Affetto. Ah però, quanto è grato alla Vergine il replicar spesso: Olà 

vada tutto il mio Sangue, e viva l’Immacolata Concezion di Maria. 

XI. Quanti han protestato, mossi da questa Divozione sincera, con cuore sincero 

senz’alcun’ombra di finzione, ma con tutto verissimo Affetto ciascun di 

loro ha fatto per questo Mistero dell’Immacolata Concezione il Sangue darò. 

E sempre più fervoroso ha seguitata la protesta col dire: 

XII. Maria Immacolata, tutta bella, tutta pura in quel primo Istante, certo che, e 

forte e costante, cioè e con intrepidezza, e con costanza sin alla Morte io difenderò. 

Così fecero tutti i Cittadini, e Principi Napolitani in un voto solenne 

fatto l’Anno 1656, così il Venerab[ile] Giovanni Berchmans; e 

così molti altri protestarono di dar il Sangue per questo Mistero, e di difenderlo 

sino alla morte. 

Viva dunque l’Immacolata Concezione! E quando nessun altro vi fosse, 

ecco qua me miserabile, Vergine cara, che alla Presenza di tutti, anch’io 

mi protesto di dare il sangue, se fia di bisogno, e di difenderti sino alla 

morte, e perciò col cuore sulle labbra ripeto: Viva in eterno, e glorificata sia 

l’Immacolata tua Concezione, o Maria SS.ma! Dunque, dicasi pure, ecc. 

XIII. Lo stesso protesta | o Madre di Amore | quel vil peccatore, | che ti decantò. Amen. 

Il Fine

1/b 

La sacra Lode 

Viene riportato, di seguito, il testo della sacra Lode spiegato sopra dall’Autore. 

Il componimento, pur discostandosi in parte dagli schemi classici, da un punto di vista 

stilistico, segue le modalità ed i procedimenti retorici dell'oratoria sacra del tempo e, nel suo 

metro senario a rima ABBC, si rifà a modelli poetici molto diffusi tra il 1600 e il 1700. 

Questa lode, ancora oggi, è ricordata dalle suore più anziane; essa veniva cantata nella 

ricorrenza dell'Immacolata su un'aria, forse composta dal Marcucci stesso, ben orecchiabile 

e facile da impararsi. 

Il testo è stato trascritto dall’autografo ASC, sezione “versi e frammenti” 147/II. 

Sull’intestazione del foglio manoscritto si legge: “Affetti all’Immacolata Concezione 

della SS.ma V. Maria”. 

Lodiamo fedeli, 

quell'Alma Signora 

che il cielo innamora 

e il drago atterrò. 

Il popolo deve rispondere: 

E viva Maria, e chi la creò. 

Eletta ab eterno 

da Dio fu per Madre 

con cuore di Padre 

la scelse ed amò. 

E viva ec. 

Del fallo d'Adamo 

non mai fu infetta 

quando fu concetta 

esente ne andò. 

E viva ec. 

Di più in quell'istante 

fu tanto arricchita 

di grazia e di vita 

che il ciel superò. 

E viva ec. 

Il cielo e la terra 

sì vaga Bambina 

come gran regina 

umil adorò. 

E viva ec. 

Di più in quel momento 

lo spirto di averno 

e tutto l'inferno 

sconfitto restò. 

E viva ec. 

Questa gran vittoria 

nelle sacre carte 

già per ogni parte 

ben si palesò. 

E viva ec. 

Triregni e Congressi 

con modo giocondo 

e pio tutto il mondo 

pur la confessò. 

E viva ec. 

17

Per questo mistero 

oh, quanti mortali 

da pesti e da mali 

Maria liberò. 

E viva ec. 

Ognun dunque impari 

aver divozione 

alla Concezione 

per quanto si può. 

E viva ec. 

Quanti han protestato 

con cuore sincero 

per questo mistero 

il sangue darò. 

E viva ec. 

18 

Maria Immacolata 

in quel primo istante 

e forte e costante 

io difenderò. 

E viva ec. 

Lo stesso protesta 

o Madre d'amore 

quel vil peccatore 

che ti decantò! 

E viva ec. 

Laus Deo.

2 

Sacro triduo e Sermone per la festa dell’Immacolata 


21

22 

2 

Sacro triduo e Sermone per la festa dell’Immacolata Concezione 


Il triduo ed il sermone per la festa dell’Immacolata Concezione del 1747 

sono stati scritti dal Fondatore della congregazione delle Pie Operaie 

dell’Immacolata Concezione Don Francesco Antonio Marcucci sotto lo pseudonimo 

di Suor Lotemia Conca. Essi furono recitati dalle quattro religiose 

maestre della nuova congregazione, rispettivamente, Suor Maria Giacoma del 

SS.mo Sacramento, Suor Maria Rosa dell’Amor di Gesù, Madre Tecla 

dell’Immacolata Concezione e Suor Maria Dionisia dello Spirito Santo 1 . 

Il 30 settembre dello stesso anno, dopo tre anni di paziente ed industrioso insegnamento 

alle suore, don Francesco Antonio Marcucci aveva aperto all’interno della comunità 

l’Accademia dell’Immacolata Concezione 2 allo scopo di elevare la loro preparazione culturale 

perché potessero assolvere sempre meglio la missione dell’insegnamento nella scuola. La 

Scuola pia fu aperta il 6 marzo 1745 per educare le fanciulle attraverso una solida formazione 

atta a vincere l’ignoranza “origine di tutti i mali”. Inoltre l’Autore intese elevare 

la dignità della donna “di ogni ceto ed età” attraverso le esortazioni familiari e i saggi consigli: 

lezioni di catechesi domenicali tenute negli ambienti della congregazione. Esse furono 

frequentate da molte signore della città e riscossero consensi e lodi dalle autorità religiose e 

civili. I tre discorsetti del triduo furono recitati nell’oratorio della congregazione alla presenza 

della comunità, composta in quel periodo da nove membri, dalle alunne della scuola di 

cui le oratrici erano maestre, dalle signore che erano solite frequentare le catechesi domenicali 

ed altri devoti. 

La recita di questi discorsetti costituiva un requisito per essere ammesse 

nell’Accademia di cui don Marcucci era fondatore e maestro. Come tale, nell’attesa che le 

sue allieve fossero pronte a svolgere tutti i loro compiti, egli le supplì scrivendo in anticipo i 

componimenti da recitarsi nella loro Scuola pia e, in qualità di censore, li corresse e li approvò 

come in questo caso. Altro importante requisito per essere iscritte all’Accademia era 

il voto di credere immacolata la concezione della SS.ma Madre di Dio e di onorare e glori- 

1 Le Religiose vengono nominate con il cognome di appartenenza alla congregazione; i loro nomi e 

cognomi di battesimo sono rispettivamente: Giacoma Aloisi, Rosa Tassetti, Tecla Relucenti e Dionisia 

Paci. 

2 MARCUCCI, F.A., Costituzioni per l’Accademia dell’Immacolata Concezione, Ascoli Piceno 30 settembre 1747, 

ASC 16, autogr. p.16. Francesco Antonio Marcucci, nel secolo fiorente delle Accademie, intese istituire 

un centro culturale “piccola università” dedicata all’Immacolata, all’interno della nuova fondazione per 

promuovere la crescita culturale e spirituale delle suore. Nella prima Costituzione, chiarendo natura e finalità 

del nuovo istituto, sottolinea l’intento di motivare le sue Figlie all’esemplarità e santità di vita e 

all’applicazione “seria allo studio di varie materie proprie per lo spirituale e per il politico particolarmente 

quello della civiltà del tratto” (Cf. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Positio…, cit., vol. 1, p. 345).

ficare questo Mistero anche con lo studio per poterlo diffondere, fino a dare per esso la vita, 

se necessario, purché la santa Chiesa non avesse ordinato il contrario. Ciò spiega perché i 

primi componimenti recitati dalle Accademiche abbiano per tema l’Immacolata Concezione 

di Maria. 

L’argomento, sicuramente troppo arduo per persone non iniziate alla Mariologia, viene 

affrontato nella forma di “discorsetto”; l’Autore si propone di motivare la devozione al 

Mistero attraverso esempi di persone che, trovandosi in gravi pericoli, furono salvate da 

Maria SS.ma o perché erano devote della sua Immacolata Concezione o perché si impegnarono 

a diventarlo coinvolgendo anche altri. Tuttavia, il modo migliore per onorare il 

Mistero mariano, afferma l’Autore, è l’impegno dei suoi devoti ad imitare le virtù di Maria. 

Il triduo e lo stesso sermone aprono uno squarcio sull’attività educativa svolta dal giovane 

sacerdote e fondatore per elevare la donna alla contemplazione della bellezza della 

“Tutta Santa”, per far conoscere quanto Maria SS.ma gradisca essere invocata sotto questo 

titolo e soprattutto imitata nelle sue virtù per piacere a Dio. Questo percorso di elevazione 

non è mai soltanto un fatto personale, piuttosto un impegno a consegnare ad altri ciò 

che si è sperimentato positivo. Maria Immacolata è la perla preziosa da scoprire e da acquistare 

per condividerla con chi non l’ha ancora trovata. 

23

24 

2/a 

Discorsetto primo 

Il primo discorsetto del triduo in preparazione alla festa dell’Immacolata 

Concezione fu recitato dalla Madre vice prefetta Suor Maria Giacoma Aloisi di 

Monteprandone (1706-1770) e nel 1753 dal Fondatore nella nuova chiesa 

dell’Immacolata. Il contenuto e lo stile sorprendono per la semplicità e, più 

ancora, per l’adeguatezza alla preparazione dell’oratrice e dell’uditorio. 

L’Autore sceglie di raccontare un fatto accaduto all’abate Elpino 3 il quale 

trovandosi in pericolo di vita, a causa di una tempesta di mare, viene liberato 

insieme ai suoi compagni, dopo aver promesso alla Madre di Dio di celebrare 

ogni anno con grande devozione la festa dell’Immacolata Concezione e di 

impegnarsi a far sì che altri la festeggino. 

Questo discorsetto fu recitato dall’Autore nel 1753 nello stesso luogo e 

per la stessa occasione. 

Il testo è stato trascritto dall’autografo ASC 51, pp. 89- 92. 

In occasione del pubblico Triduo in onore dell’Immacolata Concezione 

di Nostra Signora nell’anno 1747 4 . 

Martedì, 5 Dicembre, Giorno primo del Triduo. 

Discorsetto primo sopra come 

Maria SS.ma liberò un suo Divoto da una Tempesta di Mare 

per la divozione alla di lei Immacolata Concezione 

Recitato dalla madre Viceprefetta Suor Giacoma del SS.mo Sacramento. 

(Possa servire per requisito… Suor Lotemia…) 

Il Mare non è tanto grato e bello qualora sta pacifico, quanto è spaventoso 

qualora sta in tempesta. Oh allora per gli sconvolgimenti dell’onde, per il 

combattimento dei venti, per il rumore della procella, per gli urli de’ poveri 

Naviganti, per i fischi de’ Mostri Marini pare un ritratto dell’Inferno: 

3 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj goduti dalla Gran Madre di Dio Maria sempre Vergine nella sua Immacolata 

Concezione, Ascoli 1745, per Nicola Ricci Stampator camerale, con licenza de’ Superiori, p. XXXV, 

n. II. 

4 L’Autore aggiunge a sinistra del titolo l’informazione: “Recitato in chiesa nel 1753”. Per un confronto 

v. 5/a Sermoncino I, p. 68

tantovero, che chi lo osserva da vicino quasi tramortisce per lo spavento; 

e molto più poi può dirsi tramortito chi per sua disgrazia ci si trovasse allora 

dentro. Or un bel Miracolo appunto in questa sera voglio contarvi, 

Figliuole, e Sorelle mie, che ricevette un povero Religioso dalla nostra 

Immacolata Signora, mentre già trovavasi in Mare quasi in procinto di 

perdersi: e fu salvato per la divozione all’Immacolata Concezione. Di grazia, 

uditemi con attenzione, e do principio. 

Nell’anno di nostra Salute mille e settanta (1070) un certo Abate, chiamato Elpino, 

navigava per alcuni affari importanti del Re d’Inghilterra; quando 

trovandosi già in alto Mare da più giorni, incominciò a suo danno a turbarsi 

molto l’aria. Ed ecco all’improviso scontrastano fieramente i Venti, 

si gonfia spaventosamente il Mare, e mettendosi in tempesta furiosa, 

manda la Nave (ove con altri molti trovavasi l’Abate Elpino) manda, dico, 

la Nave or in alto, or a basso, or da una parte, ed or da un’altra. 

Or pensate in quale spavento potevano tutti trovarsi, e particolarmente Elpino, 

che come men pratico, era più pauroso. Ciascuno piangeva la sua disgrazia, 

ciascuno raccomandavasi l’Anima a Dio, ciascuno già si teneva 

per affatto perduto. Quando all’improviso, dopo tante preghiere che Elpino 

fece alla SS.ma Vergine, di cui era molto divoto, quando 

all’improviso, ripeto, comparve in cima della Nave un Vecchio venerando, 

vestito di Abiti Pontificali (e fu creduto San Niccolò, che sarà dimani 

appunto), il quale rivolto all’Abate, Orsù Elpino, gli disse, non temere! Io sono 

stato spedito in tuo aiuto dalla Regina del Cielo. Vuoi tu scampar da questa sì furiosa 

tempesta? Con mille lagrime rispose Elpino, O come lo bramo! Orsù, soggiunse 

il Vecchio, Orsù se tu prometti alla Gran Madre di Dio di celebrar ogni 

anno con particolar divozione la Festa della sua Immacolata Concezione, e di procurare 

che altri ancora la festeggino, tu sarai salvo. A tal’udire subito esclamò Elpino, 

Signorsì, lo prometto, lo prometto di buon cuore! E appena così ebbe detto, che 

subito cessò la tempesta; ed egli con tutti gli altri sano e salvo prese porto. 

E dato a terra, puntualmente osservò la sua promessa; poiché non solo 

egli fu sempre poi divotissimo dell’Immacolata Concezione; ma la predicò, 

e ne propagò la divozione per tutta l’Inghilterra. 

Figliuole, e Sorelle mie, avete udito sì bel miracolo? Or voi già lo sapete, che 

tutto questo Mondo può chiamarsi un Mar tempestoso di guai, di tentazioni, 

e di mille mali. Volete voi essere aiutate, ed esser salve tra tante 

tempeste? Eccovi il modo. Siate sempre divotissime dell’Immacolata Concezione, 

e procurate ancora di raccomandare ad altri questa santa divozione. 

25

Io sottoscritta, deputata dall’Accademia dell’Immacolata Concezione a rivedere 

tutti i Componimenti delle Accademiche, tanto quei da recitarsi, 

quanto quei da pubblicarsi in altro qualsivoglia modo, avendo letto e 

considerato attentamente il qui introscritto discorsetto, né avendo in esso 

trovato minima cosa ripugnante o alla Santa Cattolica Fede, o ai Buoni 

Costumi, o ai Principi Cristiani; anzi avendo in esso ammirato un tenero, 

e divoto dire per sempreppiù accrescere il culto verso l’Immacolata Concezione, 

sono perciò di sentimento che possa, e debba recitarsi. In fede 

etc. 

Scuolapia, questo dì 28 Novembre 1747. 

26 

Suor Lotemia Conca Accademica Censoressa.

28 

2/b 

Discorsetto secondo 

Il secondo discorsetto del triduo fu recitato da Suor Maria Rosa Tassetti 

di Monsampolo (1716-1790), al momento bibliotecaria e segretaria 

dell’Accademia dell’Immacolata Concezione. 

Nel primo giorno del triduo era stato offerto un esempio di devozione 

all’Immacolata vissuta nello stato laicale; qui viene proposto un esempio di 

consacrazione alla Vergine Immacolata nello stato ecclesiastico come sacro 

sposalizio con lei. 

Sono pochi, osserva l’Autore, coloro a cui è concesso questo dono. Esso 

consiste nell’offrire il cuore, il volere, e l’affetto a Dio e a Maria. 

Viene proposto il racconto del giovane monarca 5 che, sollecitato più volte 

dai suoi cortigiani a sposarsi, aveva accettato ma, attratto fortemente all’ultimo 

momento dalla bellezza della Vergine Santa, l’aveva scelta per sua Sposa 

decidendo anche di diventare sacerdote. L’esempio sollecita a fare altrettanto 

consacrando a Maria SS.ma tutto il cuore e gli affetti ed impegnandosi perché 

anche altri facciano altrettanto. Questo discorsetto fu recitato dall’Autore nel 

1753 per la stessa occasione in chiesa. 

Il testo è stato trascritto dall’autografo ASC 51, pp. 313-316. 

In occasione del pubblico Triduo in onore dell’Immacolata Concezione di 

Nostra Signora, nell’anno 1747. 

Mercoledì, 6 Dicembre, Giorno Secondo etc. 

Discorsetto secondo, sopra come 

5 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., p. XXXV, n. I. 

L’Opera è il primo testo a stampa del SdD, scritto dopo nove anni da quando ‘la gran Regina del cielo’ 

per mezzo dell’amico Ignazio Matteucci gli pose nell'animo una tenera pietà verso il Mistero 

dell’Immacolata Concezione che divenne “il cibo delicato del suo intelletto e l'oggetto amabile del 

suo cuore". Il Marcucci avrebbe voluto dare prima tale lavoro alle stampe, ma i numerosi impegni 

glielo avevano impedito. Alle prime giovani che si preparavano a iniziare la Congregazione, già dal 23 

gennaio 1744, gliene aveva donata una parte manoscritta, consistente nei nove Salmi Mariani e Coroncina. 

La presente opera a stampa si divide in tre parti: la prima, la più ampia, contiene dodici dichiarazioni 

dei dodici privilegi principali che ebbe Nostra Signora nella sua Immacolata Concezione; 

la seconda, contiene dodici Salmi Mariani, così chiamati, spiega l'autore, perché li ha tratti dal Salterio 

Mariano di S. Bonaventura; infine la terza parte contiene la preghiera della Coroncina, ossia delle dodici 

stelle ad onore di Maria (Cf. CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM Positivo…, cit., vol. 1, pp. 

224-225).

Maria SS.ma ordinò ad un suo Divoto che se voleva esser suo Sposo, 

fosse divoto della Immacolata di lei Concezione 

Recitato da Suor Rosa Maria dell’Amor di Gesù, 

Accademica Bibliosegretaria. 

Non a tutte le Anime è conceduto il sagro e puro sposalizio con il caro Dio, 

perché non tutte le Anime si dispongono ad essergli sagre e pure Spose. 

Lo sposarsi con Dio consiste in unirsi talmente con lui, talché si giunga a 

non aver’altro cuore che quello di Dio, non altra volontà, non altro amore 

che di Dio. E lo stesso voi andate dicendo, Sorelle e Figliuole mie, del 

sagro Sposalizio con l’Immacolata Madre di Dio. L’Anima nostra allora 

dicesi Sposa di Maria SS.ma, quando giunge a vivere non con altro cuore, 

non con altro volere, non con altro affetto, che con quello di Maria 

SS.ma. Or quante ce ne sono però che così vivano? O quanto poche! Or 

tra queste poche una ne udirete in questa sera, ch’ebbe la sorte di essere 

sposata con la suddetta Regina del Cielo in questo Mondo, e molto più 

nell’altro, per mezzo della divozione all’Immacolata Concezione di Lei. Favoritemi 

pertanto di una benigna attenzione; e sono a sodisfarvi. 

Circa l’anno ottocento di Nostra Salute, avvenne in Ungheria, che il fratello del 

Re, ch’era molto divoto di Nostra Signora, tanto fu pregato, e ripregato 

dai Principi di quel Regno, che fu indotto a dare il consenso ad accasarsi 

con una Real Principessa sua pari. Furono disposte tutte le cose, fu conchiuso 

il trattato, e tutto il Regno stava in festa per le vicine nozze del fratello 

del Monarca. Giunse alla fine il giorno, ch’era destinato per tal Reale 

Sposalizio; e il buono Sposo, comecché con tutto il suo dato consenso 

non ne stava molto contento, si pose in orazione per raccomandarsi di 

cuore alla SS.ma Vergine, di cui molto ardeva di sagro affetto. Tra le altre 

orazioni che disse una fu questa, Quam pulchra es et decora! Che vuol dire, 

O quanto siete bella, e vaga, Maria SS.ma! 

A queste parole fu pronta Nostra Signora a comparirle cinta di un infinito 

splendore, e ripiena di una graziosissima maestà, e bellezza, e incominciò 

a dirgli, Ah Figlio, mio caro Figlio, e giacchè io sono così bella, come tu già mi chiami, 

perché poi mi vuoi lasciare per una vile bellezza di Donna Terrena? Osserva un 

poco, puoi tu trovar mai nel Mondo una bellezza pari alla mia? Anzi contempla tutto 

il Cielo, e poi dimmi se anche colassù potrai vedere una bellezza uguale alla mia, dopo 

quella di Dio? E perché poi ora così abbandonarmi? Tutto il tuo cuore era il mio, miei 

29

30 

erano tutti i tuoi affetti, e perché poi ora ritogliermili, per darli ad una vile Sposa del 

Mondo? Ah Figlio, pensa bene, che fai? 

Or, Figliuole mie, chi non si sarebbe intenerito a queste dolcissime voci di 

Maria SS.ma? Anche un cuore di sasso. Or pensate quanto più si dovette 

intenerire il cuor di questo Principe Sposo, ch’era sì divoto. Di fatto egli 

s’intenerì talmente, che gettatosi a terra ai piedi della sua gran Regina, con 

mille sospiri, con mille pianti incominciò a chiedergli pietà, e perdono; 

con mille nuove proteste le riconsagrò il cuore, e tutto se medesimo; con 

mille promesse le diede parola di non lasciarla mai più. 

Dopo uno sfogo così misto di lagrime, e di saldi propositi, Su, mio Figlio, gli 

soggiunse la pietosissima Madre di Dio, su, consolati. Io ti perdono: e ti accetto 

per mio sagro perpetuo Sposo. Va dunque, rinunzia alla Sposa Terrena; e attendi 

all’Ecclesiastico. E se tu brami aver me in Isposa nel Cielo per tutta l’Eternità, sii 

molto divoto della mia Immacolata Concezione, e fa tutti gli sforzi che altri ancora ne 

sieno molto divoti. E ciò detto, dandogli la santa benedizione, disparve. 

Prontamente poi eseguì il divoto Principe il comando ricevuto; poiché rinunziando 

subito ad ogni Sposalizio Terreno si fece Ecclesiastico, e divenne 

Arcivescovo di Aquileia; e sinchè visse fu divotissimo dell’Immacolata 

Concezione, e si adoprò molto affinché nell’Ungheria, e in molte 

parti dell’Europa si celebrasse con gran divozione questa Festa. Onde 

meritò poi di andare in Cielo a vedere in eterno la sua bellissima Regina, 

e Sposa. 

Udiste, Sorelle, e Figliuole mie? Impariamo anche noi di donare a Maria 

SS.ma tutto il nostro cuore, e tutti i nostri affetti. Impariamo similmente 

di esser molto divote della sua Immacolata Concezione, e di aiutarci, acciochè 

altri ancora ne sien divoti. Con questo mezzo, avremo Maria SS.ma per 

Madre, e per Avvocata in questo Mondo, e ancor nell’altro. Così sia. 

Scuolapia 28 novembre 1747. 

Io sottoscritta, deputata dall’Accademia dell’Immacolata Concezione di rivedere 

i Componimenti etc. avendo riveduto il soprascritto discorsetto, 

né avendo trovata in esso cosa ripugnante alla S[anta] Fede, né cosa contra 

i Buoni Costumi, né contra i Principi Cristiani; anzi avendoci trovata 

materia molto pia etc. son di sentimento, che possa, e debba recitarsi. In 

fede etc. 

Suor Lotemia Censoressa.

Il quadro collocato nel Museo-Biblioteca “Francesco Antonio Marcucci”, 

nella casa madre di Ascoli Piceno, raffigura Suor Tecla Relucenti all’età di 42 

anni. 

L’abito indossato è quello che il Marcucci scelse per le Pie Operaie, 

all’atto della fondazione della congregazione, ispirandosi alle Concezioniste di 

Spagna (ordine fondato da Santa Beatrice De Silva a Toledo) delle quali, però 

riprende solo l’abito, poiché quelle iberiche erano suore di clausura. 

L’abito è composto da una tunica bianca e da un velo azzurro come nelle 

raffigurazioni dell’Immacolata Concezione. Sul petto è apposto un medaglione 

raffigurante la Vergine Immacolata, intorno all’ovale è riportata la scritta: 

“Tota pulchra es Maria et macula originalis non est in te”. In mano sorregge il 

libro delle Costituzioni delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione. La 

croce d’argento che porta appesa al collo, contiene alcune reliquie e viene 

tutt’ora indossata dalla Superiora Generale nel giorno della sua elezione. 

32

2/c 

Discorsetto terzo 

Il terzo discorsetto del triduo fu recitato nella Scuola pia dalla Madre Prefetta, 

ossia superiora della comunità e dell’Accademia, Madre Tecla Relucenti 

(1704-1769). 

Viene presentato l’esempio di un canonico francese 6 molto devoto 

dell’Immacolata, il quale, oltre a recitare ogni giorno l’ufficio divino, recitava 

anche il piccolo ufficio della Vergine Santa. 

Un giorno il canonico andò in campagna per riposarsi un po’ e, trastullandosi 

con troppa libertà, commise un peccato di impudicizia ed invece di 

chiederne subito perdono a Dio, continuò a giocare. Avviatosi a casa, salì su 

una barca per attraversare il fiume Senna; aveva appena iniziato a recitare 

l’ufficio della Madonna, che si levò una tempesta così violenta da farlo annegare. 

I demoni si erano già impadroniti di lui a causa del grave peccato commesso, 

quando apparve la Vergine Santa a rimproverarli perché avevano preso un 

suo devoto proprio mentre la stava invocando. Il canonico tornò in vita, si 

confessò e, per tutti gli anni che gli rimasero, si impegnò a diffondere la devozione 

all’Immacolata Concezione di Maria SS.ma. Questo discorsetto fu recitato 

dall’Autore nel 1752 per la stessa occasione in chiesa. 


In occasione del pubblico Triduo in onore dell’Immacolata Concezione di 

Nostra Signora, nell’anno 1747 7 . 

Giovedì 7 Dicembre, Giorno terzo ed ultimo etc. 

Discorsetto terzo ed ultimo, sopra come 

Maria SS.ma risuscitò un suo Divoto, e gli impose che fosse molto 

divoto della Immacolata Concezione di Lei 

Recitato dalla M. Prefetta Suor Tecla dell’Immacolata Concezione, 

Accademica e Prefetta dell’Accademia. 

6 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj,…, cit., p. XXXV, n. III. 

7 L’Autore aggiunge a sinistra del titolo l’informazione: “Recitato in chiesa nel 1752”. Per un confronto 

v. oltre, introduzione al Sacro Triduo ed Orazione per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1753. 

33

Non ci è in questo Mondo la più cattiva disgrazia, che quella di vivere un sol 

momento in peccato mortale: pensate poi il viverci lungo tempo. Imperciocchè 

un’Anima così peccatrice, trovandosi Nemica di Dio, è già data 

in consegna ai Demonj, i quali ne fanno lo scempio, e la tirano ogni momento 

a precipitarla all’Inferno. Ed oh quante le volte riesce loro di precipitarcela, 

e talora all’improviso per mezzo di qualche accidente, o di altra 

morte repentina, senza che la disgraziata Anima abbia avuto tempo di 

pentirsi, e ravvedersi. Una consimil disgrazia voi sentirete in questa sera, 

Figliuole, e Sorelle mie, accaduta ad un Canonico Franzese; ma poi per 

sua buona fortuna, ajutato da Maria SS.ma, e incaricato di esser divotissimo 

dell’Immacolata Concezione. Favoritemi di grata attenzione; e do principio. 

Racconta Sant’Anselmo Arcivescovo di Cantuaria, che in Parigi di Francia 

fuvvi un certo Canonico Franzese molto divoto di Nostra Immacolata 

Signora. Questi, oltre l’ufizio Divino, recitava ogni giorno il picciolo Ufizio 

della SS.ma Vergine; e si aiutava acciocché altri ancora riverissero, ed 

amassero la gran Madre di Dio. Accadde un giorno, ch’egli portossi in 

campagna, e all’andare passò felicemente per barca il fiume Sena vicino a 

Parigi; e giunto ad un suo Casino; ponendosi con troppa libertà a giocare, 

e trastullare, cadde il misero in un orribile peccato mortale d’impudicizia. 

Il disgraziato, poco caso ne fece per allora; e invece di buttarsi subito ai 

piedi di un Santo Crocefisso per pianger dirottamente la sua colpa, e 

promettere di confessarsene quanto prima; invece, dico, di far ciò, seguitò 

il suo divertimento, sinchè giunto il tempo di ritornare in Città, si pose 

tutto allegro in viaggio (O cecità! E poteva stare allegro in disgrazia di 

Dio!). Appena però, postosi in barca per ripassare il soprannominato 

fiume Sena, che ricordandosi di non aver in quel giorno recitato l’Ufizio 

di Nostra Signora, incominciò a dirlo. Ma, non aveva ancor finito il primo 

Salmo, che insorto all’improviso un vento strepitoso, manda la barca 

sossopra; ed ecco cadono nell’acqua tutti i barcaroli, ci cade anche 

l’infelice Canonico; gli altri tanto si ajutano col nuoto che si salvano, ma 

egli miseramente si annega, e muore. O sfortunato, così subito andar’all’Inferno! 

Così subito andare a pagar la sua colpa con un eterno 

fuoco! 

In fatti, così senz’altro sarebbe stato per lui miserabile, se la pietosissima 

Madre di Dio, non ci poneva le mani sue misericordiose. Imperciocchè 

appena i demonj avevano dato di piglio a quell’Anima infelicissima, che 

accorsa la Vergine Nostra Signora, Olà, con voce imperiosa disse ai mali- 

34

gni Carnefici, olà, dove portate l’Anima del mio Divoto? Qual temerità è stata la 

vostra di avventar le branche contro di chi aveva incominciato ad ossequiarmi? Era egli 

mio Nemico è vero, perché in disgrazia del mio Divin Figlio; ma pure avea già incominciato 

a raccomandarsi a me per il suo perdono. Non è dunque dovere, che sia dannato 

uno nello stesso punto che mi chiama in ajuto. Olà dunque, Traditori Infernali, 

riportate l’Anima di costui al suo corpo! Vuole il mio Divino Figlio, e voglio anch’io, 

ch’egli ritorni a vita, si penta del suo fallo, se ne confessi, e si salvi. Tanto ordinò la 

pietosa Signora; e tanto subito fu eseguito; posciachè i demonj, tutti infuriati 

per la rabbia, e tutti tremanti per lo spavento, riportarono l’Anima 

dell’affogato Canonico al Corpo di lui; e poi essi si sprofondarono 

all’Inferno tutti confusi. 

Così per grandissimo Miracolo di Maria SS.ma risuscitò l’aggraziato Canonico; 

il quale cavato dalle acque sano e salvo dall’istessa Madre di Pietà; 

questa poi gli fece una efficace, ed amorosa riprensione; talché lo compunse 

in guisa; che il compunto Canonico dando in un pianto divotissimo, 

genuflesso ai piedi della sua Liberatrice, non sapeva cessare di ringraziarla, 

e di assicurarla che in avvenire le sarebbe stato sempre fedele 

sino alla morte. 

Tanto tu devi fare, mio Figlio, gli soggiuse la Vergine; e in ricompensa di così gran 

beneficio, che hai da me ricevuto, voglio che alla tua buona vita accoppi una tenera divozione 

alla mia Immacolata Concezione; e che procuri, che altri ancora ne sieno molto 

divoti. Promise di buon cuore di farlo il fortunatissimo Canonico, e ricevuta 

la benedizione dalla sua amantissima Avvocata, la perdette di veduta, 

perché gli disparve. Ed egli, per più osservar la promessa, fattosi poi Romito, 

non cessò mai, sinchè visse, di predicar la divozione alla Regina del 

Cielo; e in particolare all’Immacolata Concezione di Lei. 

O che Grazia, o che Miracolo stupendo! L’udiste, Sorelle, e Figliuole mie? 

Eccovi dunque il modo di preservarvi e dalle colpe, e dai demonj. Siate 

divote di Maria SS.ma, e in particolare della sua Immacolata Concezione; e 

ajutatevi, affinché altri ancora per mezzo vostro ne sieno divoti. 

Scuolapia 28 Novembre 1747. 

Io sottoscritta, Deputata etc. avendo riveduto il soprascritto discorsetto, né 

avendo etc. son di sentimento, che possa, anzi debba recitarsi. In fede 

etc. 

Suor Lotemia etc. Censoressa. 

35

36 

2/d 

Sermone Morale per il giorno della Festa 

Suor Maria Dionisia Paci (1719-1809), la più giovane delle sorelle precedenti, 

direttrice della Scuola pia, recita il sermone, che l’Autore definisce 

morale, per la festa dell’Immacolata Concezione. Egli dà una interpretazione 

mariologica di Ecclesiastico 4, 13 affermando che il vero devoto di Maria imita 

le sue virtù e dunque si obbliga a vivere santamente. 

Le virtù che più si addicono al mistero dell’ Immacolata Concezione sono 

la purezza di cuore e la modestia del corpo; la prima riguarda il mondo interiore 

della persona: pensieri, decisioni e sentimenti; la seconda, riguarda 

l’esteriore cioè le azioni e i comportamenti. L’esempio di Suor Paola Centurioni 

è un invito ad esprimere l’amore all’Immacolata rinnovandole la consacrazione 

del cuore e del corpo per vivere fedelmente al suo servizio fino alla 

morte e per sperimentare la sua speciale protezione. 


In occasione del pubblico Triduo in onore dell’Immacolata Concezione 

di Nostra Signora, nell’anno 1747. 

Venerdì, 8 Dicembre, Giorno della Festa. 

Sermone Morale 

Argomento 

Chi è vera Divota dell’Immacolata Concezione dee sforzarsi a fare 

una vita molto pura, e netta da ogni colpa 

Recitato dalla M. direttrice, Suor Dionisia dello Spirito S[anto]. 

Qui illam diligit, diligit Vitam 8 (Eccles. 4, 13) 

L’Ecclesiastico al quarto 

Perdonatemi, o Anime innamorate dell’Immacolata Concezione della Regina del 

Cielo, perdonatemi, torno a ripetere, se in quest’oggi chiamerò ad un rigoroso 

esame la vostra divozione verso il suddetto Mistero. Io ben so, 

8 Chi ama veramente l’Immacolata nostra Signora, ama ancor la santissima vita di Lei.

che voi quante qui siete credete, che la Gran Vergine fu quella unica tra 

tutti i figli di Adamo, la quale fu preservata dal peccato originale, e fu 

concetta non solo senza macchia, ma ancor con pienezza di Grazia, con 

doj, e di orazioni in onor di sì eccelso Mistero di Nostra Signora. Lo so, 

lo so, vi torno a dire. Ma pure, perdonatemi, se io francamente vi annunzio, 

che se la vostra pietà, la vostra divozione all’Immacolata Concezion 

di Maria, non arriva più innanzi; non può chiamarsi ancora divozione 

piena, e pietà soda. Bramate voi sapere qual è quell’Anima, che ha questa 

pienezza, e sodezza di culto? Uditelo dall’Ecclesiastico, da cui presi il mio 

tema, Qui illam diligit, diligit Vitam; che significa, Chi ama veramente 

l’Immacolata nostra Signora, ama ancor la santissima vita di Lei. Mi spiego: 

procura di imitare al possibile le belle di Lei Virtù. Permettetemi adunque, 

che io in quest’oggi per animarvi a tal imitazione, vi parli con 

questo mio Sermone sopra L’obbligo che ha di esser molto Santa chiunque è divota 

dell’Immacolata Concezione. Sia vostra la cura di prestarmi benigna attenzione, 

mentre mio è l’incarico di soddisfare all’impegno. Incominciamo. 

1. Corre una certa innata simpatia nel Mondo tra i Principi, e i Sudditi, che 

ciocchè quei fanno, questi procurano d’imitare. Ond’è, che quella Virtù 

che si vede risplender nel Monarca, tosto noi la vediamo imitata dai Sudditi 

al solo vederla, o al solo risaperla. Che perciò con gran fondamento 

in quel suo celebre poema de Institutione Principis 9 disse Claudiano quel tanto 

rinomato Verso, Regis ad exemplum totus compònitur Orbis. Che noi in nostra 

lingua diressimo, Del Re l’esempio regge tutto il Mondo. E di fatto non è 

forse dovere ancora che i Sudditi sieno imitatori de’ buoni esempj de’ loro 

Principi? Altrimenti, che sorta di ossequio, che razza di amorevolezza 

sarebbe la loro, se questa consistesse in sole parole, e non si estendesse 

mai ai fatti, massimamente a quei dal Principe comandati, o voluti? 

2. Lo stesso dite voi ora, Sorelle, e Figliuole mie dilettissime circa la nostra 

divozione all’Immacolata nostra Regina. Essa, come voi lo sapete, fu tutta 

pura, senza veruna minima macchia di colpa nella sua Santissima Concezione: 

e cosippur fu per tutto il tempo de’ settantadue anni della sua 

adorabilissima vita. Or ogni dover vuole che a suo esempio si sforzi di 

esser così, per quanto riesce possibile, ogni sua vera Divota. In caso diverso, 

ditemi di grazia, che divozione mai sarebbe la nostra, se non di 

semplice vento, perché di semplici parole. Tanto più, che noi pur sap- 

9 La formazione del Principe. 

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38 

piamo quanto Ella desideri, che imitiamo, per quanto possiamo, i suoi 

SS.mi Costumi, le sue sagrosante Virtù. 

3. Quella virtù però che pare più propria, e più in obbligo da imitarsi dalle 

Divote della sua Immacolata Concezione, è la Purità di Cuore, e la Modestia 

del Corpo. Osservate se io dica il vero. L’Amore ha una tal proprietà, 

che fa che un cuore trasformi in sè le qualità di un oggetto che 

ama. Quindi noi vediamo, che chi ama a cagion di esempio una Persona 

umile, subito si vede spronato ad amar l’umiltà. Così chi ama una Persona 

mesta, resta imbevuto di una certa interna malinconia. Ma, e non lo 

vediamo noi anche nelle cose naturali? Il ferro, che ama tanto la calamita, 

qualor se la vegga vicina, tosto ad essa corre, quasichè in calamita trasformar 

si volesse. E così di tanti altri naturali prodigj di simpatico amor 

naturale noi ne osserviamo buon numero tutto giorno. Veniamo al nostro 

proposito. Le Anime che amano l’Immacolata Concezione, siccome con 

questo amore non altro parlano che della purità della Vergine, non altro 

pensano che sopra la sua preservazione da ogni macchia (Imperciocchè 

la parola d’Immacolata, non altro vuol dire, che senza colpa, e senza macchia); 

perciò sembra che esse debbano anche vivere Immacolate, voglio dire 

senza colpe, e con una gran purità di Cuore. Ma, comecchè la custoditrice 

di questa nettezza, e purità è appunto la Modestia del Corpo; da qui ne 

viene, che abbiano esse una certa particolarità di obbligo di esser’insiememente 

e Immacolate, e pure, e modeste. 

4. Ed oh, s’è così, che facciamo, Sorelle, e Figliuole mie, che non ci diamo 

all’acquisto della nettezza di coscienza, e di cuore? Che facciamo, che sin 

da ora non ci diamo giù al diligente esercizio della modestia? Tanto importa 

esser vera divota dell’Immacolata Signora! Che se tanto godiamo 

della purità di Lei, e della bellezza della sua Anima, perché non procuriamo 

d’imitarla? Eh su su, Imitari ne pigeat, vi dirò con Sant’Ambrogio, imitari 

ne pigeat quod celebrare delectat, Non ci rincresca d’imitare quel che tanto di 

festeggiar ci diletta! 

5. E qui, pare a me di udir la Gran Vergine in questo glorioso giorno, come 

renitente di esaudir le preghiere di molte sue divote, andarle così graziosamente 

sgridando, Ah Figlie, così mi pare di udirla, Ah Figlie, che tanto vi 

gloriate di esser mie divote, e perché poi non imitate le mie virtù? Se io sono Immacolata, 

come voi già mi credete, e da che procede poi che voi siete ripiene di macchie? Se io 

sono tutta bella senza neo di colpa, Tota pulchra sum, et macula non est in me, perché 

poi voi siete così brutte nell’Anima, e così immodeste nel Corpo? Se voi in onor della

mia Immacolata Concezione mi pregate, che vi sia Madre, e perché poi in onor della 

stessa Immacolata mia Concezione non vi mostrate mie Figlie? Così, dissi, mi pare 

di udirla. Né mal mi apposi: imperocché consimili rimproveri noi leggiamo 

nelle Storie aver’ella fatti a molte sue pretese Divote. Lo dica quel 

Giovinastro, che pretendendo la Maternità della Vergine sopra di lui, essa 

con voce imperiosa gli rispose, Mostrati mio Figlio, Monstra te esse Filium, se 

vuoi che io mi mostri tua Madre! Dicalo ancora quella Donna… Ma, eh via, 

cessiamo di rammentarci di tali rimproveri. Non credo già, che veruna di 

voi che qui mi ascolta li voglia udire in vita, e molto meno in morte: perché 

tutte vi suppongo già risolutissime da qui innanzi d’incominciar da 

quest’oggi ad esser vere divote di Nostra Immacolata Signora, voglio dire, 

d’incominciare una nuova Vita, tutta lontana dalle colpe, tutta Immacolata 

al possibile, e tutta modesta. Sì sì, questo è il vostro particolare obbligo, 

se goder volete in questo Giorno, e in tutto il rimanente di vostra 

vita della protezion di Maria! 

6. Un tal’obbligo appunto riconobbe in sè quella gran Serva di Nostra Signora, 

e tenerissima amante dell’Immacolata Concezione Suor Paola Centurioni 

Monaca Teresiana. Essa nella festa di questo giorno, portavasi ogni 

anno avanti un’Immagine della SS.ma Vergine, e lì avanti genuflessa umilmente, 

con molte lagrime diceva, Mia Immacolata Signora, voi in questo 

giorno nel primo Momento di vostra Concezione vi donaste tutta a Dio, a Lui tutta vi 

offeriste in perpetuo. E così io a vostra imitazione oggi di nuovo mi dono per le vostre 

mani tutta tutta al vostro caro Figlio. A Lui consagro in perpetuo l’Anima mia, il 

mio cuore: a Lui i miei occhi, la mia lingua, e tutto il mio corpo; con proposito di essergli 

fedelissima col suo ajuto sino alla morte. Fortunatissima Paola, che una sì bella 

rinnovazione di Santa Vita, fatta in questo giorno, le fruttò mille grazie 

vivendo, mille dolcezze morendo, e infiniti godimenti dopo la sua dolcissima 

Morte. 

7. Ah mie care Sorelle, Figliuole mie dilettissime, e noi che stiamo qui trattenendo, 

che non facciamo una consimile offerta, e rinnovazione di spirito 

a Maria SS.ma! Deh sì sì, clementissima Madre di Dio, Imma-colata nostra 

Signora, ecco che in questo giorno vogliamo incominciare ad esser 

vere divote della vostra Immacolata Concezione col mezzo di una Vita tutta 

pura, tutta modesta, tutta Santa! Vi consagriamo, e doniamo dunque in 

perpetuo i nostri Cuori, e le Anime nostre; i nostri occhi, le nostre Lingue, 

e i nostri Corpi in vostro santo servizio. E risolviamo fermamente 

colla Grazia vostra di esservi fedelissime sino alla morte; la quale bra- 

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miamo, anzi vi preghiamo che sia tra le vostre SS.me Braccia, in onore 

della vostra Immacolata Concezione. Amen, Amen, Amen. 

Il Fine. 

Ascoli – Scuolapia 28 Novembre 1747. 

Io sottoscritta deputata dall’Accademia dell’Immacolata Concezione a rivedere 

tutti i componimenti etc., avendo con diligenza riveduto 

l’introscritto Sermone, né avendo trovata in esso cosa veruna ripugnante 

alla Santa Fede, né contra i Buoni Costumi, né contra i Principi Cristiani; 

anzi avendo in esso osservata una soda, e tenera pietà, son di parere che 

possa, anzi debba recitarsi. In fede etc. 

Suor Lotemia Conca Accademica Censoressa. 

Le serva per requisito, come di orazione Accademica etc. 

Scuolapia 10 dicembre 1747. 

Suor Lotemia etc.

3 

Sacro triduo ed orazione panegirica per la festa 

dell’Immacolata Concezione dell’anno 1749 

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3 

Triduo ed orazione panegirica per la festa dell’Immacolata 


Nel 1748 don Francesco Antonio Marcucci aveva ripreso intensamente la 

predicazione di missioni e quaresimali in città e fuori: a marzo aveva predicato 

le sante missioni ad Atri, ad aprile a Montorio, a giugno a Pianella. 

Il triduo per la festa dell’Immacolata Concezione del 1749 è costituito, 

come quello precedente, da tre discorsetti, mentre il componimento per l’8 

dicembre è un’orazione panegirica. L’Autore scrive e approva i testi. Per 

agevolare l’impegno catechetico delle suore, si era assunto il compito di redigere 

i discorsi, istruendole nello stile compositivo e nella recitazione. 

L’uditorio era probabilmente femminile, costituito dalle suore, dalle alunne 

della Scuola pia e da signore laiche. 

L’intento dei tre “discorsetti” è dimostrare che la Vergine Santa gradisce 

parti-colarmente essere invocata sotto il titolo di Immacolata Concezione e 

per questi devoti Ella ha una premura speciale; ancor più, Ella ricompensa chi 

proclama e celebra i doni divini connessi alla sua Immacolata Concezione. 

Vengono riferiti al riguardo vari esempi di miracoli, perché, afferma l’Autore, 

l’intelletto guida la volontà: “rimanendo esso più persuaso del vero per via 

della chiarezza dei miracoli, dà maggiori stimoli alla volontà, affinché con più 

di prestezza e fervore si muova ad abbracciare quella verità sì chiaramente 

conosciuta” 1 . 

L’insistenza potrebbe sembrare noiosa, ma si tratta di creare una mentalità 

e spianare la strada alla proclamazione del dogma, che avverrà per merito 

del Beato Pio IX nel 1854. L’Orazione panegirica spiega il mistero 

dell’Immacolata Concezione commentando il Salmo 86 al verso 2: “Il Signore 

ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe”. 

1 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., p. XXXIV.

3/a 


La devozione all’Immacolata Concezione è un mezzo efficace per ottenere da Maria 

SS.ma l’aiuto necessario specialmente nei gravi bisogni: questo è l’argomento del primo “discorsetto”. 

Esso viene provato attraverso l’esempio del Vescovo di Monte Albano in Basilea 

2 che, trovandosi nel pericolo di annegare, promise alla Madre di Dio di celebrare con 

particolare ossequio la festa della sua Immacolata Concezione, e fu salvato. 

Il brano si conclude con un attestato di rinnovato fervore dell’Autore verso 

l’Immacolata che si esprime nell’invito accorato rivolto all’uditorio: “Signore e Sorelle stimatissime” 

affinché decidano di essere più devote dell’Immacolata Concezione “con una 

tenerezza maggiore, con un ossequio più fervoroso”. 


Celebrandosi nella Scuolapia il Triduo dell’Immacolata Concezione 

nell’anno 1749. 

Primo Discorsetto – Venerdì 5 Dicembre. 

Argomento 

La divozione all’Immacolata Concezione è di efficace mezzo 

per l’ajuto ne’ gravi bisogni 

Egli è cosa pur troppo palese, non vi ha duopo che mi affatichi molto a 

rammentarla, che chi ha bisogno di ajuto, convien che umilmente ricorra 

a Colei, che meritamente dalla Chiesa si chiama Auxilium Christianorum. 

Perciocché chi vi ha che non sappia, che Maria SS.ma è quella destinata 

da Dio per Dispensatrice delle Grazie, e per pietosa e liberalissima Tesoriera 

dell’infinito Erario Divino? Vero è però, Signore, e Sorelle mie riverite, 

che benché la Regina del Cielo benigna e pronta si mostri in soccorrer 

chiunque divotamente l’invoca, e a lei ricorre, pure pare che una certa 

maggior premura mostri verso i Divoti di alcuni particolari Misteri a lei 

2 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., p. XXXVI, n. V. 

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più grati. Or uno di questi, voi già lo sapete, è appunto il sacro venerando 

Mistero, in onor di cui oggi incominciamo il Triduo divoto. Che perciò 

verso i Divoti di questo Nostra Signora si mostra oltremodo benigna in ascoltarli, e 

prontissima in sovvenirli. Un bell’esempio accaduto in persona di un certo 

Bernardo Vescovo di Monte Albano in Basilea, vi farà chiaramente vedere 

quant’io vi proposi. Abbiatene voi del fatto tutta la fede al suo Storico 

P[adre] Don Benedetto Gonone Monaco Celestino, che al tomo quinto 

delle sue Croniche lo racconta: e che nel tempo stesso prestare a me grata 

attenzione non siavi discaro. Do principio. 

I. Di nostra Salute l’anno mille quattrocento trentotto correva, quando il preaccennato 

Bernardo Vescovo di Monte Albano in Basilea, non so per qual 

premuroso affare, assiso su di un ben finimentato Cavallo, da buona 

scorta diretto, e da varj suoi Servitori accompagnato, si pose felicemente 

in viaggio. Il principio fu molto felice; e ciascuno e dalla fortezza, e bontà 

del destriero, e dalla sagacità e prattica della Guida, e dalla fedeltà, ed attenzione 

del corteggio, ciascuno, dissi, di un tal viaggio un miglior progresso 

predir ben poteva. Ma o quanto s’inganna il Mondo, e quanto benespesso 

dal Cielo diversamente la pensa! 

II. Il Cielo, anzi la Regina del Cielo, che pur, bisogna dire che amava molto 

questo suo divoto Vescovo, da questo viaggio ricavar voleva la sua Gloria, 

e colla permissione di una massima disgrazia mostrar disegnava quanto 

ella in riverenza della sua Concezione Immacolata in porger soccorso fosse 

ben pronta, e benigna. Tanto di fatto avvenne. Uditene il come. 

III. Un alto, e spaventoso Ponte varcar doveva parte a parte il buon Vescovo 

e qui, appena entratovi, voi avreste veduti pronti, e diligenti i Servi, 

e le Guide, chi in far ala al Padrone, chi in servirlo da vanguardia vicino, e 

chi da retroguardia guardargli le spalle: e lui ancor osservato avreste, cauto 

in tener forte con una mano al Destriero la briglia, e in tener se stesso 

forte coll’altra al pomo della sella. Non valsero però tutte le diligenze 

umane a guardarlo. Ecco, che all’improviso, imbattutosi in una gran fossa, 

che il rigor o delle acque, o degli anni, fatto avea in mezzo al Ponte, 

spaventatosi fortemente il Cavallo, tenta di passarla con un salto; ma non 

giungendo franco dall’altra riva, dentro precipitosamente vi cade; e nel 

mentre medesimo, atterriti gli Astanti com’esanimi restano; e più di tutti 

atterrito il pio Prelato, nell’atto che già in un tempo stesso e dal destriero, 

e dall’alto spaventoso Ponte stava per gire in precipizio, Ah, disse, non so 

con gli accenti della Lingua, o pur co’singhiozzi del Cuore, Ah, disse, pie-

tosissima Madre di Dio soccorretemi! Vi prometto di celebrar ogni anno con particolar 

ossequio la Festa della vostra Concezione SS.ma. Ed oh prodigj! Non appena un 

tal voto finito di esprimere avea, quando che pronta la Regina del Cielo a 

soccorrerlo, liberollo tosto dal precipizio, sottraendolo sano e salvo fuori 

dalla fossa, e rimettendolo senza punto di lesione nel suo felice Viaggio: 

del che memore il Prelato fu puntualmente osservante della Promessa. 

IV. Questo è il fatto, Signore, e Sorelle mie stimatissime. Decidete ora voi, 

se a maraviglia resta chiaro il mio Assunto, che Nostra Signora verso i 

Divoti di sua Immacolata Concezione si mostra oltremodo benigna in ascoltarli, 

e in soccorrerli pronta. Pertanto, se i Pericoli, e le disgrazie ci sono 

pur troppo frequenti; se i bisogni ci sono pur troppo continui, che facciamo, 

a qual partito ci appigliamo? Risolvete adunque in quest’oggi di 

esser da qui in poi con una tenerezza maggiore, con un ossequio più fervoroso, 

risolvete, dissi, di esser più divote dell’Immacolata Concezione: e fate 

ogni sforzo che altre ancora ne sieno divotissime. O voi fortunate, se così 

farete! Quali ajuti, quali favori, quali Grazie non otterrete da Maria SS.ma! 

Di tanto io in suo nome vi assicuro: e tanto da Lei con tutto il cuore vi 

prego. Così sia. 

3 Letto e approvato. 

Legit, approbavitque 3 . 

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3/b 


Chi difende e fa conoscere le glorie di Maria, legate al privilegio della 

sua Immacolata Concezione, ottiene dalla Vergine straordinari attestati di 

amore: è l’argomento del secondo discorsetto. Esso viene provato attraverso 

l’esempio del Beato Giovanni Duns Scoto 4 che certamente meritò il titolo di 

dottore sottilissimo dalla Regina del cielo per aver egli incominciato a spiegare 

pubblicamente il mistero della sua Immacolata Concezione sin dal 1308, quando 

ancora la Chiesa non ne celebrava la festa. 


Celebrandosi nella Scuolapia il Triduo dell’Immacolata Concezione nell’anno 

1749 5 . 

Secondo Discorsetto – Sabbato 6 Dicembre. 

Argomento 

Il difendere, e pubblicar le glorie dell’Immacolata Concezione impegna 

la Vergine a mostrar singolari finezze di Amore 

Non si può porre in dubbio, mie riverite Ascoltatrici, che il difendere, e 

pubblicar le alte glorie di Maria SS.ma non la impegni a dimostrar singolari 

finezze di Amore. Ne abbiamo le testimonianze di mille libri, di mille 

ragioni, di mille esempj. Pure, se tra finezze e finezze, tra amore ed amore 

varj gradi si assegnano, io starei per dire in quest’oggi che le più care 

finezze della Regina del Cielo, le più tenere sue rimostranze di Amore 

per chi con cuor divoto difende, e pubblica le Glorie dell’Immacolata Concezione 

di Lei, sieno riposte. Né valide ragioni, vi assicuro, né rilevanti 

congruenze, qualora tanto provar volessi, mi mancherebbero. Ma non 

volendo per questa volta accingermi a tanto impegno, contenermi penso 

in mostrarvi assolutamente come il difendere, e pubblicar le Glorie del preaccennato 

sacratissimo Mistero impegni la Vergine a mostrar finezze singolari di Amore. Il 

4 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., p. XXXVI, n. IV. 

5 L’Autore aggiunge a sinistra del titolo: “Recitato in chiesa”.

celeberrimo fatto di Giovanni Dunsio Scoto, riferito dal P[adre] Lezàna 

Carmelitano nella sua Apologia pro Immaculata Conceptione, e da altri moltissimi, 

darà a voi motivo di prestar credito al mio Assunto, e a me di provarlo. 

Attendete in cortesia: e mi fo da capo. 

I. Tra tanti celebri Dottori sottili d’Ingegno vanta la Religione Serafica, al 

sottilissimo Giovanni Dunsio Scoto, degno figlio di essa, dar la prima mano 

conviene. E questa singolar sottigliezza d’Ingegno, e d’Intelletto, per cui 

meritossi per antonomasia il bel titolo di Dottor sottilissimo, siccom’egli la 

ricevette in dono dalla Regina del Cielo (essendo egli prima naturalmente 

di grosso Ingegno, e d’Intelletto ottuso), così dovete voi incominciare a 

riconoscerla per un preventivo premio di quella singolar divozione, che 

poi verso l’Immacolata Concezione egli ebbe. Uditene, Signore, e Sorelle mie, 

il successo. Fiorì egli, e vivea nel terzo decimo Secolo di Nostra Salute 

(giacchè in Colonia nel 1308 all’altra vita fece passaggio). Or in quei tempi, 

il sacro Mistero, che or veneriamo, tuttoché in vari Regni, e provincie 

veneravasi ancora, le Glorie sue però non si erano dilatate per tutto il cattolico 

Mondo, né Santa Chiesa festa universale stabilita ne avea, com’è a 

nostri felicissimi tempi. Quindi allora, tuttoché innumerabili erano gli 

Adoratori dell’Immacolata Concezione, molti ancor ve n’erano che o per zelo 

di non introdurre novità, o per altro la impugnavano, e la negavano. 

Così a quei secoli lo permetteva Iddio, e la sua Madre SS.ma, affinché i 

suoi Amici mostrassero zelo in difendere, e propagare il Mistero; come a 

Santa Brigida fu rivelato. 

II. Che credete voi pertanto che allor facesse il venerabile Scoto? Vedeva egli 

già entrata nelle Scuole la privata disputa, che poneva in dubio un sì raro 

Privilegio della Vergine di essere ella sola stata tra tutti i Figli di Adamo 

preservata dal peccato originale, e Concetta senza macchia veruna: vedeva, 

che si armavano con molte riflessioni gli Avversari: vedeva… Ma che 

accade che più mi dilunghi? Vidde tanto il sottilissimo Scoto, che ripieno 

di zelo, e di amore risolvette di prender egli solo a petto di difender pubblicamente, 

in mezzo alla celebre intera numerosa Accademia ed Università 

della gran Città di Parigi dove allora trovavasi, di difender, dico, e 

pubblicar la verità, e le Glorie dell’Immacolata Concezione. Quindi, intimata 

per un dì prefisso, la solenne disputa, priachè l’ora giungesse, portatosi 

innante ad una sacra Statua di Marmo, rappresentante la Vergine, Ecco, 

mia celeste Signora, disse con molti teneri affetti, ecco giunto il tempo di consagrar 

all’onor vostro, e alla vostra difesa quel lume da voi ricevuto, quella sottigliezza da voi 

datami, quella Scienza, vostra mercé, ottenuta. Ho potenti, e molto dotti Avversari, è 

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vero; ma in voi confido. Dignare me laudare te, Virgo Sacrata; da mihi virtutem contra 

hostes tuos 6 . 

III. Non appena finiti questi accenti (O Portenti!), che Nostra Signora volendo 

far vedere al suo Servo quanto essa impegnavasi ad usar finezze 

singolari di Amore verso i Difensori, e Propagatori di sua Concezione Immacolata, 

subito da quella sacra Statua, chinogli amorevolmente il venerando 

Capo, così restando chino a vista di tutti; affinché, cred’io, tutti ancor 

risapessero che essa prontissima era ad usar finezze di benignità, di 

soccorso, e di amore verso i zelanti dell’Onor suo. E tutti lo riseppero di 

fatto anche nella solenne Disputa, dove il Sottilissimo Difensore, e Propagatore 

del Mistero, ribattè valorosamente, convinse, e tra mille evviva di 

giubbilo trionfò degli avversari argomenti. 

IV. Or non vi pajono queste singolari finezze? Ma piano, che vi sono delle 

più tenere. Volle Nostra Immacolata Signora, che il riferito suo Servo assai 

maggiori ne isperimentasse per premio dopo morte. Onde risappiamo 

ben noi dal Maganelli, e da altri, che un Angelo apparendo al Beato Amedeo 

pur francescano, gli disse così, Sappi, che Giovanni Dunsio Scoto fu molto 

amato dalla Regina del Cielo, per essere egli stato il primo a pigliare in pubblico le armi 

in favore dell’Immacolata Concezione. 

V. Riverite Ascoltatrici, bramate maggiori finezze di queste? E chi sarà adunque, 

che di buon cuore non risolverà ora di difendere, e ampliare le 

Glorie, e la divozione dell’Immacolata Concezione? Su pertanto, aiutiamoci, 

e facciam quanto possiamo affinché questo caro adorabilissimo 

Mistero sia adorato, e venerato da tutti. O le care finezze, che, mercè la 

bontà della Vergine, allora anche noi otterremo in vita! Ma non solo in 

vita, ma quel ch’è più in morte, e dopo morte. Amen. 

6 Concedetemi di lodarvi, Santissima Vergine, datemi forza contro i vostri nemici. 

7 Letto e approvato. 

Legit, approbavitque 7

3/c 


La devozione verso l’Immacolata Concezione di Maria è un’ efficace 

prevenzione dal male fisico e spirituale: è l’argomento del terzo discorsetto. 

Viene riportato l’esempio della città di Basilea 8 che nel 1439, colpita duramente 

dalla peste, viene prodigiosamente preservata dalla distruzione a motivo del 

decreto a favore dell’Immacolata Concezione di Maria promulgato dai Padri 

Conciliari lì riuniti. 


Celebrandosi nella Scuolapia il sacro Triduo dell’Immacolata Concezione 

di Nostra Signora nel 1749. 

Discorsetto Terzo. 

Argomento 

La divozione verso l’Immacolata Concezione è un efficace 

preservativo, e rimedio contra la peste 

È proprio de’ Santi il favorire i loro Divoti in quelle cose, nelle quali furono 

essi privilegiati da Dio. Egli è questa una cosa così patente, che la sola 

sperienza tuttogiorno ce la rimostra. Lo stesso, penso io, potersi dire della 

Regina de’ Santi Maria SS.ma; la quale sebbene, sia singolar Protettrice 

in tutto, e in tutto ancor i suoi cari Divoti continuamente favorisca; pure 

pare che in quelle cose, in cui essa fu privilegiata dal Sommo Iddio, o ad 

onor di quelle supplicata, pare, ripeto, ch’essa si mostri talora più pronta 

in dispensar i favori, e nell’esaudir più benigna. Né saprei io renderne altra 

ragione, se non se per una particolar contentezza ch’ella riceve nel 

sentirsi da suoi divoti rinovata la memoria gratissima de’ suoi Privilegj; 

oppure che questi suoi medesimi Privilegj la spingano, direm così, a protegger 

con singolarità tutto ciò che a loro in qualche modo una qualche 

correlazione possano avere. Che s’è così, non riusciravvi dunque nuovo 

in questa sera, Riverite che mi ascoltate, se io vi propongo, che la divozione 

all’Immacolata Concezione di Nostra Signora è un Preservativo efficacissimo, oppure 

8 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., p. XXXVII, n. VII. 

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un efficacissimo Rimedio contra ogni pestifero male. Perciocché se voi rifletterete 

il singolar Privilegio della Vergine di essere stata preservata all’intutto da 

quella velenosissima, ed universale peste del peccato di Adamo, accorderete 

di buona voglia a’ divoti Ossequiosi di questo singolar Privilegio, il 

vanto di una singolar protezione contra ogni infezione pestifera. Oltrecchè 

alcuni bei fatti, riportati a proposito dal Gonone nelle sue Croniche 

Celestine, vel faranno chiaramente vedere. Uditeli di grazia: ed eccoli 

pronti. 

I. Di nostra salute l’anno mille quattrocento trentanove correva, quando 

contra la misera ed infelice Città di Basilea sdegnato fortemente il Cielo, e 

col Cielo l’Aria tutta, tosto in un deplorabilissimo stato la ridusse con una 

fierissima pestilenza. Ed oh che orrore, e compassione insieme era il vedere 

da una banda cader infermi anche i più Giovani, da un’altra atterrati 

anche i più forti, qua agonizar Nobili, là esalar lo spirito Plebei; ed in ogni 

Piazza, in cadauna Strada, in ciascuna Casa sentir grida, e lagnieri, veder 

ulceri, e piaghe, mirar a centinaia il giorno Agonizzanti, e Morti. Tra tante 

miserie, e strage così universale però, mossosi a pietà il Cielo, dispose che 

la quasi desolata ed estinta città pur trovasse a’ suoi danni un efficace 

Rimedio. E questo (o prodigj della divozione all’Immacolata Concezion 

di Maria), e questo Rimedio, dissi, fu che trovandosi in quell’anno in Basilea 

un buon numero di Vescovi, e di Padri per la celebrazione del sacro 

Concilio che ivi facevasi, dopo varj consulti, e dopo varie sessioni tenute, 

fare un decreto risolsero, tutto favorevole all’Immacolata Concezione di 

Nostra Signora. Di fatto alla sesta sessione lo fecero. E appena fatto, ecco 

che la gran Vergine tosto riconosce la città tutta per sua divota, 

s’impegna subito di liberarla: onde ordinando all’aria che si purificasse, 

imponendo alla morte che arrestasse la sua falce fatale; ecco spira una soave 

auretta che tutti rinvigorisce, che tutti riconsola, che tutti miracolosamente 

risana. 

II. Il giubbilo, il contento, l’allegrezza, il rendimento di Grazie di quella risanata 

Gente, lascio a voi considerarlo, Ascoltatrici mie riverite; comeppur 

quanto maggiormente crescer potè in ogni cuore un tenero affetto verso 

il sacrosanto Mistero: massimamente che le miracolose ed istantanee guarigioni 

vieppiù giornalmente crescevano; tralle quali un’altra prodigiosissima 

egli è questa. Trenta Appestati rimasti erano nel monistero de’ Monaci 

Cluniacensi; ed appena ivi portata una copia del favorevole decreto 

all’Immacolata Concezione, ed ivi letta, ecco che tutti da ogni infezione 

pestifera sani e salvi rimasero.

III. Ed ecco ancor, Riverite mie, quanto è vero, che la divozion all’Immacolata 

Concezione è un ottimo ed efficacissimo Antidoto contra ogni 

veleno pestifero. Peste oh quanto più velenosa, e fiera è il peccato: contra 

di questa peste abbiamo assai più bisogno di Preservativi, e di Rimedj. 

Uno ve ne assegno, ed è un decreto, un proposito, una stabile risoluzione 

di esser divotissimi dell’Immacolata Nostra Signora, e pregarla continuamente 

a riverenza della sua Concezione Immacolata a preservarci da questa 

peste della colpa. Con questo mezzo tanti e tante chi preservate ne furono, 

e chi liberate. La clementissima Signora degnerassi di far anche a 

noi la stessa Grazia. E così sia. 

9 Letto e approvato: Scuola pia - 29 novembre 1749. 

Legit, approbavitque: 

Scholaepiae III Calendas Decembris MDCCXLIX 9 . 

51

52 

3/d 

Orazione panegirica per il giorno della festa 

L’Autore è certo della fede e della devozione che l’Uditorio ha verso 

l’Immacolata Concezione di Maria. Questo privilegio, già spiegato da tanti 

dottori in tutto il mondo, non necessita di ulteriore riflessione. Egli si propone 

di dimostrare che Maria fu più cara a Dio nella sua Immacolata Concezione di 

quanto lo furono gli angeli e i santi con la pienezza della loro santità; prova il 

suo argomento, spiegando in senso mariologico il verso 2 del Salmo 87(86): “Il 

Signore ama le porte di Sion più di tutte le porte di Gerusalemme”. Il Salmo si 

ispira a Isaia e a Zaccaria. Il profeta Isaia annunziava già la funzione materna 

di Sion, sposa feconda di Jahvè. Francesco Antonio Marcucci afferma che 

Sion, la sposa feconda, è Maria. Le porte rappresentano il primo istante della 

sua concezione, che Dio dall’eternità ha ricolmato di grazia, preservandola dal 

peccato, in vista della divina maternità; dunque Dio ha amato Maria più di tutti 

gli angeli e i santi e tutto ha creato perché Maria ne fosse regina. Non rimane 

che congratularsi con Maria per la sua bellezza e invocarla perché ci impetri il 

santo amore di Dio per vivere e morire sotto la sua protezione. 


Orazione Panegirica per l’Immacolata Concezione di Nostra Signora. 

Lunedì 8 Dicembre 1749. 

Diligit Dominus Portas Sion super omnia Tabernacula Jacob 10 

Ne’ Salmi all’ottantesimo sesto 

Che l’augustissima Regina del Cielo, e Vergine sempremai ammirabile, Maria 

SS.ma, sul primo spuntar di sua vita, nel momento in cui dal sommo Iddio 

la bell’Anima le fu infusa nel Corpo, in quell’istante, in somma, in cui 

fu Concetta, fosse tutta Immacolata, tutta bella, tutta Santa, senza menomo 

neo di colpa originale, non accade punto affaticarsi per dimostrarlo. 

Già questo sacro Mistero della Immacolata Concezion della Vergine 

fu non oscuramente adombrato in tante figure, vaticinato da tanti Oracoli, 

spiegato e difeso da tante Accademie, propagato ed encomiato da tanti 

Dottori; già è universalmente acclamato da tutto il Mondo; già dalla Chie- 

10 Il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe.

sa vien con pompa riguardevole e solenne festeggiato. Non aspetti pertanto 

niuna di voi, Ascoltatrici riverite, che io in quest’oggi di sì eccelso 

Privilegio favellar dovendo, a dimostrarne la verità, l’indubitatezza accinger 

mi voglia. E sembravi in oltre ragionevole che io sì poca stima e concetto 

del vostro pietoso ossequio verso il venerabile Mistero far debba, 

che voglia in questo dì presupporlo titubante e dubbioso? Il Ciel me ne 

guardi. Piuttosto, supponendo in voi una pietà singolare verso 

l’Immacolata Signora, come già un gran saggio me ne avanzate, ajutar mi 

voglio (affin questa divozione vostra sempre più fervorosa divenga) ajutar, 

dissi, mi voglio in farvi ammirare il singolarissimo Amor di Dio verso 

la Vergine, col dimostrarvi che ella fu più cara a Dio nella sua Concezione, che 

non furono a Lui cari tutti gli Angeli, e tutti i Santi insieme nel colmo della lor Santità. 

La bontà vostra mi fa riprometter della vostra attenzione, mentre incomincio. 

I. Non vi ha lingua umana che l’alto grado in cui furono cari a Dio i Santi, 

massimamente allorché alla meta della lor perfezione giunsero, esprimer 

possa. Le finezze oltremodo singolari da Dio mostrate alle Geltrudi, alle 

Metildi, alle Rose, alle Catterine, alle Terese, certa testimonianza render ci 

possono dell’Amor grande di Dio verso di loro. Perloché, se voi pensier 

vi prendeste ad accumular insieme tutte quelle migliaja di milioni di Anime 

predilette, che ora signoreggiano nella Patria beata; e con loro tutti 

quegli innumerabili Angelici Spiriti, che in Ciel soggiornano, uniste; e nello 

stato felicissimo del colmo della lor Santità li consideraste; possibil al 

certo non sarebbe, che voi l’Amor immenso di Dio verso di loro potreste 

comprendere. 

II. Ma pure, tuttoché il grado, nel quale tutt’insieme uniti questi vasti Tabernacoli 

di Santità furono cari a Dio, fosse singolare, mirabile, e grande; 

pure, ripeto, convien che di gran lunga ceda al solo Amor che Dio portò 

alla Vergine nella sua Concezione: Diligit Dominus Portas Sion super omnia 

tabernacula Jacob 11 . Le sole Porte, cioè a dire, il primo solo Istante di vita, 

di questa sua Mistica Sionne, vale a dir della Vergine, fu caro a Lui, e da 

Lui teneramente amato sopra tutti i mistici Tabernacoli di Giacobbe, voglio 

dir, sopra tutta la Celeste Corte insiememente unita. 

III. E vaglia il vero, Riverite Ascoltanti. Non fu forse la gran Vergine eletta e 

prescelta da Dio per sua Madre sin da secoli sempiterni? Non vi ha chi 

11 Il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe. 

53

54 

porli in dubbio con empia lingua ardisca. Ab eterno avea stabilito 

l’Altissimo di vestirsi nel tempo di umana Carne: e ab eterno eziandio chi 

nel tempo doveva esser sua purissima e degna Madre destinato avea. Che 

se come Madre fu la Vergine sempre rimirata, qual fia maraviglia ch’essa 

nella sua Concezione, vale a dir nel primo momento del viver suo, fosse 

più cara a Dio, che tutto insieme il rimanente de’ Santi? La Maternità Divina, 

a cui Nostra Signora era stata eletta, e per cui era stata creata, siccome 

sin nella sua Concezione sopra tutti gli Angeli, e sopra tutti i Santi 

la rese degna, così sopra tutti loro in quel beato momento cara la rese, ed 

amabile. 

IV. Che se dall’Amore la Santità si argomenta, e la Grazia, deducete ora voi 

quanto sodo e valevole sia il fondamento di ascrivere all’eccelsa Immacolata 

Nostra Signora, e confessare apertamente in lei una Grazia e Santità 

maggiore nella sua sola Concezione, maggiore, dico, a quella che nel 

colmo de’ meriti loro i Santi, ed Angeli tutti unitamente ebbero; come 

saggiamente pur disse San Vincenzo Ferrerio, Virgo fuit santificata in Utero 

Matris supra omnes Sanctos, et supra omnes Angelos 12 (Ser. 1 De Nat. Virg.); e 

conforme tra gli altri confessollo ancor San Francesco di Sales, allorché 

scrisse che Nostra Signora fu dotata di una Purità, e di una Grazia così eccellente 

fin dall’Istante della sua Concezione, che quella de’ Cherubini, e de’ Serafini non se le 

poteva paragonare in conto alcuno (Ser. 4. De Purificat. Virgin.). 

V. Quindi io a figurarmi sono, che l’Eterno Divin Creatore allorché l’Anima 

SS.ma creò di questa sua cara Madre e gliela infuse nel Corpo, nobilitata 

nel tempo stesso di perfettissimo uso di ragione, e di tutti que’ Doni, 

Grazie e Virtù arricchita, che all’infinita Dignità, a cui era stata eletta, 

convenivano, sono a figurarmi, ripiglio, che tosto, con lei gli sfoghi 

dell’infinito Amor suo facendo, così le dicesse: Madre mia amatissima, e 

amabilissima ancora, innumerabili sono, è vero, le Anime mie predilette, 

Adolescentulorum non est numerus 13 (Cant. 4): ma che ha che far mai questo? 

Voi però siete l’unica mia Colomba che sopra tutte, e più che tutte insieme 

m’invaghite: Voi siete sopra tutte, e più che tutte l’unica mia Perfetta, 

l’unica mia Immacolata: una est Columba mea, Perfecta mea, Immaculata 

mea 14 (Cant. 4). Oh che dissuguaglianza infinita tra’ servi miei eziandio 

cari, e tra voi intercede! Matris Dei, et Servorum Dei infinitum est discrimen 15 

12 La Vergine fu santificata nel grembo materno sopra tutti i Santi e sopra tutti gli Angeli. 

13 Innumerevoli sono i miei prediletti. 

14 Unica è mia colomba, mia perfetta, mia immacolata. 

15 Infinita è la disuguaglianza tra i servi di Dio e la Madre di Dio.

(S. Jo. Dam.). Quegli gli ho creati, ma affin fossero vostri Sudditi, e Servi; 

anzi per voi ho creati i fiori, delineando in essi il vostro odore, e la vostra 

vaghezza; per voi ho create le Stelle, in esse la vostra fermezza delineando: 

per voi la Luna, e in essa la chiarezza vostra delineai: per voi il Sole, e 

in esso adombrai il vostro Splendore: in somma, per voi le mie Onnipotenti 

Mani formarono i Cieli, per voi creai il Mondo, per voi tutto; affinché 

de’ Cieli del Mondo, e di tutto Signora voi foste, Padrona, Arbitra, 

Imperadrice, e Regina: Per Mariam totus Mundus factus est 16 (San Bernard.). 

Sì sì affinché da voi dipendessero tutti. 

VI. Ma, Riverite Ascoltatrici, dov’io mi truovo? Che Eccessi, Stupori, Prodigj, 

Maraviglie di Amore son queste! Io non ho più mente per ripensarle, 

per ridirle non ho più lingua, non ho più modo, non ho più lena! Altro 

far non posso che ripetervi, ecco come la Nostra Immacolata Signora fu 

più cara a Dio, e più da Lui fu amata nella sua sola Concezione, che a Lui 

non furono cari tutti gli Angioli, e tutti i Santi insieme nel colmo de’ loro 

meriti; e in conseguenza, ecco come Ella ebbe più Grazia, e Santità nella 

sua sola Immacolata Concezione, che tutti gli altri unitamente nella 

somma de’ loro acquisti non ebbero. 

VII. Deh, giacché così singolare, e oltremodo grande fu l’Amore che Dio 

portovvi in quel vostro Momento beato, o gloriosissima Vergine; e giacché 

in tal guisa eccelsa fu la Santità vostra, e la Grazia; degnatevi di accettar 

le nostre congratulazioni, che ora con indicibile gioja vi facciamo: e in 

rimembranza così gioliva di Pregio vostro sì singolare, degnatevi in oltre, 

o potentissima Signora, d’impetrarci da Dio il suo Santo Amore, e la pienezza 

della sua Grazia; affinché con questa vivendo ossequiose verso la 

vostra Immacolata Concezione, con quest’ancor sotto il valido patrocinio 

della vostra stessa Immacolata Concezione possiamo tra le vostre Braccia 

amorose passar felicemente da questa vita a godervi perpetuamente 

nell’altra. Amen. 

16 Tutto il mondo è stato fatto per Maria. 

17 Suor Lotemia lo ha letto e approvato. 

Soror Lauthemia etc. legit, approbavitque ect. 17 

55

4 

Sacro triduo per la festa dell’Immacolata Concezione 


57

58 

4 

Sacro triduo per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1750 

I tre discorsetti “in sedia”, così chiamati per chiarire la posizione assunta 

dall’oratore nel rivolgersi all’uditorio, furono recitati per la prima volta 

dall’Autore alle religiose, alle alunne della Scuola pia e alle devote signore in 

occasione del triduo per la festa dell’Immacolata dell’anno santo 1750. 

L’argomento e lo schema dei componimenti ricalcano, con diverse sfumature, 

quelli degli anni precedenti. 

Su un foglio bianco della miscellanea (Cf. ASC 51, p. 49) si legge: 

“Sacro Triduo in onor dell’Immacolata Concezione per l’anno 1750. 

Tre Discorsetti 

Il Panegirico 

il Mottetto”. 

Da queste indicazioni si potrebbe dedurre che l’articolazione del sacro 

triduo fosse più complessa e comprendesse anche un panegirico ed un mottetto. 

Il primo purtroppo è andato perduto; il secondo si potrebbe ipotizzare essere 

quello conservato in ASC 47, p. 25 ed altra copia in ASC, “Versi e frammenti”, 

142/IX qui di seguito riportato. 

Sopra i Privilegj di Nostra Immacolata Signora. 

Canzonetta sull’aria della Marcucciana. 

1. Cedan’il Sol, la Luna, 

Le Stelle, i Fiori grati, 

Le Gemme, i Prati 

Cedano alla beltà 

Di chi in se stessa aduna 

Ogni beltà creata. 

Beata pur beata, 

Che in sé macchia non ha! 

2. Questa è l’eccelsa Donna 

Vergine e Madre insieme, 

Che preme preme 

L’altero capo ognor 

Del Serpe: ed è colonna 

Forte di chi la onora, 

E adora, adora 

Con tenero buon cuor. 

3. In quel primiero Istante 

In cui fu Lei concetta, 

Diletta diletta 

Al caro Dio sì fu, 

Che tante grazie e tante 

Versò in quel Cor beato, 

Immacolato; 

Che non si può dir di più.

4/a 


L’argomento del primo discorsetto è un invito ai devoti di Maria ad onorare 

con particolare fervore e purezza di anima la festa della sua Immacolata 

Concezione. Viene riportato l’esempio del Beato Pietro dell’Ordine Cistercense 

1 il quale era molto devoto di Maria, digiunava in suo onore e la invocava 

continuamente con i titoli di Avvocata, Sposa, Madre, Tesoriera e Rifugio. L’8 

dicembre del 1292, dopo anni di fervente devozione, Pietro chiese a Maria 

quale fosse la festa che Ella gradiva si celebrasse con più devozione. La Vergine 

Santa gli apparve tutta festante dicendogli che era appunto quella celebrata 

l’8 dicembre, festa molto gradita anche al suo Divin Figlio. Questo discorsetto 

fu recitato dall’Autore in chiesa, per la stessa occasione, nel 1753. 


Celebrandosi nella Scuolapia il sacro Triduo dell’Immacolata Concezione, 

nell’anno 1750 2 etc. 

Primo Discorsetto – Sabbato 5 Dicembre. 

Argomento 

I veri Divoti di Maria SS.ma nella festa della sua Immacolata 

Concezione debbono piucchè mai onorarla 

L’essersi, Grazie all’Altissimo, così universalizata nel Cattolico Mondo la divozione 

verso l’Imperadrice de’ Cieli, fa che verun sacro Dicitore abbia 

molto a sforzarsi per raccomandarne l’onoranza delle feste a Lei dedicate, 

e de’ suoi celebrati Misteri. Pure, se io in quest’oggi (che per la prima volta 

che favellar debbo da questa sedia ho la ben avventurata sorte di favellar 

della mia Celeste Signora) se io, dissi, in quest’oggi avessi un tantino a 

sforzarmi per aumentar in voi la divozione, Riverite mie Ascoltatrici, verso 

le feste ed i Misteri di Maria SS.ma, porrei al certo ogni sforzo affin 

d’infervorarvi nell’onoranza della festa imminente, e dell’adorato Mistero 

1 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., pp. XXXVII - XXXVIII n. XI. 

2 L’Autore aggiunge a sinistra del titolo: “Recitato in chiesa nel 1753”. 

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60 

della sua Immacolata Concezione. Ma via che tanto ho già di esseguir ideato. 

Udite se con qual fondamento. Il santificar con ispezialità di ossequio la 

Festa dell’Immacolata Concezione di Nostra Signora, è una cosa a Lei, ed al suo Divin 

Figlio di somma contentezza e premura. Un grazioso avvenimento succeduto 

al Beato Pietro Monaco Cisterciense, vi dimostrerà del mio fondamento 

tutta la verità e sodezza. Lo storico n’è il Gonone Celestino nelle sue 

Croniche: e mentre a lui porgerete tutto il credito del fatto, a me mostratene 

tutta la premura di udirne il racconto. Diamo principio. 

I. Il sacro Ordine Cisterciense, che potè sempre come può, ben chiamarsi 

una Religione de’ veri divoti, e cari Figli di Maria SS.ma, come ella stessa 

disse una volta ad un’Anima Santa, Qui sunt de Cistercio, ii sunt Filii mei 3 ; 

quest’Ordine sacro, ripeto, ebbe la sorte di aver tra suoi Monaci il B[eato] 

Pietro, di cui favelliamo. 

II. Questi non appena posto il piede nel detto sacro Ordine, che tutti i suoi 

pensieri nonmeno che tutti i suoi affetti all’Imperadrice del Cielo rivolse. 

Per Lei faceva digiuni frequenti; a Lei offeriva discipline, e travagli; in onor 

di Lei si esercitava in Tridui, e Novene; a Lei infocati sospiri, e calde 

orazioni incessantemente porgeva. Se voi lo aveste veduto, Ascoltatrici 

mie stimatissime, lo avreste osservato qual sacro Mongibello arder sempre 

di amore verso Maria SS.ma. Se lo aveste sentito, lo avreste udito favellar 

di continuo della gran Madre di Dio. Questa, da Pietro, or era chiamata 

sua Signora, or Avvocata, or Sposa, or Madre, or Tesoriera, ed or 

Rifugio suo sicurissimo. Per Lei languiva; per Lei sovente rimanevasi estatico; 

ed oh quante volte, regger non valendo agl’impeti veementi di 

Amore, svenuto e tramortito cadeva. 

III. Tanto il B[eato] Pietro Cisterciense erasi avanzato nella Divozione di Nostra 

Signora. Or accadde una volta, e fu nell’anno di Nostra Salute 1292, 

ch’egli si applicava ad onorar Maria SS.ma con vari orazioni, pregandola 

di fargli conoscere qual era quella festa di Lei, ch’egli con maggior fervore 

di ossequio celebrar dovesse; quando nel giorno ottavo di Dicembre, in 

cui appunto la festa dell’Immacolata Concezione si solennizza, comparir 

si vidde tutta festosa la Regina del Cielo, e sentì dirsi da Lei queste precise 

parole, Oggi, o Figlio, è la mia Festa; e però in questo giorno devi piucchè mai attendere 

alle Divine Lodi, ed alle Orazioni. 

3 I Cistercensi sono miei cari Figli.

IV. Chi può ridire pertanto, qual singolarissimo affetto prendesse il B[eato] 

Pietro, ciò sentito, verso la Concezione Immacolata di Nostra Signora? O 

che spezialità di ossequj egli usava in onoranza del memorato Mistero! 

Non cessava di benedirlo, encomiarlo, adorarlo, e di raccomandarne con 

ogni premura ad altri un particolarissimo ossequio. E maggiormente in 

ciò poi crebbe, quando un’altra volta vedendosi apparir tutto grazioso il 

Redentore Divino, udì da Lui dirsi, Sii perseverante, Pietro, nell’onorar la mia 

Madre Immacolata, perché io molto ne godo. E tanto bastò affinché il B[eato] 

Pietro, e per sé, e per altrui profitto restasse persuasissimo di quanto io 

proposi a voi, divotissime Ascoltanti, cioè che il santificar con ispezialità di 

ossequio la Festa dell’Immacolata Concezione di Nostra Signora, è una cosa a Lei, ed 

al suo Divin Figlio di somma contentezza e premura. 

V. Che facciamo pertanto? Questa è la bella occasione di dar sul genio a Maria 

SS.ma, e a Gesù Signor nostro. Essi bramano, e vogliono che il Mistero 

dell’Immacolata Concezione sia da noi teneramente amato, onorato, riverito. 

Si protestano qui consistere il lor gusto, la lor premura. Adunque 

convien oggi risolver dadovero d’incominciar ad esser veri ossequiosi 

verso questo sacro Mistero tanto caro alla Vergine, ed al suo Divin Figlio. 

Credetemi, diceva Sant’Anselmo, non è vero Amante di Maria, chi non è 

divoto della sua Immacolata Concezione, Non videtur verus Amator Virginis 

qui diem Conceptionis ejus colere recusat 4 . Lo stesso io dico a voi in quest’oggi. 

Perciocché il vero Divoto ed Amante di Maria fa ogni sforzo per darle 

sul genio, e far le cose di suo piacimento. Il genio, e piacer della Vergine è 

che noi e con purità di Anima, e con orazioni, e con altri ossequj onoriamo 

l’Immacolata sua Concezione. Questo adunque far debbe chi della 

gran Vergine vuol’esser vera Divota. 

4 Non può dirsi un vero Devoto della Vergine colui che non accetta di venerare la sua Immacolata 

Concezione. 

61

64 

4/b 


L’argomento del secondo discorsetto è un invito agli amanti di Maria ad 

essere particolarmente devoti dell’Immacolata Concezione, perché ciò garantisce 

l’assistenza della Vergine santa in tutti i bisogni materiali e spirituali. Viene 

narrata come incoraggiamento la storia della Beata Beatrice de Silva 5 canonizzata 

da Paolo VI nel 1976, proposta anche come modello alle Pie Operaie 

dell’Immacolata Concezione per la sua tenera devozione all’Immacolata e per 

le sue virtù, specialmente la modestia. La Regina del cielo premiò Beatrice 

permettendole di fondare a Toledo un Ordine di Religiose a Lei consacrate, 

tutt’ora florido, e di ottenerne nel 1489, mentre era ancora in vita, la conferma 

dal Papa Innocenzo VIII. Questo discorsetto fu recitato dall’Autore nel 1752 

per la stessa occasione in chiesa. 


Celebrandosi nella Scuolapia il sacro Triduo dell’Imm[acolata] Concez[ione] 

nell’Anno 1750. 

Discorsetto secondo – Domenica 6 Dicembre 6 

Argomento 

Chiunque brama soccorso dalla SS.ma Vergine ne’ suoi bisogni 

spirituali, e temporali, sii divoto dell’Immac[olata] Concez[ione] 

Dall’esser l’Uomo continuamente soggetto a mille mali e di Anima, e di 

Corpo, fa che continuamente di un possente soccorso e per l’Anima, e 

pel Corpo abbia bisogno. Grazie ben mille sieno però al Sommo Dio, che 

i nostri estremi bisogni osservando, oltre all’averci ben proveduti de’ suoi 

non mai interrotti soccorsi, ci ha assegnata di più una Protettrice così 

possente, e benigna, qual è la sua istessa SS.ma Madre, e nostra Immacolata 

Signora. Questa è quella che della salvezza delle nostre Anime è continuamente 

sollecita; e della prosperità ancora de’ nostri Corpi, qualor in 

5 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., pp. XXXVIII - XL n. XII. 

6 L’Autore aggiunge a sinistra del titolo: “Recitato in chiesa nel 1752”.

nostro vantaggio ridondi, n’è del continuo premurosa. Ma, Ascoltanti 

mie dilettissime, per chi mai stimate voi che le maggiori premure di Maria 

SS.ma sien riposte? Se nol sapete, sono io a divisarvelo. Son riposte appunto 

per li Divoti della sua Immacolata Concezione. Perciocché la divozione 

all’Immacolata Concezione è un mezzo efficacissimo per ottener dalla Regina del 

Cielo un pronto soccorso per li bisogni non meno dell’Anima, che del Corpo. La Vita 

mirabilissima della nostra Santa Madre e fondatrice, Beata Beatrice de Silva 

Real Principessa Portoghese ve ne potrà render indubitata ogni testimonianza. 

Il Bivario, il Maracci, il Vasconello, il Gonzaga, il Mazzara, il Mireo, 

il Vaddingo, e tanti altri celebri Scrittori delle Gesta della nostra Beata 

Madre vi daran certezza di quanto ora sono per raccontarvi, se attenzione 

benigna mi presterete. Incomincio. 

I. Succhiò quasi col Latte in Lisbona, metropoli del vaghissimo Regno di 

Portogallo, la tenera divozione verso l’Immacolata Concezione della gran 

Vergine, la nostra Beata Madre Beatrice de Silva: tanto sin da teneri anni incominciò 

con mille affettuosissimi ossequj ad onorar il Mistero. Né questo 

fervore punto se le scemò, qualor forzata dalla sua cugina, figlia del 

Re di Portogallo, chiamata D[onna] Isabella, a partir con Lei per la Spagna, 

in occasione che detta D[onna] Isabella fu data in consorte al Re di 

Castiglia. Portossi la nostra Beata colla novella Regina sua Parente in Toledo; 

ma in quella Corte, voi non l’avreste veduta men fervorosa nella 

pietà, di quella ch’era in sua casa in Lisbona. 

II. Avvenne però, che la Serva di Dio, Giovinetta allor di venti anni, benché 

fosse anche in mezzo alla Corte lo specchio dell’Innocenza, fu presa fortemente 

in sospetto dalla Regina; e talmente, che all’improviso senza fargliene 

motto, ordinò che fosse di notte tempo trasportata in un castello, 

serrata in un oscura prigione, e lì crudelmente fatta morir d’inedia priva 

affatto di cibo. Povera Beatrice, misera Verginella, che farà mai? 

III. Era già il terzo dì, che l’afflitta se ne stava, non so se io dica più morta 

che viva, senza cibo veruno in quell’oscurissimo carcere. E qui quali Lagrime, 

quali suppliche porgesse all’Immacolata Regina del Cielo, ciascuna 

di voi può figurarselo. Ed ecco, che tosto esaudita restonne. Apparvele 

tutta cinta di luce Maria SS.ma, e dopo averla consolata, le apre la prigione, 

la dà in consegna a due Santi dal Cielo discesi (che furono S. Francesco 

di Assisi, e Sant’Antonio di Padova), la fa condurre di notte tempo in 

Toledo; la colloca qual nascosta Educanda nel Real Monastero di S. 

Domenico: ed ivi visitandola benespesso, e ammaestrandola con inse- 

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gnamenti celesti per lo spazio di quarant’anni: alla fine, essendo la nostra 

Beata, divenuta perfetta discepola della Regina del Cielo, se la vidde un dì 

apparire tutta cinta di Luce, vestita di bianco, e con manto torchino in capo; 

ed udì dirsi, “Ecco, o Figlia, il premio della tua singolar divozione verso 

di me. Io ti eleggo per Fondatrice di un novello ordine di Religiose 

dell’Immacolata mia Concezione; le quali mi saranno pur care; ed io le rimirerò 

sempre come mie Figlie dilette. Esse anderanno vestite, come tu vedi 

ora me vestita di bianco, col manto torchino: il bianco sarà segno della singolar 

purità e modestia che da lor voglio: il torchino sarà contrasegno della 

singolar protezione mia, e di tutto il cielo, ch’esse godranno”. Ciò finito 

disparve: avverandosi in tanto la fondazione della Religione nostra novella; 

che sotto il dì trentesimo primo di maggio del 1489, cioè a dire, dugento 

sessant’un’anni sono, fu dal Sommo Pontefice Innocenzo ottavo a 

maggior gloria di Dio, e dell’Immacolata Concezione della sua SS.ma Madre, 

confermata. 

IV. La nostra Beata Madre Beatrice de Silva adunque, voi vedete, di quante 

grazie nel Corpo, e nell’Anima fu favorita dalla gran Madre di Dio per la 

sua divozione all’Immacolata Concezione. È pur troppo vero pertanto, 

R[iveriti] A[scoltatori], che questa divozione è un efficacissimo mezzo 

per ottener pronto soccorso in tutti i nostri bisogni. Adunque, che facciamo? 

Eh risolvasi pur una volta daddovero di esser tenere divote 

dell’Immacolata Concezion di Maria! In nome di questo Mistero si preghi 

con calore; a riverenza di questo sacro Mistero a Lei ricorrasi sempre con 

fiducia; e saranno ottenute senz’altro le Grazie. Sì sì, così essa ce l’ha 

promesso per mezzo del suo Servo ven[erabile] Bernardino Bustio: Si 

quis gratiam quampiam a B. Virgine desiderat, eam in reverentiam Immaculatae suae 

Conceptionis efflagitet 7 . Diceva. 

7 Se qualcuno desidera qualche grazia dalla Beata Vergine, la chieda con fiducia in nome della devozione 

della Sua Immacolata Concezione.

68 

4/c 


In questo terzo discorsetto l’Autore spiega che i miracoli compiuti dalla 

SS.ma Vergine per glorificare la sua Immacolata Concezione debbono essere 

di grande stimolo per amare il suddetto mistero. A comprova narra il miracolo 

accaduto al vecchio Giovanni 8 nella Città del Messico il quale desiderava tanto 

che il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria fosse celebrato in tutta 

l’America e non solo nella sua città. La Vergine santa lo consolò apparendogli 

vestita di un ricco abito turchino e gli ordinò di andare dal Vescovo per chiedergli 

di far erigere sul monte una chiesa in suo onore, dove i fedeli avrebbero 

potuto sperimentare la sua protezione; il Vescovo però non si convinse. Allora 

la Vergine santa suggerì al suo devoto uno stratagemma che stupì ed intenerì il 

cuore del Prelato e la chiesa fu costruita. 

Si tratta del Santuario della Madonna di Guadalupe 9 . E’ singolare il fatto 

che Francesco Antonio ne fosse già a conoscenza. 


Celebrandosi nella Scuolapia il sacro Triduo dell’Immacolata Concezione 

nell’anno 1750. 

Discorsetto Terzo – Lunedì 7 dicembre. 

Argomento 

I Miracoli fatti dalla SS.ma Vergine per glorificar la sua Immacolata 

Concezione, ci debbono essere di grande stimolo ad onorar il 

sud[detto] Mistero 

I Miracoli, voi lo sapete, Sorelle mie diletissime; i Miracoli, dico, qualor falsi 

non sieno, sono argomenti efficacissimi per dimostrar la verità di una cosa. 

Imperciocchè vengono sempre fatti da Dio, ch’è la Sapienza e Verità 

8 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., p. XL n. XIII. 

9 Il santuario di Nostra Signora di Guadalupe sorge sulla collina di Tepeyac, presso Città del Messico. 

La costruzione, realizzata con incredibile rapidità, fu completata il 26 dicembre 1531 con il consenso 

del vescovo, padre Juan de Zumarraga, O.F.M. Fu la stessa Vergine santa a chiedere l’erezione del 

tempio, durante la Sua apparizione a Juan Diego Cuauhtlatòhuac, indio azteco, il 9 dicembre 1531. Il 

Vescovo si convinse dell’autenticità di tale apparizione, solo dopo aver assistito ad un miracolo, in 

seguito al quale autorizzò la costruzione immediata della chiesa, nella quale subito si verificarono 

prodigiosi miracoli. L’evento che maggiormente sorprende, è però l’inizio della inculturazione del 

Vangelo presso gli indios promossa, contrariamente all’usanza dell’epoca, dallo stesso Prelato.

istessa, in confermazione del Vero. Quindi abbiam noi ad argomentare, 

che qualora sortisca un vero Miracolo in compruova di qualche ossequio, 

di qualche divozione; l’una e l’altro sieno a Dio molto cari, ed a noi di 

molto profitto. Or tale appunto, Ascoltatrici mie, è l’ossequio verso 

l’Immacolata Concezione di Maria SS.ma. Lo credereste? Essa, ed il suo 

Divin Figlio, in compruova di ciò han fatto più volte degli stupendi miracoli. 

Io non vo qui già tesservene un catalogo; perché non mi è permesso 

dall’angustie del tempo. Ad un solo Miracolo mi restringo, accaduto nella 

Città del Messico nell’America, che altri chiamavano, India Occidentale. Il 

Miracolo è autentico, e si legge nelle storie Indiane. [foglio tagliato] lo riporta 

ancora il Perdicaro Gesuita. A lui [foglio tagliato] tutto il credito del 

fatto; ed a me [foglio tagliato] tutta l’attenzione nel racconto; che or incomincio. 

I. Un serio, e venerando Vecchio, chiamato Giovanni, vivea nella Città del 

Messico nell’Indie. Questi tra le molte buone qualità che racchiudeva nel 

cuore, una ve ne aveva più preziosa delle altre, ed era una tenera divozione 

verso la SS.ma Vergine, ed in particolare verso la sua Immacolata Concezione. 

Or bramava costui che questo adorato Mistero fosse stato riverito 

non meno nella sua Città del Messico, che in tutta l’America. Quindi aiutavasi 

a supplicar Maria SS.ma affin si degnassi mostrare in qualche modo, 

quanto le fosse gradito l’ossequio al suo Immacolato Mistero. Pensate 

voi, Figliuole, e Sorelle mie, se la Vergine, tanto premurosa di questo suo 

Privilegio Immacolato, e tanto anche zelante del nostro utile, pensate, 

dissi, se poté negar la Grazia al suo tenero divoto? 

II. Essaudillo un giorno, e fu con una celebre apparizione, unita a più stupendi 

Miracoli. Udite, ed inarcate le ciglia. Correva appunto questo Mese 

medesimo di Dicembre, quando un dì, mentre il divoto vecchio Giovanni 

si trovava in orazione, se gli fece vedere Maria SS.ma, tutta circondata di 

raggi di sole, coronata con dodici brillanti stelle, e vestita con ric[co] 

Manto di color azzurro o sia torchino. E me[ntre] il fortunato vecchio, 

tutto estatico di amor[e foglio tagliato c]ontemplandola, Su, mio caro Divoto, 

udì [foglio tagliato] su, va da mia parte al tuo Vescovo, e digli che io nel qui vicino 

Monte voglio una chiesa dedicata alla mia Immacolata Concezione. Così vogl’io 

mostrare quanto a me sia gradito l’onorar questo mio Mistero; e così lo proveranno ancora 

tutti quei che in detta chiesa poi mi onoreranno; sopra i quali io pioverò le mie 

grazie, e i mie favori. Ciò detto disparve. 

69

III. Con quanta prontezza e contentezza insieme eseguisse il buon Vecchio 

gli ordini avuti, ciascuna può considerarlo. Corse dal Vescovo, gli espose 

l’apparizione avuta, narrogli gli ordini, e il tutto. Ma, trovando poco credito 

per la prima volta presso il circospettoso Prelato; tenta il Vecchio di 

tornarci anche la seconda. Ma vieppiù trovato il Vescovo dubbioso nel 

dargli credito, sen ritorna a Casa; e tutto afflitto alla sua Celeste Signora 

con mille Lagrime ricorre. 

IV. Pronta fu la Vergine a consolarlo; ed apparendogli di nuovo con la stessa 

forma che l’altra volta: olà, gli dice, sta di buon’animo! La chiesa si dedicherà 

alla mia Immacolata Concezione, e presto. Tu intanto su questo rigido Inverno, portati 

nel vicino Monte; che io ti ci farò trovar Rose, Violette, e Gigli: porta tai fiori in dono 

al Vescovo da mia parte; e digli che creda, e solleciti la chiesa che io voglio. [foglio tagliato 

Ci]ò finito, si levò dagli occhi di G[iovanni foglio tagliato]. E questi, 

levatosi dall’orazione, corse [foglio tagliato] al Monte; ritrovò con istupore 

i fiori anche in mezzo alla Neve; li colse tutti; li portò al Palazzo 

Vescovile; li mostrò a tutta la Corte, che in parte ammirata, in parte intenerita 

restonne; tutti gridando Viva l’Immacolata Concezione, Viva! 

V. Ma, voi direte, e al Vescovo? Non glie li mostrò? Sentite, e stupite. Entra 

alla fine il Vecchio Giovanni dal Vescovo per presentargli i fiori; e quando 

voleva scoprirglili innanzi, ecco con più stupendo miracolo scuopre 

invece de’ fiori una bellissima Immagine dell’Immacolata Concezione, dipinta in 

tela per Angelica Mano. Resta fuori di sé Giovanni; rimane estatico il Vescovo; 

restano sopraffatti tutti quei della Corte. Ognuno piange; ognuno 

sospira; ognun si inginocchia; ognun si percuote il petto; ognun chiede 

perdono; e tutti poi gridano, Viva l’Immacolata Concezione! Si faccia la chiesa, 

si fabbrichi il Tempio dell’Immacolata Concezione! E così subito fu poi eseguito; 

e portata fu poi da tutto il clero e Popolo messicano, processionalmente 

alla nuova chiesa la sacra celeste divotissima Immagine. 

VI. Ed ecco, Sorelle mie, come la SS.ma Vergine ha fatti anche stupendi miracoli 

in compruova di quanto le sia caro l’ossequio alla sua Immacolata 

Concezione. [foglio tagliato] questi Miracoli appunto dalla Vergine opra[ti 

foglio tagliato] con servire per più forte stimolo ad ossequi[osa tene]rezza 

[foglio tagliato] questo suo sì caro, e a noi giove[vevole foglio 

tagliato]. 

70

5 

Sacro triduo ed orazione per la festa dell’Immacolata 


71

72 

5 

Sacro triduo ed orazione per la festa dell’Immacolata Concezione 


Don Francesco Antonio Marcucci nel 1751 porta a conclusione l’erezione 

di una Chiesa dedicata all’Immacolata Concezione, all’interno dell’Istituto. 

Essa era stata ricavata da un fondaco che aveva una porta esterna dalla quale 

potevano accedere i fedeli. Il progetto aveva impegnato il Fondatore, le religiose, 

vari amici e benefattori; essi vollero contribuire alle spese degli affreschi 

delle lunette nel nuovo tempio per illustrare, su progetto del Fondatore, sei 

scene della vita di Maria. 

La chiesa fu terminata il 4 dicembre e benedetta dal vescovo della città 

mons. Tommaso Marana. L’indomani, il Vescovo predicò il primo giorno del 

triduo; il secondo e il terzo furono predicati dal vicario generale della Diocesi, 

mons. Cristoforo Cosci. Il discorso accademico per il giorno della festa fu 

tenuto dal nobile signor marchese l’abate Giuseppe Alvitreti 1 . 

Nel 1752 l’Autore si impegna a predicare nella nuova chiesa, ogni sabato, 

un “Sermoncino famigliare contenente vari esempi e miracoli della Gran Madre 

di Dio Maria sempre Vergine” 2 ; dal 12 al 18 Marzo predica a Montalto un 

settenario in onore di San Giuseppe, sposo di Maria 3 e l’otto settembre, festa 

della Natività di Maria, dona alle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione le 

Costituzioni da lui redatte ed approvate dal Vescovo. 

Per il triduo della festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1752 

l’Autore riutilizza il discorsetto del 7 dicembre 1747 (Cf. 2/c discorsetto terzo), 

probabilmente quello del 6 dicembre 1749 e quello del 6 Dicembre 1750; 

manca il sermone per la festa. 

Nel 1753 l’Autore riutilizza per il triduo i discorsetti recitati gli anni precedenti 

in un contesto prevalentemente scolastico e li propone sotto forma di 

sermoncino familiare ad un uditorio un po’ più ampio, dal momento che il 

triduo si celebra nella nuova chiesa dell’Immacolata, attuale parlatorio nella 

Casa Madre dell’Istituto, aperta al pubblico; l’orazione per la festa 

dell’Immacolata, invece, viene composta il giorno della vigilia dello stesso 

anno. 

1 Cf. MARCUCCI, F.A., Memorie della Congregazione delle Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione, vol. I 

(1744 –1786) pp. 55-61. 

2 MARCUCCI, F.A., ASC 23, Autog. origin. (cm 13,50x19). 

3 MARCUCCI, F.A., ASC 10, Autog. origin. (cm 14x19,6) f. 10

74 

5/a 

Sermoncino primo 

L’Autore recupera il discorsetto recitato il 5 dicembre 1750 modificandone 

l’argomento. Mentre nel 1750 si prefiggeva lo scopo di incoraggiare i devoti 

di Maria ad onorarla nella festa della sua Immacolata Concezione, per farle 

cosa gradita, nel 1753 insiste sul fatto che ciò è ben accetto anche al suo Divin 

Figlio Gesù e questo deve persuadere a decidere di impegnarsi ad onorare 

Maria con il cuore e con la lingua, esortando altri a fare altrettanto. 

Il testo è stato trascritto dall’autografo ASC 51, pp. 293-296 

Sermoncino famigliare sopra la Divozione all’Immacolata Concezion di Maria, 

pel primo Giorno del Triduo de’ 5 Dicembre 1753 4 . 

Argomento 

L’onorar l’Immacolata Concezione di Nostra Signora è una cosa a 

Lei ed al suo Divin Figlio molto gradita 

L’esser, Grazie all’Altissimo, così universale nel Cattolico Mondo la divozione 

verso la Gran Madre di Dio Maria SS.ma, fa che verun sacro Dicitore 

abbia molto a sforzarsi per raccomandar l’onoranza delle Feste a Lei 

consecrate ed a suoi sacrosanti Misteri. Pure, se io in questa sera avessi 

un tantino a sforzarmi per aumentarne in voi il tenero ossequio, miei Riveriti 

Uditori, verso le Feste ed i Misteri di Nostra Signora, porrei al certo 

ogni premura affin d’infervorarvi nell’onoranza della festa imminente, e 

dell’adorato Mistero della sua Immacolata Concezione. Or seppur vi aggrada, 

contentatevi che tanto io in apparecchio divoto eseguisca ed eccovene 

insieme il Fondamento e l’Assunto. L’onorar con ossequio particolare la Festa 

dell’Immacolata Concezion della Vergine è una cosa da Lei, e dal suo Divin Figlio, 

molto gradita. Un grazioso avvenimento, succeduto al Beato Pietro Monaco 

Cisterciense, vi dimostrerà del mio Assunto tutta la verità e sodezza. Lo 

Storico del fatto n’è il Gonone Celestino nelle sue Croniche. E voi mentre 

4 Cf. testo 4/a, p.

a lui porgerete tutto il credito del racconto, a me favorite mostrar tutta 

l’attenzione in udirmi. Diamo principio. 

1. Il sacro Ordine Monastico Cisterciense, che potè sempre, come può ben 

chiamarsi l’Ordine de’ cari Figli di Maria (avendo detto essa stessa Qui 

sunt de Cistercio, ii sunt Filii mei 5 ), quest’Ordine Cisterciense, ripeto, ebbe la 

bella sorte di aver tra suoi Monaci il Beato Pietro, di cui favelliamo. 

2. Questi non appena posto il piede nel Monastero, che tutti i suoi pensieri 

non meno che affetti all’Imperadrice del Cielo, premuroso rivolse. Per 

Lei faceva digiuni frequenti; a Lei offeriva discipline e travagli; in onor di 

Lei si esercitava in Tridui e Novene; a Lei infocati sospiri e calde orazioni 

incessantemente porgeva. Se voi veduto lo aveste, Uditori, l’avreste 

osservato qual sacro Mongibello arder sempre di amore verso Maria 

SS.ma. Se lo aveste ascoltato, lo avreste udito favellar di continuo con 

gran tenerezza della Gran Madre di Dio. Questa da Pietro era chiamata or 

sua Signora, or sua Avvocata, or suo Rifugio, or sua Madre, or sua Sposa. 

Per Lei languiva; per Lei sovente rimanevasi estatico; ed oh quante 

volte, regger non valendo agl’impeti veementi di amore, svenuto e tramortito 

cadeva. Tanto il Beato Pietro Cisterciense erasi avanzato nella divozion 

di Maria. 

3. Or accadde un giorno, e fu agli otto del corrente mese, del 1292, ch’egli 

piucchè mai supplicando la Regina del Cielo a fargli conoscere qual era 

quella Festa e quel Mistero, che in onor suo con più tenero e fervente ossequio 

celebrar egli dovesse; comparir si vidde tutta allegra ed insieme 

maestosa e benigna la predetta Madre di Dio; e da Lei udì ancor dirsi, O il 

mio divoto, quanto pur mi son cari i tuoi ossequj! Son venuta a consolarti in persona, e 

a dirti, Oggi, o Figlio, è la mia diletta Festa, Festa in cui io preservata dalla colpa fui 

concetta: e perciò in questo Giorno a me così caro della mia Concezione, tu devi attender 

piucché mai alle Divine lodi, ed alle orazioni divote. Ciò detto, benedicendolo 

amorosamente, disparve. 

4. Chi può qui ridire, Uditori, qual affetto singolarissimo prendesse indi in 

poi il Beato Pietro verso l’Immacolata Concezione di Nostra Signora? O che 

tenerezze, o quali premure, o che zelo egli usava in onoranza del memorato 

Mistero! 

5 I Cistercensi sono miei Figli. 

75

5. Ma via, che ben mi accorgo non esser per anche appien provato il mio 

Assunto. Non solo alla Vergine, ma anche al suo Divin Figlio una tale 

onoranza io mostrar molto grata vi debbo. Su, anche questo dallo stesso 

Beato Pietro ricavare a chiare note il possiamo. Nel mentre che egli tutto 

fervoroso impiegavasi in ossequiar l’Immacolata Signora, eccoti un altro 

giorno apparir si vede tutto grazioso il Redentore del Mondo Gesù Signor 

nostro. Se gli umilia tosto Pietro, e sente incoraggirsi con queste parole, 

Pietro, il mio caro Pietro, sii pur perseverante nell’onorar l’Immacolata mia Madre, 

perché io molto ne godo. E tanto bastò al Beato Pietro, affin persuaso restasse, 

e ne persuadesse con zelo ancor gli altri, che l’onorar con ossequio particolare 

la Immacolata Concezion di Maria è una cosa da Lei, e dal suo Divin Figlio molto 

gradita. E tanto ancor dee bastare a voi, ed a me, Riveriti Uditori, per rimanerne 

non sol persuasi, ma infervorati ancora e ben premurosi. 

6. Che facciamo pertanto? Ecco la bella occasione di dar sul genio a Maria 

SS.ma, ed al suo Divin Figlio! Ecco il bel modo per ottenerne il loro amore, 

la loro graziosa protezione, il lor potentissimo ajuto e provvedimento 

in tutti i nostri bisogni. Adunque risolviamo in questa sera generosi 

e costanti di onorar per sempre l’Immacolata Concezion di Maria: onorarla 

col cuore, amandola, e mostrando zelo e premura per l’onor suo: onorarla 

colla lingua, lodandola, e procurando insinuarne anche ad altri la 

tenera divozione: onorarla colle opere, mettendo tutta l’attenzione in far 

una vita che sia di tutto genio della nostra Immacolata Signora. 

76 

Il fine. 

Laus Deo, Deiparaeque Virgini sine labe Conceptae 6 

6 Lode a Dio e alla Vergine Madre di Dio Concepita senza peccato.

5/b 

Sermoncino terzo 

Il Sermoncino familiare seguente fu recitato per il terzo giorno del triduo 

e si ispira al discorsetto del 5 dicembre 1747, modificato in parte come si coglie 

anche dall’uso di una diversa numerazione (romana-araba) e da una forma 

più discorsiva. 

Per il secondo giorno del triduo l’Autore riutilizzò forse il discorsetto del 

secondo giorno del 1747, probabilmente senza apportarvi modifiche, dal momento 

che non riscrive il testo. 

L’Autore parte dalla constatazione che la vita fisica e spirituale di ognuno 

si muove tra difficoltà e pericoli, tuttavia, benché tutti credano che ci siano 

mezzi per combattere questi mali, solo pochi li cercano: chi per ignoranza, chi 

per poca avvertenza, chi per malizia. Don Marcucci propone ai suoi uditori un 

mezzo efficacissimo per crescere nella diligenza di sfuggire il male e i pericoli. 

Esso consiste nella devozione all’Immacolata Concezione di Maria. 

L’Autore riporta il miracolo accaduto all’abate Elpino il quale, trovandosi 

con i suoi compagni in grave pericolo di annegare per una furiosa tempesta di 

mare, ricevette l’apparizione di S. Niccolò che, a nome della Regina del cielo, 

gli suggerì di prometterle di celebrare ogni anno la festa della sua Immacolata 

Concezione e di procurare che altri lo facessero. Il buon Elpino promise volentieri 

e fu salvato. Egli fu fedelissimo alla promessa ed, essendo ministro del re 

d’Inghilterra, diffuse in tutta la Nazione allora cattolica la devozione 

all’Immacolata Concezione, testimoniando che questo era un efficacissimo 

mezzo per essere liberati da tutti i pericoli e da ogni male. 


Sermoncino famigliare sopra l’Immac[olata] Concez[ione] 

pel terzo Giorno del Triduo de’ 7 Dicembre 1753. 

Assunto 

Per aver lo scampo da’ pericoli è di giovamento grande la divozione all’Immac[olata] 

Concezione 

Che il Mondo sia ben ricolmo e ripieno di mille inciampi e di mille pericoli sì per l’Anima, che pel 

Corpo, non accade io mi sforzi a dimostrarlo, giacchè ciascun lo vede, e quel ch’è più ognuno 

77

ancora lo isperimenta. Ma che poi nel Mondo vi sieno ugualmente de’ mezzi validissimi per 

avere lo scampo da’ pericoli continui che ci sovrastano, benché ciascuno lo crede, non 

ognuno però è tanto accorto ad appigliarvisi. Chi per troppa ignoranza, chi per poca 

avvertenza, chi per soverchia malizia va trascurando i mezzi che scampar lo possono o 

nell’Anima, o nel Corpo; e si contenta piuttosto di andar sempreppiù in rovina e in precipizio. 

Guardimi però il Cielo, Uditori, che così disaccorti e non curanti io vi supponga o vi tenga. 

Che perciò affin di sempreppiù far crescere in voi la diligenza in cautelarvi, voglio proporvi un 

Mezzo molto valido per avere da’ tutti i vostri pericoli lo scampo. Qual sarà questo mezzo? 

Eccolo: la divozione verso l’Immacolata Concezion di Maria. Uditene l’Assunto: Per avere lo 

scampo da’ pericoli è di un gran giovamento l’esser divoto del suddetto Mistero. Un fatto, raccontato da 

Sant’Anselmo Arcivescovo di Cantuaria in Inghilterra, servirà per pruova del mio argomento, 

e per soddisfar la vostra attenzione, che favorirete prestarmi. Incomincio. 

1. Navigava nell’anno di Nostra Salute mille e settanta, per alcuni importan-tissimi affari 

del Re d’Inghilterra, un Abate Inglese Cattolico molto pio, chiamato Elpino. Trovavasi 

egli già in alto Mare, quando ecco sente a suo danno turbarsi l’aria, ed alzarsi 

all’improviso un fiero contrasto de’ Venti. Oimè, vedesi gonfiare spaventosamente il 

Mare; e con urtarsi le onde infuriate l’una coll’altra si mira formar una furibonda 

tempesta. Va di ribalzo impetuoso la misera Nave or in alto quasi lottar volesse colle 

stelle, or al basso quasi giù nell’Inferno sprofondar si volesse. Non le giovano le 

Ancore per fermarla; a nulla in somma quanti mai di mezzi l’Arte nautica inventar 

suole, a nulla, dico, le servono per rattenerla. 

2. Or pensate voi, Uditori, in quale orribile spavento potevan tutti quei miseri Naviganti 

trovarsi; ed in particolare il povero Abate Elpino, che quanto men pratico forse di 

Nautica, tanto più pauroso diveniva. Il fatto è, che sì Egli, che altri tutti, abbandonata 

la Nave a discrezione de’ Venti furiosi, e delle Acque imperversate, piangevan 

dirottamente la loro irreparabil disgrazia: ciascun raccomandava l’Anima sua a Dio, 

ciascun tenevasi per affatto perduto. Non mancava però trattanto il piissimo Abate 

Elpino di esclamar con cuor fervente alla Regina del Cielo, supplicandola del suo 

potente soccorso in un pericolo così manifesto di morte, ed in un caso così disperato 

di umano soccorso. 

3. Ed ecco in tal mentre apparir a capo della giàgià pericolante Nave un Vecchio di 

venerando aspetto, e di sacri Abiti Pontificali vestito, che sembrava esser San Niccolò 

di Bari, invocato da Elpino, e messo per Intercessore presso la gran Madre di Dio. 

Rivolto dunque il sudd[etto] santo e venerabil Vecchio ad Elpino, dopo varj sguardi 

pietosi, Orsù Elpino, gli disse, sta di buon’animo! Io vengo a te, spedito dalla Regina del Cielo, a 

dirti, che se tu vuoi lo scampo da sì imminente pericolo di spaventosa morte, hai da prometter da vero 

senno una cosa; ed è di celebrar in ogni anno con particolare ossequio la Festa dell’Immacolata sua 

78

Concezione, e di procurare che altri ancora la festeggino, e con ossequj particolari la onorino. E qui 

giudicate voi, Uditori, se come a tal’udire rincorossi Elpino, e come pronto rispondesse, 

sì, lo prometto, e di buon cuor lo prometto! 

4. Or lo credereste? Tanto bastò, affin cessati tosto i venti, calmate le acque, si riponesse 

subito il mare in bonaccia; ed Elpino insiem con gli altri sano e salvo al bramato 

porto approdasse. Dato pertanto a terra, memore della sua promessa, ne fu osservante 

fedele. Perciocché non solo egli fu indi in poi divotissimo dell’Immacolata 

Concezion di Maria; ma e col fatto a lui avvenuto, e colle esortazioni, e con gli 

esempj ne propagò la divozione per tutta l’Inghilterra allor Cattolica, attestando 

esser questo un efficacissimo mezzo per aver da tutti i pericoli lo scampo. 

5. Che s’è così, che facciam noi, Uditori, noi, dico, che in questo Mar tempestoso del 

Mondo tra mille procelle di tentazioni, di pericoli, e di guai pur tuttodì ci troviamo; 

che facciamo, ripeto, che non ci appigliamo ad un mezzo così potente per aver da 

tutti i pericoli lo scampo. Adunque da qui in avvenire la divozione all’Immacolata 

Concezion di Maria ci sia molto a cuore; e se in noi è vera carità di veder anche gli 

altri soccorsi ne’ lor bisogni, ci stia anche a cuore di raccomandar loro questo bel 

mezzo. O allora sì, o come isperimenteremo graziosa e pronta la Protezion della 

Vergine, particolarmente nel punto di nostra Morte, ove il più grande pericolo ci 

sovrasta circa l’eterna nostra Salute. 

Il fine 

Laus Deo, Deiparaeque Virgini sine labe Conceptae 7 

7 Lode a Dio e alla Vergine Madre di Dio Concepita senza peccato. 

79

80 

5/c 

Orazione sacra 

L’Orazione in sacra lode a Maria SS.ma fu abbozzata frettolosamente, 

annota l’Autore, nella notte precedente la festa, cioè il 7 Dicembre 1753. 

Egli parte dalla comune esperienza di ogni persona che godendo di qualsiasi 

prosperità ne attribuisce la causa o ai propri avi, o a qualche benefattore 

o più giustamente alla Divina Provvidenza. 

Ora, nella festa dell’Immacolata Concezione, si celebra il più grande 

privilegio che Maria SS.ma e la stessa umanità abbiano mai ricevuto da Dio. 

Si tratta della preservazione della Vergine Santa dal peccato originale, sin dal 

concepimento. Questo era il meraviglioso disegno di Dio su Maria, fin 

dall’eternità, Egli l’aveva destinata ad essere la creatura più bella e più santa 

del Creato perché, nella pienezza dei tempi, l’avrebbe chiamata a diventare la 

Madre di Gesù. Come tale Ella non poteva essere soggetta alla legge che 

unisce ogni creatura ad Adamo: progenitore disobbediente. La divina Maternità 

fu “la nobile e prodigiosa sorgente” della superiorità di Maria ad ogni 

legge, come pure della sua sublime santità e grazia, tanto da superare quella 

di tutti gli angeli e i santi del cielo e della terra, fin dal primo istante della sua 

vita 8 . 

Sullo sfondo di queste affermazioni c’è il libro di Ester, cap. 15, 22 9 e 

del Cantico dei Cantici, capitoli 4, 7 10 e 6, 8 11 che, sulla scorta di San Bonaventura, 

erano già stati interpretati in senso mariologico dal Marcucci e proposti 

alle suore Pie Operaie sotto forma di Salmi mariani. Le citazioni bibliche 

riportate corrispondono rispettivamente ai salmi VIII, V e VII che tutt’ora le 

suore recitano in tutte le feste mariane e tutti i primi sabati del mese. 

L’Autore conclude lodando l’Altissimo per ciò che ha operato in Maria, 

poi si rivolge alla “SS.ma Regina” rinnovandolole, in onore dell’ineffabile 

mistero della sua Concezione Immacolata, il dono di tutta la sua vita e la 

speranza di poter giungere a contemplarla “vicina” in cielo con tutti i suoi 

ascoltatori. 


8 Cf. MARCUCCI, F. A., I dodici privilegj…, cit., p. 8 e ss. 

9 “Questa legge è stata stabilita per tutti ma non per te”. 

10 “Tutta bella sei amica mia e macchia non è in te!”. 

11 “Una sola è la mia colomba, la mia perfetta”.

Orazione Sacra in Lode 

dell’Immacolata Concezione di Maria sempre Vergine, 

recitata nella sua Chiesa nel Giorno della sua Festa, 

Sabbato 8 Dicembre 1753. 

(abbozzata frettolosamente nella notte precedente, cioè a’ 7 Dicembre 1753) 

Argomento 

La Divina Maternità, a cui la Vergine fu ab eterno preeletta, 

fu la sorgente ed origine della sua Preservazione e Santificazione 

singolarissima 

Non vi ha nel Mondo chi alle sue prosperità assegnar non possa o non sappia 

l’origine, da cui esse, quasi fiume reale dalla sua viva e feconda sorgente, 

sen derivarono. Alcuni, riandando le antiche storie del loro nobil 

lingnaggio, le ascrivono od all’amorevolezza cortese di qualche Monarca, 

od alle prodezze singolari di qualche loro inclito Eroe. Altri poi o 

all’industria sagace de’ loro Antenati, od alle operazioni magnanime del 

lor talento. Ed altri ancor finalmente, e con giudizio più accorto, 

all’infinita amorevolissima Provvidenza di Dio tutte le loro felicitadi con 

grato animo ascrivono. Ed essendo così, felicità sopra tutte le altre singolarissima, 

prosperità all’intutto incomparabile, maravigliosissimo Privilegio, 

in somma, egli è quello, R[iveriti] U[ditori], che noi tutti veneriamo in 

quest’oggi nella grande Imperadrice del Cielo Maria SS.ma, e che con ogni 

solennità ancor celebriamo. Ella sola, come voi ben sapete, tra tutti i 

Figli di Adamo l’unica fu, che in questo dì fortunato, allorché infusa nel 

Corpo ricevette da Dio la beatissima Anima, che vale a dir, allorché fu 

concetta, non contrasse l’originale peccato, ma da ogni minimo neo di 

macchia fu preservata all’intutto; Ella sola l’unica perciò che tutta pura, 

tutta bella, tutta Immacolata la Concezione sua ben’ebbe. Ma che dissi 

Immacolata? Dissi poco. L’ebbe ancor tutta Santa; come tutta festosa in 

questo dì giocondissimo canta la Chiesa, Quicumque celebrant Tuam Sanctam 

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Conceptionem 12 (La Chiesa, ripeto, che per toglierci fuor di ogni dubbio se 

che intendeva sotto questa Santa Concezione da essolei celebrata, si espresse 

a chiare note, e ci assicurò per bocca di Alessandro VII gloriosissimo 

intender Ella di solennizar la Preservazion di Maria dall’originaria colpa, 

cacciando ipso facto dalla Comunion de’ Fedeli chi tal espressa sua intenzione 

interpretar’ardisse in contrario, od in dubbio rivocarla volesse). 

Quindi essendo solo la Grazia che santifica l’Anima, ci si scuopre un’altra 

più grande prosperità, un altro più prodigioso Privilegio di Maria in quel 

beato Momento, cioè che non solamente preservata Ella restò dalla macchia, 

e fu Immacolata; ma insieme venne sì copiosamente arricchita di 

Grazia e di Spirito Santo, e fu così santa in altissimo grado, che sin di allora 

intitolarsi poté Regina de’ Santi. Che s’è così, a tali stupende adunque 

e singolarissime felicità della Concezion di Maria, adombrate nelle sacre 

Carte da tante figure, vaticinate da tanti Profeti, favorite da tanti Pontefici 

e Concilj, spiegate e difese da tutte le più celebri Accademie, e da innumerabili 

saggi ed insigni Dottori, attestate da tante non fanatiche no ma 

ben esaminate Rivelazioni, autenticate da tanti non favolosi no ma veri 

Miracoli, acclamate in somma e confessate da tutto il Cattolico Mondo: a 

tutte queste, ripeto, singolarissime e stupende felicità di Maria, qual’origine 

e sorgente mai nobile e fecondissima assegnereste voi colle vostre illuminate 

menti, Uditori? Io ben so, attribuirle alcuni alla pura Beneficenza 

di Dio; altri alle Virtù previse ed ai Meriti precogniti di Maria. E voi, 

che ne direste? Bramate vi scifri [riveli] il mio sentimento? Eccolo: e servirà 

per assunto del mio ragionamento. La Divina Maternità a cui ab eterno 

fu da Dio preeletta e prescelta la Vergine, fu la vera feconda sorgente ed origine che Ella 

fosse, non solo preservata dalla colpa nella sua Concezione, ma ricevesse insieme più 

grazia allora di quella acquistar ne potessero gli Angeli ed i Santi tutti nel colmo de’ 

loro meriti. Qualor bramiate con chiarezza vederlo, vostra sia la cura di attentamente 

udirlo, mentre mio è l’incarico di succintamente dimostrarlo. 

Eccomi a servirvi. 

1. Quella medesima, santa, infallibile Fede, che trionfando gloriosamente 

dell’empio Eresiarca Nestorio, ad onta e confusione di Lui, e de’ suoi 

Settatori maligni, ci pose per cattolico indubitato articolo il creder che la 

gran Vergine fu nella pienezza de’ tempi vera Madre di Dio, Sancta Maria 

Mater Dei, Sancta Dei Genitrix; quella medesima Fede, ripiglio, ci ammaestra 

infallantemente ancora, che avendo la Vergine attualmente goduta 

12 Tutti celebrano la Tua Santa Concezione.

nel tempo la Divina Maternità; a tale Maternità Divina, e a tutti quegli 

onori e privilegj singolarissimi che ad una Dignità così grande erano convenevoli, 

sin da tutta l’eternità fosse preeletta e prescelta dal sommo Iddio 

nella sua Mente Divina. 

2. Egli è vero, Uditori, che l’Uomo, benché tralle Creature tutte di questo 

basso Mondo sia la più perfetta; pure perché Creatura, avendo un intendimento 

finito e limitato, un saper troppo curto che nel giro di poche e 

ristrette notizie i suoi confini ritruova; si va perciò regolando nel governo 

delle cose sempre con nuove imaginazioni ed idee, con disposizioni sempre 

varie, con mutazioni frequenti. Opera spesso a capriccio, e sovente si 

truova negli avvenimenti prosperi e sventurosi fortuitamente e a caso. 

Non può egli saper il venturo, non può preveder il lontano, non può 

prevenire l’occulto. Perciò sempre vario necessaria-mente il troviamo, 

sempre incostante, sempre mutabile, sempre nuovo. 

3. Non così però avviene, né può mai succedere in Dio. Egli, ch’essendo necessariamente 

eterno, e colla eternità sua infinita ed immutabile tutti i 

tempi racchiude, e senza conoscer mai né passato, né futuro è perpetuamente 

ed immobilmente presente ad ogni tempo; e tutte le cose, che rispetto 

a noi soli furon passate, e che future saranno, Egli sin dall’eternità 

con un semplice semplicissimo sguardo sempre presenti le mira; non può 

mai con nuova volontà, diversa da quella con cui decretò ab eterno le cose, 

diportarsi, allorché l’onnipotente sua Mano ad eseguirle si accinge. 

Che perciò, sapendo noi di certo, Uditori, essere stata la Vergine nella 

pienezza dei tempi attualmente vera Madre di Dio, ed arricchita di tutti 

quei singolarissimi Doni ed Onori, che alla Dignità sua sublimissima ben 

convenivano; è certo ed indubitato, che come tale ab eterno fu preeletta e 

prescelta da Dio, e da lui rimirata come tale nelle eterne sue Divinissime 

Idee; le quali, per favellar co’ Teologi, sono il nobile ed immutabile archetipo 

o vogliam dirlo Esemplare e Modello di tutte l’essenze delle cose, e 

delle maniere colle quali dalla Divina onnipotente Mano posson crearsi. 

4. Quindi, andate pur voi, nobili e giudiziosi Uditori, andate pur meco stesso 

dicendo, e vi apporrete al vero. Prima che il Sommo Facitor delle Cose 

creasse i Cieli, dasse il folgore alla Luce, la chiarezza alla Luna, lo splendore 

al Sole, ed il brio alle Stelle: prima che dal nulla chiamasse al suo esser 

la Terra e il Mare; riempisse l’aria di uccei, di pesci le acque, di erbette 

i campi, ed i prati di fiori ridenti: prima che agli Angeli e all’uomo l’esser 

donasse e la vita: prima che gli Animali tutti, e le altre visibili, ed invisibili 

cose creasse: si si, prima di tutto questo, anzi da una immensurabile eter- 

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nità elesse Egli la gran Vergine nella sua Mente Divina per suo purissimo 

Albergo, per suo nobilissimo Tempio, per suo vaghissimo Trono, per sua 

degnissima Madre: potendo dire ben essa, ciocché profetizzando anche 

di Lei in persona sua il Savio predisse Ab Aeterno ordinata sum, et ex antiquis 

antequam Terra fieret 13 (Prov. 8, 23). 

5. Che più dunque andar indagando, Uditori, qual fosse l’origine e la sorgente 

feconda delle singolari e somme felicità di Maria in questo suo beatissimo 

Giorno? L’essere stata ab eterno preeletta e prescelta alla Maternità 

Divina fu la vera cagione per cui ed Ella sola tra tutti i figli di Adamo dir 

potesse con verità, come una volta a Santa Brigida già autenticatamente 

lo disse, Concepta fui sine peccato originali 14 ; e profetizar di Lei potesse ancor 

Davidde, essere stata Ella sola più cara e diletta a Dio in quel primo entrar 

alle porte di questa vita, che non gli furono cari e diletti tutti i Tabernacoli 

di Santità della Corte Celeste, Diligit Dominus Portas Sion super omnia 

Tabernacula Jacob 15 . 

6. Qualora il Sommo Iddio per mostrar giustamente l’assoluta sua Padronanza 

e col nostro Progenitore Adamo, e con tutti noi suoi Discendenti, 

che tuttoché non ancor creati ci avesse, pur come esistenti ci avea nella 

sua Mente Divina; qualora Iddio, dico, fece ad Adamo il divieto del Pomo, 

e collegò saggiamente con lui, come con nostro primo Capo morale, 

le volontà nostre tutte; rappresentò Adamo allora con tutta la verità più 

rigorosa tutti noi, in quella guisa che un Re obbligandosi o contrattando 

rappresenta tutto il suo Regno, e per esso si obbliga; od un Senato per la 

sua Republica; un Magistrato per tutti i suoi Cittadini. Ond’è che s’egli 

ubbidiente a Dio mostrato si fosse, partecipi della sua ubbidienza e delle 

sue benedizioni pur saremmo noi stati; che se prevaricatore, come già fu, 

saremmo anche noi stati prevaricatori con lui, come già siamo; ed avremmo 

ereditata la colpa, come già avviene coll’esser tutti con detta 

macchia concetti. Or a tal Legge generale di collegazione, e poi a tal universale 

terribil decreto di castigo e di morte, pareva, nol niego, che la gran 

Vergine ancora, come vera e natural Discendente di Adamo, dovess’esser 

inchiusa, dovess’esser soggetta. Pareva si… Ma piano. Quando Iddio fece 

con Adamo quella Legge di collegazione, e quel Patto, come lo chiaman 

le Divine Scritture, non era forse allora la Vergine nella Mente eterna 

di Dio preeletta per sua Madre Divina, non era preconsiderata e pre- 

13 Sono stata eletta dall’eternità, e prima di tutto, prima che esistesse il Mondo. 

14 Sono stata concepita senza il peccato originale. 

15 Il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe.

amata come Madre sua dilettissima? Non vi ha punto di dubbio. Or come 

poi poteva Iddio collegarla colla volontà di un uomo ch’Ei già prevedeva 

Prevaricatore? Come inchiuderla nella universalissima Legge? Come 

considerarla ed odiarla qual ribelle insiem con Adamo, qual sua Nemica, 

qual Peccatrice? Eh via eh via! La Divina Maternità, adunque a cui la 

Vergine era ab eterno sempre preconsiderata e prescelta, fu la nobile e 

prodigiosa sorgente di tanta sua felicità di esser superiore ad ogni Legge, 

di non esser collegata colla prevaricante Volontà dell’incauto Progenitore, 

di esser in somma la sola, l’unica che in tutto il Genere Umano non contraesse 

l’originaria macchia, e che fosse nella sua Concezione tutta pura, 

tutta bella, tutta Immacolata. 

7. Si; ma questo è poco. Udite della Maternità Divina effetti più prodigiosi e 

stupendi. Sembra, anch’io lo confesso, quasi impossibile a credersi a primo 

aspetto, che la Nostra eccelsa Signora, non solo Immacolata fosse 

nella Concezione sua felicissima, ma eziandio restasse sì copiosamente 

arricchita di Grazia e di Santità, talché sin da quel primo beatissimo Istante 

superasse di gran lunga tutta la Grazia e Santità non ostante altissima e 

da noi impercettibile che gli Angeli e Santi tutti del Cielo nel colmo de’ 

loro Meriti fecero acquisto. Ma se voi alla sua ricca e feconda sorgente ed 

origine volgerete lo sguardo, Uditori, vi sembrerà anzi impossibile che 

tanto non avvenisse. Ditemi, che il Ciel vi salvi, in quel primo beatissimo 

Istante in cui pose mano Iddio all’onnipotenza sua col creare la Vergine, 

ed infonderle l’Anima nel sagratissimo Corpo, non era pur forse considerata 

da Lui come sua Madre ab eterno preamata e prescelta? Non può 

dubitarsene. Or come dunque dispensarsi poteva Iddio di costituirla allora 

superiore a tutto il Paradiso; allora, dico, ch’eseguir’incominciava gli altissimi 

nobili suoi Disegni che di Lei per una eternità intera formati avea? 

Avea Egli già per tutti i secoli sempiterni colla Idea di costituirla a suo 

tempo per Madre, necessariamente accoppiata l’Idea di fornirla di tutte 

quelle eccellenti singolarissime prerogative che ad una Dignità così grande 

si convenivano, non solo come concomitanti, ma come ancor preparanti, 

e consecutive della Maternità Divina. Or siccome è certissimo, che 

la gran Vergine coll’esser Madre di Dio (col cui onore fu sempremai considerata 

nelle Idee divine) supera di gran lunga in dignità e quanti mai di 

più alti Serafini accoglie l’Empireo, e quanti mai di eccellenti Patriarchi, 

Profeti, Apostoli, e Santi ebbe la nostra Terra; giungendo insino a costituire 

i limiti a quella Divina Onnipotenza (che per altro non può esser 

mai circoscritta da confine veruno, né limitata); non potendo Iddio creare 

una Madre più onorevole e degna della sua medesima Madre. Così eran 

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per Lei indispensabili tutte quelle eccelse singolarissime Prerogative che 

alla sua Dignità sublimissima si convenivano, e quella in particolare che 

essa ancor superasse in ogni tempo e per ogni verso tutta la Santità più 

alta degli Angeli, e di tutta la Corte Celeste, in que’ suoi beati primi momenti 

del viver suo, ne’ quali l’Onnipotenza Divina ad eseguir cominciava 

tutte le altissime Idee che di sì prediletta e degna Madre per tutti i secoli 

sempiterni formati avea. 

8. Quindi son’io a figurarmi, Uditori, che l’onnipossente Divin Facitore, allorché 

infuse l’Anima nel sagro Corpo della sua Genitrice, e di uso perfettissimo 

di ragione nel mentre stesso l’ebbe riempita, con essolei gli 

sfoghi dell’eterno infinito Amor suo a palesar si facesse: Vergine amatissima, 

dicendole, ed amabilissima insieme, innumerabili, egli è vero, son le 

Anime a me predilette, Adolescentulorum non est numerus 16 . Ma che ha che 

far mai questo? Tu sei però l’unica mia colomba che sopra tutte colla tua 

purità ed innocenza appien m’invaghisci: tu sei sopra tutte, e più che tutte 

l’unica mia Perfetta, l’unica mia Immacolata; sì sì, una Columba mea, Perfecta 

mea, Immaculata mea 17 . Oh che lunga dissuguaglianza tra te, ed i servi miei 

vi è di mezzo! Quegli gli ho creati è vero, ma affin tuoi umili sudditi fossero 

e servi fedeli; e delineassero colle loro virtudi e perfezioni, la perfezione 

tua unica, altissima, incomparabile. Anzi per te ancora le creature 

tutte insensate creai, delineando ne’ fiori e ne’ prati la tua vaghezza; la 

chiarezza tua nella Luna, e nelle Stelle; il tuo splendore nel Sole: in somma 

per te le mie Mani formarono i Cieli, per te la Terra, per te tutto il 

Creato, affin tu in ogni tempo di tutto il Creato più perfetta fossi, e più 

bella; e ne fossi ancor Signora, Arbitra, Padrona, Regina, Imperadrice. 

Questi sono gli onori, tali sono le prerogative, che di arricchirti ebbi nella 

mia Divina Mente sin dall’eternità intera, pel più alto nobil motivo, che a 

suo tempo palesar ti farò, mentre or non conviene: e pel motivo altissimo 

istesso, ora che attualmente esistente il tuo bel volto contemplo, ti 

accordo di buona voglia sin da questo glorioso Istante primiero della tua 

Vita, ti concedo, ti dono. 

9. Ma, R[iveriti] A[scoltatori], che eccessi, che stupori, che maraviglie dell’Amor 

divino verso la sua preamata e prescelta Madre son queste? Io 

non ho mente a raggiugnerle; e per discifrarle non ho più lingua, non ho 

più modo, non ho più lena. Altro far non voglio se non a richiamarvi 

16 Innumerevoli sono i miei prediletti. 

17 Unica mia Colomba, mia Perfetta, mia Immacolata.

quel ch’io vi proposi: Ecco come l’elezione fatta ab eterno di Maria SS.ma alla 

Maternità Divina fu la vera sorgente ed origine di essere stata essa sola non solo preservata 

dall’originaria Macchia, onde la sua Concezione Immacolata avvenisse; 

ma di più arricchita in quel beatissimo Istante di Grazia e Santità sì copiosa e 

sublime, che superasse di gran lunga quella di tutti gli Angeli e Santi insieme nel colmo 

de’ loro acquisti: onde la sua Concezione non solo Immacolata fosse, ma 

ancor Santa. 

10. Deh s’è così, lodi sieno pur mille all’Altissimo, che poté, e volle così glorificarsi 

nella sua Madre! E mille congratulazioni sieno pur a voi, eccelsa, 

Immacolata, Santissima Regina nostra, e Signora. Tanto adunque la Divina 

Maternità a cui ab eterno preeletta foste e prescelta vi rende eccellente 

e maravigliosa nella vostra Concezione ineffabile? Tanto adunque la 

stessa vostra Concezione Immacolata e Santa spiccar fece la Divina Maternità 

vostra così gloriosa e potente? O che dolci correlazioni, o che giocondi 

amori, o che giolivi Misteri! Ne godo, e sommamente ne godo; e se 

col Sangue mio, e colla Vita o attestar io potessi maggiormente questo 

mio godimento, o accrescer volessi un tantino le singolari Prerogative 

vostre; oh quanto di buon cuore le vene tutte vuotar vorrei sino ad una 

minima stilla, e la vita sottoporre a mille morti! Gradite almeno il buon 

cuore, e l’animo mio sincero, con cui e vita, e sangue, e cuore, e tutto me 

stesso qui in pubblico sono oggi a consagrarvi di nuovo perpetuamente, 

e ad offerirvi a riverenza di sì eccelso, caro, ed ineffabile vostro Mistero. 

Ed intanto, ah rammentatevi in riverenza di esso della Grazia, singolarissima, 

è vero, e per me troppo incongrua, ma per voi molto facile e propria; 

rammentatevi, ripiglio: affinché dopo la sorte di avervi fermamente 

creduta, e venerata umilmente tutta bella, tutta pura, tutta Immacolata, 

tutta Santa nella vostra Concezione, qui in Terra; giunger possa finalmente 

a contemplarla vicina, insiem con tutti questi uditori vostri sinceri divoti, 

collassù eternamente nel Cielo. Amen. 

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6 

Sermone per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 

1754

6 

Sermone sopra l’Immacolata Concezione 

Il sermone seguente è rimasto incompleto a motivo della salute cagionevole 

dell’Autore. Da gennaio a maggio, infatti, egli si ammala a causa del 

tenore di vita troppo rigido e delle frequenti predicazioni. Don Marcucci recita 

questo sermone, “in sedia,…dall’alto della vicina Cattedra”, a sottolineare 

l’autorevolezza dell’insegnamento. Egli si scusa con l’uditorio perché la circostanza, 

il luogo e il suo stesso amore al mistero mariano avrebbero meritato un 

panegirico ed invece, può solo recitare un discorso familiare che mira a rafforzare 

la vera devozione a Maria. Essa consiste nell’imitare al possibile le sue 

virtù ed ammirare e glorificare ciò che di lei non possiamo imitare. 


Abbozzo del sermone fatto in sedia sopra l’Immacol[ata] Concez[ione] agli 

8 Dicembre, Domenica, 1754. 

[La Vergine col ricordarci in questo dì i suoi gran pregj 

dell’Immacolata Concezione, vuol’esser imitata dove possiamo; 

ammirata e glorificata dove non possiamo imitarla] 

Vi sembrerà forse strano, Uditori, che in questo giorno sì glorioso, dedicato 

alle glorie dell’Imm[acolata] Conc[ezione] di Nostra Signora, essendo, per 

dir così, ripieni ed i Pergami, e le Cattedre di Sacri Dicitori, per tesser Panegirici 

ed Encomj al sacro ricorrente Mistero, io solo, tuttoché più di 

ogni altro tenuto alla gran Regina del Cielo, quasi vergognandomi di favellarvi 

dall’alto della vicina cattedra, ora qui in sedia sciolga la lingua ad 

un famigliar discorso. Ma che volete? E la debolezza del mio talento, e la 

cagionevolezza o sia incostanza della mia salute, e quel ch’è più, la profondità 

ed altezza mirabile del ricorrente mistero, son tutte circostanze, 

che siccome mi han preclusa ogni strada a pensar di tesserne Panegirico, 

e di comparir in questo dì da oratore; così mi han necessitato a dirvene 

soltanto in istile famigliare quanto basti per farvi giungerne all’acquisto di 

una vera divozione. Sebbene che dissi vera divozione? E chi vi ha tra di 

noi, penso qui chi mi oppone, che non professi etc. Sì tutto vi accordo. 

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Ma pure, perdonatemi, se io francamente vi dico, che se la vostra divozione 

non giunge più innanzi etc. Eccovi pertanto l’assunto: La Vergine 

col ricordarci in questo dì i suoi gran pregj dell’Immacolata Concezione, vuol’esser imitata 

dove possiamo; ammirata e glorificata dove non possiamo imitarla: talchè la vera 

divozione nostra consister debba in ossequiarla, ed in imitarla al possibile. 

Basta che mi onoriate colla cortese vostra attenzione, affin di animarmi 

a soddisfarvi. Do principio.

7 

Discorso per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 

1755 

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7 

Discorso per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1755 

Non sappiamo dove l’Autore abbia recitato il seguente discorso, probabilmente 

nella chiesa dell’Immacolata dell’Istituto come era sua abitudine, anche perché nel 

proemio egli considera gli ascoltatori già devoti del mistero dell’Immacolata Concezione. 

Il brano è ben articolato: si compone di un assunto e di tre prove, prima enunciate, 

poi spiegate; fa da sfondo il capitolo 8 del libro dei Proverbi, che tratta nel modo più 

alto la dottrina della sapienza e che il Marcucci interpreta in senso mariologico. 

“La divozione verso l’Immacolata Concezione impegna fortemente la Vergine ad 

amarci, a proteggerci e salvarci” è l’assunto del discorso che egli affronta chiedendosi 

prima di tutto che cosa voglia dire amare. Premesso che, come afferma Sant’Agostino, 

l’amore è più facile sperimentarlo che spiegarlo, egli sceglie le definizioni di amore date 

dai due più grandi filosofi dell’antica Grecia. 

L’amore genera l’estasi, afferma Dionigi Areopagita; l’amore è una forza insaziabile, 

infatti, per chi ama nulla è mai abbastanza, sostiene Aristotele (n. 1). 

I devoti dell’Immacolata possono essere ripieni di gioia perché la Gran Vergine li 

ama così. Il suo cuore purissimo è sempre proteso verso di loro, quasi trasportato e 

rapito e, per quanto li ami e li riempia di ogni bene, le sembra sempre poco (n. 2). 

Tutti sono convinti che è dovere di giustizia ricambiare l’amore che la Vergine 

santa ha per loro, ma ciò può avvenire in due misure diverse: la prima è quella del 

“quanto basta”; la seconda è quella “del di più, del non mai abbastanza”. 

Don Marcucci spiega questa differenza in modo geniale. I devoti che amano ed 

onorano Maria in tutte le prerogative riconosciute dalla Chiesa la amano quanto basta; 

coloro invece che onorano anche la sua Immacolata Concezione che, benché solennemente 

festeggiata dalla Chiesa cattolica, non è “ancor definita per fede”, cioè non è 

stata ancora proclamata come dogma, questi sono coloro che amano di più (n. 3). 

La Vergine santa ha per questo secondo gruppo di devoti un amore ricco di speciali 

finezze; ne è un esempio il Beato Giovanni Duns Scoto che fu molto amato dalla Regina 

del Cielo perché fu il primo a testimoniare in pubblico la sua fede e il suo amore nel 

mistero della sua Immacolata Concezione (n. 4). 

La Vergine santa ama e insieme protegge i suoi devoti, specialmente coloro che, 

più degli altri, mostrano vigilanza, zelo e premura nello spiegare ed onorare la sua 

Immacolata Concezione. 

Questi ultimi sono coloro che non si accontentano di insegnare e propagare le qualità 

mariane che già crediamo per fede, descritte nelle antiche figure e simboli, come

quelli di Arca Santa e Roveto ardente, ma vanno oltre e “difendono con tenerezza da veri 

sviscerati divoti” che Maria SS.ma è anche Giglio nato 1 , Porta orientale, Arca di Noè, 

Orto chiuso, Specchio senza macchia, Monte costruito sulla cima dei monti, la bella 

Ester, la Donna promessa (n. 5). 

Poi, come sua abitudine, per muovere l’intelletto e la volontà degli ascoltatori, 

l’Autore riporta vari esempi di miracoli ottenuti dai devoti di Maria per lo zelo 

dimostrato nel diffondere il suo sacro mistero. Gli esempi sono appena accennati perché 

già trattati nei discorsetti pronunciati per la stessa ricorrenza negli anni precedenti (n. 

6). 

Infine, la Vergine santa si impegna a salvare i suoi speciali devoti come essi si impegnano 

qui in terra a far conoscere a tutti l’amore con cui Dio l’ha prevenuta perché 

non fosse sfiorata dal peccato di origine. Chi onora Maria Immacolata nella misura “del 

di più”, sarà da Lei ricambiato con la stessa misura e soprattutto potrà sperare la 

salvezza nell’ultimo istante della sua vita (n. 7). 


Idea del discorso fatto agli 8 di Dicembre del 1755. 

Assunto 

La divozione verso l’Immacolata Concezione impegna fortemente la 

Vergine ad amarci, a proteggerci, a salvarci 

Pruove 

1. La impegna fortemente ad amarci, perché essendo l’Amor de’ divoti 

dell’Immacolata un amor molto singolare, tenero, ruba il Cuor alla Vergine, 

ego diligentes me diligo 2 (Prov. 8). 

2. La impegna fortemente a proteggerci, perciocché siccome il zelo de’ divoti 

dell’Immacolata è molto attento e grande in vigilare all’onor della Vergine, 

in sostenerlo, e difenderlo; così impegna la sua gran Potenza a farsi 

1 Il primo dei dodici salmi mariani, ripresi dal Fondatore da S. Bonaventura per le suore Pie Operaie 

dell’Immacolata Concezione e per i suoi devoti, inizia: “Come un giglio tra le spine, così l’Amica mia 

tra le figlie di Adamo”. L’Oratorio dell’Istituto delle Pie Operaie dell’Immacolata Concezione di Ascoli 

Piceno fu affrescato con vari simboli mariani qui menzionati; essi furono dipinti probabilmente 

nel 1768 (Cf. Memorie della Congregazione, vol. I, pp. 152-153) e rinnovati il 1 settembre 1775, in occasione 

della festa di Santa Beatrice, vergine e martire romana (Cf. Memorie… cit., p. 224). Tali affreschi 

sono tuttora evidenti e ben conservati. 

2 Io amo quelli che mi amano. 

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trovar sempre pronta in soccorrerli qui mane vigilant me, invenient me 3 (Prov. 

8). 

3. La impegna fortemente a salvarci, attesoché siccome i divoti dell’Immacolata 

col così crederla e dilucidarla la decantano tutta santa ed Immacolata 

nel primo Istante della sua vita, così impegnano la sua Misericordia a 

farli tutti puri e santi nell’ultimo punto del viver loro, cioè nella morte, e 

così salvarli qui elucidant me, vitam aeternam habebunt 4 (Prov. 8). 

Proemio abbozzato. 

Ogni divozione che si professa all’eccelsa Signora e Regina dell’Universo, 

purché sia divozione soda e non contraria alla illibatezza de’ sagri dogmi 

della cattolica chiesa, egli è fuor di dubbio, Uditori, che grata ed accetta 

riesca alla suddetta Imperadrice del Cielo. Perciocché siccome ogni atto 

ossequioso e divoto egli è un esercizio di nostra Religione SS.ma, che 

tende all’onore di Dio, ed alla nostra perfezione e salvezza; quindi non 

può farsi a meno che gradito non sia da colei, voglio dir dalla Vergine, la 

quale altre brame non nudre, se non quelle della gloria del suo Divin Figlio, 

e della nostra salute. Nulladimeno se tra divozione, e divozione 

qualche maggioranza e disparità possa entrarvi, io al certo, R[iveriti] 

U[ditori], in questo fastosissimo Giorno alle glorie di Nostra Immacolata 

Signora consecrato, sarei a dirvi, che eziandio ogni divozione soda e cristiana 

le sia gradita, pure quella verso l’Immacolata sua Concezione le sia 

sopra le altre grata ed accetta. Non so, se al vero io mi apponga. Voi 

dunque, vi prego, siatene Giudici; mentre a dimostrarvi brevemente mi 

accingo, come la divozione verso l’Immacolata Concezion di Maria fortemente la 

impegna ad amarci, a proteggerci, a salvarci. Da Uditori così divoti, come voi 

siete, del ricorrente Mistero richieder benigna attenzione, egli è piuttosto 

un oltraggio. Datemi soltanto licenza di soddisfare al mio Assunto. Incomincio. 

1. Che cosa sia amor tenero e forte verso di un oggetto amato, tuttoché assai 

meglio per isperienza che per dottrina possa sapersi, come dice il grande 

Agostino; nulladimeno, qualora dilucidarlo io dovessi, non saprei al certo 

esprimerlo meglio, U[ditori]; che colle parole del grande Areopagita E- 

3 Chi veglia al mattino su di me, mi troverà. 

4 Quelli che mi decantano avranno la vita eterna.

xtasim facit amor 5 , unite a quelle del Filosofo Amanti nunquam satis 6 . Sì, 

l’Amore che altro non è che un moto, o se vi piace la gentile espressione 

di S. Francesco di Sales, è una effusione del nostro cuore, che si sparge 

per via di affetti verso l’oggetto che si ama: qualor quest’Amore, ripeto, 

sia tenero e forte, cagiona nel cuore moti tali, e tali trasporti, che fa viver 

chi ama tutto estatico, e quasi fuori di se, extasim facit amor, tutto rapito e 

dedito co’ pensieri, con gli affetti, e con tutto se stesso nell’oggetto amato: 

onde per quanto faccia per compiacerlo, per quanto gli doni, per 

quanto lo gratifichi, per quanto lo ami; sempre gli pare di far nulla, di donar 

poco, di poco amarlo, Amanti nunquam satis: tanto è sollecito e premuroso 

chi ama con amor tenero e forte. 

2. Or empitevi pur di tripudio, divoti dell’Immacolata Concezione che qui mi 

ascoltate, ecco appunto una idea o per meglio dire un abbozzo di quel 

forte e tenero amore, col quale la Gran Vergine impegnata si truova ad 

amarvi! Il suo purissimo Cuore è tutto in moto per voi, verso di voi è trasportato, 

è rapito. Vive la Regina del Cielo quasi tutta estatica, tutta sollecita, 

tutta premurosa in amarvi: e per quanto vi ami, per quanto vi riempia 

di lumi, di grazie, di doni, di beni, sempre le par poco; così grande, 

così tenero, così forte è l’Amore di cui si truova impegnata verso di voi. 

3. Ma, oimè! Voi, per quel che mi avveggio tuttoché non capite in voi stessi 

per contento, pure ne dubitate se daddovero la Vergine così teneramente 

e fortemente vi ami. Eh via, che il vostro affettuoso Cuore, il vostro tenero 

Amore verso di Lei merita, siamo così lecito dire, merita sì che 

l’eccelsa Signora con tenerezza singolare vi ami. E che credete voi dir voglia 

esser vero divoto dell’Immacolata Concezione? Vuol dire, esser il più 

tenero Amante di Maria. Fatemi giustizia, che il ciel vi salvi. Ama la Vergine, 

non vi ha dubbio, chi con filiale ossequio la confessa e l’onora come 

Madre di Dio, come Madre e Vergine insieme, come Santa nella sua Nascita, 

e così andate voi discorrendo degli altri suoi adorati Misteri. Ma chi 

qui solo si ferma, ama quanto basta, ma non quanto può amare si sforza. 

Perciocché il confessar la Vergine adorna di tutti gli altri Privilegj, e venerarla 

in tutti gli altri Misteri, non è tanto effetto di amore, quanto di obbligo 

che ce ne impone la Fede. Onde un tal Amante, un tal divoto, è 

Amante e divoto è vero, ma non il più divoto, ed il più tenero Amante. 

Potrebbe far anche di più se volesse; cioè potrebbe ancor consecrar tutti i 

5 L’Amore genera l’Estasi. 

6 Per chi ama, nulla è mai abbastanza. 

95

96 

suoi ossequj ed affetti ad un altro Mistero, il quale benché certo ed indubitato 

per cento e mille evidenti ragioni e congruenze incontrastabili, e 

benché solennemente festeggiato dalla Cattolica Chiesa, pure non è ancor 

definito di fede, voglio dire, al ricorrente Mistero dell’Immacolata Concezione. 

I divoti dunque di questo Immacolato Mistero son quei solamente 

che amano la Regina del Cielo, non solo quanto basta, ma di più quanto 

possono. In loro solamente si verifica l’Amanti nunquam satis: Essi essi soli 

pertanto sono i più divoti di Maria, ed i suoi più teneri ed impegnatissimi 

Amanti. Onde a gran ragione disse il grande Arcivescovo di Cantuaria 

Anselmo, Non videtur verus Amator Virginis, qui diem Conceptionis eius colere recusat 

7 . 

4. Che s’è così, la Vergine, che di sua Natura ha un cuor così affettuoso e 

benigno, che, com’essa stessa si protesta, è pronta ad amare chi l’ama, ego 

diligentes me diligo 8 , e di più, al dir de’ SS. Padri, non è possibile mai che 

vincere e superar si faccia da verun suo divoto nella liberità e nell’amore; 

al veder che i divoti dell’Immacolata sua Concezione sono i più teneri ed 

i più impegnati nel suo affetto, chi può dire in qual forte impegno essa si 

truovi non solo nel corrisponder loro nell’Amore, ma in superarli ancora? 

Ed oh mi si concedesse qui il tempo, Uditori, di noverarvi uno per uno 

tutti quei che tanto si segnalarono nella divozione e tenerezza verso 

l’odierno Immacolato Mistero; impazzireste in udir le continue care finezze 

che dalla gran Vergine ricevettero sempre, ed il forte singolarissimo 

impegno con cui la Vergine amolli! Udireste narrarvi del celeberrimo 

Giovanni Dunsio Scoto, aver detto un Angelo al B[eato] Amedeo francescano, 

essere stato Scoto molto amato dalla Regina del cielo per essere stato il primo a 

mostrar in pubblico il suo amore e la sua divozione verso l’Immacolata Concezione. 

Udireste le finezze ricevute da un Anselmo, da un Bernardino da Siena, 

da un Francesco di Sales,… da un… ma eh che non accadono Contesti, 

dove la verità è manifesta. Sì, sì trovasi la Vergine fortemente impegnata 

ad amar i devoti dell’Immacolata sua Concezione. 

5. Sì ma non solo ad amarli; ma ancora a proteggerli con ispeziale premura. 

Non avvi al certo cosa più gloriosa alla sovrana Imperadrice del Cielo, 

quanto il tener continuamente impiegata la sua gran Potenza in proteggere 

i suoi divoti, super eorum gloriam protectio 9 . Ma non per tutti però egli è 

ugualmente impegnata la possente sua destra. Per quei soli suoi divoti, 

7 Non può dirsi vero devoto della Vergine chi non accetta di venerare la sua Concezione Immacolata. 

8 Io amo quelli che mi amano. 

9 Non c’è cosa più gloriosa per Maria della protezione dei suoi devoti.

che, più degli altri, mostrano vigilanza, zelo, e premura dell’onor suo 

Immacolato: per quei sì, che pronta ed impegnata singolarmente si truova 

la potenza e la protezion di Maria; com’essa stessa protestasi, qui mane 

vigilant ad me, invenient me 10 . Or ditemi per vostra Fede, Uditori, chi tra divoti 

della Vergine sono più impegnati e vigilanti dell’onor suo, più, dico, 

de’ divoti dell’Immacolata sua Concezione? Non si contentano questi di 

insegnar e propagar solo che la Vergine fu quell’Arca di Setim indorata 

dentro e fuori, che Iddio si scelse per sua Abitazione nell’antico Testamento, 

per dimostrarla Madre di Dio; né che essa fu quel Roveto mostrato 

a Mosè, che sembrava agli occhi umani che si abbruciava, eppure 

restava tutto intatto ed illeso, per dimostrarla Madre e Vergine; e così con 

altre mille figure di mostrarvela con quelle sole prerogative, colle quali ce 

la insegna la fede. Vanno i divoti dell’Immacolata più innanzi, più più in 

oltre cresce il loro impegno e zelo, e dicono, e sostengono, e difendono 

con tenerezza da veri sviscerati divoti, che la Vergine ancora è quel Giglio 

nato etc., quella Porta orientale etc., quella Arca di Noè etc., 

quell’Orto chiuso etc., quello Specchio senza macchia etc., quel Monte 

fabbricato sulla cima de’ monti etc., quella bella Ester non inclusa nella 

Legge universale etc., quella donna promessa che stritolar doveva etc. 

Amanti nunquam satis 11 e così inalberando lo stendardo dell’Immacolata, si 

gloriano di militar sotto tal mistero (notate talvolta che lo zelo santo di 

protegger il caro Mistero di Maria) sino a costo del sangue e della vita; 

come appunto fece la piissima Città di Napoli in Corpo nel 1656, e di Palermo 

in Sicilia, il Cardinal Ximenez, il Cardinal Toledo, il ven[erabile]. 

Giovanni Bercmaxs, Filippo IV, Re delle Spagne, Tommaso Frances, e 

tanti e tanti altri senza numero. 

6. Che se la Vergine non si fa vincer mai in cortesia, argomentate ora voi se, 

in manu forti et potenti 12 quanto fortemente impegnata si truovi a difendere 

e proteggere i divoti della sua Immacolata Concezione! O voi felici, o divoti 

dell’Immacolata Concezione! etc. Parli la città di Basilea, e dica se 

come nel 1439 etc. Parli il gloriosissimo Ferdinando V, e dica se come 

nel 1480 etc. e così parlar potrebbero altri senza numero protetti 

nell’Anima, nel corpo, nella roba, nella stima, nell’onore, ed in ogni bisogno. 

10 Chi veglia al mattino su di me, mi troverà. 

11 Per chi ama nulla è mai abbastanza. 

12 Nella sua mano forte e potente. 

97

7. Sebbene, Amanti nunquam satis 13 , non è contenta di ciò la Vergine! Essa 

trovasi anche fortemente impegnata a render salvi i divoti della sua etc. 

Certo è Uditori, che ne’ maggiori bisogni si conoscono i veri Amici. La 

Vergine non ha punto di noi bisogno, ma pure siami così lecito dire, essa 

ha bisogno che in questa Terra i suoi divoti la decantino tutta pura, tutta 

immacolata, tutta santa nel primo istante della sua adorabilissima vita; affinché 

non possa addossarsi a Lei quella taccia, ch’ebbe Sara, allorché da 

Abimelecco etc. memento te deprehensam 14 etc. Or i divoti son quei etc. 

Quindi essa, che non fa mai vincersi etc., si truova in impegno di difenderli 

nell’ultimo istante della vita etc. Oh le care finezze, i ringraziamenti 

etc. Alonso di Prado etc. Così, qualor noi ci troveremo o quanto benediremo 

etc. Bernardo Colnago etc. 

13 Per chi ama nulla è mai abbastanza. 

14 Ricorda che già venisti nelle mie mani. 

98 

Il Fine etc.

8 



99

8 

Sacro triduo per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1756 

Nell’anno 1756 il Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci predicò nella 

chiesa dell’Immacolata dell’Istituto di Ascoli Piceno il triduo scritto in 

preparazione alla festa, mentre per l’8 dicembre riutilizzò il sermone già recitato 

nell’anno 1753, (Cf. ASC 51, p. 181). 

Lo schema dei tre discorsetti è il medesimo. Dopo l’enunciazione 

dell’argomento, l’Autore guida gli ascoltatori a riflettere sui dinamismi che 

alcune esperienze generano nell’uomo di tutti i tempi e di tutte le classe sociali, 

come la forza di attrazione e di incanto che produce la bellezza, il desiderio 

del suddito di piacere al proprio signore, la rigenerazione dello spirito che 

crea un buon profumo. 

La trattazione dell’argomento mariano viene fatto sulla base di passi biblici 

e con l’apporto del racconto di miracoli, perché essi, più facilmente di 

ogni altro ragionamento, illuminano l’intelletto e muovono la volontà. 

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8/a 


“La singolar bellezza che ebbe Maria nella sua Immacolata Concezione ci obbliga 

ad amarla grandemente dopo Dio” è l’argomento del primo discorsetto del triduo. 

L’Autore inizia con una constatazione esistenziale: egli rileva che la bellezza ha 

ed ha sempre avuto presso i popoli anche barbari una forza di incanto. Porta il caso di 

Oloferne che aveva assediato ferocemente la città di Betulia, ma appena vide uscire 

verso di sé Giuditta tutta modesta e adorna di splendidi abiti, si lasciò conquistare 

dalla sua bellezza e il suo furore si mutò in amore condiscendente. Ora, perché la 

bellezza di Maria che supera quella di tutti gli angeli e santi e di tutte le creature 

dell’universo non ci obbliga ad amarla fortemente? 

Il Marcucci riporta la dottrina dei filosofi secondo i quali la bellezza si distingue 

in tre gradi: metafisica, fisica e morale. Ora, Maria SS.ma possiede al massimo grado 

tutti i tre tipi di bellezza, infatti è più bella del sole, è assisa come Regina alla destra di 

Dio, circondata di splendore ed è “la Tutta Bella” perché non ha alcuna macchia. 

L’Autore conclude il discorsetto con gli esempi di vita e i miracoli del venerabile 

Bernardo Colnago 1 , del chierico fratello del Re di Ungheria 2 e del Beato Giuseppe da 

Copertino; i riferimenti nel testo sono appena accennati, a titolo di richiamo per 

l’oratore. 


Sacro Triduo abbozzato dell’Immacol[ata] Concezione, per l’Anno 1756. 

Discorsetto primo (Domenica 5 Dicembre). 

Argomento 

La singolar bellezza che ebbe Maria nella sua Immacolata 

Concezione, ci obbliga ad amarla grandemente dopo Dio 

Egli è pur troppo vero, che la bellezza e vaghezza in questo Mondo ha incantati sino i più 

barbari ed inumani, ed ha guadagnati i cuori anche più feroci e crudeli. Circonda il fiero 

Oloferne con un’armata potente la povera Città di Betulia; minaccia a tutto Israele e ferro, 

e fiamme, e strage. Or sul più furibondo suo furore ecco esce da Betulia la casta Giuditta, 

vestita de’ suoi ornamenti sontuosi, adorna nel crine, lustrata nel viso; ed appena si fa 

1 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., p. XLI, n. XV; Ivi, Brano 1, VIII. 

2 Cf. MARCUCCI, F.A., I dodici privilegj…, cit., p. XXXV, n. I; Ivi Brano 2/b.

vedere ad Oloferne spumante di sdegno, lo incanta, lo allaccia, lo tira, lo converte in 

amorevole e mansueto verso di sè: Pulcritudo Judith, udite il santo Testo, captivam fecit 

Animam Holofernis 3 (Judith 16, 12). E qui lasciate U[ditori] A[matissimi], che tosto passi ad 

altre più singolari Bellezze con una dolente esclamazione. E come possibile, che caduca e 

frale bellezza su questa misera Terra, sia tanto efficace ad allacciar fortemente i cuori anche 

de’ più barbari: e le singolari Bellezze di Nostra Immacolata Signora non sieno per nostra 

colpa atte a rapirci tutti gli affetti, e ad obbligarci a fortemente amarla? Forseché la Bellezza 

di Maria perché non si vede ora da noi co’ nostri fallaci occhi, forseché non si crede? 

Sappiamo pur ch’essa fu così bella, che superò tutti gli Angeli, tutti i Santi, non che il Sole, 

la Luna, le Stelle, e le pure Creature tutte dell’universo. Eh su richiamiamo a tal verità i 

nostri più serj pensieri; e date a me campo, che intanto io vi proponga il mio Assunto; cioè 

che la singolar bellezza di Maria nella sua Immacolata Concezione ci obbliga a fortemente amarla. 

Favoritemi di attenzione ed incomincio. 

1. Di tre sorti i Filosofi considerano in questa vita la Bellezza, cioè Metafisica 

o sia generale in se stessa, Fisica o sia corporea, e Morale o sia spirituale. 

La bellezza Metafisica non è altro dicono, che una convenienza che si ha 

col suo bellissimo esemplare ed originale etc. La Fisica è una certa gentil 

disposizione di fattezze, e finezza di colore, che rapisce etc. La Morale è 

una tale innocenza di costumi, e candidezza di coscienza e di spirito, che 

non abbia macchia e difetto etc. 

2. Or notate come Maria SS.ma fu in tutte le specie bellissima etc. Nella Metafisica 

etc. Cui assimilabo Te etc. Electa ut sol 4 etc. Nella Fisica etc. Assisit Regina 

a dextris tuis, circumdata variegate etc. Mulier amicta sole etc. Specie tua et pulchritudine 

tua etc. 5 . Nella Morale etc. Tota pulchra es, et macula non est in te 6 etc. 

3. L’esempio del ven[erabile] suo servo Bernardo Colnago etc. O quanto siete bella! 

etc.; e del chierico fratello del Re di Ungheria etc. ecce tu pulchra es etc.: a 

cui disse, Giacchè io son bella, perché non lasci etc. e del B[eato] Giuseppe da 

Copertino etc. 

3 La bellezza di Giuditta conquistò l’Anima di Oloferne. 

4 A chi potrò paragonare Te, eccelsa come il sole. 

5 Si assise come Regina alla Tua destra, la Donna, circondata da diversi colori avvolta, o sole della tua 

bellezza e dal tuo splendore. 

6 Sei tutta bella e in Te non è alcuna macchia. 

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8/b 


“La singolar premura che ha Maria SS.ma, che noi siam divoti della sua 

Immacolata Concezione, ci obbliga ad esser tali” è l’argomento del discorsetto 

seguente. 

L’Autore inizia la trattazione ricordando che i sudditi sono ben contenti 

di conoscere ciò che piace al re per eseguirlo e fargli piacere. A proposito 

ricorda l’esempio di Giuseppe che raccolse la simpatia di tutto il popolo perché 

era tenuto in grande considerazione e stima dal faraone. Ora, dice Marcucci, 

poiché sappiamo che alla Regina del Cielo fa piacere che noi siamo 

davvero devoti della sua Immacolata Concezione, perché non ci obblighiamo a 

tanto? 

Il superiore usa generalmente due modi per far conoscere ai sudditi il 

suo volere: o promettendo larga ricompensa per il loro ossequio o prescrivendo 

semplicemente ciò che devono fare. La SS.ma Vergine ha mostrato la sua 

premura in entrambi i modi. 


Discorsetto Secondo (6 Dicembre Lunedì) [1756]. 

Argomento 

La singolar premura che ha Maria SS.ma, che noi siam divoti della sua Immacolata 

Concezione, ci obbliga ad esser tali 

È una gran fortuna de’ Sudditi il risaper dalla bocca stessa del Principe, se che cosa far 

debbono; e quali onori, quali ossequj tributargli, per incontrare il suo genio. In tutto 

l’Egitto si era già sparsa la nuova della singolar sapienza e prudenza del Giovane 

Giuseppe. Tutti avean già risaputo, com’egli con celeste lume aveva penetrati sino i sogni 

più oscuri e misteriosi del Re Faraone. Ed ognuno si accorgeva, che quel Monarca, 

divenuto estatico ammirator di Giuseppe, voleva premiarlo largamente, ed onorarlo in 

tutto il suo vasto Impero. Ma che? Veruno arrischiar si voleva a lodarlo in pubblico, ad 

inchinarlo, ad onorarlo, perché ancor non sapeva se di quali onori premiar lo voleva il 

Monarca. Quando in un giorno, comparso il Re in sfarzoso Trono alla presenza di tutti i 

105

suoi ministri, di tutti i Grandi del suo Regno, intuona a tutti, ch’egli voleva che Giuseppe 

fosse riconosciuto ed onorato come Viceré di tutto l’Egitto, e che perciò tutti piegassero 

a terra il ginocchio quando incontrato lo avessero, o quando parlar gli volevano, Dixit 

Pharao … ut omnes coram Joseph genuflecterent 7 (Gen. 4, 41-43). E siccome da questo spiegarsi 

che fece Faraone, mostrò quanto grande eran le sue premure, e quanto ardente era il suo 

genio, che Giuseppe venisse onorato grandemente da tutti; perciò tutti a folla per 

incontrar il genio del Re, ossequiosi Tributarj del novello Viceré si dedicarono. Gran 

cosa, Uditori. Tanto succede nel mondo, per dar sul genio ad un Monarca Terreno, 

conosciute che siensi le sue premure. Eppure, dov’è, dov’è di grazia, che riscuoter possa 

da noi una uguale pronta ubbidienza e divozione la gran Regina del Cielo, col manifestarci 

i suoi adorabili, voleri? Essa vuole, che noi siamo molto divoti della sua Immacolata Concezione: 

vuol che questo suo caro Mistero sia da noi con tutto lo spirito onorato ed ossequiato, 

eppure che si fa? Orsù, avvenga pure una volta, che tante premure di Maria SS.ma ci 

obblighino daddovero ad ubbidirla. A tanto in questa sera io vi invito; se favorirete di benignamente 

ascoltarmi. Diamo principio. 

1. In due principali maniere può un amoroso Superiore mostrar su di una 

cosa le sue premure ai suoi amati e fedeli Sudditi, cioè o col raccomandar 

loro in generale l’ossequio, promettendo loro larga ricompensa; o col 

prescriver loro quel che far debbono etc. In amendue i modi ha la SS.ma 

V[ergine] mostrata la sua premura etc. Nel primo modo, Audite, quoniam 

de rebus magnis locutura sum … Beatus homo, qui audit me, et qui vigilat ad fores 

meas quotidie, et observat ad postes ostii mei (Prov. 8, 6-34). Qui elucidant me, 

vitam aeternam 8 etc. (Eccl. 24, 31). Ma perché tanta premura? Memento te deprehensam 

9 etc. 

Nel secondo. L’esempio del B[eato] Pietro Cistercense etc., della 

Ven[erabile] Francesca Vacchinia domenicana etc., e di S. Metilde etc. 

7 Il Faraone comandò che tutti si inginocchiassero davanti a Giuseppe. 

8 Ascoltate, perché parlerò di grandi cose … Beato l’uomo che mi ascolta e che vigila ogni giorno dinanzi 

alla mia porta e sorveglia le ante del mio ingresso. Chi mi esalta avrà la vita eterna. 

9 Ricordati che già venisti nelle mie mani. 

106

8/c 


Il profumo ricrea a tutti lo spirito e talvolta induce in inganno come fu 

per il santo patriarca Isacco il quale privo di vista, confuso dall’odore delle 

vesti del figlio Esaù, indossate dal fratello Giacobbe, diede a quest’ultimo, suo 

malgrado, la benedizione. 

La Regina del Cielo si è talvolta servita di tale industria per attirare i 

suoi devoti. Attraverso vari miracoli ha persuaso tante menti umane circa la 

verità del suo caro Mistero. Come esempio l’Autore narra il fatto del guardiano 

di Gubbio. 


Discorsetto Terzo (7 Dicembre, Martedì 1756). 

Argomento 

La SS.ma V[ergine] avendo talvolta per via di odore miracoloso 

manifestata l’Illibatezza della sua Concezione, ci ha voluto con 

questo eccitare ad amarla ed ossequiarla colla santità dei costumi 

Chi vi ha nel Mondo, U[ditori] R[iverti], che da un odore soave e grato, risvegliar 

non si senta gli spiriti, e ricreato ancor non si truovi? Converrebbe 

esser di stucco oppur di legno, come quegli Dei ed Idoli de’ Gentili, 

che derise Davidde, dicendo Naves habent, et non odorabunt 10 (Psal. 113, 6), 

per non provarne i mirabili effetti. Del resto è pur troppo vero per isperienza, 

che bene spesso quei cuori anche più duri e restii, a forza talora di 

grati e soavi odori vengon tirati a quelle cose medesime, che essi punto 

non curano. Era sugli estremi il Santo Patriarca Isacco, privo affatto di vista 

per la sua età troppo avanzata. Dar egli voleva la sua prima benedizione 

paterna colla eredità e Primogenitura al suo primo figlio Esaù, per al- 

10 Hanno il naso e non sentono gli odori. 

107

108 

tro molto ferale e cattivo. Ciò non voleva la Madre e buona Rebecca; ma 

bramava che tal primogenitura e benedizione paterna ricadesse sopra 

l’altro figlio Giacobbe, figlio tutto buono, rispettoso, e quieto. Si cerca 

con misteriosi stratagemmi d’indurci il S. Vecchio, ma quegli cerca Esaù, 

dimanda di Esaù suo primogenito, e non di Giacobbe. Accorta la Madre, 

in assenza del primo figlio, riveste Giacobbe co’ vestimenti più buoni; e 

siccome riposti in casse di cedro e di altri odoriferi Legni, tutti eran ripieni 

di un soave e gratissimo odore che ricreava: e così vestito lo porta dal 

Vecchio Padre cieco a chiedergli la benedizione paterna in luogo di Esaù. 

Il Santo Vecchio troppo stette saldo, che voleva Esaù; troppo stette titubante: 

ma quando poi accostatosi a Lui il Giovanetto Giacobbe per farsi 

abbracciare, e sentita che ebbe Isacco la dolce fragranza degli odori soavi 

delle vestimenta del figlio; non più fece dimande, non più propose dubbi; 

ma subito tirato e ricreato da quel grato odore, alza la mano paterna, lo 

benedice, udite il Sacro Testo, come ben lo esprime, Statimque, ut sensit vestimentorum 

illius fragrantiam, benedicens illi, ait 11 , con quel che siegue al 27 della 

Sacra Genesi (v. 27). Or lo credereste mai, Uditori? La gran Regina del 

Cielo si è talvolta servita ancora di tal santa industria per tirare i suoi divoti 

ad ossequiar teneramente l’Immacolata sua Concezione. A forza di grati 

e soavi odori e profumi miracolosi ha persuase le Menti Umane della Verità 

del suo caro Mistero, ha tirati gli umani cuori ad amarlo e venerarlo. 

Uditene un mirabil fatto; e di qui ne caveremo poi ciocché noi far dobbiamo. 

Diamo principio etc. 

1. Il fatto del Guardiano di Gubbio etc. Moralità etc. Pel profitto nostro etc. 

Quasi myrra electa dedi odorem suavitatis etc. (Eccl. 24, 20) 12 O quam pulchra es 

amica mea, quam pulchra es … odor vestimentorum tuorum, sicut odor thuris 13 etc. 

(Cant. 4, 1-11). Trahe nos etc. in odorem curremus 14 etc. (Cant. 1, 3). 

11 E subito, appena percepì la fragranza delle sue vesti, benedicendolo disse. 

12 Come una pregiata mirra emanai un odore dolce. 

13 Come bella sei amica mia, come sei bella … l’odore delle tue vesti è come l’odore dell’incenso. 

14 Attiraci… correremo dietro il tuo profumo.

9 

Sacro triduo ed orazione panegirica per la festa 


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9 

Triduo ed orazione panegirica per la festa dell’Immacolata 


Per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1757 il Marcucci 

compone tre sermoncini familiari per il triduo e un’orazione panegirica per il 

giorno della festa che recita sicuramente, come al solito, nella chiesa 

dell’Immacolata. 

I quattro componimenti, sia pur ben impostati secondo le regole retoriche, 

sono incompleti. Sia i tre sermoncini che l’orazione panegirica sono 

introdotti da un brano biblico a cui fa riferimento la trattazione 1 : i sermoncini 

al libro dell’Ecclesiastico, cap. 24, versetto 31, per il primo giorno; il versetto 

30 per il secondo giorno ed il versetto 27 per il terzo. 

L’orazione panegirica, invece, fa riferimento al cap. 7 del libro della Sapienza. 

1 Cf. MARCUCCI, F.A., Avvertimenti Rettorici, per la pratica della Prediche, istruzioni catechetiche ed orazioni panegiriche, 

sabbato 31 ottobre 1767, ASC 60, autogr. (cm. 16x21,5) n. 81 par. 4, p. 134, dove l’Autore aveva 

scritto: “Nel Panegirico Sacro sarà sempre bene il porvi a capo il suo Testo Scritturale proprio”.

9/a 


Nell’esordio l’Autore confessa la sua debolezza nello spiegare il mistero dell’Immacolata Concezione 

di Maria dal momento che esso “è ripieno d’immensa luce e di somma meravigliosa bellezza”, ma 

poiché è la stessa Vergine santa a dire che si può spiegare tale mistero, occorre farlo. Lei, in cambio, 

promette di assistere i suoi devoti perché conseguano la vita eterna. 

Come prova dell’assunto l’Autore sceglie l’esempio del sole. Questo astro 

gode di luce piena, eppure quando fra esso e la Terra si frappone qualche 

ostacolo come la Luna, la sua luce a noi si eclissa, così è del mistero 

dell’Immacolata Concezione di Maria: quando fra esso e noi si frappone 

l’impedimento della poca devozione, zelo o avvertenza, esso si eclissa. Può 

ritenersi beato chi spiega il mistero dell’Immacolata, lo difende, e ne propaga 

il culto. 

Per riscaldare gli animi degli uditori e muovere la loro volontà, l’Autore porta l’esempio del pio 

Arcivescovo Gondisalvo di Toledo in Spagna. A conclusione del testo, l’Autore richiama, per la 

prima volta, la citazione della sua opera: “I dodici privilegj di Maria” (Cf. Discorsetto 2/b, nota n. 

3). 

Il testo è stato trascritto dall’autografo, ASC 51, pp. 53-56. 

Sacro Triduo per la Festa dell’Immacolata Concezione nell’anno 1757. 

Sermoncino I familiare, 

Recitato nel Lunedì sera de’ 5 Dicembre, prima sera del Triduo. 

Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt 2 

Ecclesiast. 24, 31 

Argomento 

Il dilucidare il Mistero dell’Immacolata Concezione, è lo stesso che 

impegnare la Vergine a favor della nostra eterna salvezza 

Una cosa, che in se medesima sia tutta lucida e bella, e che di sua natura altro 

non abbia che luminosi splendori; io per me vi confesso, Uditori, non 

2 Quelli che mi esaltano avranno la vita eterna. 

111

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so come mai in se stessa, dilucidata e rischiarita esser possa. Il Sole, quel 

gran Re de’ Pianeti, essendo in se stesso una vastissima Mole tutta di 

fuoco sempre acceso, sempre lucido, sempre chiaro; bramerei di saperlo, 

a chi mai di noi Mortali l’animo basti di aggiungergli, più di quello che ha, 

un tantin di splendore e di chiarezza. Or la gran Regina del Cielo, che in 

quel primo beatissimo Istante dell’Immacolata sua Concezione non contrasse 

ombra veruna di macchia, e venne allora alla vita ripiena di celeste 

Bellezza; come di Lei aveva predetto lo Spirito Santo: Tota pulchra es, et 

macula non est in te 3 (Cant. 4); potè allora chiamarsi un lucidissimo mistico 

Sole; giacchè a guisa dello stesso Sole della Sapienza Umanata, eletta 

già si trovava, electa ut Sol 4 (Cant. 6, 9). Quindi riesce per me un recondito 

arcano, se come mai da noi dilucidar si possa codesto suo Immacolato 

Mistero, mentre fu in se medesimo tutto ripieno d’immensa luce, e di 

somma maravigliosa bellezza. Eppure ceder bisogna. La Vergine stessa 

dice che il prediletto Mistero suo può esser da noi dilucidato; e a chi 

mostrerà zelo e pietà in farlo, promette essa tutta la sua potente assistenza 

pel conseguimento dell’eterna beatissima Vita: qui elucidant me, vitam 

aeternam habebunt 5 . 

Dio buono! Chi mi serena la mente, chi da tali dubbj mi toglie? Ma via, 

credo di aver colpito sul punto. Il Sole, tuttochè in se stesso, come dicemmo, 

sia uno splendente Globo di Fuoco tutto pieno di lucidissime 

fiamme; talchè da noi mortali nulla più di chiarezza gli possa esser giunta; 

nondimeno però, qualora qualche altro corpo opaco, a cagion di esempio 

il Globo Lunare, si fraponga fra esso, e noi, talchè lo perdiamo di vista; 

siam soliti dire ben tosto, che il Sole è ecclissato; tuttochè questa ecclissi 

ed oscurità non è il Sol che la patisca perché a noi si nasconde; ma noi 

ben siamo, a motivo che esso a noi sta nascosto. Così appunto per mio 

avviso, tuttochè il sacrosanto Mistero dell’Immacolata Concezion di Maria 

sia in se stesso un chiarissimo e sempremai splendidissimo Sole; nullamanco, 

perché vi si frapone talora fra esso e noi qualche impedimento, 

cioè o la nostra poca divozione, o il nostro poco zelo, e la nostra poca riflessione 

ed avvertenza; talchè quasi lo perdiamo di vista; quindi è, che 

codesto bel mistico Sole rispetto a noi si ecclissa, non perché esso perda 

punto del suo chiarissimo lustro; ma perché rimaniam fra le tenebre per 

averlo perduto di vista. 

3 Sei tutta bella, non vi è alcuna macchia in Te. 

4 Eccelsa come il sole. 

5 Quelli che mi esaltano avranno la vita eterna.

Con gran ragione pertanto dice Maria SS.ma, che esser può sempremai dilucidato 

il caro suo Mistero; e vuol dire, che possiam noi sempreppiù rimaner 

istruiti dalle sue maravigliose grandezze, sempreppiù mostrarne 

l’ossequio, la divozione, lo zelo. Questo vuol dire il dilucidar 

l’Immacolata sua Concezione, lo spiegarla, il difenderla, e il propagarne il 

culto. E beato veramente può dirsi, che a tale impresa si accinge. Si è impegnata 

la Vergine di somministrargli tutto l’ajuto per portarlo all’eterna 

salvezza: qui elucidant me etc. 

Voi lo vedrete in questa sera, cari miei uditori, avverato in un molto pio 

Arcivescovo di Toledo in Ispagna, chiamato Gondisalvo, che fu singolarmente 

divoto e zelante dell’Immacolata Concezion di Maria. Favoritemi 

di cortese attenzione, e mi accingo al racconto. 

1. Vedi detto esempio nel nostro Libro de Dodici Privilegj, al Privil. 3, nu. 10 

113

114 

9/b 

Sermoncino secondo 

Nell’esordio del sermoncino del secondo giorno del triduo, l’Autore introduce 

l’assunto richiamando quello del giorno precedente perché strettamente 

collegati. 

Qui Francesco Antonio Marcucci si propone di spiegare che la Vergine 

santa si impegna a liberare dalle colpe e a preservare dalle cadute i devoti della 

sua Immacolata Concezione, come dice il Savio (Ecclesiastico). 

La trattazione delle prove è introdotta da una domanda retorica a cui non 

segue la risposta, perché il sermoncino si interrompe. Come può la Vergine 

santa impegnarsi a preservarci dalle cadute se tanto grande è la nostra debolezza? 


Sermoncino II Familiare, 

Recitato nel martedì, seconda sera del Triduo, ai 6 di Dicembre del 1757. 

Qui operantur in me, non peccabunt 6 

Ecclesiast. 24, 30 

Argomento 

L’ossequiar di continuo l’Immacolata Concezione di Maria, è lo 

stesso che impegnarla a preservarci e a liberarci dalle gravi cadute 

Se il dilucidare, voglio dir lo spiegare, il difendere, il predicare il Mistero dell’Immacolata 

Concezione, serve per impegnar la gran Regina del Cielo a dare a’ suoi difensori e 

Propagatori divoti l’eterna beatissima vita; conforme jerisera vedemmo nel fatto 

maraviglioso del Beato Gondisalvo: l’affaticarsi poi in prestare umili ossequj al sudetto 

sacro Mistero, vale a dir con digiuni, con orazioni, con limosine, con sacrificj, a qual 

impegno mai, Uditori, sarà per portare e per mettere la nostra Immacolata Signora? Così 

fosse a Lei pur piaciuto di svelarci anche un tal dubbio per bocca del Savio, come 

degnossi spiegarci il suo impegno dell’eterna vita, da noi già ben capito! 

6 Quelli che operano seguendo me, non peccheranno.

Ma via, che s’io non fallo, Uditori, credo già di aver ravvisato anche 

quest’altro impegno, che si assume la Vergine di dar ricompensa a chi 

con buon cuore tutto si affatica e si adopra o con orazioni e digiuni, o 

con limosine e sacrificj, o con altre opere pie, in ossequiare il Mistero di 

sua Concezione Immacolata. Mi direte, e qual è tal impegno? Io truovo, 

che essa, la gran Regina, parlandoci per la stessa bocca del Savio, così fa 

sentirsi, Qui operantur in me, non peccabunt, cioè a dire, ecco il forte impegno 

che io prendo a favore di chi farà delle opere pie ad onor mio, a riverenza 

del mio caro Mistero (a cui accomoda un tal favellare la chiesa medesima); 

ecco la ricompensa che darò a chiunque sarà ossequioso e divoto 

dell’Immacolata mia Concezione; (In fest Imm. Conc. in epist. miss.), lo libererò 

dalle colpe, lo preserverò dalle cadute. Sì sì, replica la Vergine, qui operantur 

in me, non peccabunt (Eccles. 24, 30). 

Sebbene, Uditori, o che sia l’eccesso del mio stupore, o della mia ignoranza, 

vel confesso; io ben credo alla Vergine, mi fido di sue parole; adoro la 

sua gran potenza, il suo forte impegno; ma per me è un Mistero così alto, 

che io non l’intendo. 

Come? (Vado meco stesso tutto angoscioso riflettendo alla profondità delle 

sacrosante parole della gran Vergine). Come mai, ripeto, può accoppiarsi 

un impegno tale, che necessariamente ha da esser verissimo, colla 

nostra continua debolezza ed imperfezione, la quale è pur anche certissima? 

115

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9/c 


Il sermoncino per il terzo giorno è costituito dall’assunto e dall’esordio; mancano le altre 

parti. 

L’esordio si apre con una domanda sulla morte, se essa sia un’esperienza amara o dolce. 

A favore della prima ipotesi cita Ecclesiastico 41, 1 e a favore della seconda, Sapienza 4, 7. 


Sermoncino III familiare, 

Recitato nel mercoledì, terza sera del triduo, ai 7 dicembre del 1757. 

Spiritus meus super mel dulcis, et haereditas mea super mel et favum 7 

Eccles. 24, 27 

Argomento 

La Vergine comunicando ai veri divoti della sua Immacolata Concezione 

lo spirito di dolcezza e di pace, fa che la loro Morte riesca dolcissima 

Per uscire una volta da tante perplessità che mi conturban la mente, io son 

pur forzato stassera di proporvi un gran dubbio, Uditori. Io cerco, se il 

morire sia una cosa dolce, oppur amara? Se riesca di grande inquietezza, 

o di gran pace? Prima però che del vostro Savio parere mi favoriate, udite 

se dove resti appoggiato questo mio rimarcabile dubbio. Io ricorrendo alla 

Divina Scrittura, la quale è la Scuola della Verità, truovo nell’Ecclesiastico, 

che il Savio dice, che la sola rimembranza della Morte arreca una 

grande inquietudine ed amarezza: O mors, quam amara est memoria tua 8 

(Eccl. 41, 1). Io qui prescinder intendo dalle qualità morali del Moribondo, 

che se cattive, aumentano al certo alla morte la sua spaventevol tristezza. 

Di ciò, dico, ne prescindo. Parlo della sola morte, a cui siam tutti 

soggetti, di quel solo passaggio che l’Anima nostra da questa all’altra vita 

far deve. E certamente bisogna dir che ciò sia un passo molto terribile, 

7 Il ricordo di me è più dolce del miele, la mia eredità è più dolce del favo di miele. 

8 O morte, quanto è amaro il tuo ricordo.

giacchè la sola memoria per attestato infallibile del Savio egli è all’intutto 

amarissima, o mors, quam amara est memoria tua. 

È risoluto dunque il quesito, sento qui chi mi dice, il dubbio è sciolto. Così 

sarebbe, se altro al contrario non mi occorresse. Io truovo dall’altro pur 

nella Divina Scrittura che Salomone nel suo Libro della Sapienza, dice 

che la Morte serve di gran refrigerio e contentezza, Si morte praeoccupatus 

fuerit, in refrigerio erit 9 (Sap. 4, 7); e che tuttochè a chi vede alcuni moribondi, 

sembra ch’essi stieno tutti afflitti e conturbati, essi però sono in una 

gran pace, che loro reca la Morte: Visi sunt oculis insipientium mori, et aestimata 

est afflictio exitus illorum …illi autem sunt in pace 10 (Sap. 3, 2-3). 

9 Se sarà sorpreso dalla morte, sarà nella consolazione. 

10 Agli occhi degli stolti sembra che muoiano e la loro dipartita è considerata un dolore … essi invece 

sono in pace. 

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118 

9/d 

Orazione panegirica 

L’orazione panegirica per il giorno della festa trae il suo assunto dal libro della Sapienza 

cap. 7, 1. Esso si compone di un esordio e di due parti: la prima è trattata ampiamente 

in sei punti e può ritenersi conclusa, anche perché termina con un’articolata perorazione 

che, secondo le regole retoriche, doveva farsi solo quando l’assunto era stato spiegato 

interamente 11 . La seconda parte dell’orazione è solo indicata con il numero, probabilmente 

è stata esposta oralmente. L’esordio è ben costruito nelle sue tre parti essenziali 12 ed è di 

tipo congiunto cioè ben legato all’argomento che tratterà 13 . 

Nel proemio afferma che non è facile per l’uomo unire insieme i beni dell’anima, quelli 

del corpo cioè la salute e quelli di fortuna cioè le ricchezze. L’esperienza insegna che il poterli 

avere tutti e tre non è frutto dello sforzo umano, ma è uno stupendo miracolo 

dell’Onnipotenza Divina. Ora questo miracolo Dio lo rinnova di tanto in tanto per glorificare 

il mistero dell’Immacolata Concezione di sua Madre e lo concede appunto a coloro che 

credono ed onorano Maria Tutta Santa sin dalla sua Concezione, “infatti il Mistero 

dell’Immacolata Concezione di Maria è apportatore di ogni bene”. 

L’Imperatrice del Cielo quando vede che ai prediletti devoti del suo Immacolato Mistero 

i beni terreni servono come mezzo di eterna salvezza, li provvede condividendo la pienezza 

di grazia di cui Dio l’ha arricchita. Come potrebbe fare altrimenti, afferma San 

Pier Damiani, se la Vergine santa non si fa vincere da nessuno in generosità? 

Per muovere il cuore e la volontà degli ascoltatori, l’Autore enumera vari esempi di Governanti, 

di Papi e di altri devoti i quali ottennero vittorie importanti, godettero prosperità e 

furono aiutati nei loro bisogni grazie all’affetto e alla devozione dimostrata verso il mistero 

dell’Immacolata Concezione. 


Orazione Panegirica 

Dell’Immacolata Concezione di Nostra Signora, 

Recitata nel dì della sua Festa, agli 8 di Dicembre del 1757. 

Venerunt mihi omnia bona pariter cum illa 14 

Sapientiae septimo v. 11 

Assunto 

11 Cf. MARCUCCI, F.A., Avvertimenti Rettorici …, cit., n. 64, p. 104. 

12 Esso si compone di tre parti cioè Proposizione Premiale o sia Fondamentale, Redizione ed Esito. Cf. 

MARCUCCI, F.A., Avvertimenti Rettorici …, cit., n. 13, pp. 22-23. 

13 Cf. MARCUCCI, F.A., Avvertimenti Rettorici …, cit., n. 15, p. 15. 

14 Con Lei è venuto a me ogni bene.

Il mistero dell’Immacolata Concezion di Maria 

è apportator di ogni Bene 

1. Non è facile all’Uomo l’accoppiare ogni bene in questa vita. I Beni 

dell’Anima, i Beni del Corpo, ed i Beni che noi diciam di Fortuna, a guisa 

di tre splendidi soli si fan ravvisare da ognuno; ma da niuno però perlopiù 

unitamente possedere si fanno. O sia che l’un Bene si sdegni della 

compagnia dell’altro; oppure che l’Uomo stando dell’uno in possesso, 

l’altro non curi; l’isperienza, gran sovrana Maestra ci addita, che il ritrovarsi 

in un solo tutti i tre Beni accoppiati, non è sforzo già di natura, ma 

stupendo miracolo dell’Onnipotenza Divina. Or questo Miracolo appunto, 

se io mal non mi appongo, sembra che Iddio rinnovar voglia da 

quando in quando nel Mondo, per glorificare il Mistero dell’Immacolata 

Concezion di sua Madre. 

Da quel che ci dicono i Padri, da quel che ci contan le Storie, e da quel 

che ci dan le Ragioni, troviam noi così fortemente impegnata la gran Regina 

del Cielo a favor di chi con buon cuore tutta bella la crede, illibata 

l’adora, immacolata la ossequia; che ben dedurre possiamo, voler Iddio 

per tal mezzo accoppiar ogni Bene nei veri Adoratori del sacrosanto Mistero. 

E questo per lo appunto, o Signori, se ho da palesarvi l’idea, egli è 

quello che alla vostra pietà singolare di proporre già penso. Il Mistero 

dell’Immacolata Concezion di Maria egli è apportator di ogni Bene. 

La Vergine a riguardo di esso ottiene a chiunque n’è vero Divoto ogni 

pienezza di Grazia, che è il gran Bene dell’Anima: concede ogni prosperità 

di Salute, che è l’unico Bene del Corpo; lo provede del congruo sostentamento, 

in cui quel Bene consiste che appelliam noi di Fortuna. Quindi il 

vero Divoto dell’Immacolata Concezione, per quanto al basso intender 

mio or ne sembra, può andare si ripetendo, Venerunt mihi omnia Bona pariter 

cum illa. Ardua per me impresa, vel confesso, Uditori. Temo, non siate 

voi meco per accordarvi di sentimento. Ma che volete? Nelle opinabili 

cose vario è il pensare dell’Uomo: né vi è, se non un stolto, che agitar se 

ne possa, quando il pensare è prudente e ben fondato. 

Pertanto a me altro impegno non corre, che di soggettare il mio Assunto 

al saviissimo vostro discernimento: a voi poi di deciderlo. Favorite perciò 

per brieve tempo il mio dire di attenzione benigna: ed io alle curte do di 

piglio alle pruove. 

119

120 

I. 

2. I temporanei Beni, o sia di Fortuna (incominciamo da questi), tuttochè in 

genere di bontà gli infimi sono e i più vili; pur nondimeno, Beni allora 

inver sono, e tanti Doni del Cielo, quando vagliono all’Uomo come validi 

mezzi per condurlo all’eterna Salvezza. In altro caso, non son Beni no, 

ma gran mali, dal Sommo Creatore permessi, come veri Castighi. In quella 

guisa appunto, Uditori, che se voi, in mano di chi ha da difender giustamente 

sua vita da un ingiusto Aggressore, consegnaste una Spada, un 

gran Ben gli dareste: laddove, se a chi vuol altrui recar danno, o dar a se 

stesso la morte, non dico già che gli poneste la Spada stessa nel pugno; 

ma che toleraste soltanto o che da se la pigliasse, o che altri a lui la porgesse; 

voi allor senza fallo, non solo non gli dareste alcun Bene, ma di più 

gli permettereste un gran Male. 

3. Essendo ciò dunque certissimo: qualor l’Imperadrice del Cielo vede pur 

che ai prediletti Divoti del suo Immacolato Mistero, anche i Beni Terreni 

o per più glorificarlo servir posson di ajuto, o per procacciarsi egli stessi 

l’eterna salvezza valer posson di mezzo; chi mai può ridire, quanto di 

provvederli se ne mostri sollecita? La Chiesa, che al saggio dir di Bernardo 

(S. Ber. Ser. 1. De Assump.), non senza misteriosa ragione va applicando 

alla Vergine or un passo, ed or l’altro delle Divine Scritture; giacchè 

così spesso nelle Scritture Divine, come avverte San Vincenzo Ferrerio 

(S. Vinc. Fer. Ser. De Nat. Virg. In festo, in Epistola miss., quam in Brev. Die 7 

infr. Oct. ita accomodat S. Ecclesia), o apertamente, o in figura, essa viene adombrata: 

la Chiesa, ripeto, in questo dì glorioso fa che in tal guisa favelli 

la gran Regina del Cielo: Io che ab eterno prescelta ed eletta mi trovai 

dall’Altissimo per esser nel tempo sua Madre, Ab aeterno ordinata sum 15 ; e 

che fui nella Mente sua Divina Primogenita ante omnem Creaturam (Prov. 8, 

23); Con tutte le convenevoli e sfarzose pompe di Madre, e con tutte le 

più singolari Divine finezze di Primogenita, feci ancora l’ingresso primo 

alla vita qualor fui creata e concetta, Ego ex ore Altissimi prodivi primogenita 16 

(Eccl. 24, 5). Ma che? Se la pienezza di Grazia, di Santità, e Giustizia, che 

allor godetti, fu sempre mai mia indivisibil Compagna, senza che punto 

da me si allontanasse giammai, In viis justitiae ambulo 17 (Prov. 8, 20): ciò 

non ridonda soltanto in mio vantaggio, ma di chiunque ancora sarà osse- 

15 Fui prescelta dall’eternità prima di ogni creatura. 

16 Fui nella sua mente Divina primogenita. 

17 Procedo per le vie della Giustizia.

quioso Adoratore di tal mio singolar Privilegio, ut ditem diligentes me 18 

(Prov. 8, 21). Ah sì, che farò, che gli Amanti veri e fedeli di questo mio illibato 

mistero, a suo riguardo, a mia maggior gloria, ed a lor giovamento, 

nelle loro indigenze restino appien proveduti di Beni ancor temporali e 

terreni, ut ditem diligentes me, et thesauros eorum repleam 19 (Prov. 8, 21). Così, 

ripiglio, la Chiesa: fa che in questo dì la gran Vergine a prò de’ suoi Divoti 

parli sì premurosa. 

4. E di fatto, Uditori, vaglia ancor la ragione. Se ci sono al Mondo Divoti, 

che dalla Celeste Sovrana riguardati pur vengano con occhio più amoroso 

e benigno, questi al certo, al parere di Anselmo (S. Ans. in epist. ad 

lugd.), a distinzione degli altri, son quei che dell’Immacolata Concezione 

di Lei ossequiosi sen vivono, e premurosi si mostrano; appunto perché a 

distinzione degli altri, un affetto le danno non in tutto forzato, ma in 

buona parte spontaneo, che vale a dire, un amore più tenero, più cordiale 

e sincero. Or l’Immacolata Signora, che allo scriver di Pier Damiano, amat 

nos amore invincibili 20 , non soffre mai che da veruno Ella venga 

nell’amar superata; al veder che i divoti di codesto suo prediletto Mistero, 

con sì buon animo le consagran non solo i lor più teneri affetti del Cuore; 

ma di buona voglia le tributerebbero ancora insiem col cuore gli averi, 

e con gli averi spontaneamente la Vita, se così a Lei piacesse: dovrem poi 

sospettare, s’Ella ancora, con insuperabil finezza di amore, prender non 

voglia a suo incarco di provederli di quelle sostanze, che Ella conosce esser 

lor necessarie per sostentare la Vita, ed ancor vantaggiose al gran Mistero, 

per vieppiù propagarne quel culto, a Lei pur così grato? Eh se ne 

mostri miscredente chi vuole, che io per me non ne temo. 

5. Ho bensì tutta la più forte ragione di rimaner sempreppiù persuaso, che il 

prodigioso Mistero dell’Immacolata Concezion di Maria, talmente sia 

Apportatore de’ Beni ancor temporali e terreni; che io assorto in un eccesso 

di gioja, non so saziarmi di benedir mille volte la chiesa, che con 

avvedutezza celeste, alludendo al predetto Mistero (S. Eccl. In die 7 infr. 

Octav. Im. Concept., et in die festo ap. PP. Minores), soggiunger fa alla 

Vergine in questo giorno, Per me Reges regnant … per me Principes imperant 21 

18 Quelli che mi amano per il mio Privilegio. 

19 Quelli che amano il mio Privilegio, li provvederò di ogni bene. 

20 Ci ama di un amore invincibile. 

21 Per mio mezzo regnano i Re …, per mio mezzo governano i Principi. 

121

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(Prov. 8, 15); e in riguardo alla Gente di sfera più bassa, venite, commedite 

Panem meum, et bibite Vinum, quod miscui vobis 22 . 

6. E dicalo pure un Ferdinando V, glorioso Re delle Spagne, se come, e da chi 

ottenn’egli mai la Conquista del vasto Regno di Granata, posseduto per 

lo innanzi da’ Mori? (Auriem. part. I. Aff. Scambiev. 20). Se non dalla Vergine 

Immacolata, qualor voto le fece di erger ivi un sontuosissimo Tempio 

ad onor del Mistero. Da chi l’invittissimo Cesare Ferdinando III riconobbe 

la stabilità del suo Impero, e la permanenza di tutte le sue Monarchie? 

(Auriem. Loc. cit.) Non da altri al certo, che dalla Regina del Cielo 

in onor della sua Immacolata Concezione: una Statua di cui fe perciò innalzare 

a perpetua memoria nella gran Piazza della Imperiale sua Sede. 

Ed oh avess’io pur tempo, o Signori, di contarvi qui per minuto quante 

prosperità temporali, a riguardo del singolar Privilegio Mariano, di cui ora 

favello, isperimentarono un Clemente XI degno Successore di Pietro, un 

Leopoldo I Imperadore, un Alberto Arciduca di Austria, una Città di Napoli, 

una Città di Palermo, e così tante e tante altre; oh come voi, attoniti allora 

senz’altro per lo stupore, confessando a piena bocca il mio Assunto, intessereste 

una bella parafrasi agli accenti della gran Vergine, dicendo Per 

me, idest per Immaculatam Conceptionem meam Reges regnant, et Principes imperant 

23 . 

7. Sì, ma io una giunta ancor vi farei, cioè et Ceteri vivunt. Non è già parziale 

accettatrice di persone la nostra Immacolata Signora. Con quel suo premuroso 

invitare, che in questo dì le fa soggiunger la chiesa, venite, commedite 

… et bibite 24 , veniamo a rimaner pur sicuri, che chiunque Ella osserva, 

consagrato di cuore ad ossequiare il suo Mistero illibato, di soccorrerlo e 

provederlo s’impegna nelle sue temporali indigenze. Parli parli pur qui la 

Beata Beatrice de Silva, come mai ella fece sulla fine del Secolo decimoquinto, 

a porre su quel nuovo Ordine di Religiose dell’Immacolata Concezione 

in Spagna, che fu poi confermato da Innocenzo VIII Pontefice 

gloriosissimo? Donzella, nobil di Sangue, è vero, ma povera ed affatto 

spogliata de’ Beni di fortuna, fuggitiva, solitaria, raminga; come mai fece? 

Pensò, dopo varj anni di pruova, pensò, dissi, la Vergine a mandarle in 

soccorso la gloriosa Regina allor delle Spagne Donna Isabella; col cui 

mezzo fu oprato tutto e conchiuso (vedi il lib. De XII Privil.). Parli anco- 

22 Mangiate il mio pane e bevete il vino che a voi ho versato. 

23 Per mezzo della mia Immacolata Concezione i Re regnano e i Principi governano. 

24 Venite, mangiate … e bevete.

a, e quel divotissimo vecchio Giovanni del Messico; ed un Maria Crocifissa 

Palermitana; e così tanti e tanti altri, che per farmi brieve tralascio; e tutti 

contestar ci potranno, che ne’ loro più urgenti temporali bisogni, trovarono 

nell’Immacolato Mistero la scaturigine del loro provvedimento. 

II. 

123

124

10 

Orazione per la festa dell’Immacolata Concezione 


125

126 

10 

Orazione panegirica 

L’Autore annota che per l’anno 1758 si è celebrato, come al solito, il triduo per la festa 

dell’Immacolata Concezione nella chiesa omonima. Tuttavia, rimane solo l’orazione 

panegirica per il giorno della festa, completa nelle sue varie parti. Essa presenta varie somiglianze, 

specialmente nel proemio dell’esordio, nell’assunto ed in alcune argomentazioni con 

l’orazione del 1753, recitata nella stessa chiesa e per la stessa circostanza. 

Da un punto di vista stilistico e strutturale l’orazione panegirica è migliore 

dell’orazione del 1753 che d’altra parte, dice l’Autore, era stata abbozzata la notte precedente. 

L’orazione panegirica ha come testo biblico di riferimento il capitolo 8 del libro della 

Sapienza. La maternità divina di Maria si realizzò in un preciso momento storico, ma 

Dio aveva pensato a Maria fin dall’eternità e prima della creazione, come sua dimora, 

quindi tutta pura e santa. L’elezione ab aeterno che Dio fece della gran Vergine alla sua 

Divina Maternità fu “la ricca sorgente ed origine” da cui scaturirono tutti i suoi privilegi e, 

primo fra tutti, quello di essere stata Ella sola Immacolata nella sua Concezione. 

La Vergine santa desidera che i suoi devoti lodino e ringrazino “con il cuore sulla lingua” 

la divina Trinità per tutti i privilegi che le ha concesso, primo fra tutti quello della 

sua Immacolata Concezione. 

Francesco Antonio Marcucci conclude l’orazione con una bellissima preghiera come aveva 

fatto nel 1753, ma mentre lì si era rivolto direttamente all’Immacolata “Regina nostra 

e Signora”, qui si rivolge, prima alla Santissima Trinità per ringraziarla, a nome 

degli ascoltatori e della stessa Vergine santa di tutti i benefici a Lei concessi, poi, al singolare 

si rivolge alla “Celeste Beniamina di Dio”, chiedendo in prestito agli angeli e ai santi 

le parole per lodarla e, in cambio della sua debolezza, le rinnova l’offerta perpetua della 

sua anima del suo cuore e della vita ed invoca su di sé e sugli ascoltatori la pienezza delle 

sue benedizioni. Auspica che, dopo aver onorato la sua Immacolata Concezione in questa 

vita, possiamo passare ad onorarla e contemplarla eternamente in cielo. 


Celebrandosi nella Chiesa dell’Imm[acolata] Conc[ezione] il Sacro Triduo 

dell’Immacolata Concezione nell’Anno 1758. 

ORAZIONE PANEGIRICA – 8 Dicembre. 

Argomento

L’elezione ab eterno che fu fatta della SS.ma Vergine alla Maternità 

Divina fu la sorgente di tutti i suoi Privilegj, e particolarmente della 

sua Immacolata Concezione 

Venerunt mihi omnia bona pariter cum illa 1 

Sapientiae septimo 

Non vi ha nel Mondo chi alle sue prosperità assegnar non possa l’origine da 

cui esse, quasi fiume reale dalla sua viva e feconda sorgente, sen derivarono. 

Alcuni, riandando le antiche storie del loro nobil Lignaggio, le ascrivono 

o alla amorevolezza cortese di qualche Monarca, o alle prodezze 

singolari di qualche loro inclito Eroe. Altri, o all’industria sagace de’ loro 

Antenati, o alle operazioni magnanime del lor talento. Ed altri ancor finalmente, 

e con giudizio più accorto, all’infinita amorevolissima Provvidenza 

di Dio tutte le loro felicitadi con grato animo ascrivono. Quindi se 

noi, Ascoltatori riveritissimi, andar vogliamo indagando anche nella nostra 

celeste Sovrana Maria SS.ma, se da che mai tanti suoi singolarissimi 

Privilegj derivarono, ed in particolare quello maravigliosissimo, che oggi 

pomposamente celebriamo, cioè di essere stata Essa sola tra tutti i Figli di 

Adamo concetta senza macchia originale, di aver Ella sola avuta Immacolata 

la sua Concezione: noi troveremo senz’altro esser ciò provenuto alla Vergine 

dall’essere stata ab eterno eletta da Dio per sua Madre. Questa Maternità Divina 

fu l’origine e la sorgente, dalla quale alla nostra Immacolata Signora tanti 

gran Beni derivarono: Ond’essa a gran ragione va ripetendo col Savio, 

Venerunt mihi omnia Bona pariter cum illa. Se volete chiaramente vederlo, sia 

vostra la cura di attentamente udirlo, mentr’è mio l’incarico di succintamente 

dimostrarlo. Eccomi a servirvi. 

I. La gran Vergine adunque fu nella pienezza de’ tempi attualmente Madre 

di Dio. Sì, così ce lo insegna la nostra Santa infallibilissima Cattolica Fede, 

così cel rammenta ognitanto la Chiesa con quell’elogio sì caro alla Vergine 

di Mater Dei, di Sancta Dei Genitrix. Or a questa eccelsa Maternità Divina, 

che la gran Signora godette attualmente nel tempo, a questa Maternità, 

ripiglio, essa sin da tutta l’eternità fu scelta da Dio; sin ab eterno eletta 

fu dall’Altissimo per sua cara e degnissima Madre. Pria che il Sommo Facitor 

delle cose creasse i Cieli, dasse il folgore alla Luce, il moto alla Luna, 

e al Sole, ed il brio alle Stelle; prima che chiamasse dal nulla la Terra, e il 

Mare; riempisse di uccei l’aria, di pesci le acque; di erbette i campi, di fiori 

i prati; prima che chiamasse alla vita gli Angeli, e l’Uomo; prima che gli 

1 Con Lei è venuto a me ogni bene. 

127

128 

altri Animali, e tutte le altre cose sì visibili, che invisibili creasse: sì sì, prima 

di tutto questo eless’Egli nella sua Mente Divina la gran Vergine per 

suo purissimo Albergo, per suo bellissimo Tempio, per suo vaghissimo 

Trono, per sua degnissima Madre: così ordinandola ab eterno, così prescegliendola 

ad esser tale: conforme in persona della medesima Vergine 

ben disse il Savio, Ab aeterno ordinata sum, et ex antiquis antequam Terra fieret 2 

(Prov. 8, 23). 

II. Non si porta, anzi non può portarsi, il Sommo Iddio nella disposizion delle 

cose, come noi in questo basso e misero Mondo tuttor ci portiamo. 

Noi nel governo delle cose, siccome non possiamo saper le venture, né 

tutte senza spezial privilegio di lume infuso possiam prevederle, ci andiam 

regolando sempre con nuove disposizioni, con mutazioni varie 

nell’incontrarci con esse: siam pur soliti sovente la volontà di oggi al dimani 

mutarla (qualor senz’offesa Divina possa ciò farsi) se al dimani altra 

cosa diversa dall’oggi, e non preveduta ci accada: dicendo perciò di noi a 

gran ragione il Santo Giobbe, Homo nunquam in eodem statu permanet 3 (Job 

14, 2). Ma se questa nuova mutazione ogni tanto di volontà è un effetto 

della nostra bassezza, della nostra imperfezione, e del nostro saper limitato 

e ristretto: non può mai questa, senza un’orribile eresia, ed esecranda 

bestemmia, supporsi in Dio, o a Lui attribuirsi. 

III. Ha Egli, il gran Monarca de’ Cieli, di sua Natura una Sapienza infinita, colla 

quale sa, e vede come presenti tutte le cose che per noi sole saranno future: 

ond’egli sin da tutta l’eternità, prima che i Cieli, e la Terra creasse, vidde 

ben tutte le cose che e nel Cielo e nel Mondo succeder dovevano; e sin 

di allora colla sua Provvidenza infinita ne dispose l’ordine, ed il regolamento 

che applicar doveva nel tempo nel governo di tutto il creato. Quindi 

non amministrando mai Iddio con nuova volontà cosa veruna nel governo 

delle cose, infallibilmente ne siegue che essendo stata la gran Vergine nella 

pienezza de’ tempi sua Madre attuale, già da Lui ab eterno con suo assoluto 

ed efficace decreto fosse preveduta, prescelta, e preeletta per tale; e cosippure 

ab eterno da Lui predestinata fosse a goder tutti quei privilegj singolarissimi 

e di Grazia, e di Gloria, che corrispondessero ad una dignità così 

eccelsa, ed infinita, per usar la frase dell’Angelico San Tommaso. 

IV. Che andate voi dunque, R[iveriti] Ascoltatori, più con istupore indagando 

se come mai l’Imperadrice dell’universo tra tutti i discendenti di 

Adamo potesse in se accoppiar l’esser Figlia anch’essa di Adamo quanto 

2 Sono stata prescelta dall’eternità e dal principio prima che essistesse il mondo. 

3 L’uomo non rimane mai nella medesima condizione.

alla Natura ed il non esser sua Figlia quanto alla colpa? Ed Essa sola in 

mezzo agli universali gemiti de’ Mortali con quell’In peccatis concepit me mater 

mea 4 ; Essa sola ripeto, tutta festosa con verità dir potesse (come pur lo 

disse una volta a Santa Brigida), veritas est quod ego concepta fui sine peccato originali 

5 , vale a dir, Io sola tra tutti i figli di Adamo sono stata concetta senza 

peccato originale; Io sola preservata all’intutto da quella macchia; Io 

sola tutta bella, tutta pura: la mia sola Concezione fu Immacolata. Che più 

andate, dissi, con istupore indagandone il come? Eh su su, date gli occhi, 

volgete il pensiero al singolare suo pregio di essere Ella sola tra tutti i discendenti 

di Adamo stata ab eterno eletta da Dio per sua Madre; e poi dite 

pure, e direte con ogni ragione il vero; Niun altra pura Creatura discendente 

da Adamo fu prescelta da Dio sin dall’eternità per sua Genitrice: 

a veruna altra perciò conveniva quella singolar grazia di preservazione; 

ch’ebbe la Vergine sola. A Lei bensì convenne, a Lei sola si dovette che 

sin nella sua Concezione fosse tutta bella e Immacolata, perché Ella sola godette 

il bel vanto dell’eterna preelezione alla Maternità Divina: conforme 

ancor lo disse il sapientissimo Idiota (sotto il cui nome si ascose il B[eato] 

Raimondo Giordano, che sul principio del secolo decimo fiorì ricolmo di 

Santità e Dottrina). Tota pulchra in tua Conceptione ad hoc solum effecta es, ut 

Templum esses Altissimi 6 (Lib. De Contempl. Virg. Cap. 3). 

V. Ecco ecco pertanto, Riveriti che mi ascoltate, quanto egli è vero che 

l’elezione che ab eterno fece Iddio della Gran Vergine alla sua Divina Maternità 

fu la ricca sorgente ed origine, donde a Lei tanti inenarrabili Beni, 

e Privilegj singolarissimi provennero. Sì sì venerunt illi omnia Bona pariter cum 

illa 7 . In quella guisa appunto che noi tuttora in questo Mondo vediamo 

derivare o ad un sontuoso Palaggio tutti quei riguardi, che se gli mostrano, 

per esser destinato pel Principe; o ad una Reale Donzella tutte quelle 

onorificenze che se le fanno, per esser iscelta compagna di un Monarca; 

o ad un sacro Tempio tutte quelle esenzioni ed immunità che gli si accordano, 

e rispetti che gli si prestano, per esser Casa di Dio. 

VI. Non più stupori, adunque, non più. Poniamo piuttosto tutti i nostri pensieri, 

ed affetti in congratularci in questo giorno colla nostra Celeste Signora 

di essere stata ab eterno eletta Madre di Dio, e di aver perciò goduto 

il singolar privilegio di essere stata Ella sola Immacolata nella sua Conce- 

4 Mia madre mi ha concepito nel peccato. 

5 È verità che io sono stata concepita senza il peccato originale. 

6 Sei stata resa tutta pura nel tuo concepimento per questo solo scopo, perché potessi essere il Tempio 

dell’Altissimo. 

7 Tutti i beni vennero con Lei. 

129

130 

zione. Rendiamo ancor col cuor sulla Lingua mille e mille grazie al sommo 

sapientissimo Iddio di aver così amata sino ab eterno la sua SS.ma Madre, 

e di averla così arricchita sopra tutte le pure Creature di Privilegj e di 

Grazie. Ecco in che segnalar si debbono i veri Divoti della Immacolata 

Concezione di nostra Signora: qui consister debbe la loro premura. Così la 

Vergine stessa insegnarlo degnossi a Santa Metilde; allorché apparendole 

un giorno le disse: Ricordami, o figlia, il gaudio, col quale ora mi rallegro per vedere, 

e conoscere il gaudio della beatissima Trinità che ebbe in me pel compiacimento, col 

quale ab eterno in me si compiacque (S. Mectild. in vita sua lib. 1. c. 46). Cosippur 

istruirne degnossi la Ven[erabile] Francesca Vacchinia Domenicana, 

quando un dì le apparve, e disse: Renderai, o mia Francesca, le Grazie a Dio, 

poiché mi ha ordinata ab eterno, e mi ha esentata dal contagio comune ai Figli di Adamo 

(In vit. Ven. Franciscae Vacchin.). 

VII. Deh, giacché a voi così piace, o gran Madre di Dio, Signora e Madre nostra 

Immacolata, Maria SS.ma; eccoci tutti pronti in quest’oggi a render 

con tutti gli affetti del nostro Cuore mille Grazie all’augustissima Triade 

per avervi ab eterno prescelta ed ordinata per sua. Sì sì, vi ringrazio di 

buon cuore Eterno Padre, eterno Figlio, eterno Spirito Santo, vi ringrazio a nome 

della vostra amatissima Figlia, dilettissima Madre, e purissima Sposa, 

Maria SS.ma, vi ringrazio dell’eterno compiacimento che in Lei aveste, 

dell’eterno Amor che le portaste, dell’eterna elezione che ne faceste; e di 

tutti quei Doni e Privilegj, di cui nel tempo e specialmente nella sua Immacolata 

Concezion, l’arricchiste. E mi rallegro poi infinitamente con voi, o 

celeste Beniamina di Dio, o eccelsa mia gran Signora, mi rallegro delle 

Grazie e Doni immensi di cui foste meritatamente ed in ispezie nella sacra 

Concezione vostra dotata. Ed oh avess’io tutte le Lingue degli Angeli, 

con quelle al certo vorrei in questo caro sacrosanto giorno benedirvi, e 

senza mai cessare lodarvi. Vi offro intanto in supplemento delle mie debolezze 

tutte quelle lodi e congratulazioni che gli Angioli in questo dì beatissimo 

con tutta l’empirea corte vi danno: ed unite con quelle vi offro 

in perpetuo dono l’Anima, il Cuore, la Vita. Ah degnatevi, ve ne prego in 

onor del vostro sacro Mistero, che oggi celebriamo, degnatevi, dissi, di 

gradirne ed accettarne l’offerta; e di alzar la vostra potente mano dal cielo, 

e riempir non meno me, che tutti quei che mi ascoltano riempir, dissi, 

di vostre benedizioni celesti; affin onorando noi potendo sempre la vostra 

Immacolata Concezione in questa vita, possiam poi tutti sotto il vostro 

Patrocinio passare ad onorarla, e contemplarla eternamente nel cielo. 

Amen.

11 

Sacro triduo e discorso per la festa dell’Immacolata 


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11 

Triduo e discorso per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 

1759 

Nell’anno 1759 don Marcucci recita tre discorsetti per il triduo 

dell’Immacolata Concezione ed una orazione panegirica per il giorno della 

festa. 

I tre discorsetti sono incompleti, indicano semplicemente l’argomento; il 

primo aggiunge anche l’accenno dell’esordio e la prima prova della trattazione. 

L’orazione per il giorno della festa, invece, è molto ampia ed elaborata. 

L’esordio è diviso anche graficamente in tre parti 1 ed è di tipo congiunto. 

Nel proemio l’Autore afferma che Dio ha creato ogni cosa per la sua gloria. 

Nella seconda parte espone la conseguenza dell’affermazione precedente e cioè 

l’uomo, in quanto creatura, è tenuto a glorificare Dio. Nella terza parte, 

l’Autore congiunge le premesse date con l’argomento: chi ama l’Immacolata 

Concezione di Maria glorifica Dio. 

La trattazione dell’argomento si snoda in cinque parti suddivise in altri 

paragrafi: essi sono un commento alla dottrina del beato Duns Scoto: “Deus 

potuit, voluit, ergo fecit” e cioè Dio poteva, volle, e dunque fece Maria tutta 

Santa. Nella prima parte viene spiegato il significato del “potuit”, cioè come 

Dio nella sua onnipotenza poteva esentare Maria dalla colpa originale che colpì 

tutti i discendenti di Adamo. Ciò non è difficile crederlo eppure non tutti glorificano 

Dio per questa meraviglia, ma solo coloro che credono ed onorano 

l’Immacolata Concezione della gran Vergine. 

Nella seconda parte Francesco Antonio Marcucci spiega il verbo “voluit” 

e cioè Dio nella sua infinita bontà realizzò ciò che la sua onnipotenza poteva 

fare, quindi onorare la Concezione Immacolata di Maria, sin dal primo istante 

della sua vita, significa glorificare l’infinita bontà di Dio. 

Nella terza parte l’Autore spiega il verbo “fecit” cioè come Dio, non solo 

impiegò il suo sommo potere per rendere Maria tutta bella, fin dal primo istante 

della sua concezione, ma anche il suo infinito amore. 

Il re Salomone previde da lontano questo singolare privilegio di Maria, 

quando ai capitoli 4 e 6 del Cantico dei Cantici fa dire a Dio che la sua amata e 

la sua amica è tutta bella, splendida e soave. 

Nella quarta parte l’Autore finge di immaginare quale onore avrebbe potuto 

dare alla potenza di Dio e alla sua bontà la Vergine non preservata dal 

1 Cf. MARCUCCI, F.A., Avvertimenti Tettonici…, cit., n. 13, p. 22 e ss.

peccato nel primo istante, certamente nessuno ed è per questo che Dio ha saputo 

crearsi e formarsi una Madre Immacolata. 

La quinta parte dell’orazione costituisce la perorazione che serve a muovere 

ulteriormente gli affetti e la volontà dell’uditorio. Marcucci utilizza il 

confronto tra il medico che previene la malattia di un caro amico e il medico 

che cura colui che è già ammalato. Il primo è paragonato da S. Agostino alla 

redenzione preventiva di Gesù; mentre il secondo alla redenzione curativa. 

Maria esalta la Sapienza divina perché è stata oggetto meraviglioso della redenzione 

preventiva di Dio e, anziché pregiudicare la forza del sangue del 

Redentore, la esalta. Chi dunque onora l’Immacolata Concezione di Maria 

glorifica l’Onnipotenza di Dio, il suo amore infinito e la sua sapienza. 

I testi sono stati trascritti dall’autografo, ASC 51: i discorsetti p. 303; 

l’orazione, pp. 149-159. 

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11/a 

Sacro Triduo per la Festa dell’Imm[acolata] Concez[ione] di Maria per 

l’anno 1759. 

Discorsetto primo. Mercoledì 5 Dicembre. Argomento 

La divozione all’Immacolata Concezione è un segno di 

Predestinazione 

Nell’esordio. La visione di S. Giovanni nel capo 7 dell’Apocalisse, in cui 

vidde che un Angelo diceva agli altri: Nolite nocere etc. quoadusque signemus etc. 2 

Al proposito quello di S. Bonaventura: qui habuerit characterem etc. 3 e di S. 

Gio[vanni] Damasceno in orat. in Annunciat. Deiparae: Devotum esse Mariae, 

est quaedam arma salutis, quae Deus iis dat, quos vult salvos fieri etc 4 . 

Pruove. 1. si spieghi cosa è predestinazione etc. 

Discorsetto secondo. Giovedì 6 Dicembre. Argomento 

I divoti dell’Immacolata Concez[ione] sono gli eletti a formar in Cielo 

la Corte alla gran Madre di Dio 

Discorsetto terzo. Venerdì 7 Dicembre. Argomento 

La Vergine si mostra speziale Rifugio per li divoti 

dell’Imm[acolata] Concez[ione] 

2 Non danneggiate la terra finchè non abbiano segnato i servi di Dio sulle fronti. 

3 Colui che è stato segnato. 

4 L’essere devoto di Maria è come un’arma di salvezza, che Dio dona a coloro che vuole salvare.

11/b 

Orazione 

Sopra l’Immacolata Concezione di Nostra Gran Signora. 

Sabbato 8 Dicembre 1759. 

Argomento 

Glorifica Iddio chi onora l’Immacolata Concezion di Maria 

1. L’onore è essenzialissimo a Dio, ed inseparabile è da Lui la Gloria. Questa 

Gloria Divina il principal fine e motivo egli è stato, per cui a tutte le create 

cose ha dato l’esser l’Altissimo, e per cui tanti Misteri ha operato, e tanti 

stupendi prodigj. Dirovvi anzi di più, o Riveriti Signori, non poter nulla 

fare Iddio, se per questo principalissimo fine di onorare e glorificare se 

stesso, nol fa Egli e non l’opera. Date pur quindi uno sguardo ai vasti 

Mari del nostro basso Mondo, ed a tutta la Terra insieme, ed a tutte le varie 

e belle cose che in loro soggiornano. Fissate pur le pupille al Cielo, ai 

splendenti Pianeti, ed alle lucidissime Stelle. Penetrate di più col pensiero 

e quanto mai o di più recondito vi ha sotto Terra, o di più di più glorioso 

sopra il Firmamento vi regna: e poi dite pure, che al vero certamente vi 

apporrete, tutte queste grandi opere, tutte sì stupende cose, tutte, ripeto, 

per l’Onore e Gloria sua Iddio principalmente le ha fatte. 

2. Che se dunque il gran Monarca de’ Cieli, coll’aver fatto il tutto, e col non 

poter mai operar nulla, se non a questo principal’oggetto di onorare e 

glorificare se stesso, evidenti pruove ci ha dato di esser’egli essenzialmente 

degno di una infinita gloria ed onore; non sia dunque stupore, Uditori 

Riveritissimi, se ciaschedun di noi, eziandio non vi fosse precetto veruno 

positivo, naturalmente spinto si senta, e dalla retta ragion trasportato ad 

onorare e glorificare quel Dio, per la cui Gloria ed Onore fummo principalmente 

creati. Del rimanente se a questo dettame di ragion naturale le 

premure tutte si aggiungano, che in mille luoghi ce ne fanno le Divine 

Scritture, confesseremo, che se noi, non solo i giorni tutti impiegassimo 

per rendere al Sommo Iddio l’onore e la gloria che gli dobbiamo, ma vi 

spendessimo ancora il nostro sangue, e la vita; assai poco, per non dir 

nulla, faremmo. 

137

3. Or io per me, che a guisa di ogni altro sacro dicitore, a cercar sempreppiù 

quest’Onore e Gloria Divina, eccitare vi debbo; ho pensato in occasione 

sì opportuna del sacro solenne ricorrente Mistero, che veneriamo; ho 

pensato, dissi, di mostrarvi, se quanto glorifica Iddio chi onora l’Immacolata Concezion 

di Maria. Non vi sembri strano, o Signori, l’Assunto; mentre se vostra 

sarà la cortesia di udirlo provato, mio è l’incarico di dimostrarvelo. 

Incominciamo. 

138 

I. 

4. Che Iddio sia onnipotente, ognun lo confessa e lo crede: ma non ognuno 

però questa Onnipotenza Divina a glorificare si pone. Colui, che le meravigliose 

opere della destra di Dio a lodare e propalare si mette, e che 

maggiormente onorato e conosciuto resti il supremo Facitore del tutto, a 

tutto sforzo procura; costui sì, che glorifica l’onnipotenza di Dio, confessare 

egli è duopo. Ma che altro fa, ditemi che il Ciel vi salvi, o Signori, che 

altro fa, ripeto, chi onora e propala l’Immacolata Concezion di Maria? Vi dice 

che la gran Vergine, come naturale figlia e discendente di Adamo, pareva 

che inclusa rimaner anch’essa dovesse e collegata nella volontà prevaricatrice 

del nostro incostante Progenitore: e quindi, che sembrava che anche 

essa restar dovesse annegata in quella inondazione universale della originaria 

colpa; se Iddio coll’onnipossente sua destra, preservarla affatto da 

tanto male non avesse potuto. Potè dunque l’Altissimo non includer la volontà 

di Maria con quella di Adamo: potè non soggettarla a quel capo morale, 

che ben presto colla sua deplorabil caduta infettar sì bruttamente se 

stesso dovea e tutto il Genere Umano: potè Iddio fare, che qualora 

quell’universale diluvio del peccato originale accolse sotto di sè, insino i 

più alti Monti di Santità; Maria sola, qual’Arca mistica, se ne andasse tutta 

festosa galleggiando sopra le acque, guidata dall’auretta soave della Grazia 

Divina: potè, per finirla, che laddove il restante intero dell’uman genere 

spuntar doveva all’essere, tutto pien di lordure e di macchie dell’originale 

peccato; Essa sola, la Vergine, concetta fosse tutta pura, tutta santa, tutta 

bella e tutta Immacolata. Potuit Deus, esclama qui il venerabile e sottilissimo 

Scoto, potuit Deus eam ab originalibus praeservare 5 . 

5. Sebbene, odo chi mi ripiglia, e chi mai esser vi può nel Mondo, che non 

confessi e non creda, poter tutto Iddio, quando al poter suo non si opponga 

veruna imperfezione ed implicanza; di cui egli non può esser capa- 

5 Dio potè preservarla dal peccato originale.

ce? Veruno, rispondo. Ma pure, non ognuno per sì onnipossente lo publica 

e lo glorifica; come ben fa quegli, che tale lo riconosce e lo palesa 

nel credere ed onorare l’Immacolata Concezion, della gran Vergine; su cui a 

maraviglia spicca l’Onnipotenza Divina. 

II. 

6. Ma piano, che questo adorabil Mistero, non solamente dà risalto 

all’Onnipotenza di Dio; ma di più molto al vivo l’infinita sua Bontà ci dipinge. 

Egli è dottrina sicura del Sacro Concilio Francofortense (Conc. 

Franc. Epist. Ad episc. Hisp.), che qualunque cosa noi conosciamo giustamente 

esser ragionevole e degna di esser fatta, né da essa poter ridondare 

imperfezione od implicanza veruna; dobbiam pur credere, e confessare, 

(almeno piamente, qualora per anche non ci costringa la Fede), che 

Iddio senz’altro colla Bontà sua infinita l’abbia ancora voluta, e realmente 

ancor fatta: Credamus, son parole del citato Concilio, Deum omnia velle, quae 

meliora sunt 6 . Ed un tempo assai prima, insegnato lo aveva il grande Agostino, 

qualora disse: Quidquid tibi vera ratione melius occurrerit, id scire debemus 

fecisse Deum 7 (S. Aug. Lib 3 de lib. Arbitr,. Cap. 5). 

7. Posto ciò, chi vi ha di grazia, che chiaramente non vegga, quanto ragionevol 

cosa fosse e ben degna, che la gran Madre di Dio preservata 

all’intutto dalla macchia comune nella sua Concezione venisse? Tantoché 

l’onorarla Immacolata e pura in quell’Istante, lo stesso pur sia che glorificar 

l’infinita Bontà di quel Dio, che fattosi tutto amore per la prediletta sua 

Genitrice, non solo preservar la poté dall’originale peccato, ma ancor volle, 

e tutto premuroso eseguillo. Potuit l’argomento è del sopramemorato 

Dottor sottilissimo, Potuit, voluit, ergo fecit 8 . 

III. 

8. E qui, chi ridir può, Uditori, se che bel campo mi si apre a mostrarvi se 

quanto il divoto Veneratore del sacro ricorrente Mistero glorifichi il supremo 

Signore, quando lo confessa sì amante della sua Madre, che abbia 

voluto da ogni macchia renderla affatto immune. Certamente confessa, 

che Iddio nella Concezione purissima di Maria, abbia a prò di Lei diffusi i 

6 Dobbiamo credere che Dio vuole ciò che è meglio. 

7 Dobbiamo sapere che Dio ha fatto tutto quello che a te è accaduto di meglio secondo un vero discernimento. 

8 Ha potuto, ha voluto, dunque lo ha fatto. 

139

140 

Tesori tutti della sua Grazia, con farla tutta bella, non solo a misura del 

sommo Poter suo, ma eziandio dell’infinito suo Amore. 

9. Previdde, benché molto da lungi il Re Salomone, questo singolar Privilegio 

della Gran Vergine; e descrivendo ne’ suoi misteriosissimi Cantici la 

singolare Bellezza di Lei, così fa parlare Iddio tutto invaghito di un’Opra, 

la più bella che uscita fosse dalle sue mani. Tota pulchra es, Amica mea, et 

macula non est in te. Pulchra es, amica mea, suavis et decora 9 (Cant. cap. 4. e cap. 

6). In Te, dice Dio alla Vergine, ho delineato un vago ritratto della mia 

Divina Bellezza, con farvi totalmente vaga, e perfettamente bellissima: 

Tota pulchra es. Ma questo egli è uno sforzo della mia Onnipotenza non 

solo, ma del mio ancora amoroso volere, e del mio intensissimo Amore; 

con cui sino ab aeterno ti ho amato, ed ora come la più cara e prediletta 

Amica mia ti rimiro: Tota pulchra es, Amica mea 10 . Non furono già gli Angeli 

stessi miei, ed insino i più alti Serafini, così privi ed esenti di ogni minimo 

neo, come tu fosti sempre mai al mio Divino Cospetto: Tota pulchra 

es, Amica mea, et macula non est in te 11 . Sei bella sì, lo ripeto, sei la più cara, la 

prediletta mia Amica, a misura dell’Onnipotenza, che per così farti ho 

impiegata; ed a misura dell’infinito mio Amore, che ti ho portato e ti porto: 

in Te sola trovando tutte le mie soavità, e tutto il mio Compiacimento 

Divino avendo in Te sola: Pulchra es, Amica mea, suavis, et decora; o come 

legge Ambrogio il Santo Pulchra es, Amica mea, tamquam beneplacitum 12 (S. 

Ambr. Lib. 1. De Virg.). 

IV. 

10. Or questa medesima gloria, che a Dio dava quel savissimo Re, in confessarlo 

così invaghito ed amante della sua Madre ventura; a rinovarla ora 

passa, come ognun vede, chiunque l’adorabil Mistero ossequio-samente 

crede ed onora. Dirò anzi di più: che il Divoto dell’Immacolata Concezion di 

Maria mille elogi intesse nel tempo stesso alla Somma Sapienza del gran 

Facitore del tutto. 

11. Datemi ragione, o Signori, seppur a meritarla qui sono. Fingete, che la 

Vergine dall’originale peccato preservata non fosse: fingete, che nel primo 

istante del suo concepimento, fosse stata, come gli altri, priva di Gra- 

9 Sei tutta bella, Amica mia, e in te non vi è macchia. Sei bella amica mia, dolce e splendida. 

10 Sei tutta bella, Amica mia. 

11 Sei tutta bella, Amica mia, e in te non vi è macchia. 

12 Sei bella, Amica mia, così come è stato voluto.

zia, e schiava del Serpente Infernale. Tutto ciò fingete, ripeto; e poi ditemi, 

qual onore mai ridondato avrebbe da ciò alla Sapienza infinita del suo 

Divin Figlio? Anzi qual dissonore, siamo or lecito così dire, risultato bensì 

non sarebbe? Come? (dir si sarebbe potuto) Come? Un Dio di Onnipotenza 

infinita, che formar si poteva la Madre a suo modo: Un Dio 

d’infinita Dignità, a cui conveniva aver nell’incarnarsi una Madre tutta 

pura, e senza verun minimo neo di colpa: e poi non l’ha fatto? E poi non 

l’ha voluto? Ma come (si sarebbe allor potuto soggiungere), come non ha 

voluto, se la preservazion di Maria era decente, e doverosa all’intutto? 

Come non ha voluto, se egli era tutto Amor per la Madre? Dunque (su 

tal finzione si sarebbe potuto conchiudere), se ha voluto ancor preservarla, 

converrà forse dire, che non abbia saputo? 

12. Ah no, Uditori, non può mai ciò dirsi, né imaginarsi. Togliam pur dal 

capo ogni finzione fallace; detestiam pure ogni ardita e bugiarda conseguenza. 

Sì sì, che il grande Iddio ha potuto, ed ha voluto; e sia aggiunto a 

gloria dell’infinita sua Sapienza, ha saputo ancora crearsi e formarsi una 

Madre a suo Divino talento, cioè tutta bella, tutta pura, tutta sempre mai 

Immacolata; come ben conveniva all’esser di Lei di degna Madre di Dio. 

Così egli stesso il Redentore presso S. Agostino a parlare si fece: ego Matrem, 

de qua nascerer, feci 13 (S. Aug. De quinque Haeres. cap. 5). E come 

conchiude San Pier Damiano Deus Homo antequam nasceretur, talem creavit 

Matrem, ut Ipse digne nasci posset ex ea 14 (S. Petr. Dam. Serm. De Nat. Virg.). 

Tant’è dunque, Uditori, tanto è l’esclamare Viva l’Immacolata Concezion di 

Maria, quanto è il ripetere viva l’onnipotenza di Dio, viva l’infinito Amor suo, 

e l’infinita sua Sapienza pur viva! 

V. 

13. Ma piano, che una particolarità tutta nuova, tutta singolare, tutta ineffabile 

di questa Sapienza Divina, a glorificare e propagare si accinge chiunque 

dell’odierno sacrosanto Mistero è ossequioso e divoto. Un accorto 

Professore di Medicina, che prevedendo di un suo più caro Amico un 

imminente malore, gli prescriva e gli presenti gli antidoti, e gli applichi 

quei rimedj propri a preservarlo: chiamasi, dice il grande Agostino, un 

Medico più saggio ed accorto degli altri (S. Aug. In Psal. 85); perché sì da 

lungi sa preveder tutto il male, ed ancor preservarlo, affin non si accosti e 

13 Ho creato la madre dalla quale dovevo nascere. 

14 Dio, prima che nascesse come uomo, creò la Madre con tali prerogative, che Egli stesso 

potesse degnamente nascere da Lei. 

141

142 

non venga. E tal fu, ripiglia qui San Bernardo, tal fu la somma Sapienza e 

Provvidenza del Figlio di Dio, che co’ meriti del sangue suo prezioso applicati 

da Lui agli Angeli beati, li preservò, affin non cadessero col superbo 

Lucifero, e non restassero insieme con essolui rovinati. Onde, se con 

una Redenzione curativa fu il buon Gesù Redentore di tutto il Genere Umano: 

con una Redenzione più nobile preservativa fu ancora Redentore e Medico preservatore 

di tutti gli Angeli e Serafini Celesti (S. Bern. Serm. 21 in Cant.). 

Così il Santo Abate di Chiaravalle glorificando va, per riguardo alla Preservazione 

degli Spiriti Beati, la Sapienza Somma del Redentore Divino. 

14. Per altro, quanto maggiormente esaltata resti la Sapienza Divina, qualora 

una tale Redenzione preservativa più gloriosa, più ricca, più nobile di quella, 

di cui gli Angeli ebbero parte, noi la riconosciamo nella Gran Vergine; 

come di fatti in essa già accadde; ognun lo capisce, o Signori, senza che io 

a decifrarlo mi ponga. Certamente questo gran Privilegio della Preservazion 

di Maria, è tanto lontano che pregiudicare possa alle glorie del Sangue 

prezioso del Divin Redentore; che anzi assai più (come dopo il sottilissimo 

Scoto, ben argomenta e conchiude S. Francesco di Sales), assai più, 

dissi, ne palesa ed esalta l’efficacia, il poter, la virtù, e l’altissimo merito. 

Perciò la Chiesa in questo dì glorioso, accordò tutta festosa all’inclito Ordine 

Serafico il poter orare in tal guisa, Deus qui … ex morte Filii sui praevisa, 

Virginem ab omni labe praeservasti 15 ; affinché capisse ben’ognuno, non solo 

quanto a pieni voti favorisce la Chiesa questo Santo Mistero; ma ancora, 

con quanta verità il Divoto della Immacolata Concezione coll’onorarla, 

glorificava grandemente Iddio, glorificava la sua Onnipotenza, glorificava il 

suo Amore infinito; ed in modo particolare glorificava in varie guise 

l’infinita sua Sapienza. Tant’io dir vi voleva, o Signori. 

15. Deh, s’è così. 

15 Dio che … preservasti la Vergine da ogni peccato, per la previsione della morte di suo Figlio.

12 

Sacro triduo e discorso per la festa dell’Immacolata 


143

144 

12 

Triduo e discorso per la festa dell’Immacolata Concezione 


Per l’anno 1760 Francesco Antonio Marcucci scrive l’orazione per l’Immacolata Concezione 

di Maria che pubblica sotto gli auspici del Cardinal Lorenzo Ganganelli 1 . Non 

rimane alcuno scritto relativo al triduo ed alla festa dell’anno successivo, anche se sicuramente 

l’Autore avrà tenuto la predicazione. Per il 1762 abbiamo tre sermoncini e il discorso 

per il giorno della festa elaborati tutti con grande cura. L’Autore, per spiegare il privilegio 

dell’Immacolata Concezione di Maria, accoglie le argomentazioni del francescano 

Duns Scoto, del Caietano e di tanti altri Padri della Chiesa. Tra gli esempi di miracoli 

compiuti dalla Vergine Immacolata verso i suoi devoti cita, per la prima volta, quelli riportati 

da S. Alfonso Maria de Liguori nelle “Glorie di Maria”. 

Nel sermone per il giorno della festa ricorre con grande abilità alla legislazione civile per 

provare il suo argomento. I quattro componimenti del 1762 sono tra i migliori dell’Autore 

fino a questa data. 

1 Lorenzo Ganganelli, futuro Papa Clemente XIV, al secolo Giovanni Vincenzo Ganganelli, nacque il 

31 ottobre 1705, a S. Arcangelo di Romagna (RM) nella diocesi di Urbino, ed entrò tra i francescani 

conventuali con il nome di fra Lorenzo. Conseguì il dottorato a Roma (1731) ed insegnò per i vari 

Conventi dell’Ordine. Fu rettore al S. Bonaventura di Roma (1740), consultore del S. Uffizio (1746), 

Cardinale (1759) ed infine, alla morte di Clemente XIII, Pontefice, il 20 maggio 1769. Negli anni trenta 

del settecento fu insegnante allo Studio dei Francescani ad Ascoli ed istruì nei primi elementi teologici 

del mistero mariano il giovane Francesco Antonio Marcucci. È di Lorenzo Ganganelli il trattato 

“De Immaculata Conceptione”, ottima difesa dell’Immacolato Concepimento di Maria che costituì il fulcro 

attorno al quale, da allora in poi, si sviluppò l’impegno apostolico del Marcucci. (Cf. Giobbi, M. 

Paola, Mons. Marcucci ed alcuni uomini illustri del suo tempo in Donne educazione e società, 1995, pp. 56-64).

12/a 


Nell’esordio del primo sermoncino l’Autore sceglie, tra le tante ragioni accolte dalla 

Chiesa cattolica per credere che la gran Vergine è stata Immacolata nella sua Concezione, 

quella di essere stata Primogenita del Padre. A conferma dell’argomento l’Autore cita le 

parole dell’Ecclesiastico al capitolo 24 che interpreta riferite a Maria. Duns Scoto e S. 

Francesco di Sales affermano che Maria è Primogenita di Dio in quanto fu predestinata 

tale insieme al Divin Figlio prima della creazione del mondo; il Caietano, invece, è del parere 

che Maria è primogenita della grazia perché predestinata ad essere Madre del Redentore, 

dopo il peccato originale. Nell’una e nell’altra interpretazione, tutti i Dottori e Padri 

della Chiesa sono d’accordo nel dire che Maria è la Primogenita figlia dell’Altissimo. In 

quanto tale Maria doveva, come lo fu, essere stata concepita senza peccato perché, se fosse 

stata concepita con la colpa e subito dopo santificata, sarebbe stata posseduta prima da Satana 

e dopo da Dio, ma ciò smentirebbe l’affermazione di Maria “Primogenita figlia del 

Padre”. 

La figliolanza di Maria fu sì adottiva e per grazia, tuttavia fu di molto superiore a 

quella degli Angeli e dei Santi, quindi Ella riflette più di tutti loro, come in un tersissimo 

specchio, l’immagine della purezza di Dio, per questo è chiamata “specchio senza macchia”. 

L’Autore ricorda agli ascoltatori che noi diventiamo figli adottivi di Dio con il Battesimo 

e, quando perdiamo la grazia, a causa del peccato, la riacquistiamo con il pentimento 

e con il sacramento della Penitenza. Francesco Antonio Marcucci invita a pregare 

l’Immacolata perché, in onore di quella grazia in cui fu creata e che mai perdette, ci impetri 

da Dio il perdono. Racconta quindi un esempio tratto dalle “Glorie di Maria” del Padre 

Alfonso de Liguori. 


Sacro Triduo dell’ Immacolata per l’anno 1762. 

Tre sermoncini, col Discorso pel Giorno della Festa 

Sacro Triduo dell’Immacolata per l’anno 1762. 

Primo Giorno del Triduo. Domenica 5 Dicembre. 

Argomento 

145

Convenne, che al Divin Padre preservar la Vergine, come sua Figlia, 

dal peccato originale 

146 


1. Le ragioni e le congruenze fortissime, per cui creder dobbiamo essere stata 

Immacolata la Gran Vergine nella sua Concezione, sono tante e poi 

tante, o Signori, prese dalle Scritture, da’ Concilj, da’ Padri, dagli esempj 

prodigiosi, e dall’universale consenso della Cattolica Chiesa, che da varj 

dotti Scrittori le veggiamo raccolte e compilate in grossi volumi. Una sola 

pertanto di queste, sceglier’io voglio in questa sera, R[iveriti] Ascoltanti, 

per dimostrarvi preservata la Vergine dalla colpa originale, ed è l’esser Ella 

stata Primogenita Figlia dell’Eterno divin Padre, quanto alla Grazia. 

Del che voi dedurrete, quanto conveniva, che Dio la preservasse. Un benigno 

compatimento, che voi aver vogliate nel mentre che io vi favello, 

ridonderà forse in vostro vantaggio, e certamente in mia consolazione. 

Incomincio. 

2. E primieramente conveniva, che l’Eterno divin Padre costituisse Maria, 

tutta essente e preservata dell’originale peccato, perch’Ella era sua Figlia, e 

Figliuola ancor primogenita; come disse in sua persona il Savio, allo interpretare 

de Padri, ego ex ore Altissimi prodivi primogenita ante omnem Creaturam 

2 (Eccle. 24). Poiché, o che Ella fosse Primogenita di Dio, in quanto 

fu predestinata insieme col Divin Figlio negli eterni decreti, prima di tutte 

le Creature, come spiega il Sottilissimo Scoto, e San Francesco di Sales; 

ovvero, che fosse Primogenita della Grazia, come predestinata per Madre 

del Redentore dopo la prevision del peccato, come la intende il Cajetano: 

tutti i Dottori, e Padri però si accordano in questo, cioè, che Maria fosse 

fra le pure Creature la Primogenita Figliuola dell’Altissimo. Primogenita Altissimi. 

3. Che se ciò è vero, come verissimo, ognun vede, se quanto pur conveniva, 

che una Primogenita di Dio non fosse mai stata per un sol’istante Schiava 

di Lucifero; ma che sempre in ogni tempo fosse stata posseduta dal suo 

Divin Facitore e Padre. E tale già fu; ed il Savio in sua persona, come 

spiegan gli Interpreti, lo dice: Dominus possedit me ab initio viarum suarum 3 

2 Io nacqui dall’Altissimo, come primogenita di ogni creatura. 

3 Il Signore mi ha posseduto fin dall’inizio del suo cammino.

(Eccl. 24). Del resto fatemi ragione, o Signori: se la Vergine fosse stata 

concetta coll’originaria colpa, ancorché poi subito fosse stata santificata, 

certa cosa sarebbe, che prima che fosse stata posseduta da Dio, sarebbe 

stata posseduta, ancorché per un sol momento, da Satanasso. Ma allora, a 

terra andrebbero le Scritture che la chiamano Primogenita Figlia del Divin 

Padre; a terra quelle altre che la dicono posseduta dall’Altissimo sin 

dal primo principio; a terra ancora si vedrebbero gli elogj di quei Santi 

Padri, che la dicono unica e sola Figlia della Vita, come la intitolò fra gli 

altri l’antico Dionigi vescovo Alessandrino Una et sola Filia vitae 4 (Epist. 

Contr. Pan. Samot.), a differenza delle altre ragionevoli Creature umane, 

che essendo concepute in peccato, si chiamano dall’Apostolo, Figlie 

dell’ira e della morte. 

4. E poi, non siavi discaro, Uditori, di meco riflettere, come questa Divina 

Primogenitura dovea godersi dalla gran Vergine con tal prerogativa, cioè 

di esser degna Figliuola primogenita del Padre Eterno. Fatevi qui meco, di 

grazia, ad essaminare colle scuole questa Figliolanza di Nostra Donna. 

Egli è vero, nol niego, che questa tal Figliolanza, ch’ebbe Maria, rispetto 

al Divin Padre, non oltrepassa i termini di una Figliolanza adottiva per Grazia, 

come la ebbero gli Angeli, ed i Santi tutti. Ma abbia suo luogo la verità. 

La Grazia ch’ebbe Maria non fu forse di gran lunga superiore, senza 

paragone, a quella di tutte le celesti Gerarchie? Sì certamente. Ne siegue 

pertanto, che anche la sua Adozione e Figliolanza di Dio, fu di gran lunga 

superiore, e senza paragone, all’Adozione di tutti gli Angeli, e di tutti i 

Santi. 

5. Posto ciò, come indubitato, ne viene per legittima conseguenza, che se 

Maria è Figliuola del Divin Padre per più forte ragione, che non gli son 

Figli adottivi tutti gli Eletti, sia per la ragione istessa più simile al Padre, 

che non gli sieno simiglianti tutti gli altri Giusti; e perciò ch’Essa sopra 

tutti i Giusti sia la più lontana da ogni Macchia di colpa. Uno specchio 

che sia, benché leggermente appannato, non può fedelmente render 

l’Immagine di chi si specchia. Or l’Anima di Maria SS.ma fu, come Primogenita 

Figlia, uno Specchio dell’Eterno Padre, e doveva render fedelmente 

l’Immagine della di Lui Purità. Se fosse stato tale mistico Specchio 

per una sol’ombra appannato, non poteva esser tale, come si richiedeva 

che fosse, che nella esenzione da ogni macchia esser dovea in tutto simile 

al suo Creatore e Padre. 

4 Unica e sola figlia della vita. 

147

6. Ma via, che tale fu, come Figlia Primogenita del Signore. Onde con molta 

ragione vien’anch’essa chiamata Speculum sine macula 5 . E così ben conveniva, 

che dal suo Padre Divino venisse costituita. 

7. Anche noi, Uditori, se stiamo in Grazia, siamo Figli Adottivi di Dio. Ma 

questa Figliolanza solo l’acquistammo col S. Battesimo; e se la perdiamo 

colla colpa, la riacquistiamo col pentimento e col Sagramento della Penitenza. 

Preghiamo l’Immacolata Signora, che in onore di quella Grazia, in 

cui fu creata, e che mai non perdette, c’impetri da Dio il perdono, ed il riacquisto 

della Grazia, per non mai più perderla. Preghiamola per 

l’Immacolata sua Concezione etc. 

8. Udite un esempio etc. Racconta il P. Alfonso Liguori nel suo Libro delle 

Glorie di Maria (par. 2. disc. 1. in fin. pag. 22), di quell’uomo, stato 28 

anni senza confessarsi, e coll’aver presa una Cartina dell’Immacolata sentì 

mutarsi il cuore, e si confessò, e mutò vita etc. 

5 Specchio senza macchia. 

148

12/b 


L’argomento del secondo sermoncino dimostra che Maria, in quanto mediatrice di pace 

tra Dio e l’uomo, non poteva essere stata colpita dalla macchia originale. L’Autore esordisce 

ricordando la colpa di Adamo e le tragiche conseguenze estese a tutto il genere umano 

che si vide precluse le porte del Paradiso terrestre e ancor più quelle dell’eterna beatitudine. 

Nessun Angelo, Serafino o Patriarca, poteva riparare la giustizia divina. Dio Padre, allora, 

nella sua infinita bontà destinò per mediatrice di pace tra Sé e il genere umano e riparatrice 

di ciò che era perduto Maria Santissima, come la saluta Sant’Efrem, e ciò in quanto 

Madre del Salvatore. 

Con prove chiare e convincenti, tratte dal diritto comune, l’Autore prova il suo argomento. 

Ogni buona legge insegna che il trattatista di pace per placare la maestà offesa non 

deve essere complice della colpa, tanto più Maria che doveva essere mediatrice di pace tra la 

maestà di Dio e il genere umano. Ella, secondo il pensiero di S. Bernardo, fu quell’Arca 

mistica che più ancora di quella di Noè portò la salvezza al genere umano riparando il suo 

peccato, giacchè Ella ne era stata preservata dall’Eterno Padre. 

E’ bene dunque che ci congratuliamo con Maria SS.ma e la supplichiamo ad impetrarci 

il perdono e, a chi si trovasse nell’odio, la forza di perdonare e di umiliarsi. 

Viene poi offerto l’esempio raccontato dal Padre de Liguori di un uomo che non voleva 

assolutamente riconciliarsi con un suo offensore, incontrato poi un missionario che gli diede 

una “Cartina dell’Immacolata” 6 , subito si riappacificò con il suo nemico rogando l’atto 

davanti ad un notaio. 


Sermoncino Secondo. Lunedì 6 Dicembre [1762]. 

Argomento 

6 L’origine delle Sacre Cartine dell’Immacolata Concezione è da attribuire all’Ordine Francescano. Fu 

tale Ordine che iniziò a dispensare, per devozione agli infermi, delle “Cartine o Cartelle” frammenti 

di carta con su scritto: “In tua Conceptione, Virgo, Immaculata fuisti, ora pro nobis Patrem, cuius Filium, 

peperisti”. Venivano fatte ingoiare ai malati per ottenerne la guarigione. (Cf. MARCUCCI, F.A., 

Appendice Manoscritto, Apologia. Per le Sacre Cartine dell’Immacolata Concezione e per l’uso loro, 

cf. I dodici privilegj…, cit., ASC 13, pp. 1-40). 

149

150 

Conveniva che l’eterno divin Padre preservasse Maria, 

come Mediatrice fra Dio e l’uomo 

Commesso appena ebbe Adamo nel Paradiso terrestre il suo reato, che tosto 

sdegnatosi Iddio fortemente con Lui, con la sua incauta Consorte, e co’ 

Posteri tutti, lo cacciò fuori del Paradiso; ed affin perdesse ogni jus, ed 

ogni speranza di rientrarci, collocò di guardia alle Porte del Paradiso un 

cherubino con spada tagliente di vivo fuoco alla mano, con cui sdegnato 

intimasse a chiunque la lontananza. E questo fu poco; se non anzi una 

sola figura di un esilio più fiero. Imperciocché non paga la Divina Vendetta 

giustissimamente irritata contro dell’ingrato Genere Umano, non 

paga, dissi, di aver proibito l’accesso ad un Paradiso delizioso della Terra, 

volle anche, ch’è peggio, spogliar Adamo co’ Posteri tutti di ogni jus, e di 

ogni diritto di poter giugnere all’altro Paradiso più essenziale dell’eterna 

Beatitudine in Cielo. Che più, Uditori! Era sì fattemente cresciuta ed infierita 

l’Inimicizia fra Dio, e l’Uomo, per colpa solo dell’Uomo, che non 

trovavasi chi far se ne potesse Mediatore di Riconciliazione e di Pace. 

Colassù nell’Empireo verun’Angelo o Serafino si offeriva, perché ciascuno 

riconoscevasi impotente a poter soddisfar condegnamente la Giustizia 

Divina pur troppo offesa. Quaggiù in Terra, verun Patriarca, o Profeta, 

tuttoché SS.mo, ardiva di pensare neppure di farsi Mezzano, perché almen 

nell’origine si riconosceva insiem con gli altri per Reo. Cosicché, per 

quello riguardava le forze delle misere Creature, il caso era impossibile a 

ripararsi, era già disperato. Grazie pur mille sieno al clementissimo Iddio, 

ed in particolare all’Eterno Divino Padre, che dalla sua sola Bontà infinita 

mossosi a pietà di tutto il Genere Umano, destinar volle per Mediatrice di 

Pace fra Dio, e gli Uomini tutti, e per Riparadrice del Mondo perduto, 

Maria SS.ma. E per questo nuovo titolo appunto, voi lo vedrete, o Signori, 

conveniva che l’Eterno Padre creasse la Vergine in sua Grazia, preservandola 

affatto nella sua Concezione da ogni reato di colpa. Favoritemi 

di attenzione: e mi accingo a mostrarvelo. 

1. Poteva Iddio, non vi ha dubbio, perdonare al Mondo o per atto di sua 

benigna e cortese clemenza condonando all’Uomo la colpa; ovvero contentandosi 

di qualche congrua soddisfazione, che gli dasse per l’Uomo un 

qualche Angelo in Cielo, o un qualche gran Santo in Terra. Poteva sì, ma 

non volle. Richiedeva Egli una soddisfazione condegna e propria per 

l’infinita Maestà divina, ch’era stata offesa; una soddisfazione, in somma, 

infinitamente rigorosa, e rigorosamente infinita: talché per dar la Pace a

tutto il Genere Umano traditore e reo, voleva una mediazione di un valore 

infinito. 

2. Ben conosco, Uditori, che se noi consideriamo la Vergine, quanto a se 

stessa, come pura Creatura, ancorché Santa e Santissima, non era atta e 

capace di tanto. Ma se noi riflettiamo al carattere, ed alla dignità, a cui fu 

innalzata, la troveremo attissima ed unica a tanto impegno. Già si sa, che 

solamente un Dio incarnato, un Dio fatt’uomo soddisfar poteva degnamente 

e sovrabbondantemente la Giustizia Divina. E a tal’effetto degnossi 

il Divin Padre mandar quaggiù nel Mondo lo stesso suo Divin Figlio 

a prender Carne passibile. Ma siccome, per effettuare sì alto ineffabil 

Mistero dell’Incarnazione, servir si volle l’Eterno Padre di Maria SS.ma, 

col predestinarla ed eleggerla per Madre del suo Unigenito Umanato; così 

perciò Egli venne a costituirla per degna Riparadrice del Mondo perduto, 

per Mediatrice degnissima di Pace fra Dio e gli uomini tutti; come 

ben’egregiamente salutolla S. Efrem: Ave totius orbis conciliatrix 7 . 

3. Posto ciò, come certissimo, osservate ora, o Signori, se quanto ben conveniva, 

che il Divin Padre, avendo costituita Maria per degna Mediatrice 

di Pace, la preservasse affatto da ogni reato di colpa, e la creasse in sua 

Grazia. Ogni buona Legge insegna, e la stessa ragion naturale lo detta, 

che chi divien trattatista di Pace fra un Principe offeso, ed i suoi Sudditi 

ribelli, non sia nemico del Principe, e molto meno sia complice dello stesso 

delitto, di cui i Sudditi sono macchiati. Imperciocché, se anche il Trattatista 

e Mediatore fosse nemico, e reo, ognun vede, che in tal caso invece 

egli di placare la Maestà offesa, vieppiù la sdegnerebbe piuttosto, come 

ben riflette il Pontefice S. Gregorio. Pertanto chiaro apparisce, che dovendo 

Maria esser la Mezzana di Pace e di riconciliazione degli uomini 

con Dio, e spezialmente per la colpa originale da tutto l’Uman Genere 

contratta, per cui l’Altissimo era principalmente irritato; non poteva no in 

conto veruno essa esserne infetta, né comparire al divin Trono come rea 

dello stesso tradimento: attesoché, non sarebbe stata in quel caso Mediatrice 

di Pace, ma piuttosto irritatrice di sdegno. 

4. Una vaga e molto espressiva figura, fatevi meco a rifletter di tutto questo, 

o Signori, nel tanto risaputo fatto dell’Arca Noetica. Ecco un Mondo intero 

sommerso miseramente sotto dell’Acque: ma l’Arca, che era mediatrice 

di salvamento per Noè e per la sua famiglia, andava galleggiando a 

7 Ave, pacificatrice di tutto il mondo. 

151

152 

fior dell’onde. Insino i più alti Monti della Terra per quindi[ci] cubiti più 

in sotto di quell’acque esterminatrici restaron sepolti: ma l’Arca di Riparazione 

al di sopra delle onde godeva l’aperto della più alta e salubre regione 

dell’Aria. Tal fu Maria, Arca mistica della Riparazione di tutto il 

Genere Umano; e se vi piace il pensiero, fatene elogj, Uditori a S. Bernardo 

(Ser. De B. V.), giacché da Lui l’ho preso: Per Arcam, paucorum facta 

est liberatio: per Mariam, Humani Generis salvatio 8 . Rimase tutto l’Uman Genere 

sommerso miseramente sotto le fetenti Acque dell’originale peccato; 

ed anche sino i più alti monti di santità, voglio dire i Patriarchi, e Profeti, 

restaron in questo universale Diluvio sepolti. Maria sola, come Arca mistica 

di Mediazione di Pace fra Dio e l’Uomo, come Riparadrice 

dell’Uman Genere; ella sola, ripeto, andò sempre a sopra galleggiando 

senza tuffarsi; e portata in alto dalla Grazia, respirò sempremai l’aura salubre 

dell’Amicizia con Dio; per essere stata dall’Eterno Padre preservata 

dall’Inondazione comune dell’originaria macchia. 

5. Da tal privilegio di Maria goduto, come Mediatrice di Pace, per discendere 

a dir alcuna cosa a nostro vantaggio, siamo noi avvisati, ed a congratularcene 

grandemente con Lei, ed a supplicarla, che seguitar voglia la sua efficacissima 

Mediazione pel Perdono de’ nostri peccati, e per la nostra Eterna 

Salvezza. Preghiamola pure a riverenza di questo suo singolare Privilegio 

di essere stata Immacolata nella sua Concezione. E giacché discorriamo 

di pace; se mai qualcuno fra noi si trovasse fra odj, rancori, inimicizie, 

e dissensioni o co’ domestici, o con esteri; ecco il bel tempo, ed il bel 

modo, per impetrarne la riconciliazione, e la pace; e principalmente la 

forza per vincersi, per perdonare, per umiliarsi, etc. 

Raccontasi dal P[adre] Liguori (al luogo cit. nel primo sermoncino), che 

in un Luogo della diocesi di Salerno, un uomo che da lungo tempo teneva 

strana inimicizia con un altro, che l’aveva offeso; e che per non esser 

mosso alla pace, non ne ammetteva discorso, non andava mai a prediche, 

e moltomeno si accostava a Confessori. Vi fu alla fine un Missionario, 

che col dargli una Cartina dell’Immacolata, subito lo mutò, e mosse a dar la 

pace, anche rogata per man di Notajo, etc. 

8 Per mezzo dell’Arca si è realizzata la liberazione di pochi, per mezzo di Maria la salvezza dell’umanità.

12/c 


L’argomento del terzo sermoncino ha sullo sfondo il capitolo 3 della Genesi 

e dimostra perché conveniva che il Divin Padre preservasse Maria dal 

peccato in quanto Trionfatrice del Demonio. 

Nell’esordio Francesco Antonio Marcucci descrive, in modo efficace, la 

rabbia invidiosa del Demonio verso l’uomo e la donna nel Paradiso terrestre, il 

suo proposito di metterli contro Dio, con l’inganno del serpente e la sua vittoria. 

Dio vince la superbia di Satana creando un’altra donna, Maria SS.ma, la 

quale avrebbe schiacciato il capo al serpente. In verità, Dio poteva confondere 

l’alterigia di Satana in due modi o con una redenzione curativa o con una redenzione 

preservativa. Il Divin Padre le scelse entrambe: realizzò la prima 

attraverso Gesù; la seconda preservando Maria dalla colpa. Spiega, infatti, San 

Bonaventura che non era conveniente che Maria, in quanto costituiva la promessa 

eterna di Dio per vincere il male, sia pure per un solo istante, fosse 

rimasta sotto il potere di Satana. 

A conferma dell’argomento l’Autore ricorda le parole di Abimelech nel 

rilasciare libera Sara la moglie di Abramo: “Ricordati che già venisti nelle mie 

mani” (Cf. Gen. 20). Se Maria SS.ma fosse stata macchiata solo per un istante 

dal peccato, Satana, nel rilasciarla, le avrebbe potuto ricordare che prima di 

appartenere a Dio era appartenuta a lui. Ecco perché il Divin Padre avendola 

scelta come Trionfatrice sempre gloriosa del Demonio, non permise che gli 

fosse soggetta nemmeno per un istante. 

Il sermoncino si chiude con l’invito ad invocare Maria SS.ma perché 

trionfi contro il Demonio anche per noi e con il richiamo all’esempio di un 

giovane che, molestato duramente dal Demonio con tentazioni impure, ne restò 

libero invocando l’Immacolata. 


Sermoncino Terzo. Martedì 7 Dicembre [1762] (Vigilia della Festa) 

Argomento 

153

Conveniva, che il Divin Padre preservasse Maria, come Trionfatrice 

del Demonio 

1. Fremeva Satanasso, e tutto spumante di rabbia ne andava, in vedendo così 

arricchita di Grazia e di doni i nostri Progenitori nella loro Creazione. 

Guarda, diceva egli, da suo pari bestemmiando, guarda, che bell’opra è 

uscita dalle mani di Dio nel Sesto Giorno. Un uomo, ed una donna, dotati 

di perfetta ragione, illustrati di sublime sapere, arricchiti 

d’innumerabili Divini Doni, ed assicurati, che se fedeli ed ubbidienti si 

manterranno, viveranno immortali; e tramandando a tutti i Posteri loro, 

tante felicità, saranno poi dal Mondo trasportati gloriosi nel Cielo ad una 

Beatitudine eterna: a quella Gloria cioè, ripeteva smaniando Lucifero, a 

quella, che io, e tutti i miei seguaci, per sempre perdemmo. Quindi furibondo 

da disperato, chiamati seco a consiglio quanti mai di fieri Mostri 

Infernali racchiude l’Abisso, olà, dice loro, in opra tutti i vostri più sottili 

inganni, in opra le nostre più potenti insidie, in opra i nostri più furiosi 

sforzi. Bisogna detronizzare l’uomo dalle sue corone, bisogna farlo cadere, 

bisogna spostarlo. Su su a noi; nulla si risparmj, tutto si ponga in opra, 

purché codest’uomo con tutta la sua Posterità si mandi in rovina. A noi, 

a noi, schiamazzando seguiva, come Capo, Lucifero. Io solo attaccherò 

visibilmente sotto il manto di Serpe la donna; voi tutti invisibilmente state 

attorno all’uomo; basta che me lo induciate a prestar benigno 

l’orecchio alla sua Compagna. Se ciò otterremo, la causa è vinta, è espugnata 

la Rocca, la vittoria è in pugno. A noi, a noi, alle curte, all’impresa, 

alla battaglia. E qui, Uditori; io non ho cuore di ridirvene l’esito; mi vergogno 

di raccontarvelo. Sebbene già lo sapete; e lo sappiamo pur tutti per 

isperienza. Eva troppo debole e volubile cadde ai primi assalti. Adamo 

troppo connivente alla donna, cedette alle sue preghiere. Ed eccoli in poco 

tempo balzati al precipizio, ecco tutta la Posterità rovinata. O caduta, 

o rovina ben degna di inconsolabile pianto! Tutto baldanzoso ed allegro 

Lucifero per la riuscita felice de’ suoi perversi disegni, tutto superbo per 

la vittoria ottenuta, assordiva l’Aria, la Terra, e tutto l’Averno per le grida 

di giubbilo e di contento. Ma ecco, che una tremenda voce sovrana gli arresta 

il corso, gli tronca gli accenti, lo priva insin di favella. Olà maledetto 

Serpe di Inferno, gli fa sentir Iddio con tuono minaccevole e imperioso, 

cesserà la tua Baldanza, ti saranno le altere corna fiaccate, ti sarà stritolato 

il duro Capo. Vincesti una Donna, trionfasti di un Uomo, e di tutta la sua 

discendenza. Or va superbo, che io creerò un’altra Donna, che sarà di te 

vincitrice, andrà di te sempremai vittoriosa; e se proverai venir seco a bat- 

154

taglia, essa ti ridurrà in ceppi e catene, e ti calcherà trionfante l’altero capo: 

Inimicitias ponam inter te et Mulierem. Ipsa conteret caput tuum 9 (Gen. 3). Chi 

poi sia questa gran Donna, che fu Trionfatrice del Demonio, vel dicano 

col Crisostomo, e con Agostino i Padri tutti Greci, e Latini; ed udirete, 

che appunto fu Maria. Ed eccovi, o Signori, un nuovo titolo, non meno 

glorioso degli altri, per cui voi ravvisar potrete, quanto conveniva, che 

l’Eterno Divin Padre creasse la vergine in Grazia, e la preservasse dalla 

schiavitù del Demonio. Su di ciò vi dirò in questa sera alcune poche cose, 

se favorirete di udirmi. Incomincio. 

2. In due maniere poteva l’Altissimo Iddio confondere l’alterigia di Satanasso 

per la riportata vittoria, o col redimer l’uomo già caduto, e toglierlo 

dalla di lui schiavitù; o con preservar qualche uomo, affin non cadesse, e 

così affatto esente restasse dalla schiavitù antedetta. Nella prima maniera, 

cioè con una Redenzione curativa, sarebbe certamente rimasto confuso 

Lucifero, ma pure avrebbe potuto gloriarsi, di essere stato una volta vincitore. 

Nell’altra maniera, cioè con una Redenzione preservativa più nobile, 

non solamente Lucifero sarebbe stato appien colmo di eterna confusione, 

ma rispetto a chi di tanta Grazia singolarissima avesse ottenuto il 

privilegio, sarebbe al demonio rimasta affatto chiusa la bocca, senza potersi 

dare il vanto di essere stato mai vincitore, ma sempre abbattuto, e 

sempre vinto. 

3. Grazie pur sieno all’Eterno Divinissimo Padre, che in amendue le maniere 

confonder volle il superbaccio Serpe di Abisso. Mandò il suo Divin 

Figlio nel Mondo, a ricoprir di confusione il Demonio, a ritorgli le prede, 

a redimere tutto il Genere Umano dalla dura Schiavitù. Questa fu la graziosa 

Curazione, Rimedio misericordioso, Redenzione medicinale curativa 

per tutti. Ma ciò non bastò per far palese a Lucifero la Divina Onnipotenza. 

Vedevasi egli abbattuto, conquiso, snervato, annichilito: ma pure 

a guisa di quegli ostinati superbi, cui altro capitale non resta che la Lingua 

mordace, con questa ajutavasi a ricordar tralle sue stesse amare sconfitte 

le già passate e poi perdute vittorie. Pertanto volle il Padre Eterno, 

che il suo Figlio Incarnato, come perfettissimo e potentissimo Redentore, 

eseguisse anche l’altro modo più nobile di redimere col preservare; e 

così in Terra vi fosse chi, coll’aver goduta una totale esenzione dalla 

schiavitù del Demonio chiudesse a questo altero Nemico le nere labbra, e 

fiaccasse il capo superbo. 

9 Porrò inimicizia tra te e la Donna. Ella calpesterà il tuo capo. 

155

156 

L’impegno del Divin Padre era precorso, e già da tutta l’eternità preordinato; 

la parola era uscita, la minaccia al Serpe Infernale fulminata già era. 

Doveva per necessità avverarsi: Ipsa conteret caput tuum 10 . Maria, Maria, disse 

l’Altissimo, sarà colei, che sola ed unica partecipando della Redenzione 

preservativa del Figlio, schiaccerà, o superbo Mostro di Abisso, il tuo duro 

Capo, ti chiuderà la bocca, ti annichilerà di un totale rossore e di 

somma confusione e vergogna. Essa eleggo per tua vittoriosa Trionfatrice, 

e per esterminatrice tua gloriosa. Lo sappia pur tutto il Mondo, lo 

contempli pur tutto il Cielo, lo isperimenti pur a danni suoi tutto 

l’Inferno. Ipsa conteret caput tuum. Ipsa conteret caput tuum. 

4. Argomentate ora meco, o Signori, anzi con San Bonaventura, e dite così: 

Se il Divin Padre aveva predestinata ab eterno, e sin dal principio del 

Mondo palesata, la Vergine per gloriosa Trionfatrice del Serpente Infernale; 

come dunque poteva esser convenevole alla Promessa Divina, che 

questa gran Donna fosse prima vinta da Lucifero e fatta sua schiava, eziandio 

per un solo solo momento? Eh via, che ciò non poteva accoppiarsi 

coll’esser prescelta, come unica al Mondo, per Trionfatrice e Vincitrice 

sempremai gloriosa di Satanasso. Congruum erat, uditene il sentimento 

del sovraccennato Dottore Serafico: Congruum erat, ut B. V. Maria, per 

quam aufertur nobis opprobrium, dic’egli, vinceret diabolum, ut nec ei succumberet ad 

modicum 11 . 

5. Notaste quel congruum? Era ben convenevole e congruo adunque per tutti 

i capi, che nec diabolo succumberet ad modicum, che neppure per un’istante 

fosse stata Maria soggetta a quel Nemico, che tener dovea conquiso e incatenato 

sotto i suoi Piedi. Per tutti i capi era ben convenevole, ripeto; ma 

principalmente per recare al demonio un pieno e totale scorno, una totale 

sconfitta, senza lasciargli campo di superbi rimprocci. Quando Abimelecco 

Re di Gerara rilasciò nella sua libertà Sarai Consorte di Abramo (Gen. 

20), voi vi rammenterete bene, o Signori, cosa le disse. Il ricordo fu questo: 

Memento te deprehensam: Ricordati, che già venisti nelle mie mani. 

Or con quanto più di ragione si sarebbe potuto gloriare Lucifero, se mai 

per un solo solissimo istante avesse avuto per la colpa originale fralle sue 

nere zanne Maria? Alla per fine, Sarai uscì dalle mani di Abimelecco intatta, 

senza ricevere alcun’oltraggio: ma la Vergine sarebbe stata una volta 

10 Ella calpesterà il tuo capo. 

11 Era logico e conveniente che la B. V. Maria, per mezzo della quale a noi è tolta la colpa, vincesse il 

diavolo, per non soccombere di fronte a lui in alcun modo.

macchiata. E perciò nell’uscir poi libera dagli artigli dell’altero Satanno. Io 

ti lascio, le avrebbe detto il Superbaccio, ti lascio sì, ma ricordati, che ti 

avvinsi una volta nei miei lacci: mi schiacciasti il capo, ma tieni a mente, 

che l’origine di tua vita fu tutto mio: sei Madre di Dio, nol niego; ma abbia 

pur Dio i miei avanzi, che mie furono le sue primizie: Memento, memento 

te deprehensam. 

6. Tanto, e molto più avrebbe schiamazzato Lucifero. Ma chiuse egli sempremai 

tenne, e terrà in eterno le labbra Infernali, appunto, perché 

l’Eterno Divino Padre, avendo eletta Maria per Trionfatrice sempremai 

gloriosa di Lui, non mai glie la soggettò per alcun tempo, ma esente e 

preservata la fece da ogni ombra di macchia. Tanto importa, Uditori per 

Maria, l’essere ella stata tutta bella, tutta pura e Immacolata nella sua 


7. Ma giacché favelliamo de’ gloriosi trionfi di Maria contra il Demonio, che 

bell’occasione mai ci si presenta di supplicarla a trionfar anche per noi. 

Ognun sa, che nobis est Colluctatio 12 etc. S. Paolo etc. 

8. Nella Città di Avila nella Spagna, un povero Giovine viene molestato fieramente 

dal Demonio etc. con tentazioni impure etc., ricorse al 

Ven[erabile] Giovanni di Avila. Questi lo consigliò a ricorrere all’Immacolata 

con alcune Orazioni etc. e restò libero etc. 

12 Dobbiamo combattere. 

157

158 

12/d 

Sermone per il giorno della festa 

L’Autore attinge alla sua competenza giuridica per dimostrare come le leggi 

umane siano armi di difesa per provare la purità di Maria nella sua Concezione. 

Inizia con il cap. I di S. Matteo, dove viene affermato che Gesù nacque da Maria e 

dunque, in nome di questa relazione, dopo il peccato di Adamo ed Eva, Gesù non 

poteva chiamare in giudizio Colei che il Padre aveva predestinato per sua Madre e 

condannarla con tutto il genere umano, perché questo è contro la legge la quale, 

anzi, obbliga il figlio a difendere la madre anche quando è rea di colpa. 

Nelle leggi antiche i servi che non esponevano la propria vita per difendere i 

loro padroni erano severamente puniti, tanto più i figli. Ora come non poteva 

difendere l’innocenza di sua Madre il Figlio di Dio, Lui che poteva fare ciò che 

voleva? Inoltre, il Diritto Civile dichiara che i figli ereditano la condizione di 

libertà o schiavitù della madre; Gesù difese l’onore di Maria per tante ragioni, non 

ultima per difendere il suo stesso onore di Uomo-Dio. 

L’Autore desume due prove ulteriori al suo argomento dal Diritto di proprietà 

che spiega con gli esempi della nave e della veste. Supponiamo - dice - che un 

uomo tagli dai miei cipressi delle tavole e con esse costruisca una nave, quelle 

tavole non appartengono più a me bensì al costruttore della nave. La Gran Vergine 

servì come nave al Divin Verbo per salvare il mondo e benché le sue tavole 

appartenessero alla natura corrotta, Dio costruì con esse una nave totalmente 

nuova e di sua proprietà. 

Il secondo esempio è quello della veste: se essa viene confezionata con le 

mie lane, essa non mi appartiene se non nel prezzo della lana; se, invece, qualcuno 

prende le mie lane e le tinge, esse mi appartengono ancora perché non hanno 

cambiato natura, ma solo forma. Dio trattò la lana della comune innocenza macchiata 

dal peccato in due modi: lavò quella del genere umano con il sangue divino 

della sua croce, ma ciò non tolse alla Natura il dominio su di essa, né estinse la 

“ragione di Adamo”, per questo l’uomo redento soffre ancora le conseguenze del 

peccato. Con una parte scelta di lana, poi, Dio confezionò una bellissima veste per 

venire al mondo in abito umano. Questa mistica veste è Maria. In Lei la Natura 

macchiata e il Progenitore caduto non hanno potere. 

Il sermone si conclude con un’intensa preghiera all’Immacolata per rinnovarle 

l’offerta del suo cuore e quella degli ascoltatori devoti e la promessa di fare 

quanto può per mettere sempre più in luce la sua Immacolata Concezione. Con 

grande confidenza chiede in cambio alla sua Regina di porlo in luce nel cielo.


Sermone pel Dì della Festa - Mercoledì 8 Dicembre 1762 

Le Leggi umane in armi di difesa per la purità della 

Concezion di Maria 

De qua natus est Jesus 13 

San Matteo al primo 

Divenuta accusatrice l’infetta Umana Natura per la colpa del Progenitore 

comune, pretese una volta comprender nella sua disgrazia anche Maria. 

Incominciò da querelante l’accusa, ma convinta dalle contrarie ragioni fu 

costretta a tacere. Sembra ritentar ora volesse l’antica causa, e confessandosi 

macchiata, cercar compagnia al suo delitto: ma non essendovi Legge, 

che più ammetter le voglia nuova udienza, forza e, la rea Natura, che 

ammutolisca. Ed una ragion più profonda ancor richiede, che veruna delle 

premeditate istanze, non le sia ammessa (L. Accusat. 17 § De Accusat.). 

Gloria massima si è della Natura Umana, e singolarissimo Favore, 

una Donna purissima e Immacolata, com’è Maria. Or il convertir le glorie 

in querele e calunnie, ed il far de’ favori offese, altro non può canonizarsi 

che quintessenza di ingratitudine mostruosa. Rimanga pure la rea 

pertanto nell’alto suo silenzio: e divenuta piuttosto ossequiosa del Pregio 

sempremai glorioso della Real Celeste Donna, ascolti riverente le arringhe, 

con cui le Leggi Umane medesime, dandosi l’onore di publicarsi Avvocate 

della prima Grazia original di Maria, si fanno premurose nella Concezione 

a difenderla Immacolata. Certamente la gran Vergine è Madre di Dio: 

De qua natus est Jesus, così nella Solennità ricorrente cel rammenta il 

Vangelo. E su tal fondamento appunto di Madre si armano alla difesa del 

Gran Mistero le Umane Leggi. Come ciò sia, R[iveriti] Signori, sarà mio 

l’impegno di dimostrarvi, qualor per brieve tratto di tempo si degni il benigno 

vostro compatimento pazientar la mia dicitura. Incomincio. 

I. Per li diritti di Madre, ecco che a dar viene il Diritto Civile a Maria ragione 

di preservata. Dubitar degli affetti de’ Parenti a’ Figliuoli, e de’ Figliuoli ai 

Parenti, egli è un pretendere di lacerar quelle medesime Leggi, che pur 

innate ed indelebili si conservano fra mille inquieti movimenti ne’ cuori 

13 Dalla quale nacque Gesù. 

159

160 

umani. Ecco un sol’immaginato pericolo gli spaura, un solo male apparente 

gli turba, un sol timor panico gli agghiaccia. Egli è pur duopo confessarla, 

tutti gli umani affetti, al confronto de’ Paterni o Materni, sono 

posticci. Chi il crederebbe? Per sino i motivi più forti di raffreddarli, incentivi 

si fanno a vieppiù accenderli. Mai Davidde non ripeté con tanta 

tenerezza il dolce nome di Figlio ad Assalonne, che quando questi 

l’offese colla vile sua ingratitudine: Fili mi Absalon, Absalon Fili mi 14 (2 Reg. 

18, 33). In siffatto motivo di sdegno gli frequenta la tenerezza di Figlio; 

perché egli è tale l’amor paterno, che ancor degli incentivi di aborrire fa 

motivi di amare. 

II. Ciò che opera ne’ Parenti la pietà, eseguisce ne’ Figliuoli l’obbligazione. 

La prima incatena i cuori dei Genitori con la finezza del suo ardore. 

L’altra stringe i cuori dei Figli con la Legge di un amoroso rispetto. La 

paterna amorevolezza è impulso di Volontà che ama. La filiale amorosa 

riverenza è un atto di Religione, che comanda. Non seppero gli antichi 

Filosofi più rinomati esprimer meglio la forza di questo debito filiale verso 

de’ Genitori, che col chiamarlo Divino. 

III. Che s’è così, il risaper noi dal Vangelo, ed il creder per fede, esser Gesù 

Figliuol di Maria: De qua natus est Jesus; questa cattolica confessione è un 

confermarle il Decreto di Preservazione. Umane Leggi a voi. Ed eccone 

in primo luogo una che grida: Parentes in jus vocare nemo potest 15 : Niun Figliuolo, 

siasi proprio, siasi adottato, chiamar possa a giudizio i suoi Parenti 

(L. Parentes, 6. § De in Jus vocan). Pronta ne rende la ragione: Una est 

enim omnibus servanda reverentia 16. Mercecché cessa co’ Parenti tutto il Tribunale 

della Giustizia, qualor debba solo attendersi quello della riverenza. 

Così ne’ Digesti. 

IV. Si eresse nel Paradiso Terrestre il Tribunale supremo per dar sentenza 

contro all’originale delitto. Chiamata vi fu a giudizio tutta l’Umana Natura 

nel Capo di Adamo, e formato ancor della colpa il processo. Non era 

allora il Verbo Divino temporalmente nato, ma bensì il suo Nascimento 

era deciso. Non vi era Gesù, né Maria attuali, ma in Decreti ed eterne Previsioni 

eravi ben Madre, e Figliuolo. Tutto il Legnaggio umano fu chiamato 

a giudizio, senza che gli giovasse l’eccezione di non essere ancora 

nato; perché per ragion della naturale discendenza, e per patto col suo 

14 Assalonne figlio mio, Assalonne figlio mio. 

15 Nessuno può convenire in giudizio i genitori. 

16 A tutti loro deve riservarsi il medesimo rispetto.

Capo, si obbligaron con eguaglianza alla fortuna, od all’infortunio i Posteri 

tutti. Il Verbo Divino diè sentenza alla gran Causa; ed assistette da 

Giudice supremo nel Tribunale, sottoscrivendo il tremendo Decreto: 

Omnes in Adam peccaverunt, et per peccatum mors 17 (Rom. 5). Adunque, arringan 

qui le Umane Leggi, non poté in tal Decreto esser compresa Maria; 

perché niun Figliuolo chiamar può a Giudizio i suoi Parenti: Parentes in jus 

vocare nemo potest. Era il Verbo, Figliuol decretato, benché non era per anche 

Figliuol nato. Ma tanto basta, perché trovandosi egli già col carattere 

di Figliuolo per la riverenza, era contra la Legge chiamar sua Madre a giustizia. 

Parentes in jus vocare nemo potest. Una est enim omnibus servanda reverentia 

18. 

V. Sebbene odo qui chi ripiglia. Non poteva dispensarsi il chiamarla; giacché 

la Natura tutta si vedeva in Adamo compresa. Ma questo, a dirla, è un 

obliare tutte le Leggi di Filiazione: giacché ognun sa, che per difendere i 

proprj Parenti si dispensano ne’ figliuoli tutte le Leggi. Osservate, s’egli è 

così. Esclude negli antichi Digesti Vulpiano le Donne dall’esercizio di Avvocate, 

e loro neppur permette, che possano praticarlo in cause dei loro 

stessi Figliuoli. Ciò fu come Legge universale approvato. Ma a questa 

Legge medesima, qualora il bisogno della difesa cada sovra i Parenti, si fa 

una pronta dispensa. Possa pur allora la Donna far da Avvocata ne’ Tribunali, 

soggiugne il gran Paolo negli stessi vecchi Digesti; perché in pericolando 

l’onor de’ Parenti, cessa ne’ Figli ogni Legale divieto. Prima è la difesa 

naturale, che della Legge il rescritto. Foeminas pro Parentibus agere interdum 

permittetur 19 (L. Foeminas, 4l § de Procuratorib.). Abomina l’amoroso ed 

insiem rigoroso rispetto di Filiazione, abbomina, dissi, il non difender da 

colpa Colei, che ossequia per Madre. Se un Figliuolo dunque far debbe 

ogni sforzo a cancellar nella sua Madre la colpa, anche quando sia rea: a 

quali sforzi e premure non sarà egli tenuto un Figliuol Sovrano in difesa 

della sua Madre, qualor sarà innocente? 

VI. Servi, a tenor delle Leggi Civili, che non esponevano le loro Vite in difesa 

de suoi Padroni, erano severissimamente puniti: Servi non debent Dominorum 

saluti suam anteponere 20 (Infort. lib. 29, L. cum aliter, § De Senatus 

Consulto). Era però quest’obbligo, come ognun vede, per sol Diritto delle 

Genti. Vive bensì ne’ Figliuoli questa medesima Legge per Diritto della 

17 Tutti peccarono in Adamo, e col peccato vi fu la morte. 

18 Nessuno può convenire in giudizio i genitori. A tutti loro deve riservarsi il rispetto. 

19 Talvolta sia concesso alle donne di agire in giudizio a difesa dei genitori. 

20 I Servi non debbono anteporre il proprio vantaggio a quello dei Padroni. 

161

162 

Natura: ed eccedendo cotanto questo Diritto, quello delle Genti, ne viene, 

che assai più resterebbe incomparabilmente castigato, per virtù delle 

Leggi, un Figliuolo, che in un gran rischio non difendesse sua Madre, che 

non uno schiavo, il quale non soccorresse il Padrone. Eccoci al punto. Il 

rischio dell’incorrer nella macchia di origine era ben per Maria un pericolo 

grave dell’Onore, dell’Innocenza, e della medesima Vita. Or se obbliga 

rigorosamente la Legge un Servo a stender pronta la Mano alla difesa del 

suo Padrone: come dunque in soccorso alla Madre poté un Figliuolo Dio 

ritener la Mano del suo Gran Potere oziosa? Certamente il non difenderla 

e preservarla un Figliuolo, che con solo volere poteva, neppur cape in 

Legge Umana, o Signori. 

VII. Ma io, se non m’inganno, credo poter col Gius alla mano proceder più 

oltre. Ai tempi de’ due mostri di crudeltà Diocleziano e Massimiano Imperadori, 

divenuta apostata la natura stessa in un Figlio, cospirò infedelmente 

contra la vita di sua Madre. Scopertosi il tradimento, si dubitò ne’ 

Tribunali, se la Madre accusar lo potesse. Essa medesima ne consultò i 

due Cesari. Puoi, risposero, se attendi al giusto: Accusationem contra Filium 

tuum constituere potes, negli antichi Digesti si riferisce. Ma dubitiam molto, 

siguono gl’Imperadori, che il giusto non resti vinto dall’affetto materno: 

Potes, si pietas et ratio naturalis animi tui non revocat intentionem 21 (L. propter, 14 

§ De his qui). Invitta conseguenza, pare a me, esca a favor di Maria da 

questo materno combattimento. Non sembra poter’aver luogo in una 

Madre offesa il chiamare a Giudizio un Figliuolo, che pretese levarle la 

vita. Or come vi avrà mai in un Figlio amatissimo, qual fu Gesù, che la Vita 

deve a sua Madre? Ah che troppo ingiurioso è il dubbio, perché troppo 

offese restan le leggi. 

VIII. Aggiungasi poi, che questa difesa della Madre era lo stesso al Figlio che 

il difendere il proprio onore. Dichiara il Diritto Civile, che i Figli, quanto 

alla libertà, sieguon la condizion della Madre: Partus, quoad libertatem, sequitur 

Ventrem 22 . Se ingenua e libera essa sia, tale è la prole; se schiava, tale 

ancor è la figliolanza. Quoad libertatem, sequitur Ventrem. Quindi nella 

L[egge] sì quando, era decretato, che se mai una Madre venisse accusata 

di alcuna discendenza di schiavitudine, il Figliuolo uscire tosto alla difesa 

della ingenuità materna fosse obbligato un tal obbligo avevano i Figli, 

quando ancor i Parenti non avesser voluto; perché questi, come saggia- 

21 Puoi porre l’accusa contro tuo figlio lo puoi, se l’affetto e la ragione naturale non ostacolano la tua 

intenzione. 

22 Il figlio, quanto alla libertà, segue la madre.

mente Vulpiano decide, non potevano cedere l’onore dei propri Figli; 

non essendo picciolo dissonore ad un Figlio avere una Madre con alcuna 

discendenza di Schiava: onde non tanto difenderebbe a Lei l’onore, quanto 

libererebbe se stesso dall’ignominia: Neque enim modica filii ignominia est, 

così il Testo, si Parentem servum habeat 23 (L. Si quando, 1. § De liberali). 

IX. Ma questo, dir potrebbe qualcuno, è un convincer con efficacia 

l’obbligazione in Gesù, come Figlio, di difender Maria, come Madre; ma non 

è un produrre una chiara sentenza di averla voluta preservare e difendere. 

Tal’opposizione, rispondo, suscitar ben potrebbe qualche dubbiezza, rispetto 

a qualche altro Figlio; ma non mai in Gesù, per esser’egli un Figlio, 

che mancar non poteva al suo obbligo né per difetto di potenza, né di 

amore: onde dall’obbligo solo, e dal debuit, costantemente la volontà, ed il risoluto 

voluit ad inferire si viene. Pare non pertanto, che pur qualche ombra 

di timore restar vi possa, dal risapersi, che la sua Madre ancora formò 

da Adamo. Sì, ma che importa, se la sigilla col singolarissimo nuovo Carattere 

eccelso di Madre di un Dio? De qua natus est Jesus. 

X. Dichiarasi a mio vantaggio nella Legge In omnibus, a qual Padrone si appartiene 

il dominio di una cosa, che altri col suo lavorio me la muta, o 

migliora; e dopo varie maestrevoli regole, si fa ad insegnare il famoso Paolo 

Giurisconsulto, che se uno tagliando de’ miei Cipressi le tavole, e con 

esse ne fabrichi interamente una nuova Nave, in questo caso io padron 

delle tavole perdo il dominio, e ne resta totalmente padrone chi fabricolla. 

Non adduco il Testo nel Digesto de acquirendo rerum Dominio 24 , per esser 

alquanto prolisso. 

XI. Questo è il puntuale ritratto della Redenzione del Mondo. Corse furibonda 

burrasca nel pericoloso mare di un appetito la Nave leggiadra 

dell’Innocenza. Dié vinta la misera a traverso nello scoglio della originaria 

colpa; e ne rimase sì lacera, che non potea mai ripararsi con umana industria 

per far viaggio al Porto della Grazia. Ripara il Verbo Umanato con la 

sua Redenzione la fracassata Nave dell’Innocenza. Ma con tutto questo 

ristoro, lascia che la malignata Natura resti Padrona della Nave suddetta; 

perciocché se la migliora, non la fa interamente nuova; e neppur la fabbrica 

all’in tutto, se la ripara. Ciò fu vero in riguardo a tutto il Genere 

Umano; salva però la privilegiata di Lui Madre. Essa sola facta est quasi 

23 Non è piccolo il disonore del Figlio, se ha per genitore un servo. 

24 Sull’acquisizione della proprietà. 

163

164 

Naves Institoris 25 , se vi piace, come gustar vi debbe, la bella allegoria dallo 

Spirito Supremo dettata (Prov. 31, 14). La Gran Vergine servì come di Nave 

al divin Verbo per ingolfarsi in questo Mare del Mondo. Ma ben notate, 

o Signori, che se le tavole per comporre tal mistica Nave, furono aliene, 

perché dall’Umana Natura corrotta furono prese; la fabbrica però fu sì nuova, 

che mutata la materia o sia tavola dell’Umano, le venne data una forma 

tutta nuova di Madre del Divino; come con enfasi a chiamarla si pone la 

Scrittura: Creavit Dominus novum: Foemina circumdabit Virum 26 (Jer. 31, 22). 

Che se dunque, ripiglian qui a favor di Maria le Leggi Civili, se dunque 

non ha dominio il Padron delle rozze Tavole, qualor da quelle una nuova 

compita Nave si è lavorata; non può aver jus alcuno nella Vergine il colpevole 

Adamo, tuttoché formata dalla sua Discendenza la vegga: a motivo 

ch’essa al supremo suo Facitore all’intutto appartiene: il quale se fabbricolla 

dalla massa dell’Umana Natura, la fece non pertanto interamente 

per sè, come sua nuova bellissima Nave, quasi Navis Institoris, come sua 

privilegiatissima Madre: De qua natus est Jesus. 

XII. Ma via, che un altro non men convincente insegnamento del Diritto 

Civile compruova con chiarezza maggiore quanto si è detto. Nella sua sì 

famosa Legge In omnibus sovrallegata non è pago il Gran Consulente Paolo 

dell’anzidetto esempio della Nave interamente fabbricata con le Tavole 

altrui, rimasta in totale pieno dominio del Fabbricero; ma vi aggiunge di 

una vaga veste l’esempio, dalle altrui Lane novamente formata. Tinga pure, 

dic’egli, di bel color porporino chicchessia le mie Lane, ecco che il colore cedendo 

alla materia, mie pur restan le Lane eziandio così tinte. Che se poi 

di queste mie Lane, venga un altro a formarci una vaga Veste, questa passa 

al dominio del suo Fattore; ed io sulle Lane, salvo il prezzo, a perder vengo 

tutto l’impero. Saggie disposizioni Legali, chi non vi ammira! 

XIII. Or con tutta verità e leggiadria queste artifiziose industrie, o Signori, 

nella Redenzione si veggono. Quella comune Lana della prima Innocenza, 

bruttamente macchiata con la colpa di origine, ebbe due maestrie 

nell’eccelse Mani del Redentore. A tutte le Lane in comune diè egli nella 

croce il bel Colore di porpora, redimendo col suo Sangue Divino tutto il 

Genere Umano (Apoc. 7, 14). Questo vago Colore però non tolse alla Natura 

il dominio di esse Lane, né in noi Mortali estinse la ragione di Adamo. 

Di una porzione più scelta di questa Lana fabbricar egli si volle una 

25 Essa fu fatta quasi come la Nave del Mercante. 

26 Dio creò un nuovo prodigio: la donna cingerà l’uomo.

ellissima Veste, per venire al Mondo in Abito Umano, se gradite la frase 

dell’Apostolo: Habitu inventus, ut Homo 27 (Ad Philipp. 2, 7). Questa mistica 

Veste già fu Maria, conforme cel replica il Vangelo: De qua natus est Jesus. 

Non potè dunque, grida a tutta possa il Diritto Civile, non potè dunque 

aver nella Gran Vergine, dominio alcuno la Natura macchiata, né giurisdizione 

veruna il Progenitore caduto. 

XIV. Dopo sì glorioso arringo delle Leggi Umane, sembrami, Signori miei Riveriti, 

siasi bastevolmente mostrato, com’esse dandosi la bella sorte di far 

da Avvocate della prima Grazia Originale di Maria, virilmente combattano alla 

difesa dell’Immacolato Mistero, che veneriamo: e ciò, o si consideri quello, 

che saggiamente hanno esse decretato intorno al doveroso indispensabil 

rispetto de’ Figli verso de’ Genitori; o si rifletta a quello che con eguale saviezza 

hanno esemplificato e deciso intorno all’acquisto e traslazion del dominio. 

XV. Che se tutte le Leggi, non meno Divine, che Umane, o gran Vergine 

eccelsa, vi vogliono e vi sostengono tutta pura e Immacolata nella vostra 

Concezione, esser non vi può ora tra’ fedeli, chi come tale sinceramente 

non vi veneri, e non vi adori. Per quel che a me tocca, io seriamente aderendo 

a tutti i Diritti Celesti e Terreni, vi rinnuovo in questo Dì glorioso 

le promesse, le offerte, i tributi, che con vincoli i più sacrosanti altre volte 

vi feci. Vi presento anche i cuori di tutta questa Udienza divota, a voi tributaria 

e fedele. E siccome noi per vieppiù obbligarci ai vostri ossequj ci 

diamo il contento di riporci a memoria quel che, applicabile alle vostre 

Glorie, han decretato le savie Leggi del Mondo. Deh voi per vieppiù movervi 

a’ nostri vantaggi, degnatevi di rammentarvi quel che, applicabile alla 

nostra eterna salvezza, han promulgato le amorose Leggi del Cielo. Qui 

elucidant me, vitam aeternam habebunt 28 (Eccles. 24, 31). Questa è pur una 

Legge amorosa, fatta promulgare dal Cielo a nome vostro. Gli altri vostri 

Misterj, non han bisogno di Luce, perché dal sole del Vaticano son stati 

definitivamente illustrati. Questo unico dell’esser voi Immacolata, tuttoché 

posto a nostri tempi felici in sì chiaro Lume, pure l’ultimo termine definitivo 

di chiarore gli manca. Or chiunque lo essalta, lo spiega, lo encomia, 

certamente luce gli aggiunge, ed alla luce ultima e compita sempreppiù lo 

dispone. Se dunque è legge amorosa del Cielo, che chi così affaticasi con 

fedeltà sincera, ne avrà in guiderdone la Beatitudine eterna: qui elucidant 

me, vitam aeternam habebunt: io, che vostra mercè, ho sul dorso un tal piace- 

27 Fu trovato nell’apparenza simile ad un uomo. 


165

166 

vole incarico, a tal Legge amorosa mi appello. Farò quanto mai so e posso, 

benché posso sì poco, di porvi, o mia Immacolata Signora, sempreppiù 

in luce quaggiù nel Mondo. Fate pur voi quanto potete, giacché potete 

pur tanto, di pormi in luce colassù nel Cielo. Io vi acquisterò Divoti: 

Voi impetratemi Grazie. Io vi procaccerò Glorie: Voi ottenetemi eterne 

Corone. Facciam fra di noi questa nuova Legge; che l’altra addotta Legge 

coroni. Diceva.

167

168

13 

Sacro triduo e sermone per la festa dell’Immacolata 


169

170 

13 

Triduo e sermone per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 

1763 

I tre sermoni familiari per il triduo dell’Immacolata Concezione e il sermone 

per il giorno della festa dell’anno 1763 sono scritti con cura, secondo le 

regole retoriche scelte da tempo dall’Autore e predicati nella Chiesa 

dell’Immacolata. La trattazione fa ampio riferimento alla sacra Scrittura e alla 

dottrina dei Padri della Chiesa. Il mistero dell’Immacolata Concezione di 

Maria è visto come opera di Dio e chi ne è devoto può sperare in una particolare 

protezione di Maria per ottenere il perdono dei peccati, una santa morte e 

la gloria eterna. 

Il sermone si sofferma a spiegare con cura perché Maria non potesse aver 

ereditato la Natura corrotta di Adamo. Le prove vengono desunte con 

ingegno dall’antica legislazione civile-imperiale.

13/a 


Il sermoncino familiare per il primo giorno del triduo è elaborato in sette punti. 

L’esordio mette in rilievo la stoltezza dell’uomo che piange quando è tempo di gioire e 

gioisce quando è tempo di piangere. L’Autore contrappone a tale costatazione il pensiero di 

Davide e di altri Padri della Chiesa i quali ritengono la sera simbolo della colpa e della 

disgrazia di Dio, tempo di mestizia e di pianto; il mattino, invece, simbolo di perdono e di 

grazia, tempo di letizia e di speranza. Ciò serve ad introdurre l’argomento, cioè la devozione 

all’Immacolata Concezione di Maria può servire in vita di fondamento alla nostra speranza 

di ottenere da Dio perdono e grazia. 

Il Servo di Dio inizia la trattazione ricordando i due fondamenti della speranza cristiana 1 : 

uno di essenza e necessità assoluta; l’altro di convenienza e necessità morale. Il primo 

fondamento necessario è Gesù che ci ha ottenuto la grazia; il secondo è Maria SS.ma che, 

come la creatura più cara agli occhi di Dio, si fa nostra amorosa Avvocata presso il suo 

Divin Figlio e ci ottiene il perdono. Maria fa sperimentare a tutti coloro che la amano il suo 

aiuto. Gli amanti di Maria sono coloro che vegliano al mattino su di Lei. Il Servo di Dio 

riprende l’interpretazione mariologica di Proverbi 8, 17b che aveva utilizzato come seconda 

prova per spiegare l’assunto del discorso per la festa dell’Immacolata dell’anno 1755 2 . Qui 

però l’interpretazione del brano biblico si arricchisce con la valorizzazione dell’avverbio di 

tempo “mane”, mattino, per dire appunto che Maria è Immacolata fin dal primo istante del 

suo concepimento. Ora, coloro che sono vigilanti per l’amore di questo “bel mattino 

purissimo” troveranno Maria SS.ma sempre pronta a proteggerli amorosamente presso Dio. 

Dalle divine Scritture Maria è paragonata ad una mistica candida ed Immacolata 

nuvoletta; per chi la crede e la invoca tale, affermano i santi Padri, Ella si fa medico e 

medicina e questo è il fondamento di tutte le giulive speranze dei suoi devoti. Come conferma 

delle argomentazioni portate, il Servo di Dio racconta il fatto di una misera donna che fu 

salvata dall’incubo di un giuramento falso recitando ogni giorno, con grande devozione, 

dodici Ave Maria alla Vergine Immacolata, in onore delle sue dodici stelle, cioè dei suoi 

dodici principali privilegi. 


1 Cf. MARCUCCI, F.A., Della Speranza Cristiana, Istruzioni, Ascoli, Sabato 31 marzo, 1764, autogr., ASC 52, 

p. 172. Divisa in dodici Istruzioni, l’opera è un compendio completo e accessibile della virtù della 

speranza. L’autore la presenta alle sue uditrici con l’intento di spiegarne loro l’essenza, i suoi fondamenti 

essenziali, cioè l’onnipotenza di Dio, la sua misericordia, la fedeltà alle sue promesse ed i meriti 

infiniti di Gesù; quindi espone i suoi fondamenti secondari, cioè le opere buone meritorie, che sono 

necessarie per tale virtù, infine, i motivi che possono spronare alla speranza. Tutto ciò perché Dio sia 

conosciuto ed amato per ciò che Egli è. 

2 Cf. Ivi brano 7. 

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Sacro Triduo per la Festa dell’Immmac[olata] Concezione 

Nell’anno 1763 

Primo giorno, Lunedì 5 Dicembre 

Sermoncino Familiare 

La divozione all’Immacolata Concezion di Maria serve di 

fondamento alla speranza del perdono in vita 

1. Quantunque volte, Riveriti Signori, meco pensando rifletto alla varietà de’ 

tempi che vogliono la mestizia e l’allegrezza, e veggio l’Uomo allegro qualor’è 

tempo di pianto, e mesto quando è ora di gaudio, rimango 

dell’umana cecità e stoltezza sempreppiù persuaso. L’imbrunir della sera, 

dice Davidde, è il proprio tempo della mestizia e del pianto: Ad vesperum 

demorabitur fletus (a) ; ed il primo albore del bel mattino è tutto proprio per 

l’allegrezza e pel riso: et ad matutinum laetitia 3 . Il Vespro o sia la Sera, come 

avverte Girolamo, simboleggia la colpa di Adamo, per cui l’Uomo fra tanti 

guai e pericoli di questa misera mortal vita, è costretto continuamente a 

gemere e sospirare: Ad Vesperum demorabitur fletus; quia propter peccatum Adae, 

così il Dottor Massimo, omnes usque ad finem seculi flent et gemunt (b)4 . Perciò 

acutamente l’Agricola considerando tal flebile Vespro dal Real Profeta 

annunziato, lo disse un Vespro che non spirava altro che Veh e Guai: 

Vesperum idest vae spirans (c) . Meglio però di tutti ad intender lo diede un 

Angelo all’Evangelista Giovanni nella sua Apocalisse, qualor con voce di 

tuono glie lo fe sentir contro di noi miseri viventi triplicato: Vae, vae, vae 

habitantibus in terra (d) , Guai, guai, guai a voi infelici Abitatori di codesta Valle 

di Lagrime! E fu come se l’Angelo ci avesse detto, secondoche nota 

San Tommaso di Villanova (e) , piangete pure, o Mortali, sinchè vi trovate 

nel tenebroso Vespro del viver vostro: ad vesperum demorabitur fletus 5 ; perché 

un fiero Guai vi sovrasta in Vita, col rischio di non ottenere il perdono; 

un più fiero in Morte, col rischio di partir senza Grazia; ed un Guai 

terribilissimo dopo morte, col rischio di non ottenere la Gloria: Vae in vi- 

(a) Psalm. 29, 6. 

3 A sera vi sarà il pianto e al mattino la gioia. 

(b) S. Hier. In Psalm. 29. 

4 A sera vi sarà il pianto, perché per il peccato di Adamo tutti piangono fino alla fine del mondo. 

(c) Daniel Agricol. cor. 20. Stell. 4. 

(d) Apoc. 

(e) S. Thom. De Vill[a]nov. Ser. 2. de S. August. 

5 A sera vi sarà il pianto.

ta, vae in morte, vae post mortem 6 . Non so capire però, e fatemi voi ragione, 

Uditori, se come mai l’Uomo sia così stolto, che trovandosi nel Vespro o 

sia sera di questa misera vita, a tanti Guai sottoposta, invece di pianger 

continuamente, muover possa al riso le labbra, e ricettare nel cuore un 

qualche sentimento di gaudio. Eh capiamola pure una volta, ad vesperum 

fletus, ad vesperum demorabitur fletus! Aspettiam, che si mutino i tempi: e qualora 

avrem tanta sorte di porre il piede alle Porte della Gloria beata, che 

Davidde sotto figura del bel mattino ci esprime, allora sì che fatti liberi e 

sicuri da tanti guai, sciogliam le lingue al canto, e tripudiamo di cuore con 

grande allegrezza: et ad matutinum laetitia 7 . Sebbene, Signori miei, a più serio 

pensare vado osservando, che anche in questa misera Valle di Lagrime 

può l’uomo in qualche verso viver allegro e contento. Se la sera è simbolo 

della Colpa e della Disgrazia di Dio; il Mattutino è simbolo del Perdono 

e della Grazia: se il pianto della sera è figura de’ Guai irreparabili che sovrastano 

ai Peccatori: l’allegrezza della mattina è figura della fondata Speranza di 

ottenere la Grazia ed il Perdono. Che s’è così, via su dunque, cari Uditori, 

allegra allegra speranza di perdono vi nasca nel cuore: ad matutinum laetitia. 

Mi direte, e dov'è il fondamento? Rispondo, la Divozione all’Immacolata 

Concezione di Maria può servir di fondamento alle nostre giolive speranze in vita del 

Perdono e della Grazia. Ne dubitate? Uditelo, e lo vedrete. Incominciamo. 

2. Due fondamenti riconosce la Speranza Cristiana, uno di essenza e necessità 

assoluta, l’altro di convenienza e necessità Morale. Il primo ci porta a 

dirittura nelle Braccia amorose dell’infinita Misericordia di Dio, e del nostro 

Salvador Gesù Cristo, che co’ suoi Meriti infiniti soddisfa e perora 

per noi appresso il suo Divin Padre, placando per noi la Divina Giustizia. 

Ed un tal fondamento è così essenziale e necessario, che senza di questo, 

assolutamente non può mai ottenersi perdono, né grazia, né eterna salvezza. 

L’altro Fondamento poi ci conduce nelle Braccia della gran Madre 

di Misericordia Maria SS.ma, che come la più cara fra tutte le pure creature 

agli occhi di Dio, la più essaudita, e la più favorita, si fa nostra amorosa 

Avvocata appresso il suo Divin Figlio, lo placa, e ci impetra quanto Ella 

vuole per noi, e quanto chiede. E questo secondo Fondamento di nostre 

speranze è così conveniente e vantaggioso, che noi senza di questo difficilmente 

otterressimo il perdono e il salvamento; laddove con questo 

possiam con più sicurezza ottenerlo. 

6 Guai in vita, in morte e dopo la morte. 

7 Al mattino la gioia. 

173

3. Ciò presupposto, come indubitato, se la gran Vergine è la secondaria Fonte 

di ogni Cristiana Speranza, come ci assicura Essa stessa pel Savio: In me 

omnis spes vitae et virtutis (f)8 : s’Ella è dopo Dio, l’unica Speranza nostra, come 

ci ricorda la chiesa: Spes nostra, salve; non credete già, o Signori, che i 

Divoti dell’Immacolata sua Concezione sien fra gli ultimi ad essere a parte di sì 

fondate gioconde speranze, che loro da la gran Madre. Sono esse anzicheno, 

i primi a goderne. 

4. E certamente colui può maggiormente sperare nel potente Patrocinio di 

Maria, che più degli altri se l’obbliga co’ suoi fervidi ossequj. Si protesta la 

Vergine di far’ isperimentare gli effetti del Cuor suo amorosissimo a chiunque 

la ama: Ego diligentes me diligo 9 . Ma chi saranno mai questi fortunati 

suoi Amanti, che la ritroveranno così graziosa? Udiamolo da Lei medesima: 

Et qui mane vigilant ad me, invenient me 10 : coloro, che tutto cuor, tutto 

zelo, tutta premura son vigilanti per l’onor del bel mattino purissimo 

dell’Immacolato mio Concepimento: Qui mane vigilant ad me, quei sono, 

ripete Maria, che mi ritroveranno sempre pronta e amorosa in proteggerli 

appresso il mio Divin Figlio: Invenient me. O fortunati dunque Divoti 

dell’Immacolata Concezione, quanto di gioconde e fondate speranze vi 

ricolma sopra gli altri la vostra potentissima Madre! 

5. E vaglia il vero, o Signori, se vi fu Anima purissima quaggiù in Terra, che 

pur vi fu, la quale più che ogni altra ebbe in grande abominio ogni minimo 

neo di colpa, certamente questa fu Maria SS.ma. Avrebb’Essa rinunziato 

prima ad ogni qualunque sua Dignità ed eccellenza, piuttosto non 

curato neppure il Cielo, se per impossibile avesse dovuto il tutto ottenere 

con minimo dispiacere di Dio, eziandio leggerissimo. Pensate quanto più 

abborrisse l’originaria colpa, come quella, che privando affatto l’Anima 

della Grazia di Dio, veniva a costituirla sua capitale Nemica. E tuttochè 

non era in sua mano il contrarla, o no; pur non pertanto si sarebbe eletto 

la Vergine non essere mai stata al Mondo, prima che contrarla. Qui certamente, 

Uditori, non vi entra dubbio. Dal che risulta con gran chiarezza, 

che assai più di piacere le dieno quei suoi Divoti, che con tutta fermezza 

la credano preservata da ogni colpa nella sua purissima Concezione, di 

quel che le dieno di piacimento quegli altri, che con tutti gli onori che le 

dassero, pure in cuor loro dubitassero della sua Preservazione. Sicché, Si- 

(f) La citazione è omessa dall’Autore. 

8 In me ogni speranza di vita e di virtù. 

9 Amo quelli che mi amano. 

10 Quelli che vegliano presso di me al mattino, mi troveranno. 

174

gnori miei, assai più obbligata si vede Maria SS.ma ai Divoti dello Immacolato 

suo Concepimento, di quel che agli altri suoi Divoti si truovi. 

6. Su, stringiam l’argomento. Se dunque per comune consenso quei sperar 

possono maggiormente nel potente Patrocinio di Maria, che più degli altri 

se la obbligano co’ loro fervidi ossequj; sperate pur più che altri in sì 

gran Patrocinio, o Divoti dell’Immacolata Concezione, giacché la vostra 

tenera divozione vi costituisce i primi a godere delle amorose finezze della 

Regina del Cielo. Vien Essa chiamata Nuvola leggiera dal Profeta Isaia (Isai. 

19), e sotto figura ancora di picciola Nuvoletta la vidde sorger tutta bella 

dal mare Elia Profeta (3 11 Reg. 18). Concordano i Padri Greci nell’intender 

la Vergine figurata sotto tal Nube picciola, bianca, e leggiera, perché senza 

peso di colpa, perché concetta immune da peccato. Fuit Beata Virgo 

Nubes levis 12 , così per tutti un Giovanni di Gerosolima (de Instit. Monach. 

cap. 32), propter immunitatem peccatorum. Beati pur coloro, che con le pupille 

di Elia e di Isaia rimiran la Vergine così pura, così leggiera, così candida 

Nuvoletta. Mi direte, Signori, e perché? Vi risponda il Sacro Testo; e vi 

dirà perché Medicina omnium in festinatione Nebulae 13 (Eccles. 43, [24]). 

L’udiste? Perché la gran Vergine, riverita con cuor pronto e divoto, qual 

mistica Nuvoletta candida e Immacolata, si fa non solo Medica, ma ancor 

Medicina salubre di tutti quei, che così divotamente la credono e la invocano. 

Cosicché, ecco, o Divoti dell’Immacolato Mistero, la vostra allegrezza; 

ecco il gran fondamento delle vostre giolive speranze, per ottener 

la guarigione in tutti i vostri spirituali malori, e specialmente per impetrare 

il perdono di vostre colpe comesse. 

7. Serva di contesto il celebre fatto, accaduto nel secolo passato nella città di 

Burges in Fiandra ad una misera Donna, che per sua dissavventura trovavasi 

caduta in un Giuramento Falso; come narra il Lhoner (nel tom. 2 

della sua Biblioteca alla voce Hyperdulia num. 95). La notte seguente al 

misfatto comesso apparire si vidde un mostro orrendo, che di Uom non 

avea fuorché la voce e il discorso; e minacciandola di divorarsela, le disse, 

che fra sette settimane sarebbe miseramente morta; e che in ciascuna 

notte avrebbe avuto a combatter con essoLui. Tutta spaventata la sfortunata, 

portossi per tempo nella mattina seguente ai piedi di un pio Confessore 

di grande fama etc., questi esortolla a disdirsi del fatto giuramento, 

anzi obbligolla etc., e lo fece etc. Indi assolvendola, dopo una buona 

11 3 Reg. 18 secondo l’antica partizione del libro dei Re. Oggi corrisponde a 2 Reg. 18. 

12 La Beata Vergine fu come una leggera nuvola, per la preservazione dei peccati. 

13 La Medicina salubre di tutti è nell’invocazione devota della “Nuvoletta”. 

175

176 

Confessione, la consigliò a confessarsi una volta la settimana, ed a far celebrar 

alcune messe ai defonti, e a star di buon cuore, e confidare etc. 

Tanto, anzi tutto puntualmente eseguì la donna; ma ciò nonostante, in 

ciascuna notte veniva con grande spavento tormentata dal solito mostro, 

che seguiva a dirle, che già ogni notte le mancava un giorno di vita, e tentava 

indurla a disperazione del perdono delle colpe comesse. Avvicinatosi 

intanto il termine delle sette settimane, la povera donna più che mai ricolma 

di gran terrore, si porta da un confessore di singolar pietà; e gettata 

ai suoi Piedi, Ajuto, esclama etc. Il pio Padre, udito il racconto, orsù, le 

dice, eccovi l’efficace rimedio: “Recitate con grande divozione dodici Ave 

Marie alla V. Immacolata in onor delle sue dodici stelle o sieno Privilegj 

principali, ch’essa godette. Questa è una coroncina istituita per impetrar 

tempo e spazio di far penitenza, e per non morir così presto. E se nella 

notte prossima ventura sentirete lo strepito solito, fate voto a Maria Immacolata 

di recitarle tal corona di 12 Ave Marie ogni giorno per tutto il 

tempo di vostra vita: e vi assicuro, che sarete libera da ogni vessazione 

diabolica, concepirete ferma speranza del perdono, ed avrete vita e tempo 

di far penitenza”. Tanto adempì la donna etc. Recitò etc. e nella notte 

al primo udir dello strepito, fece il voto etc., e restò libera etc., e colma di 

speranza, ed anche sopravvisse molti anni etc.

177

178 

13/b 


Il sermoncino per il secondo giorno del triduo è elaborato in dodici punti. Nell’esordio 

il Servo di Dio ricorda l’argomento svolto la sera precedente e lo collega a quello che sta 

per trattare e cioè la devozione all’Immacolata Concezione di Maria è il fondamento per 

sperare una santa morte. 

Dio ha voluto che ogni santo si segnali per una particolare protezione verso i suoi 

devoti, mentre la Gran Vergine è costituita da Dio come universale Avvocata per qualsiasi 

nostro bisogno. Tuttavia la ragione e l’esperienza ci persuadono a credere che anche 

Maria SS.ma si segnala nella protezione verso quelle cose che hanno più relazione con 

qualche suo singolare privilegio. Così, Lei che fu la creatura più pura è la particolare 

protettrice di questa virtù; Lei che fu addolorata ed afflitta più di tutti i martiri, ha una 

particolare protezione verso i tribolati e gli afflitti e contro le tentazioni di impazienza e di 

disperazione. Una delle più forti ragioni che fa sperare ai devoti dell’Immacolata la sua 

speciale protezione al momento della morte, è che Maria si sente obbligata a preservare 

dalla morte eterna coloro che la celebrano preservata dal peccato sin dal primo istante di 

vita. Ella, infatti, come dicono i Santi Padri, è l’Arca Santa dell’Alleanza costruita con 

legno incorruttibile. Come l’Arca nell’Antico Testamento, per comando di Dio, serviva a 

dare coraggio e vittoria al popolo Ebreo nelle battaglie più pericolose, così Maria, Arca 

mistica Immacolata, è stata scelta da Dio per dare coraggio e vittoria ai suoi devoti. Come 

l’Arca aprì felicemente il passaggio alla terra promessa, così Maria Immacolata apre 

felicemente l’ultimo transito a coloro che la portano continuamente nel cuore. Ella è 

invocata giustamente Vergine fedele. 

Per muovere ancor più l’animo degli ascoltatori, il Servo di Dio utilizza un’altra 

efficace similitudine. Come l’Arca Santa doveva, per ordine di Dio, rimanere sempre con i 

legni e le leve negli anelli per essere pronta ad essere trasportata in caso di pericolo, essa 

infatti costituiva la speranza del popolo, così i devoti di Maria Immacolata devono 

continuamente ossequiare la loro mistica Arca, non solo il giorno della festa, per averla 

così sempre vicina come rifugio e difesa ad ogni improvviso bisogno, fosse anche la morte. 

In chiusura del sermone l’Autore racconta l’esempio del sacrilego sacerdote che, 

divenuto devoto dell’Immacolata Concezione, cambiò vita e morì lasciando buona 

speranza di aver ottenuto l’eterna salvezza. 


Secondo Giorno, Martedì 6 Dicembre

La divozione all’Immacolata Concezion di Maria serve di 

fondamento alla speranza di fare una Santa Morte 

1. La Divozione all’Immacolato ricorrente Mistero, già l’udiste, o Signori, 

serve di fondamento alle nostre più giolive speranze per impetrare in 

questa vita il perdono di tutti i nostri passati trascorsi. Quel che ora si 

bramerebbe si è, che servir anche potesse di sodo fondamento per isperare 

una Morte da Santo. Questa benedetta Morte (oh Dio!), se noi la 

consideriam in se stessa naturalmente, egli è pur la reale divisione, lo 

scioglimento totale di due più cari e più intimi Amici, quali sono l’Anima, 

e il Corpo. E tuttoché, tal separazion non succeda senza smanie le più 

sensitive, né senza dolori i più vivi ed acuti; pur non pertanto non è egli 

questo lo spavento più grande, che a noi nel morire sovrasta; quanto è 

quell’orrendo timore di morir malamente e di piombare dal letto in un 

baratro di eterni guai e tormenti. Ah, dilettissimi, se tanto fu terribile e 

pericoloso quell’ultimo momento anche per li gran Santi; pensate quanto 

più per li pari nostri sarà egli mai! Se l’uomo dar potesse interi Tesori per 

limosine, affin di comprarsi una Morte da Santo, anche un Mondo intero 

oh quanto sarebbe ben speso. Se assicurar la potesse con digiuni, e Penitenze 

rigorosissime, tutto sarebbe poco anche per tutta la vita, purché 

santamente morisse. Perciò più degli altri l’indovinan coloro, che con 

buoni costumi, e con atti continuati di Carità Cristiana, e con una soda e 

costante divozione alla gran Vergine, si dispongono anticipatamente a 

ben morire. Ed oh, che dolce e ben fondata speranza gode di fare una 

santa morte, chiunque con una vita timorata e caritatevole, accoppia 

l’esser vero Divoto di Maria! Uditene l’attestato del non men dotto che 

pio Landolfo: In vita, et in morte, adiuvat Maria Filios suos 14 . Io però tengo 

corto, che in modo particolare avranno tal potenza ajuto di Maria per 

ben morire, quei che son veri Divoti dell’Immacolata di Lei Concezione. 

Non altro favore da voi chieggo, o Signori, che di udirmi attentamente: 

affin poi decider possiate, se la Divozione all’Illibato ricorrente Mistero servir 

possa di fondamento alle nostre speranze per farne una Santa Morte. Incomincio. 

2. Ha la saggia, adorabile, Divina Sapienza ordinato, che i Servi suoi, fatti già 

beati comprensori, restino glorificati quaggiù nel Mondo col farsi partico- 

14 In vita e in morte Maria soccorre i suoi figli. 

179

180 

lari Avvocati intorno a qualche cosa, nella quale, qualor vissero fra noi, 

furono singolarmente privilegiati. Non già, ch’essi, non abbian potere di 

proteggerci su di ogni nostro bisogno, e di liberarci da ogni qualunque disgrazia: 

ma perché, come nota l’Angelico ha voluto Iddio così glorificarli, 

segnalandoli, chi in una, e chi in un’altra spezie di protezione, affin a guisa 

di Stelle luminose si distinguessero gli uni dagli altri appresso noi; ed 

acciocché le loro Glorie fossero da noi separatamente ancor celebrate. 

Quindi è, che noi vediam segnalarsi un Emidio Santo nella special Protezione 

contro de’ Tremuori; una Santa Irene contro de’ Fulmini; un San 

Cristanziano contro delle Grandini; un Sant’Ubaldo contro degli Spiriti Maligni; 

un San Venanzo contro delle Cadute; ed in simil guisa altri mille, 

come speziali Avvocati di altre cose, deputati da Dio, noi veneriamo. 

3. La Gran Vergine però, noi ben lo sappiamo Uditori, non può considerarsi 

in questa riga degli altri Santi: perciocché essendo Essa Regina di tutti; 

viene in conseguenza ad esser costituita da Dio per universale Avvocata 

su di qualunque nostro bisogno. Pur nondimeno, e la ragione, e la sperienza 

ci forza a persuaderci, che anch’essa segnalarsi in modo particolare 

si degni in proteggere i suoi Divoti con ispeciale finezza in quelle cose, 

che hanno qualche relazione ad alcun suo singolarissimo Privilegio. Ne 

do l’esempio. Essa che sovra gli Angeli stessi fu purissima, mostrasi particolar 

Protettrice della Purità contro le tentazioni impudiche. Così essendo 

stata sopra tutti i Martiri addolorata ed afflitta si degna usar protezione 

specialissima verso de’ tribolati ed afflitti contra le tentazioni di impazienza 

e disperazione. 

4. Ed ecco, Signori, una delle forti ragioni, per cui si rende piùcche certa la 

singolar protezion di Maria nella Morte de’ divoti di sua Immacolata 

Concezione. Il peccato originale, come ognun sa per fede, è la prima 

morte dell’Anima. Or siccome tra tutti i Figli di Adamo la Gran Vergine 

sola fu esente e preservata all’intutto da questa orribile Morte; perciò non 

può fare a meno, siami così lecito dire, di non rendere il guiderdone a 

chiunque da tal morte la confessa esente, e preservata la crede e la sostiene. 

Non può certamente Essa fare, che i suoi Divoti non sieno stati concetti 

con la colpa, e non sieno malamente morti al primo spuntar della vita. 

Che farà dunque per rendere il guiderdone, e la pariglia? Farà, che almeno 

essi all’ultimo della lor vita sieno preservati da una morte cattiva. E 

siccome essa principiò il viver suo in Grazia, e Santità singolare: così i

suoi Divoti, a riverenza dell’Immacolata di Lei Concezione; finiscano il 

viver loro con qualche simiglianza di quella primiera sua Grazia. Tale è il 

forte Impegno di Maria SS.ma. 

5. E questo, se volete, uditori, è stato, e sarà sempremai il gran fondamento 

delle belle gioconde speranze, che hanno avuto, e che hanno, i veri Divoti 

dell’Immacolata Concezione di fare una santa morte. Né certamente 

sono molto lontane le Divine Scritture a sempreppiù stabilire per sodo il 

fondamento di siffatte speranze. Udite, e fatemi pur ragione, o Signori. 

6. Chiamasi da Dio il gran Profeta Mosè, ed ordinato gli viene, che fabbrichi 

un’Arca del legname nobile, ed incorruttibile di Setim: Arcam de Lignis Setim 

compingite 15 (Exod. 25, 10). Questa, gli dice, sarà il sicuro Asilo 

degl’Israeliti nelle loro battaglie: questa aprirà loro la strada nell’ultimo 

passaggio del gran fiume Giordano, affin di varcarlo a piè asciutto: come 

già poi avvenne: Defecerunt aquae Jordanis ante Arcam 16 . Se nel senso Letterale 

l’Arca fu quella realmente fabbricata da Mosè dell’incorruttibile Legno 

di Setim: nel senso Profetale e Mistico poi qual fu mai? Ditelo ad un Ambrogio 

(S. Ambr. Serm. conf. Port.); ed egli a nome di tutti i Padri, anzi 

della chiesa medesima vi dirà, che fu Maria SS.ma; detta perciò universalmente 

Foederis Arca 17 . Ma e perché mai, fabbricata dell’incor-ruttibile e 

incombustibile Legno di Setim? Vi rispondan tra gli altri un ven[erabile] 

Bernardino di Busto, ed un Dionigi Fabro, e vi spieghino il mistero, cioè 

perché la mistica Arca della Gran Vergine fu preservata all’intutto dalla 

corruzione della prima colpa, fu all’intutto esente dal fuoco esterminatore 

del peccato di origine: De Lignis Setim imputribilibus, dice Bernardino, idest 

ab omni peccatorum putredine praeservata 18 (Bern. Bust. Ser. 5 De Conc.); e 

come soggiugne per più di chiarezza il Fabro, ab inizio sui esse (Fabr. Ser. 1 

De Concept.). Cosicché, Signori miei l’Arca dell’antico patto, formata da 

legno incorruttibile di Setim, fu un vero simbolo e figura di Maria Immacolata, 

e del suo ricorrente illibato Mistero. 

15 Fabbricate un’Arca con il legno di Setim. 

16 Le acque del Giordano si ritirarono davanti all’Arca. 

17 Arca dell’Alleanza. 

18 Preservata dal legno incorruttibile di Setim, cioè da ogni corruzione di peccato. 

181

7. Stringiam’ora l’argomento Uditori. Doveva l’Arca, per comando Divino, 

servir di coraggio e di vittoria al Popolo Ebreo nelle più cimentose battaglie. 

Trovatemi un più terribile e cimentoso combattimento della Morte 

pel Popolo Cristiano, se vi dà l’animo, o Signori. Or ecco dunque l’Arca 

mistica dell’Immacolata Concezione da Dio destinata di coraggio e di vittoria 

per li suoi fortunati divoti. Facciamci più oltre. Dovea l’Arca aprir sicuro 

il passaggio ultimo del Giordano per entrar nella Terra promessa. Ed eccovi 

al vivo dipinta la Divozion all’Immacolata Concezione, divenuta 

come portentosa Operatrice del felice ultimo transito da questa all’altra 

vita di chiunque ha la bella sorte di portarla continuamente in mezzo al 

cuore. Voi però non ostante che la figura scritturale col figurato sì strettamente 

si dia la mano, parmi che ne temete, e cred’io per timor che non 

prendasi abbaglio. Ah no, non temete, Uditori. La figura è troppo chiara; 

il figurato è troppo espresso al vivo. Qui non ci è rettorico artifizio, che 

offuscare ci possa l’intendimento. Credetelo a me: anzi credetelo 

ad’Ernesto Pragense, che riflettendo su questo passo, ed alla ben fondata 

speranza che i divoti veri della mistica Arca Immacolata avevano di morir 

santamente, lasciocci così registrato: Sicco vestigio transierunt Jordanem 19 (Ernest. 

in Marial. c. 114), Passaron, dic’egli, a piedi asciutti il gran Giordano, 

entrando sicuri alla Terra promessa; quia Virgo fidelis in transitu mortis praecipue 

solet suis subvenire 20 ; perché la gran Vergine Immacolata è pur fedelissima; 

lo ha promesso, e l’osserverà, e l’osserva pur tutto dì, virgo fidelis, nel 

passaggio estremo de’ suoi cari divoti dell’illibato Mistero con ispecial cura 

ed assistenza praecipua solet, li sovviene, l’incoraggisce, li ajuta a far una 

Morte da Santi. 

8. Oh dunque tre e quattro volte felici i veri Divoti dell’Immacolata Concezion 

di Maria! Felici in vita, perché sotto una particolar Tutela della 

gran Vergine, la quale li rimira come care Pupille degli occhi suoi, essi vivono. 

Ma più assai felici nella lor morte, perché la Vergine stessa Immacolata 

si fa per loro con ispecialissima cura lo scudo contra tutti gli assalti, 

il sostegno, e la sicurezza per far santamente quel si periglioso passaggio! 

9. E chi vi ha ora fra voi, Uditori, che in cuore pullular non si senta un vivo 

desiderio, o per meglio dire, una volontà risoluta di aggregarsi da qui in 

19 Passarono il Giordano a piedi asciutti. 

20 Perché la Vergine fedele viene in soccorso ai suoi devoti principalmente nel passaggio della morte. 

182

poi con tutto l’impegno più forte fra’ veri ossequiosi all’Immacolato Mistero? 

Tutto bene. Ma io sono a pregarvi a riflettere una particolarità molto 

pesante e misteriosa di quel sacro Testo dell’Arca. Ordina Dio a Mosè, 

che facendo negli Angoli dell’Arca gli Anelli, ivi ponga due Vette o sieno 

Leve (che noi comunemente diremmo Legni o Stanghe da portar a mano 

l’Arca). Ma con questo rigoroso precetto, che messe una volta le Vette o 

sieno Leve, non più si avessero a togliere; ma sempre l’Arca restar dovesse 

co’ suoi Legni: Facies vectes: qui semper erunt in circulis; nec unquam extrahentur 

21 (Exod. 25, 12). Or perché mai hanno da star sempre i Legni e le Leve 

negli Anelli dell’Arca? Forse, che essa sempre viaggiava? Deh no, perché 

faceva delle molte posate e mansioni. Eppur, non accad’altro: così 

Dio vuole: semper erunt in circulis vectes, et nunquam extrahentur. Or vel dirò io, 

dice il dottissimo Oleastro. Era l’Arca la speranza del Popolo, il Rifugio, e 

la Sicurezza. Guai al Popolo se mosso si fosse alla Battaglia, o al Cammino, 

o al Passaggio da un Luogo all’altro, senza l’Arca che il precedesse, e 

l’accompagnasse. Quindi se mai si fosse data una marcia frettolosa, una 

partenza improvisa senza dar tempo, come avrebb’egli fatto a dar tosto di 

piglio all’Arca, se pronti i Legni non fossero sempre stati negli Anelli? 

Ecco dunque il perché debbon le vette star sempre poste nell’Arca: Ne 

contingeret tempore opportuno deesse Arcam, è l’Oleastro che spiega, voluit vectes 

non separari 22 (Oleast. in Ex. cap. 25). 

10. A noi, Signori miei. Le Vette o sien Leve o sien Legni per portar l’Arca, 

furon simboli di tutti quegli atti divoti ed ossequiosi che si fanno 

all’Immacolata nostra Signora. Questi ossequj divoti debbono star sempre 

uniti alla mistica Arca incorruttibile, sempre seguitar si debbono, affin 

ad ogni improviso grave bisogno di battaglia col Nemico, o di partenza 

da questo Mondo, possiam prontamente dar di piglio all’Arca portentosa, 

e con noi averla in nostro rifugio e difesa. Quanti in occasion di questa 

ricorrente Solennità si mostran divoti dell’Immacolata Concezion di Maria. 

Ed ecco, che pongono in tal’occasione le Vette e le Leve agli anelli 

dell’Arca. Ma che? Passata la festa, tornano a raffredarsi nella devozione, 

e se ne mostrano tanto spensierati, che voi li direste in tal’ossequio come 

forestieri e digiuni. Occorra però il colpo di una grave improvisa disgrazia, 

un pericolo imminente di morte, eccoli, voi li sentite, chiamar l’Arca 

in ajuto, e cercano portar l’Arca in trionfo. Ma oimè, l’Arca sta senza Le- 

21 Costruirai le leve, che staranno sempre agli anelli, e mai saranno tolte. 

22 Perché non avvenga che al momento opportuno l’Arca ceda, volle che le leve non fossero tolte dagli 

anelli. 

183

184 

gni, non può all’improviso portarsi. Convien frettolosamente partire, e lasciarla. 

Or non sia mai così di noi, sempre le Leve all’Arca, sempre la vera 

e fervorosa divozione alla Vergine Immacolata; e venga pure l’ordine di 

sloggiare da questa vita, quando si voglia. Avrem con noi l’Arca, si passerà 

francamente a piedi asciutti il Giordano; avrem nel Cuore Maria Immacolata, 

si farà una Santa Morte. 

11. Molti esempj potrebbono contestarci il tutto. Ma la rimembranza di quel 

solo Sacerdote, rammentatoci da S. Teresa; il quale prima sacrilego ed 

empio, poi per la Divozione presa costantemente dell’Immacolata Concezione, 

divenuto penitente; ed indi morto con lasciar di sè fondata speranza di 

sua eterna salvezza: questo solo fatto, ripeto, basti per tutti, affin di contestarci 

quanto sia vero, che la la divozione al ricorrente illibato Mistero etc.

13/c 


Il sermoncino familiare per il terzo giorno del triduo è elaborato in nove 

punti. L’esordio ricorda che nessuno in questa vita è certo di godere la gloria 

eterna; chi è devoto di Maria può sperarlo e, con maggiore certezza, chi ha 

una costante devozione al mistero dell’Immacolata Concezione. Ne sono prova 

le parole della Scrittura che la Chiesa e i Santi Padri riferiscono a Maria: 

“quelli che mi esaltano, avranno la vita eterna” (Ecclesiastico 24, 31) la 

Vergine “specchio senza macchia” (Sap. 7, 26), come spiega sant’Andrea di 

Creta, in quanto specchio senza macchia, assorbe la santità di Dio, sole di 

giustizia, la riverbera in particolare sopra i devoti dell’illibato suo Mistero. 

Il Servo di Dio offre poi come esempio l’episodio del viandante che, caduto 

nelle mani dei ladri e minacciato di morte, chiede per pietà di poter prima 

recitare dodici Ave Maria. Quelli glielo concedono ed in cambio ricevono la 

visione della Vergine santa che, tutta splendente, viene ad incoronare di fiori il 

suo devoto. Stupiti, i malandrini chiedono al viandante il significato del fatto 

ed udito che quello era il segno della corona di gloria che la Vergine Immacolata 

dona ai suoi fedeli devoti, si convertono. 


Terzo Giorno, Mercoledì 7 Dicembre 

La Divozione all’Immacolata Concezion di Maria serve di 

fondamento alla Speranza di ottenere dopo morte la Gloria 

1. È sentimento de’ Padri, che tuttochè veruno in questa vita saper mai possa di certo, 

senza special rivelazione, se predestinato sia alla Gloria; come già decise il S. Concilio 

di Trento, tuttavolta chi dalla Bontà e Misericordia Divina abbia avuto tanto di sorte 

di essere a quella preeletto, suole, prima che muoja, averne qualche non oscuro sentore, 

qualche verisimile conjettura. Parecchi Padri poi ci assicurano, come un Anselmo, 

un Eidmero, un Bonaventura, un Bernardino da Siena, che uno dei probabili e prudenti 

contrasegni di essere predestinato, sia la vera divozione verso la gran Madre di Dio. 

Udite, o Signori, se con quai sentimenti si esprime S. Anselmo: Colui, dic’egli, al quale 

185

sia stata dal clementissimo Iddio conceduta la sorte di benespesso impiegarsi con 

dolce premura ed attenzione nel pensare a Maria, e nel servirla: Cui ita concessum fuerit 

saepe dulci studio posse cogitare de Virgine 23 (S. Ans. de Excell Virg. Cap. 4); questo sì, per 

quanto io congetturo, ha un gran contrasegno di esser preeletto all’eterna Beatitudine, 

magnum promerendae salutis indicium esse, conjecto 24 . Or pensate poi voi, se con quanto 

maggior fondamento possa un tal Divoto di Maria crescer nella Speranza di ottenere 

dopo morte la Gloria, qualora accoppi un tenero e costante ossequio all’Immacolata 

Concezione? Mi direste senz’altro, e che? Forse la vera e costante divozione all’illibato Mistero 

può servir di fondamento alla speranza di ottenere dopo morte la Gloria? Certo, rispondo. E se 

bramate restarne appien persuasi, favoritemi di attenzione, e lo vedrete. 

2. Una delle ragioni teologiche, per cui la vera Divozion di Maria sia un gran contrasegno 

di esser predestinato per dopo morte alla Gloria, si fonda sulla incomprensibil potenza 

della Gran Vergine, e sulla efficacia singolarissima della sua Intercessione appresso 

il suo Divin Figlio a pro de’ suoi veri Divoti. Ottiene Maria da Dio quel ch’Ella vuole. E 

ciò non si impugna. Ella poi non vuol’altro, che l’eterna salvezza de’suoi veri Servi; cioè 

di quei, che fedelmente la servono. E ciò non si contrasta. Egli è dunque suo pensiero 

patrocinarli in modo, che alla fine corrispondendo essi a sì amorevole patrocinio, loro 

impetri tutti quegli ajuti, che sono più efficaci ad eternamente salvarli. O Beati dunque 

i veri Divoti di Maria; mentre può dirsi, che tengano già un piede in Paradiso! Ma più 

beati debbon chiamarsi coloro, i quali a questa divozione accoppiano un sincero e 

costante ossequio verso l’Immacolata Concezione. Perché più beati? Perché, siccome 

essi mostrano un amore più forte, più tenero, più filiale; così impegnano Maria SS.ma 

a patrocinarli con cuore più affettuoso, più premuroso, più impegnato. O se sapeste, 

o Signori, quanto preme alla Vergine farsi vedere in Cielo tutta pura, tutta Immacolata, 

e tutta bella da coloro che per tale la credono quaggiù in Terra, e per tale la manifestano 

e con tutto zelo la sostengono; se lo sapeste, ripeto, io ben credo, che veruna di 

voi ci sarebbe, che sin da ora non si impegnasse tutto alle glorie dell’illibato Mistero. 

3. Ma venga Maria SS.ma istessa ad ispiegarvelo per bocca del Savio. Qui elucidant me, 

dic’essa (e così le fa dire, oltre molti Padri, la chiesa medesima, che le appropria tai 

Detti) qui elucidant me, vitam aeternam habebunt 25 (Eccles. 24, 31). O voi, dite, che portando 

in mezzo al cuore l’onore di me Immacolata, vi affaticate santamente in tale palesarmi 

appresso le Genti: qui elucidant me: vivete pur giocondi in una ferma speranza di 

vostra salvezza, perché mio sarà il pensiero, il peso, l’impegno di ajutarvi a venire a 

salvamento per goder della mia illibata Bellezza, che ossequiate: qui elucidant me, vitam 

23 Colui al quale sia stato concesso di pensare con dolce premura alla Vergine Maria. 

24 Concludo che è un grande preannuncio di meritare la salvezza. 


186

aeternam habebunt. O beati, e cento e mille volte beati dunque i veri divoti di Maria 

Immacolata, che godono un fondamento sì sodo dell’eterna loro salute! 

4. In ulteriore compruova, voi ben sapete, Uditori, chiamarsi la Vergine nelle divine 

Scritture col titolo di Specchio senza Macchia, e di Specchio di Santità: Speculum sine 

Macula (Sap. 7, 26), Speculum Justitiae 26 (Ecclesia. in Litan.). E perché specchio immacolato 

e santo? Se non perché, non fu mai appannato dall’alito pestifero del Serpe infernale, 

non fu mai offuscato da colpa veruna: Speculum, così spiega l’Abate Tritemio, 

quod nec originale unquam, nec actuale maculavit peccatum 27 (Trit. Lib. 1. Miracul. V. cap. 9). 

Quindi tanto vale il chiamarsi la Vergine dalla Scrittura, e dalla Chiesa, Specchio senza 

Macchia e Specchio di Giustizia, quanto il dirsi Immacolata e Santa nella sua Concezione. 

Grazie a Tritemio di tal divisata verità. 

5. Or a noi. La sperienza fassi maestra in insegnarci, che benespesso il Sole non ispande i 

suoi bei raggi verso alcune parti, che sono a tramontana. Che fa mai un perito di catoporica 

per far goder anche a quelle parti i raggi solari? Piglia un terzo specchio, ed 

esponendolo al sole, volta il raggio e la luce dove naturalmente non dava. Eccovi quello, 

che accade per mezzo dello specchio purissimo di Maria Immacolata, Speculum sine 

macula 28 . Conduce essa le illustrazioni Divine, e gli ajuti speciali del suo Divin Figlio, ch’è 

il vero Sole di Santità, sopra i Divoti dell’Illibato Mistero; eziandio tai soccorsi, secondo 

l’ordine della Divina Giustizia, ad alcuni di loro non si sarebbono dati. Speculum est Maria 

Virgo, per quod justitiae Solem suscipientes, se vi piace il pensiero, datene elogi a S. Andrea 

Cretense, ch’è tutto suo, suscipientes ii, qui densis in tenebris peccati versabantur, illustrati sunt 29 . 

Pensate poi, quanto più ciò Ella faccia, se incontri Divoti tutti pii e timorati? Or questa 

è una disposizione per loro ad ottenere la Gloria. 

6. Così dunque disposti, quanto mai in lor cresca il fondamento di poi conseguirla in 

virtù di Maria Immacolata, ognun lo vede. Ma notiamolo più chiaramente. È dunque 

la Vergine quel mistico Specchio tenerissimo, immacolato. Proprietà è di uno specchio 

portarci presente alla vista un oggetto, che senza specchio non vedressimo mai. 

Io, a cagion di esempio, non mai vedrei una bella Statua o Pittura, che mi stasse dietro 

il capo, se non mi si ponesse uno specchio dinnanzi, in cui la vedessi al vivo rappresentata. 

Giungerò dunque a veder per mezzo dello Specchio ciocchè veder non potrei 

per me stesso. Viva l’Immacolata nostra Signora, Specchio benefico de’ suoi veri e 

cari Divoti! Quell’eterna Gloria, ch’essi per li meriti loro non vedrebbero mai, la 

vedranno si, la vedranno in virtù di tale mistico tersissimo Specchio Immacolato: 

Speculum sine macula. In Maria enim, conchiude Alberto Magno, est omnis spes vitae aeternae 

26 Specchio senza macchia, specchio di giustizia. 

27 Perché non ti ha mai macchiata il peccato, né originale, né attuale. 

28 Specchio senza macchia. 

29 La Vergine Maria è lo Specchio per il quale coloro che erano avvolti nelle dense tenebre del peccato, 

accogliendo il sole della giustizia sono stati illuminati. 

187

habendae 30 (Alb. M. lib. 6 De laude. v. cap. 1 nu. 2). Ed ecco, o Signori, come la divozione 

all’illibato ricorrente Mistero serve di gran fondamento per osservar vivamente la 

Beatitudine Eterna. 

7. Ed in maggiore conferma succedano alle ragioni i fatti. È celebre appresso più Storici, 

e spezialmente appo del Lhoner (Bibl. Man. V. Hyperdul. nu. 94) il fatto di quel 

povero Viandante, divotissimo di Maria Immacolata, caduto in una selva in mano di 

Ladroni ed Assassini spietati. Lo assalgono questi all’improviso, e dopo mille ladronecci 

e strapazzi, gli intimano alla fine una barbara morte. Pietà, grida tutto tremante il 

misero Pellegrino; e se non vi pare rispiarmi la vita, almeno datemi tanto di tempo, 

quanto basti, che io pria di morir da voi ucciso, reciti certe preci divote, che solito 

sono recitare ogni giorno alla Vergine Immacolata. E che preci sono?, chieggono i 

Malfattori. Son dodici Ave Marie, risponde il viandante, che io a guisa di coroncina 

soglio dire ad onore di Maria Immacolata. Orsù, replicano gli Assassini, ti sia conceduto 

ad onor della Vergine tanto di spazio di tempo: ma sbrigati più che puoi, che noi 

vogliamo anche sbrigarci della tua vita. Genuflettesi pertanto il divoto, e col cuor sulle 

labbra, e con copiose lagrime agli occhi, incomincia la recita delle dodici Ave Marie, 

implorando il soccorso dell’Immacolata sua Protettrice. Ed eccoti all’improviso aprirsi 

una parte del cielo, e scender seduta su di un aureo Trono, tutta maestosa, circondata 

dagli Angeli, e da alcuni Santi, la grande Imperadrice del Paradiso. Sfolgoravano i suoi 

splendori per tutta la selva: e tuttoché l’ora fosse molto tarda sul primo imbrunir della 

sera; pur nonpertanto la chiarezza del mezzo giorno sereno non aveva punto che fare 

con quel chiarore che tramandava la Vergine. Il più maraviglioso poi fu, che quel 

fortunato divoto che pensar poteva esser per lui solo la Visione; riseppe di poi, che 

Maria SS.ma si fece chiaramente vedere a quegli Assassini, tuttoché sì indegni e scellerati. 

Viddero dunque questi, che la Immacolata Signora, finita appena la recita ch’ebbe 

il suo caro Divoto, gli pose con le sue Divine Mani in Capo una vaga corona di bellissimi 

fiori, in caparra di quella di Gloria, che per la sua divozione gli sarebbe a suo 

tempo donata colassù nell’Empireo. Indi la gran Vergine, benedicendo amorosamente 

il suo Servo, disparve. 

8. Qual fosse la consolazione, e la tenerezza del Divoto Viandante, potete voi immaginarla, 

o Signori. A me basti accennarvi qual fosse a tal visione lo stupore di quei 

Malandrini, che or lecito pur mi sia intitolarli felici. Corsero essi tosto, e si umiliarono 

al pio Viandante; e palesatogli tutto il veduto, lo scongiurarono a spiegar loro il significato 

di quella vaga ed impareggiabil corona, che eragli stata sul Capo collocata. Ah cari 

fratelli, rispose il Divoto di Maria, la Vergine Immacolata è troppo amabile, è troppo 

amante. In pegno della Corona di Gloria, che tien riposta in Cielo per chiunque con 

30 Specchio senza macchia. In Maria infatti c’è ogni speranza di ottenere la vita eterna. 

188

sincero affetto, e con fedeltà la venera e la serve in questa vita, si degna essa di coronar 

anche in questo Mondo i suoi Servi. Sì eh? Dissero, tutti compunti i Ladroni: 

S’egli è così, perdonaci, o Servo coronato di Maria Immacolata; vanne pur libero dalle 

nostre mani; e prega la tua grande Avvocata anche per noi peccatori. Partì dunque 

tutto contento il pio Viandante; e per vieppiù grato mostrarsi all’Immacolata sua 

Liberatrice, diè un calcio al Mondo, si fe Religioso; e dopo una vita ferventissima, 

andò a farsi coronare in Cielo dalla sua gran Regina. Gli Assassini poi, illuminati 

anch’essi dalla Madre di pietà, abbandonata la selva, e l’infame barbaro mestiero, 

fecero una buona Confessione; e sotto la tutela della Vergine Immacolata, che incominciarono 

a venerare, si dettero anch’essi ad una vita penitente e divota, per disporsi 

pure a ricever dopo morte la Corona di Gloria. 

9. Ed eccovi, Signori miei, posto in chiaro con ragioni, e con fatti, quanto sia vero, che la 

divozione alla Immacolata Concezione serve per li suoi veri Divoti di fondamento alla 

ferma speranza di ottener dopo morte la Gloria. Superfluo è ora il ripetervi cosa far 

voi dovete. Basti l’averlo accennato. 

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13/d 

Sermone per il giorno della festa 

Il sermone per il giorno della festa è molto elaborato; si compone di un esordio e di 

quattro parti suddivise in paragrafi per un totale di venti. L’Autore si propone di dimostrare, 

attraverso le leggi imperiali e civili, come aveva fatto per il giorno della festa dell’anno 

precedente, che le conseguenze della colpa originale non potevano neppure sfiorare Maria. 

Nella prima parte del sermone, l’Autore offre la prima prova dell’assunto valorizzando il 

senso etimologico del nome Maria che vuol dire mare. Il mare, tra tutte le cose create, è la 

sola realtà libera e aperta a tutti e di cui nessuno può vantare la proprietà. Il mare 

simboleggia la libertà di Maria che mai fu sottomessa alla legge servile della decaduta 

Natura di Adamo. 

La seconda parte del sermone sviluppa la seconda prova dell’assunto e fa riferimento alla 

Sacra Scrittura dove Maria viene vista come Casa d’Oro. In quanto costruita sul suolo, la 

casa ha un proprietario, ma Maria è la Mistica Casa costruita da Dio sulla spiaggia del mare 

e, secondo la legge, chi costruisce sulla spiaggia ne è proprietario. Maria dunque è il 

privilegiato edificio di Dio che accoglie tutti, ma di cui nessuno può vantare il più piccolo 

dominio. 

La terza prova entra minuziosamente nell’allegoria della Casa sul mare, ipotizzando le 

difficoltà della prova e poi risolvendole. E’ vero, Maria fu costruita nel suolo del genere 

umano, ma moralmente fu tutta e solo di Dio. 

La quarta prova è presa da un esempio di vita imperiale. Quando la concittadina ascolana 

Galeria Fundania fu scelta per sposa dall’Imperatore Romano Aulo Vitellio, arrecò un tale 

onore alla città di Ascoli e provincia che ogni anniversario festoso iniziava e terminava con il 

suo nome. Molto più grande è l’onore che il grande Monarca del cielo ha concesso 

all’umanità scegliendosi per Sposa e per Madre una concittadina del mondo ed una creatura 

della specie umana. E, se l’umanità ha ceduto a Dio Maria senza macchia, Dio gliel’ha 

ridonata come Madre Immacolata, potente Avvocata e sicuro Rifugio. Dunque a maggior 

ragione degli antichi ascolani che iniziavano e terminavano ogni cantico con il nome di 

Galeria, quelli di oggi devono iniziare e terminare ogni sacro tripudio e devoto ragionamento 

ad onore di Maria Immacolata. L’espressione finale non è retorica, è piuttosto la 

testimonianza di ciò che il Servo di Dio faceva dagli anni della sua giovinezza. Infatti tutti i 

suoi scritti, la sua predicazione e le sue fatiche erano a lode di Maria 31 . 


31 Da questi testi della maturità emerge chiaramente come la spiritualità del Servo di Dio Francesco 

Antonio Marcucci pur essendo molto ricca e composita, ha una chiara e forte impronta mariana (Cf. 

CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Positio super fama…, cit., vol. 2, pp. 1091-1114).

Giorno della Festa, Giovedì 8 Dicembre [1763] 

Sermone 

L’infetta Natura di Adamo non poteva in conto veruno aver 

dominio in Maria 

1. Se mai incauta Mente vi fosse, che affin di comparir piucchè certa 

l’Immacolata Concezion di Maria, pensasse, aver tal Mistero di positiva 

pruova bisogno, si ingannerebbe a partito. Perciocchè dall’universale 

consenso de’ Popoli essendosi approvata, quasi inconcusso assioma, 

quella Legge antica di Papiniano nei Digesti (a) , Ei incumbit probatio, qui dicit, 

non qui negat 32 , ne viene, che chi tutto pio e zelante niega assolutamente 

l’original colpa nella gran Vergine, non abbisogna di pruova: ne terrebbe 

bisogno bensì chi dubitando di sì singolar Privilegio, affermasse in cuor 

suo essere stata Maria alla colpa soggetta: Ei incumbit probatio, qui dicit, non 

qui negat. Ciò però non ostante la Parte favorevole, tutta piena di zelo 

dell’onor della Vergine, cedendo di buona voglia al suo gius, provò ben 

mille e mille fiate con ragioni concludentissime per più chiara giustificazione 

della sua Causa, quello, che per vincere e trionfare non era per alcuna 

legge punto obbligata. Fondata pertanto su quelle saggie Decisioni 

Legali di Marcello, cioè Monumenta publica, potiora testibus esse (b)33 , non curò 

tanto le testimonianze private, tuttochè e pel numero e pel peso così ragguardevoli, 

ma pubblici Monumenti produsse e di Scritture Divine interpetrate 

da’ Padri, e di Costituzioni Pontificie, e di Conciliari Decreti, e di 

Culto universale e non mai mutato della Cattolica Chiesa verso 

l’Immacolato Mistero: Monumenta publica, potiora testibus esse. Ma fingasi qui, 

che la pia trionfatrice Sentenza fosse stata nelle sue pruove uguagliata dalla 

Parte contraria; fingasi ripeto, una tale uguaglianza di ragioni, tanto però 

uscir dovea tutta vittoriosa la Preservazion di Maria. Riveriti Signori, 

chi fra voi è più versato nel più equo delle umane Leggi, con le umane 

Leggi medesime non isdegni farmi giustizia. Pretese un Minore, come 

notasi negli antichi Digesti (c) , entrare a godere gli onori del Magistrato. Vi 

fu chi gli oppose l’eccezion dell’età. Comparvero in giudizio gli opposti 

testimonj, altri ostando, e favorendo altri. Esclamò l’Imperadore, e decise, 

allo scriver di Celso, esser troppo duro, trattandosi di età, combattuta 

(a) L. Census § De proba[tio]nibus. 

32 La prova spetta a chi afferma, non a chi nega. 

(b) L. Census § De probat. 

33 Gli atti publici sono più validi dei testimoni. 

(c) L. Cum de aetate, § De probationibus. 

191

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da testimonianze differenti, star per quella parte ch’era nociva: Durum est, 

cum de statu aetatis quaereretur, et diversae professiones proferuntur, eam potissimum 

stare quae nocet 34 . Lite era, ne’ passati secoli, di età propriamente; anzi controversia, 

che da Istanti pendeva. Il dubbio era intorno all’età della Purità 

di Maria, per entrare a godere l’onore d’Immacolata. Sebbene quasi tutti i 

testimonj erano favorevoli, pur nonpertanto alcuni ven’eran’avversi. 

Questi asserivano, che l’età della Purità di Maria cominciò dal secondo 

Istante di santificata. Quei costantemente deponevano, che avea cominciato 

dall’Istante unico e primo d’Immacolata. Adunque durum est, decretan le 

Umane Leggi, inclinare al detto avverso. Imperocchè, sempre che vi abbia 

detto favorevole ad una età, perché entri a goder di un onore, sarebbe 

durezza contra l’onor suo non seguire il voto favorevole nella sentenza. 

Che se vittoriosa uscita sarebbe l’original Purità della Vergine, eziandio si 

fossero finte le pruove contrarie dello stesso calibro che le favorevoli: or 

quanto più sarà mai gloriosa, giacchè mai non potè la parte avversa oscurarle 

un menomochè di splendore? Sebbene, Uditori, vedete dove trasportommi 

lo zelo. Mi truovo nell’arena disceso, ed entrato nell’arringa, 

senza che me ne sia punto avveduto. Io che, Grazie all’Altissimo, costantemente 

niego, e negherò sempremai sino alle ceneri, la macchia originale 

in Maria, non sarei certamente per legge veruna tenuto ad addurne le 

pruove. Pur non pertanto, cedendo anch’io al mio gius, ne produrrò alcune, 

e quante bastino per più essaltare il Mistero, e per maggiormente 

impegnar voi, o Signori, ad una più ferma e più divota credenza del gran 

Privilegio. Chiamino pur altri su tal congiuntura in lor soccorso le Leggi 

Divine, e quelle ancor Umane Ecclesiastiche, che ottimamente pur fanno. 

A me basti in quest’oggi valermi di quelle Imperiali e Civili. Con queste 

sole alla mano, come altre volte stilai, spero farvi restar persuasi, che 

non poteva in conto alcuno la Natura infetta di Adamo aver dominio in Maria. Il 

perché, sarà mio il pensiero di dicifrarvelo, qualor vostra sia la benigna 

sofferenza in udirlo. Incominciamo. 

I. 

2. Da che l’altissima Provvidenza Divina si è pur degnata per mezzo delle 

Scritture e dei Padri farci penetrare alquanto, benchè sì da lungi, quelle 

Finezze singolarissime, con le quali il sapientissimo Iddio ha voluto in 

tante guise e in tutti i tempi onorare e contradistinguer fra tutti i Mortali 

la sua gran Vergine Madre; non possiam noi, Signori miei, più dubitare, 

34 È arduo, disputandosi dell’età, mentre vengono avanzate opposte testimonianze, convalidare quella 

sfavorevole.

che rispetto a Lei non sieno Prevenzioni amorose quelle che talora sotto 

apparenza di casualità ci si rassembrano; né che non sien Decreti Celesti 

quei, che alla nostra umana fiacchezza pajono accidenti. Un puro accidente 

sembra il vocabolo del suo augustissimo Nome di MARIA. Che 

mai importava il così Ella chiamarsi? Pure non importava meno, che una 

misteriosa testimonianza della sua original Purità. Maria, se crediamo ad 

un Girolamo, ad un Crisologo, e ad un Bernardo, si interpreta Mare; e cosìppur 

cel compruova la forza e l’etimologia di tal nome. Chiamasi dunque 

Maria col nome di Mare, appunto perché questo vago ed insiem vastissimo 

Specchio di acque cristalline sta rappresentando la purissima di 

Lei preservazione dalla schiavitù del peccato. Qui vi direi, così la sente il 

Crisologo (d) ; se obbligato non mi fossi a farmi largo col solo Diritto Imperiale 

e Civile. 

3. Or secondo questo non vi ha cosa nell’ampio teatro del nostro basso 

Mondo, che non possa patir servitù. Gli uomini eziandio sì nobili e ragionevoli; 

i Regni, le Monarchie intere, esìmere da tal dura soggezione 

non mai si poterono. Le Campagne quantopiù amene, gli Arboscelli 

quanto più fruttiferi, tantopiù riconoscon de’ vassallaggi agli ingordi Agricoltoj. 

Ed ìnsin gli Edificj più sacrosanti a qualche Giuspatronato li 

troviam pur soggetti. Ad una sola cosa tutte le Leggi hanno avuto riguardo, 

una cosa sola in favellando delle servitù han preservata. E questa, lo 

credereste Uditori?, è appunto il Mare. Sarebbe un ingiusto Diritto contra 

il gius naturale, esclama qui Vulpiano, pretendere di imporre al Mare leggi 

di servitù: Mari, quod natura omnibus patet, servitus imponi non potest (e)35 . O sapientissima 

Providenza Divina, che così i tiri guidaste della Providenza 

Umana! Soggiaccia pur il resto del Mondo alle dure Leggi servili, ma non 

già il Mare, Mari servitus imponi non potest; perché il Mare con la sua natural 

libertà sempremai goduta è un bel ritratto della Preservazion di Maria. Fu 

essa un Mare di Nome insieme e di Grazia: non poteva dunque a misera 

schiavitù restar soggetta; né la dura Legge servile dell’infetta Natura di 

Adamo aver mai poteva in Lei dominio alcuno. Mari, torni pure ad intonarci 

Vulpiano, e noi con più di ragione diciam Mariae, servitus imponi non 

potest 36 . 

(d) S. Petr. Chrysolog. serm. 46. 

(e) L. Venditor, § Comunia praediorum. 

35 Non si può asservire il mare, che per natura è aperto a tutti. 

36 Non si può asservire Maria. 

193

194 

II. 

4. Già però ascolto, o Signori, chi una grave difficoltà mi propone, ed è, che 

se la gran Vergine vien dalle Scritture e da’ Padri assomigliata al Mare, 

non meno però vien’ essa raffigurata sotto il simbolo di Casa e di Palaggio 

Reale. Sotto questa nobil figura la vidde tanti secoli prima il Patriarca 

Giacobbe, ed esclamò: Vocabitur Domus Dei (f)37 : In simil sembianza contemplolla 

il Savio ne’ Proverbj, e disse Sapientia aedificavit sibi Domum (g)38 . E 

la Chiesa medesima con la comune de’ Padri ad encomiarla si pone in 

chiamandola Casa, Domus aurea. Che perciò se le Case unitamente col Suolo, 

a tenor de’ Diritti Imperiali, possono a servitù rimanere seggette; potevan 

dunque le servili Leggi di Adamo sopra la Vergine, come mistica Casa, 

esercitar qualche dominio. 

5. Guardi però il Cielo, che abbia io a far buon passaporto a tal raziocinio: 

posciachè lo stesso Imperiale diritto per inconcludente il condanna. Fu 

Maria, nol niego, una maestosa mistica Casa, sul Suolo e Terreno piantata 

dell’Umana Natura. Avvertasi bensì, ch’essendo essa Mare nel tempo 

stesso e Casa, non può questa più accomodatamente idearsi, che fabbricata 

sulla spiaggia appunto del Mare, Domus juxta Mare (h)39 , dalle Mani 

medesime dell’infinita Sapienza Divina, Sapientia aedificavit sibi Domum. 

Quindi ancorchè a tenore di Legge universale sì la Casa che il Suolo possa 

ad altrui servitù soggiacere; in vigore però di Legge particolare vien sempremai 

eccettuata una Casa sulla riva del Mare edificata. Quod in litore Maris, 

odasi che decide da suo pari nel nuovo Digesto il nostro antico Concittadino 

Nerazio Prisco Consulente Romano, quod in litore Maris quis aedificaverit, 

eius erit (i)40 . Chi nella Spiaggia Marittima pianta un Palazzo, ne resta 

solo ed assoluto Padrone. Il perché, uditelo dallo stesso dotto Giurista. 

Non è la spiaggia del Mare, ci dice, un patrimonio universale di tutti, né la 

sua riva dicesi pubblica, quasi pubblico ed universale di tutti ne sia il possesso; 

no, no: ma pubblica si appella, perché eziandio la riva non sia propriamente 

di alcuno, può però di essa ognuno goderne. Chi pertanto a 

proprie spese una Casa vi erigge, siccome eretta in un Suolo, che non è 

(f) Gen.28, 22 

37 Sarà chiamata Casa del Signore. 

(g) Prov. 9, 1. 

38 La Sapienza ha edificato la sua casa. 

(h) Act. 10, 6. 

39 La Casa vicino al mare. 

(i) L. quod in Litore, § de acquir. ver. dominio. 

40 Ciò che qualcuno ha edificato sulla riva del mare, sarà suo.

propriamente alieno, non ha che dividerla con verun’altro, ma tutta assolutamente 

intera se la possiede. Quod in litore Maris quis aedificat, eius erit. 

6. Che s’è così, viva pur il nostro Nerazio, che col suo giuridico voto mi da 

campo per un verso ad invitar tutti i Figli di Adamo a portarsi alla Spiaggia 

deliziosissima del Mar di Maria, giacchè a tutti è patente, per goderne i 

benefici influssi: e dall’altro canto mi rende animoso ad avvisarli, che se 

Maria vien figurata sotto il simbolo di un bel Palazzo su quella spiaggia 

piantato, Ella è quel singolare privilegiato Edificio, fabbricato da Dio, e 

tutto intero a Dio solo appartenente: Quod in litore Maris quis aedificaverit, 

ejus erit. Pertanto, se l’infetta Umana Natura approssimar si voglia tutta 

ossequiosa a tal Divino Palaggio per trovar ricovero alle sue Miserie, si 

accosti pure: ma si guardi ben cauta dal pretendervi un menomochè di 

Dominio, giacchè per ragione legale veruno gius le compete. 

III. 

7. Sebbene sento chi mi ripiglia col dire, che dalla stess’allegoria della Casa e 

del Suolo apparire pur sembra, che se l’infetta Natura di Adamo non 

possa avere dominio in Maria, rappresentata da un Palazzo sulla riva del 

Mare, possa ben averlo però almeno per ragione del Suolo e Terreno, su cui 

l’Edificio è piantato. Imperocchè nella continuata allegoria essendo il Suolo 

figura dell’Umana Natura, e la gran Vergine essendo stata concetta per 

umana generazione, pare che per Legge comune su di Lei, come su di 

una casa formata in suolo alieno, possa l’infetta Natura di Adamo averci 

qualche Dominio. Ah no, Uditori, no: giacchè una Legge particolare vi 

ha, che un tal’obbietto distrugge e condanna. 

8. Non niego già io, che Maria per umana natural propagazione da Adamo, 

come Capo naturale di tutto il Genere Umano, discendesse: mentre 

c’insegna la infallibile Fede, che il solo Divin Verbo Incarnato fu per Divina 

onnipotente virtude, e senza opra alcuna di Uomo, ineffabilmente 

concetto. Confesso, che il Sommo Divinissimo Artefice, eziandio avesse 

potuto formar la sua gran Vergine Madre senza mezzo umano, pur volle 

per umana natural generazione formarla, e così quasi in suolo altrui fabbricarsi 

la mistica sua nobilissima Casa. Ma, Riveriti Signori, che può mai 

provar tutto questo? Forse, ch’essa avesse la discendenza da Adamo, non 

solo come Capo naturale, ma ancor come Capo morale prevaricatore? 

Deh no, no certamente. Fu Maria nel suolo piantata dell’umana natural 

195

196 

generazione, ma nella morale non già: fu si fabbricata nell’altrui suolo, ma 

tutta fu sempre interamente di Dio. 

9. Venga pure il diritto civile a farmi giustizia. Fabbrica un Ricco nel suolo 

alieno un’utile ed insiem sontuoso Palazzo. Eccoti farsi innanzi il Padrone 

del suolo, e pretender per sè a ragione di buona legge comune tutto il 

fabbricato edifizio. Alzasi l’Imperadore, e rimette la gran causa al voto 

dei suoi Giusdicenti più saggi. Si sceglie il gran Celso; e questi nel terzo 

de’suoi Digesti con una giudiziosa distinzione così mirabilmente decide. 

Attenti, Uditori. Se il Padrone del Suolo, dic’egli, avea pur ivi da edificare 

lo stesso utile e sontuoso Palaggio, che il Ricco fabbricovvi, gli paghi tutto 

il costo dell’edificio fatto, e ne resti assoluto Padrone: In alieno Fundo si 

aedificasti, et Dominus Fundi eadem facturus fuisset, allora sentenzia Celso, reddet 

tibi impensam, ut Fundum cum aedificio recipiat (k)41 . Che se poi vuoto di borsa e 

di maniera trovandosi il Padrone del Suolo non avesse mai potuto fabbricare 

un Palazzo sì utile e sì bello, contentisi pure in tal caso di pigliar 

un competente compenso pel Suolo somministrato, e non abbia gius alcuno 

su del nobile fabbricato Edificio. Sin Pauper Dominus Fundi, et paratus 

sit Dominus aedificii dare il compenso predetto, fiat ei potestas 42 . 

10. Bravo Celso! Tutta a proposito la sua dottrina per conchiudere più alle 

strette la preservazion di Maria. In una porzione adunque di Suolo del 

Genere Umano fu fabbricata la Vergine dall’Onnipotenza Suprema. Fassi 

innanzi l’infetta Natura di Adamo, come Padrona del Suolo, e pretende il 

sontuoso Edificio ivi fatto. Ma che? Lo pretende fuor di ragione legale, 

per non esser ella sì ricca e sì possente, che fabbricar vi potesse giammai 

quel maestoso e misterioso Palazzo, che allo stesso Dio costò in facendolo 

tutto lo sforzo di sua Onnipotenza: Fecit potentiam in brachio suo 43 . Zittisca 

dunque in eterno l’umana infetta Natura; e confessando piuttosto la 

sua infinita Miseria da non poter soddisfare il menomo de’ ricchissimi 

Capitali, impiegati in quel Divino Edifizio, arrossisca in avvenire dal più 

milantarne il dominio; e riconosca, se quale e quanta ingiustizia sarebbe 

dichiararsi Padrona di un sì ricco e maestoso Palaggio una, che non ha 

(k) L. In Fundo, § de rei vindicatione. 

41 Se hai costruito su un fondo altrui, e il Padrone del fondo vi avrebbe costruito lo stesso edificio, ti 

rimborsi egli la spesa per tenere il fondo con l’edificio. 

42 Se invece il padrone del fondo è povero e il padrone dell’edificio è disposto a dare un compenso, 

questi resti proprietario. 

43 Espresse il suo potere nel suo braccio.

mai potuto, né potrà mai avere di tanto, quanto bastasse a far per le sole 

fondamenta il fossato. 

11. E questo, Signori miei, egli è quello che io sin dal principio divisar vi voleva, 

cioè che col Diritto Imperiale e Civile alla mano concludentemente 

provavasi, che non poteva in conto alcuno la Natura infetta di Adamo aver dominio 

in Maria; e in conseguenza che nella sua Concezione Ella fu Immacolata 

e tutta pura. 

IV. 

12. Godasi pure pertanto l’Umana Natura il copioso compenso per aver essa 

ceduto al Sommo Divino Artefice il Suolo, affin di formarvi la sua purissima 

Madre. E giacchè col Diritto Imperiale si è provata l’esenzione e 

preservazione di questa, con un Fatto Imperiale mostriamo qual esser 

debba il godimento di quella. 

13. Trovavasi tutta brillante in Roma, sino ai tempi della formidabil Republica, 

la Pretoria illustre Famiglia Ascolana del nostro Concittadino P. Fondanio 

Prisco, per le Iscrizioni lapidarie sì celebre, e moltopiù per la ristorazione 

fatta di questa sua Patria, dopo l’eccidio sofferto da Pompeo Strabone, 

circa dieci lustri prima del Messia venuto. Convertita poi la Romana 

Republica in Monarchia, e presosi il supremo comando dai Cesari 

dominanti, ascese sull’Imperiale Soglio Aulo Vitellio, Antecessore di Vespasiano 

e di Tito. Godette pur presso di Lui tutta la buona grazia la sovraccennata 

nostra Fondania Famiglia; e tra questa la nobil Donzella Galeria 

gli piacque tanto, che fra tutte presceglier la volle ad esser sua sposa. 

Onorata al sommo stimossi l’intera Stirpe Fondania, e con essa la Patria 

tutta, anziche no tutta la Picena Provincia. Quindi per comune concorde 

consiglio Galeria nostra fu a Vitellio prontamente ceduta. Duxit A. Vitellius, 

così Svetonio (in Vit. Caesar. Lib. 9.), Galeriam Fundanam, praetorio Patre 

44 ; o come in una Lapide Romana con più chiarezza si esprime, Galeria 

Fundania ab Asculo oriunda … Auli Vitellii Augusti 45 . 

14. Può ciascun di voi, o Signori, immaginarsi qual mai fosse il compenso di 

Vitellio per la cessione avuta della sua prediletta Galeria. Certamente la 

nobile Stirpe Fondania, che già in Roma era divenuta consolare, innalzata 

ai primi onori si vidde, ed ai primi impieghi. Ascoli nostra poi, da cui 

44 Aulo Vitellio prese in moglie Galeria Fundania, nata da padre di rango pretorio. 

45 Galeria Fundania, originaria di Ascoli, fu sposa dell’Imperatore Aulo Vitellio. 

197

198 

l’Imperadrice traeva l’origine, l’oggetto divenne delle Romane beneficenze. 

E tutta l’Ascolana Gente tripudiando di gioja, gloriavasi a vive voci di 

aver data a Roma una Augusta, ed al Mondo intero una Sovrana. E negli 

anniversarj festosi, che celebravansi in quei tempi qui in Città alle glorie 

immortali di tanti illustri nostri Concittadini, l’Imperadrice Galeria era la 

più rinomata, la memoria di Lei di esordio serviva o di chiusa di ogni 

canzone: Galeria Augusta, Cantici Asculanorum caput aut finis 46 , così il nostro 

Storico. 

15. Cantavano alcuni gli elogj dell’intrepido C. Giudacilio Duce Ascolano nella 

Guerra Sociale sanguinosissima; altri dell’invitto Console P. Ventidio 

Basso, Trionfatore degli indomabili Parti; altri di Gajo Basso suo Figlio, celebre 

ne’ Fasti Consolari di Roma. Ma che? Galeria nostra si premetteva al 

Canto, e con Galeria finivasi: Galeria Augusta, Cantici Asculanorum caput aut 

finis. Facevano altri onorata memoria di Cajo Fondanio Console, glorioso 

Figlio di Publio, altri di Floriano Commensale dello stesso Vitellio Augusto; 

ma ciò invitava maggiormente i Cantori a dar gli Evviva a Galeria Fondania: 

Galeria caput aut finis. Eravi pur chi alte lodi pubblicava di P. Elio, e 

di Sesto Elio Fratelli Ascolani, e di P. Muzio Padre, e di Quinto Muzio Figlio, 

tutti celebri Consoli, ed insiem Consulenti e Compilatori degli antichi Digesti: 

sebbene non senza Galeria incominciar poteva tal lode, non senza 

Galeria finire: Galeria caput aut finis. In somma l’Imperadrice Galeria risuonava 

fra gli elogj che davansi a Massurio Sabino, a Claudio Manilio, a Licinio 

Rufino, a Nerazio Prisco, ed a Sabino Proculo Ascolani, come Consoli, Tribuni, 

e Pretori di Roma, e tutti dottissimi Giurisperiti. Se veniva essaltato il 

nostro L. Tario Rufo, come Console pur Romano, o Q. Curzio Rufo come 

classico Storico, o T. Betuzio Barro come insigne Oratore, da Cicerone istesso 

encomiato, o T. Sochio come famoso Dorchete di Volterra, o L. 

Floro, o per finirla Vellejo Patercolo, come eggregj Compilatori della Romana 

Storia, con Galeria si dava l’incominciamento, oppur chiudevasi il fine. 

Che serve? Galeria Augusta, Cantici Asculanorum caput aut finis. Tanto fu 

grande il compenso di Vitellio per la conquistata Consorte; tanto fu il tripudio 

ed il vantaggio degli Ascolani per la ceduta Galeria. 

16. Sebbene, Uditori, son troppo vili queste umane figure per esprimer 

l’infinito Compenso, che il gran Monarca de’ Cieli ha dato alla nostra 

Umana Natura per avergli liberamente ed assolutamente ceduta per se la 

prediletta sua purissima Sposa ed insiem Genitrice Maria: e troppo basse 

46 Galeria Augusta, esordio o chiusa di ogni canzone degli Ascolani.

ancora son le addotte acclamazioni per significar quei sacri tripudj, che 

aver noi dobbiam in veder Maria, nostra Concittadina del Mondo, e della 

umana specie nostra medesima, così privilegiata e prescelta dal Sommo 

Iddio fra tutte le pure ragionevoli Creature. 

17. E primieramente, giacchè negli eterni Decreti era già prescelta Maria, per 

esser nel tempo gran Madre di un Dio umanato, doveva pur Ella sin dal 

principio de’ tempi restar in mille e mille figure adombrata, come già fu al 

dir comune de’ Padri; voglio dire e nella creazione degli Angeli, e in quella 

della Luce, e di tutti i lucenti Pianeti, e in quella de’ vaghi Fiori e delle 

Piante, e nella produzione e congregazione delle Acque, e nella formazione 

dell’Uomo, e degli altri Viventi, e così di altre cose, che qualche suo 

Privilegio figurare potevano. Or chi potrà mai ridire, se quanto fosse 

l’onore, che il Fattor supremo allora dasse alle Creature, che in loro rappresentare 

potesser Colei, che un dì venerata l’avrebbero come Sovrana? 

Ma questo fu poco. A riguardo ancor di Maria, come caro prescelto Individuo 

dell’Uman Genere, si mosse innumerevoli volte la Clemenza Divina 

a dare il perdono ai Mortali sin da’ secoli primi del mondo creato. Da 

quell’Arca Noetica, figura della gran Vergine, che con entro parecchie 

Persone, poste in salvo, andava qua e là tutta festosa galleggiante 

sull’Onde esterminatrici dell’Orbe intero, può ciascuno ben ravvisarlo; 

come ravvisollo un Bernardino da Siena, e chiaramente lo disse; aggiungendo 

di più, che a sola contemplazion di Maria accelerasse il Divin Verbo 

la sua Venuta qui in Terra, sì lungamente per lo innanzi da’ Patriarchi 

bramata e da’ Profeti. Che più? Se l’Umana Natura ha di buona voglia a 

Dio ceduta Maria per sua Madre, senza punto macchiarla con la colpa di 

origine; Iddio per darle il compenso le ha poi riceduta questa Immacolata 

sua Madre per potente Avvocata e per sicuro Rifugio. 

18. Godiamoci pur, s’è così, cari miei Uditori, questo gran Compenso Divino; 

e celebriamone festoso e giulivo anniversario, che ne abbiam troppo 

giusta ragione. Notate se che bel mezzo nelle sacre Scritture ci vien proposto 

dal Savio: Filii, dic’egli, et aedificatio Civitatis confirmabit nomen. Ma 

che? Et super haec, Mulier Immaculata computabitur (l)47 . Chi vi ha di grazia fra 

noi, che non brami lasciar di sè buon nome quaggiù in Terra, e molto più 

perpetuarlo in Cielo? L’acquistar numerosi Figli e Divoti a Maria, il tributare 

agli ossequj suoi Città e Popolazioni intere, egli è un buon mezzo: Fi- 

(l) Ecclesiastic. 40, 19. 

47 Figli anche la costruzione della città confermerà il nome e sopra tutto ciò sia tributato alla Vergine 

Immacolata. 

199

200 

lii, et aedificatio Civitatis confirmabit nomen. Mezzo migliore però è l’adoprarsi, 

che questi Figli e Divoti a Maria acquistati, sieno tutti amantissimi 

dell’Immacolata sua Concezione; e che codeste Città e Popolazioni a Lei 

tributate, divengano tutte ossequiose e zelanti dello stesso Immacolato 

Mistero: Et super haec, Mulier Immaculata computabitur. 

19. Facciasi dunque pur pomposa festa, che il Genere Umano abbia data a 

Dio la sua Madre; ma più assai si festeggi, che codesta gran Vergine Madre 

sempre sia stata esente ed immune dal dominio della nostra peccatrice 

Umana Natura: et super haec, Mulier Immaculata computetur 48 . Si eccitino 

pure tutti i Mortali ad esultar grandemente con noi nel risaper assisa sovra 

tutti gli Angelici Cori, come loro eccelsa Signora, una della nostra 

specie medesima; ma ricordisi loro, che il più grande nostro tripudio far 

si debbe, perché codesta gran Signora degli Angeli fu sempremai più pura 

ed Immacolata di tutti quegli Spiriti beati: et super haec, Mulier Immaculata 

computetur. Si ravvivi pur la fiducia in tutto il Genere Umano di ottener 

misericordia e perdono, nel veder costituita una sua Figlia per Regina dei 

Cieli, e Sovrana dell’Universo; ma se gli rammenti però che la più tenera 

vivezza di tal dolce speranza ha da risvegliarsi in noi dal confessarla preservata 

da quella brutta macchia, che nel resto dell’Uman Genere fu certamente 

comune: Et super haec, Mulier Immaculata computetur. 

20. In somma, Signori miei, siccome Galeria Augusta serviva ai nostri antichi 

Ascolani di esordio per ogni cantico, oppur di chiusa, Galeria Augusta, 

Cantici Asculanorum caput aut finis: in simil guisa Maria Immacolata, anzi con 

ragione più forte, ha da essere l’incominciamento o la chiusa di ogni nostro 

religioso ossequio; il principio od il fine di ogni nostro sacro tripudio, 

di ogni nostro divoto ragionamento: et super haec, Mulier Immaculata 

computabitur. Diceva. 

48 E tutto ciò sia tributato alla Vergine Immacolata.

14 



201

202 

14 

Triduo per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1764 

I tre sermoni per la festa dell’Immacolata Concezione sono completi e 

ben elaborati. Essi portano argomenti nuovi per descrivere il mistero 

dell’Immacolata Concezione di Maria: il primo si sofferma a spiegare quanto 

grande sia stata la vittoria riportata da Maria sul demonio e sulla stirpe di 

Adamo; il secondo chiama a testimonio del suo Immacolato Concepimento 

Adamo stesso e il terzo l’Arcangelo Gabriele. 

Questi accorgimenti letterari servono all’Autore per commentare i brani 

della Sacra Scrittura che si riferiscono ai personaggi chiamati in causa, spaziando 

dall’Antico al Nuovo Testamento, e valorizzando opportunamente il 

commento dei Santi Padri ai testi sacri citati. Inoltre, la costruzione stilistica 

ben curata rende più piacevole ed interessante l’ascolto, convince di più 

l’intelletto e dà più forza alla volontà. 

Ogni sermone si conclude con una preghiera alla Regina del cielo che è 

anche sintesi del tema trattato.

14/a 

Sermone primo 

Nel sermone del primo giorno del triduo il Servo di Dio propone di mostrare quanto sia 

stato meraviglioso il trionfo che Maria ha riportato nella sua Immacolata Concezione. Con 

questo assunto egli dà ormai per certo che tutti credono che Maria abbia riportato vittoria 

sul male sin dal primo istante del suo concepimento. I nemici che resero splendida la vittoria 

di Maria furono i demoni e gli uomini: la vittoria di Maria sul demonio fu più stupenda di 

quella che Davide riportò sul gigante Golia, infatti gli valse più di diecimila vittorie; la 

vittoria poi di Maria sugli uomini, cioè su coloro che non credono che ella abbia vinto il 

demonio, fin dal suo concepimento, fu ancora più ardua perché non fu condotta con le armi, 

ma con il convincimento. 

Infatti, per trionfare sulla colpa originaria le bastò non averla contratta, ma per trionfare 

sui dubbi degli uomini dovette mostrare tante volte e con segni prodigiosi la verità del suo 

grande privilegio. 

Il mondo infatti, osserva l’Autore, ha occhi di lince per vedere il male degli altri anche 

dove non c’è ed occhi di talpa per vedere il bene che gli sta di fronte. Maria fu come candida 

neve nella sua concezione, eppure comparve all’umana opinione come una lebbra, ossia 

macchiata di colpa. Tra i tanti prodigi che Maria operò per vincere il dubbio umano, apparve 

nel cielo, come la descrive S. Giovanni, vestita del sole della grazia. Il Servo di Dio conclude 

con una fervorosa preghiera alla Imperatrice del cielo per consacrarle di nuovo tutta la sua 

vita e chiederle, ad onore dei suoi trionfi, di renderci tutti vittoriosi contro il male e 

concederci di poterla vedere un giorno, faccia a faccia, tutta bella come lo fu nel primo 

istante del suo concepimento e tutta gloriosa per gli stupendi trionfi riportati. 


Triduo dell’Immacolata del 1764. 

Sermone Primo 

Mercoledì 5 Dicembre 1764. 

Il Trionfo di Maria nella sua Immacolata Concezione fu un Trionfo 

maraviglioso 

1. Quanto più indomabili e forti sono i Nemici, con cui si combatte, tanto 

più stupendo riesce il trionfo, che se ne ottiene. Quindi non fia maravi- 

203

204 

glia, se gli antichi Ebrei non meno, che poi i Greci, ed i Romani stabilirono 

Carri trionfali, Corone, e plausi indicibili a quegl’Imperadori e Capitani, 

che de’ Nemici numerosi ed ostinati ottenevan vittoria. Or che la 

Gran Vergine, la quale nelle Divine Scritture vien chiamata Terribilis ut 

Castrorum acies ordinata 1 , che la Gran Vergine, ripeto, restasse trionfatrice e 

gloriosa nel primo Istante di sua Immacolata Concezione, già indubitabile 

è la Vittoria, per cui festosi plausi se le fanno per tutto il Mondo Cattolico; 

e voi stessi, R[iveriti] U[ditori], che in questa sera concorsi siete al divoto 

apparecchio per solennizare questo suo ricorrente Trionfo, contestate 

gli applausi alle sue riportate Vittorie. Io però, affinché i vostri plausi 

sieno più fervorosi, non già vi replicherò, che la Vergine in quel primo 

suo beato Momento trionfasse (giacché di ciò non vi è chi ne dubiti); ma 

a mio incarico prendo di brievemente esporvi, se quanto fosse maraviglioso 

codesto suo Trionfo. Vi priego di attenzione: e do principio. 

2. Per ben’intender adunque quanto fosse maraviglioso il Trionfo di Maria 

nel primo Istante della sua Immacolata Concezione, ponderar convienci 

qual fosse il Nemico superato e vinto. Due generi di forti e potenti Nemici 

ebbe a sè contro la Innocenza originale della Vergine, cioè i demonj 

e gli uomini, voglio dire la colpa originaria introdotta e spalleggiata da’ 

primi, e la opinione inventata e difesa da’ secondi; e di amendue questi sì 

valorosi Avversarj riportò glorioso trionfo. 

3. Avea Lucifero col peccato originale posto in duri ceppi un Mondo intero. 

Non eravi stato per lo addietro Patriarca, o Profeta che da sì pesanti Catene 

non fosse avvinto. Quindi insuperbito piucché mai Satanasso, assiso 

su di un carro, strascinavasi dietro, come in trofei di sue riportate vittorie, 

incatenati tutti i Mortali. Or questa colpa vincitrice di tutti, questo Nemico 

da niuno mai vinto, furono abbattuti e conquisi dalla Gran Vergine. O 

valore insuperabile di Maria, che trionfasti di un invincibile! Tentò, è vero, 

la velenosa Serpe accostare il suo fiero dente al Calcagno di quel primo 

Istante della Vergine, ma in vendetta di un inutile e temerario tentativo 

ne ricevette lo stritolamento del capo: Ipsa conteret caput tuum 2 . Trionfo 

fu questo, o Signori, tanto più stupendo, quanto più senz’altro esempio. 

Ed un trionfo senza esempio merita plauso maggiore. 

4. Osservate. Ecco il Giovinetto Davidde trionfa del gran Gigante Golia; e 

gli vien valutato il Gigante ucciso per dieci mila: David decem millia 3 . Vinse 

1 Potente come un grande esercito. 


3 Le diecimila di Davide.

poi egli tanti altri Giganti, e tanti altri valorosi Guerrieri, e non ottenne 

mai egual plauso a quello per Golia superato. Eccone il perché. La Vittoria 

riportata da Golia fu una Vittoria senza esempio, fu una Vittoria di 

uno, che reputatasi insuperabile; e perciò gli fu ascritta a dieci mila vittorie: 

David decem millia. Or tanto più plausibile e maraviglioso riesce il Trionfo 

di Maria, quanto più forte e più insuperabile è di cento mila Golia 

un Lucifero, e quanto più è singolare e senza esempio l’averne gloriosa 

Vittoria. 

5. Ma tale stupenda vittoria non fu già sola. Se il peccato originale ed il demonio 

tentò di battagliare Maria con tutta la sua forza; il Mondo e la opinione 

fece il tentativo di mantenerle contrasto con la ragione. La colpa 

squadronava per suoi Soldati un mondo intero di infetti: e la opinione ostentava 

per sue truppe un esercito di plausibili paralogismi ed apparenti 

argomenti. Di ambe queste Falangi ha trionfato Maria. 

6. Potrebbe sol qui farsi un problema, cioè se fosse più stupendo e glorioso 

il Trionfo ch’Ella riportò dal demonio e peccato originale abbattuto, oppure 

il meritatosi per la Terra e sua opinione conquisa? Quanto a me crederei 

fosse più maraviglioso il trionfar dalla Opinione, che dalla colpa; attesochè 

è sempre più difficile il vincere disputando, che non è il vincere 

combattendo. Notate di grazia, Signori, s’egli è così. 

7. L‘Arcangelo San Michele due volte troviam noi esser venuto a battaglia 

con Lucifero; una volta nel Cielo, l’altra sulla cima del Sinai. Nel Cielo dice 

il sacro Testo, che fu combattimento: Proelium magnum 4 (Apoc. 12, 7); 

nel Monte poi, dice che fu disputa: Disputans altercaretur 5 (Iud. 9). Mi sapreste 

or voi a ridire, se qual di questi Trionfi più costasse all’Arcangelo? 

Non vi ha dubbio il secondo, in cui egli prevalse disputando. Di fatto la 

Scrittura favellando della prima vittoria, tutta la rifonde sul valor di Michele: 

laddove parlando della seconda, cioè della disputa, ce lo mostra bisognoso 

del Braccio Divino: Imperet tibi Deus 6 (Iud. v. 10). 

8. Gloria dunque maggiore, e più stupendo Trionfo ben fu di Maria vincere 

con la sua Immacolata Concezione la opinione e dubbiezza di tanti Uomini, 

che superare gli sforzi di Satanasso. Perciocché questo lo superò 

combattendo: quella disputando la vinse. Per trionfar dell’originaria mac- 

4 Un grande combattimento. 

5 Si altercherà nelle dispute. 

6 Il Signore ti punirà. 

205

206 

chia le bastò il non averla realmente contratta: per trionfar poi delle umane 

opinioni del mondo non le bastò di essere stata Immacolata, ma le 

convenne mostrar tante volte la verità di sì gran Privilegio con varj, segni 

portentosi del Cielo. 

9. Il Mondo, chi vi ha che nol sappia, che è tutt’occhi di Lince per rintracciare 

in altri le colpe, e tutt’occhi di talpa per iscoprir in altri le Grazie. Il Bene, 

che gli è presente e lo ha innanzi, nol vede; tanto esso è curto di vista: 

il Male poi tuttoché non vi sia, per lontano che si trovi, milanta sovente 

d’iscoprirlo; tanto per questa parte ha acuti gli sguardi. Fu Maria nel suo 

primo Istante in cui fu concetta, fu, dissi, più pura della Neve: eppure alcuni 

nel Mondo la giudicaron macchiata. Tanto resta abbagliata l’umana 

opinione. Eccovene in quel solo che può appropriarsi una viva figura nel 

Sacro Testo. Apparuit Maria candens lepra, quasi nix 7 (Num. 12, 10). Lebbra 

qual neve apparve in Maria Sorella di Mosè. Ma come lebbra, se neve? 

Come neve, se lebbra? Ecco la risposta. Apparuit. Fu lebbra in apparenza. 

E tuttoché in sostanza nella Sorella di Mosè fosse vera lebbra, tuttavia, 

perché si chiamava Maria, e figurar doveva in molte cose una altra Maria, 

cioè la Gran Vergine, volle il Sacro Testo chiamarla una specie di Lebbra 

apparente: Apparuit Maria candens lepra, quasi nix. La lebbra è una figura 

dell’originaria colpa, che macchiò tutto il Mondo. La Neve poi è il più 

chiaro simbolo di una purità senza macchia. Era stata la Vergine una 

bianchissima Neve nella sua Concezione: eppure quel ch’era Neve e candor 

della Grazia comparve una volta alle umane opinioni una lebbra o sia 

macchia di colpa: Apparuit. 

10. Che farà dunque Maria, che sempremai era stata esente da lebbra sì contagiosa? 

Come si giustificherà appresso di tante Umane Menti, che sotto 

apparenza di lebbrosa la rimiravano? Eccolo. Ad un’apparenza fallace, 

qual fu quella del Mondo opporrà un’Apparenza veridiera ed irrefragabile 

veduta nel Cielo. Apparisce Essa a Giovanni nell’Isola di Patmo, e si fa 

vedere qual fu nel primiero Momento di sua vita: Signum magnum apparuit 

in Coelo: Mulier amicta Sole 8 (Apoc. 12, 1). Apparve nel Cielo Maria vestita 

di luminoso Sole di Grazia: Apparuit amicta Sole, perché il Cielo vede gli 

oggetti, come sono in se stessi, senza inganno degli occhi. Il Mondo sì 

che spesso si abbaglia con gli splendori e con la chiarezza, perché si serve 

dell’umano raziocinio sì soggetto ad inganni; e perciò quel ch’è purità e 

7 Maria apparve bianca per la lebbra, quasi come neve. 

8 Un grande segno apparve in cielo: una Donna vestita di sole.

candidezza di Neve vien veduto come macchia contagiosa di lebbra: Apparuit 

Lepra 9 . Quindi la Vergine a forza di lumi celesti, e di celesti prodigj, 

che la palesavano tutta bella ed Immacolata nel suo Concepimento, tolse 

al Mondo le fallaci apparenze, dissipò gli umanj dubbj si fe tributarie ed 

ossequiose le umane opinioni. Ed ecco un Mondo intero illuminato, giubila 

di essere stato vinto dall’Eccelsa Signora; e ritrattandosi dalle antiche 

sue fallaci opinioni, le tributa umile gli ossequj, la confessa zelante purissima 

e Immacolata, e ne festeggia fervoroso e divoto il singolar Privilegio. 

11. Facciam dunque, U[ditori], festosi plausi al gran Trionfo di Maria 

nell’illibata sua Concezione, che se stupendo fu oltremodo nell’abbater la 

colpa originale ed il demonio; assai più maraviglioso fu nel dissipare gli 

umani dubj e pareri, e nel soggettare a sè tributario un Mondo intero. 

12. Ed oh quanto ne giubbilo, o grande Imperatrice del Cielo de’ vostri sì 

gloriosi Trionfi! Vorrei se potessi porre tutto il mio Cuore, e la mia medesima 

Vita sotto le ruote del Carro vostro trionfale, qualor con questo 

accrescere un tantino potessi le vostre glorie. Bramerei col mio Sangue 

tinger gli Altari che v’incoronano vittoriosa, quando con ciò altri Tributarj 

divoti acquistar vi potessi. Ad onor pertanto di sì vostri portentosi 

Trionfi si degni la vostra dolce e benigna clemenza di farci trionfar di tutte 

le colpe attuali, con ottenercene il pieno perdono; di farci restare sempre 

vittoriosi di tutti gli sforzi degl’infernali Nemici; e di darci modo, che 

un dì possiamo congratularci con voi in Cielo; in Cielo, dico, dove a faccia 

svelata vi vedrem tutta bella, come foste nel primo Istante del vostro 

Concepimento; e tutta gloriosa per li stupendi vostri riportati Trionfi. Diceva. 

9 Apparve come lebbra. 

207

208 

14/b 

Sermone secondo 

Nel sermone del secondo giorno del triduo il Servo di Dio, con grande 

genialità, chiama a testimonio dell’Immacolata Concezione di Maria Adamo a 

cui chiede per prima cosa perché gli evangelisti Matteo e Luca, quando narrano 

la genealogia di Gesù, non nominino Maria. Ciò per dimostrare che, sebbene 

Maria fosse figlia naturale di Adamo, non ebbe mai parte con lui alla 

colpa. Infatti, se Dio aveva creato Adamo nell’innocenza, a maggior ragione 

doveva aver creato Maria nell’innocenza, Lei destinata a diventare Madre del 

Redentore. Questo argomento è così convincente che Sant’Andrea Apostolo, 

San Domenico ed altri santi lo usarono per dimostrare l’Immacolata Concezione 

di Maria agli eretici. 

Adamo ha altre due prove da offrire. Quando Eva fu formata dalla sua 

costola, poiché egli godeva ancora della primitiva innocenza, fu chiamata 

madre di tutti i viventi, prefigurando la venuta di Maria. Nella generazione di 

Eva e dunque di Maria, Adamo non prestò il suo assenso perché addormentato, 

dunque non potè trasmettere a Maria le conseguenze della colpa originaria. 

Dio, infatti, intervenne per sottrarla a tale legge perché l’aveva destinata ad 

essere sua futura Madre e Regina universale. 

Il Servo di Dio conclude con una preghiera alla Vergine Santa per congratularsi 

con Lei di questo privilegio, offrirle il cuore, la lingua e la vita di 

tutti i presenti per ossequiarla Immacolata e chiedere alla sua bontà la grazia 

sufficiente per superare il male e poterla poi contemplare in cielo come “unica 

figlia di Adamo senza la colpa di Adamo”. 


Sermone Secondo 

Giovedì 6 Dicembre 1764. 

Che la Vergine non fosse Figlia di Adamo quanto alla colpa originale, 

ce ne rende testimonianza Adamo istesso 

1. Il chiamare in testimonio della Innocenza chi la propria perdette, e di 

quella altrui fu gran traditore, io non so, U[ditori] R[iveriti], se vi sia Leg-

ge veruna che lo permetta. So molto bene però, che se a contestare una 

Innocenza altrui, ch’egli mai non offese, chiamato venisse in Giudizio, 

ogni buona Legge ammetterebbe la sua testimonianza; giacché meglio di 

Lui non vi sarebbe chi attestar lo potesse. Adamo, quel nostro primo infelice 

Padre, qualor mai far si potesse innanzi per contestarci l’Innocenza 

sua, o de’ suoi Posteri da lui sì bruttamente traditi, non sarebbe certamente 

egli valido Testimonio; per essere stato egli il primo a tradir per sè 

e per tutti l’originale Innocenza, ed a tramandare a’ suoi Posteri 

l’originaria Colpa. Venga pure Adamo, e ci dica, se vi fu Persona nel 

Mondo, che naturalmente discendendo da Lui, non ebbe moralmente 

che fare col suo peccato; ed allora ammetteremo per irrefragabile il suo 

attestato di sì pellegrina e privilegiata Innocenza. Ma chi sarà mai questa 

tra tutti i Figli di Adamo? Viva Maria SS.ma, miei cari Uditori: essa è 

quell’unica, che coll’esser vera Figlia di Adamo quanto all’umana natura 

accoppiò per singolar Privilegio il non esser Figlia di Adamo quanto alla 

colpa, dalla quale fu nella sua Concezione affatto esente. Or di sì misterioso 

Privilegio di Maria ce ne rende una testimonianza irrefragabile Adamo istesso. Certamente 

niun più di Lui potea risaperlo. Udiamolo attentamente; e lo vedremo. 

2. Venero, e con la bocca a terra encomio la misteriosa condotta de’ Sacri 

Evangelisti; i quali dove nominar dovevano Maria, non fecero di Adamo 

alcuna memoria. Quindi comincia San Matteo la serie dei Progenitori del 

Redentore dal Patriarca Abramo, e la termina in San Giuseppe, senza farsi 

uscir dalla penna il nome di Adamo; mercecchè nominar doveva Maria: 

virum Mariae 10 (Math. 1, 16). San Luca bensì, che nella Genealogia di Gesù 

Cristo nominar non doveva Maria, incominciolla da Giuseppe, e la finì in 

Adamo col nominarlo: qui fuit Adam 11 (Luc. 3, 38). Or entri qui Adamo 

istesso, e ci sveli l’arcano, se perché mai così cauti si portaron gli Evangelisti, 

non mai nominando Maria, dov’egli esser dovea nominato? E ci dirà 

apertamente, esser ciò avvenuto, per dimostrarci, che Maria tuttoché Figlia 

naturale di Adamo, non fu mai però Figlia Morale; non ebbe mai 

parte con la di lui colpa: e perciò non mai nominata nel Vangelo in quel 

passo, dove Adamo nominar si doveva. 

3. Sebbene un argomento più stretto a far si pone il nostro Progenitore, tutto 

impegnato a dimostrar Maria esente dalla sua colpa. Qual condizione 

10 Sposo di Maria. 

11 Che fu Adamo. 

209

210 

voi stimate migliore, ci dice Adamo; la mia, anche nel poco tempo che 

vissi innocente, oppur quella di Gesù Cristo Redentor nostro? Certamente 

quella di Gesù Cristo. Or se io, prosiegue, formato fui da Dio di una 

Terra senza macchie, di una Terra non mai a maledizioni soggetta; come 

possibil fia, che Gesù Cristo formato fosse di una Madre macchiata di 

colpa, di una Madre maledetta per la colpa? Fu dunque necessario e indispensabile, 

che Maria, Madre del Redentore, non avesse parte veruna con 

la mia colpa, conchiude Adamo; anzi fosse tutta Immacolata e benedetta 

nell’esser concetta. 

4. Egli è così stringente, o Signori, questo argomento, e così irrefragabile tal 

testimonio; che di questo appunto si valse l’Apostolo Sant’Andrea per 

convincere in Achaja il Proconsole Egea intorno alla Purità illibata sì del 

Redentore, che della sua Madre; come può vedersi nel Bellarmino, e nel 

Natale Alessandro. Di questo si prevalse ancora il Patriarca San Domenico 

per provare contro degli Albigensi l’Immacolata Innocenza originale di 

Maria; come può leggersi in Vincenzo di Bellovaco, ed in Sant’Antonino. 

5. Ma tuttoché questo sia un argomento così stringente, pur non n’è pago 

Adamo: tanto egli sta sull’impegno di far vedere la gran Vergine come 

esente dalla macchia di origine. Udiamone un nuovo suo raziocinio. 

Quando Eva fu per opera dell’Onnipotente Fattor delle cose formata 

dalla mia costa, io mi trovava su primi momenti della mia originale Innocenza. 

Chiamossi la mia Compagna col nome di Madre di tutti i Viventi, 

non perché essa così poi fosse quanto allo spirito, essendo stata piuttosto 

Madre di tutti i Mortali; ma perché nella sua formazione avuta con la vita 

di Grazia fu una molto espressiva figura della formazione e Concezion di 

Maria con la Grazia originale. Non contrasse Eva da me colpa veruna 

qualor fu formata con le mie coste, sì perché era io allora innocente, e sì 

perché la sua formazione fu allo intutto miracolosa e nuova. Così non 

contrasse Maria da me l’originaria Macchia, sì perché per Lei io non peccai, 

qualor peccai per tutti; e sì anche, perché la sua formazione e Concezione, 

sebbene non fu miracolosa quanto alla propagazion naturale, fu 

bensì prodigiosa, misteriosa, e privilegiata quanto alla propagazione morale. 

Porto io ad Eva, nol niego (prosiegue Adamo) tutto l’amore; ma più 

amo Maria. Da quella ebber la causa le mie disgrazie e la morte: da questa 

ebber l’origine le mie fortune e la vita. Non sia mai, che io ostenti la creazione 

di Eva più felice di quella di Maria; poiché sempremai confesserò 

più Immacolata, più Santa, e più prodigiosa la formazion di Maria, che 

quella di Eva.

6. Viva il nostro Progenitore, che con raziocinj sì convincenti il gran Privilegio 

dimostra della comune Regina! Ma via, che qui non si ferma il suo dire, 

tanto egli è grande il suo zelo. Altra attenzione richiede. Giacché Eva 

nella sua formazione e nella sua originale Innocenza simboleggiò Maria, 

attenti, ripiglia Adamo, a quel che in me fece Iddio quando dalla mia costa 

mi formò la predetta Compagna. Immisit soporem 12 , mi mandò un forte 

sonno, una grande alienazione da’ sensi: Immisit soporem. Ciò non fu 

senz’arcano. Per dar consenso alla colpa ci vuol la veglia. Chi profondamente 

è sopito nel sonno, chi è totalmente alieno dai sensi, non è capace 

di assenso. Quest’attenzione impiegar volle il Cielo nel formar la mia Eva, 

perché era un vivo ritratto di Maria. Or che mistero fu questo? Ve lo 

dirò. Fu per denotare ai Posteri tutti, conchiude Adamo, che io nella 

Concezion di Maria non prestai il mio assenso. E se ne’ concepimenti di 

tutti i Mortali io stetti ben desto per trasfondere in tutti con la mia volontà 

il peccato; avendo perciò detto il vero l’Apostolo Paolo, che omnes in 

Adam peccaverunt 13 : soltanto nel formarsi e concepirsi Maria io mi trovava 

addormito; Immisit soporem, perché nella formale Concezione di Lei punto 

io non concorsi. 

7. E poi, e poi, per venir più alle strette (così riassume il Progenitore la forte 

arringa), chi più di me risaper potrebbe, se Maria avesse la mia colpa contratta 

nel suo Concepimento? Non è forse vero, che Iddio in me, come 

in Capo morale di tutto il Genere Umano, collegò le volontà tutte de’ 

Posteri miei naturali; talché essi tutti si sarebbon rimessi al mio fatto; e 

tutti i loro Voleri dipenderebbon dal mio? Ciò è indubitato. Or bene, io 

giuro e protesto al cospetto dell’universo, prosiegue Adamo, che tralle 

volontà di tutti i miei Naturali Discendenti in me collegate, non viddi mai 

la volontà di Maria. Giuro bensì e protesto, che nell’atto della promulgazione 

del Divino Decreto della universale collegazione, udii il Supremo 

Monarca de’ Cieli, che fece una sola Riserva, e rivolto a Maria, le disse, 

Non temere, perché questa Legge universale non è fatta per te; essendone 

tu, sola, come mia futura Madre, e come universale Regina, con singolar 

privilegio eccettuata: Non enim pro te haec Lex costituta est 14 . Di tanto io 

attesto, così al suo perorare fa fine Adamo, di tanto io rendo all’Universo 

tutto irrefragabile testimonianza a Gloria ed onor di Maria, che entrata 

nel Mondo tutta bella e Immacolata, non ebbe mai parte veruna nella mia 

12 Infuse sonno. 

13 Tutti peccarono in Adamo. 

14 Non per te infatti è stata stabilita questa legge. 

211

colpa; e perciò in riguardo a questa io giuro e protesto di non poterla riconoscer 

per Figlia. 

8. Tanto egli è vero, Uditori, che se noi ben ripensiamo a ciò che avvenne al 

nostro primo Padre, possiamo dir francamente con istile anche storico, 

ch’egli stesso Adamo si fa testimonio di un Privilegio si misterioso di 

Nostra Signora. Resta dunque, che noi sempreppiù persuasi della real verità 

del Mistero, ne possiamo con la gran Vergine le più affettuose congratulazioni; 

ne riprotestiamo a Lei gli ossequj più sinceri e divoti; ed in 

contrasegno di ciò ne procuriamo con tutto lo sforzo l’accrescimento del 

culto. Ecco il carattere di chi non è finto divoto dell’illibato Mistero. 

9. Ci congratuliam dunque con Voi, Vergine Sacrosanta, di sì rara prerogativa 

che Iddio vi diede di esser Figlia e non Figlia di Adamo. Figlia 

quanto alla natural Discendenza; non Figlia per la preservazione 

dall’originaria colpa. Certamente tutti i nostri poveri cuori, tutti i nostri 

più teneri ossequj, tutte le nostre più fervorose premure, tutti tutti alla 

Vostra Immacolata Concezione li tributiamo. Mille lingue io vorrei per 

lodarvi e difendervi Immacolata; mille cuori per amarvi ed ossequiarvi 

come tale; e mille vite ancora per tributarvi. Gradite intanto, vi priego, 

questi nostri sinceri tributi: ed in pegno del gradimento, dateci a riverenza 

di questo vostro singolar Privilegio, tanto di grazia, quanto basti a superar 

felicemente tutti quei gravi mali, in cui come miseri Figli peccatori di Adamo 

ci troviamo da ogni parte involti in questa valle di Guai. Così vostra 

mercé fatti salvi, contemplandovi in Cielo come unica Figlia di Adamo 

senza la colpa di Adamo, colmi di giubilo vi benediremo in eterno. 

Amen. 

212

14/c 


Nel terzo sermoncino il Servo di Dio chiede aiuto all’Arcangelo Gabriele perché insegni 

come degnamente complimentarsi con Maria SS.ma per il privilegio del suo immacolato 

concepimento. Passa quindi a commentare il saluto angelico che rivolse a Maria, riportato da 

San Luca: “Ave”. 

Secondo l’interpretazione data da San Girolamo e Sant’Agostino, questa non era solo una 

interiezione di saluto, ma il contrario della parola Eva, per significare che, mentre Eva fu 

l’autrice del peccato, Maria fu l’autrice della grazia e del merito. 

Secondo San Bonaventura, Sant’Alberto Magno e San Bernardino da Siena, “Ave” voleva 

anche dire senza peccato. L’espressione “piena di grazia” poi, dicono tutti i Padri della Chiesa, 

contiene anche il privilegio dell’immacolato concepimento. 

“Trovasti grazia presso Dio” vuol dire che la grazia di cui fu oggetto Maria fu quella 

preventiva, perché, rispetto a quella che giustifica e che santifica, è la più vicina a Dio perché 

esclude ogni macchia. San Giovanni, parlando del Verbo, disse che era “Dio da Dio”; 

l’Arcangelo Gabriele parlando di Maria dice che ha trovato grazia presso Dio. Questo per 

dimostrare che la strettissima vicinanza, per natura, di Gesù al Padre si realizza, per grazia, in 

Maria in vista della sua maternità divina. 

Secondo l’Autore, nel saluto angelico a Maria c’è il fondamento biblico del privilegio 

dell’Immacolata Concezione, contrariamente a quanto aveva pensato nel passato Giovanni di 

Monte Nero e ai suoi tempi Antonio Lampridi (Antonio Muratori). 

Il Servo di Dio Marcucci conclude il sermone con una preghiera alla Vergine Immacolata 

dove, interpretando anche i sentimenti degli ascoltatori, confessa alla Regina del Cielo che 

attraverso la preghiera dell’Ave Maria si compie l’atto di fede di crederla preservata dal 

peccato originale e sempre vicina a Dio in modo incomparabile; la prega inoltre di accogliere e 

di ottenere ai suoi devoti, in vita e in morte, l’intercessione di un arcangelo a lei caro. 


Terzo Giorno. Venerdì 7 Dicembre, Vigilia, 1764. 

Per degnamente complimentare Maria SS.ma sulla sua Immacolata Concezione 

l’Arcangelo San Gabriele se ne fa nostro Maestro 

1. La più degna Lode, la più grata Orazione, che alla Regina del Cielo tributare si 

possa, egli è quella senz’altro, o Signori, che nell’Annunzio misterioso le tributò il 

gloriosissimo Arcangelo. Ben ammaestrato Gabriele nei Gabinetti Divini seppe 

213

certamente quali elogi più degni, quali preghiere più proprie le competevano. Non 

mi stupisco, Uditori, se dunque il Reale Profeta profetizando Maria sotto l’allegoria 

di Tempio Divino, bramasse non solo di adorarla in ispirito: adorabo ad Templum 

Sanctum tuum, ma di adorarla in compagnia degli Angeli: in conspectu Angelorum 15 . Volea 

ben’egli sentir gli Angelici elogj, e con essoloro unir le sue Laudi, affin di tributarle 

più giuste. O Gabriele SS.mo, eccoci già alla Solennità ricorrente 

dell’Immacolata Concezione della nostra comune Signora. Vorremmo complimentarla 

su tal suo Privilegio; ma i complimenti bassi del Mondo non son proporzionati alla 

grandezza del Personaggio e del suo illibato Mistero. Vorremmo adorarla, supplicarla, 

e tributarle co’ nostri Cuori i più teneri ossequj; ma le nostre preghiere, ed i 

nostri tributi son troppo imperfetti. Deh voi, glorioso Arcangelo, che di questo 

stesso Mistero ne prediceste il prodigioso evento a’ SS.mi Genitori della gran Regina, 

riditeci con quai termini ufiziosi, espressivi, competenti, divoti adempier possiamo 

con Lei i nostri doveri! Orsù, Uditori, l’Arcangelo ci ha essauditi; e per degnamente 

complimentare Maria sulla sua Immacolata Concezione ci si fa egli stesso Maestro. Ci rimanda 

perciò alle misteriose parole del suo Divino Annunzio, registrate in San 

Luca. Portiamci pertanto tutti ossequiosi ad apprenderle e ben ponderarle, affin 

poi di servirci di esse per encomiar l’Immacolata nostra Signora. Diamo principio. 

2. Spedito dall’Empireo il Messaggiero Celeste e presentatosi sotto forma di modestissimo 

Giovine, alla Gran Vergine, così tutto umile e genuflesso la complimenta: 

Ave Gratia plena 16 (Luc. 1, 28). Tre Parole di grazioso saluto, tre Misteri di profondissimo 

Arcano. 

3. E primieramente quell’Ave non è già solamente una Interjezione di saluto, che noi 

voltiamo in Dio ti salvi. Deh no, grida Girolamo, ed Agostino. Fu per la Vergine 

una inversione di Eva; come se l’Arcangelo detto le avesse: La prima Donna, che 

peccò, anzi fu del peccato Autrice, chiamossi Eva. A voi al contrario si dice Ave ad 

Eva opposta; perché voi siete l’unica Donna senza peccato, voi l’Autrice della Grazia 

e del Merito: Voi sola perciò siete degna col giocondo Ave di cambiar il funesto 

Nome di Eva. Quindi, U[ditori] tutta festosa la Chiesa va benespesso ripetendo a 

Maria: Sumens illud Ave… mutans Evae nomen 17 . 

4. Ma piano, si fan qui sentire il Serafico San Bonaventura, il B[eato] Alberto Magno, 

e San Bernardino da Siena; piano, ci dicono, che ancor non si è palesato tutto 

l’arcano dell’Ave, che intese l’Arcangelo. Bisogna separar le sillabe dell’Ave, e capir- 

15 Ti adorerò al tuo Santo Tempio, al cospetto degli Angeli. 

16 Ave piena di Grazia. 

17 Assumendo quell’Ave e cambiando il nome di Eva. 

214

le come A e ve, cioè a dire Absque vae 18 , che importa lo stesso che senza peccato, senza 

guai di macchia. Onde sotto questo Ave volle Gabriele denotare, che la Vergine fu 

senza ombra di colpa sì originale, che attuale: Per hoc quod Marie dictum est Ave idest 

absque vae 19 , così Alberto Magno, notatur eius immunitas ab omni peccato 20 (B. Alb. M. 

to. 20 Lib. 1 cap. 1. nu. 2). Come appunto se l’Angelo si fosse spiegato: Io vi saluto, 

o Signora, e protesto a voi sola fra tutti i Figli di Adamo quest’Ave, che da parte 

del Cielo vi manifesto; perché voi sola siete quella, che foste affatto preservata da 

ogni macchia sì originale che attuale; voi sola senza imperfezione e difetto. Ave 

dunque Ave. 

5. Sieguono a questo misterioso Ave le due non meno misteriose parole Gratia plena. 

Certamente la Chiesa, e i Padri tutti, senza eccettuarne pur uno, han letto in sì 

brievi accenti un’ampia Rivelazione espressa, che comprende tutte le Grazie, di cui 

Iddio riempì Maria per disporla a concepir degnamente il Verbo Incarnato. Or ogni 

ragion vuole, che in tal pienezza di Grazia vi si legga necessariamente anche la 

Grazia preservativa dalla colpa di origine, come con saviezza riflette il Dottore Serafico: 

in altro caso, la pienezza dall’Arcangelo proferita non ben sussiste (Ser. 2 De 

Virg.). Che se necessaria disposizione alla Maternità divina stimò con ragione San 

Tommaso la Grazia preservativa da ogni attuale colpa in Maria; quanto più necessaria 

dunque fu la Grazia preservativa dall’originale (che fa Nemica di Dio un’Anima), affin 

la Vergine fosse degna Madre e si verificasse in Lei la pienezza di Grazia? Non vi ha 

dubbio pertanto, che in encomiandola l’Angelo col Gratia plena, annunciar le volle, 

ch’essa era stata prevenuta dalla Grazia con la preservazione dalla macchia di origine: 

Plena Gratia, conchiude S. Bonaventura, Gratia scilicet preveniente, et praeservativa 

contra foeditatem originalis culpae 21 . 

Viva dunque il Santo Arcangelo, che sibben ci ammaestra su di quel che abbiam a 

credere e dire intorno al ricorrente Mistero! 

6. Ma seguitiamo a sentire i suoi amplissimi elogj. Al Gratia plena le soggiunge “Dominus 

tecum, Signora, Iddio è con voi. Egli è con voi, ripiglio, sin dal primo Istante 

dell’illibato esser vostro, conforme a vostro nome sta scritto altrove: Dominus possedit 

me in initio 22 (Prov. 8). E siccome l’Altissimo coll’esser con noi Angeli buoni ci 

preservò dall’aderire agli Angeli mali; così coll’esser’egli sempre stato con voi sin da 

primi momenti del vostro Concepimento, vi preservò dal cadere co’ rimanenti Fi- 

18 Lontano dal male. 

19 A Maria è stato detto “Ave” perché lontano, dal male. 

20 Si nota la sua preservazione da ogni peccato. Piena di grazia, di una grazia appunto che previene e 

preserva da ogni colpa del peccato originale. 

21 Piena di grazia, di una grazia appunto che previene e preserva da ogni colpa del peccato originale. 

22 Il Signore mi ha posseduta fin dal principio. 

215

gli di Adamo. Ma che audace paragone è il mio (prosiegue Gabriele)? Assai più 

nobilmente fu ed è con voi Iddio, di quel che fu con noi. Con voi fu, come Figlio, 

come orora dirovvi: con noi fu come Monarca: fu ed è con voi con Amore infinitamente 

più grande di quel che fu e sia con noi. Io dunque mi congratulo con voi, 

e vi ripeto tutto ammirato Dominus tecum”. Uditori, se la fondata parafrasi vi dà sul 

genio, ascrivetela in parte a San Pier Damiani, giacché da Lui l’ho appresa. 

7. Torniam però agli elogj dell’Arcangelo. Tutto intento questi a dar più vivo risalto a 

quella pienezza di Grazia, ch’era la base fondamentale di tutte le singolari Prerogative 

della Vergine, si fa a ripeterle Invenisti Gratiam apud Deum 23 (Luc. 1, 31), Voi sola 

ritrovaste la Grazia appresso Dio. Facciam qui alto, Uditori. Cosa è mai 

quell’Invenisti? Non si ritruova se non il perduto. Perciocché il non perduto non si 

dice trovato, ma acquistato. La Grazia, ch’erasi perduta nel Mondo da Adamo e da’ 

Posteri suoi, fu la originale. Adunque per Angelica testimonianza Maria fu l’unica 

che ritrovò la Grazia originale da Adamo perduta: Invenisti Gratiam, e come fondatamente 

soggiunge il sapientissimo Idiota o sia il B[eato] Raimondo Giordano, Gratiam 

scilicet quae fuit in Te ab originali labe praeservatio 24 (Ser. 2). 

8. E che sia così, notate la misteriosa soggiunta dell’Arcangelo: Apud Deum, Vicino a 

Dio. Or la Grazia è una partecipazione della Divina Natura; ed altra è quella che 

preserva, altra quella che giustifica, altra quella che santifica. Queste due ultime 

suppongon la colpa: la sola Grazia preservante non la suppone. Or la Grazia che 

ritrovò Maria, è la Grazia che sta vicino a Dio: Invenisti Gratiam apud Deum. Adunque 

fu la prima Grazia, cioè la preservativa, perché questa, come esclusiva di ogni 

colpa, più si accosta a Dio, ch’è di sua Natura essenzialmente esente da ogni macchia. 

9. E notate bene, o Signori, che nella guisa che San Giovanni parlò del Verbo Eterno, 

per esprimerlo Dio da Dio, Verbum erat apud Deum 25 , così San Gabriele favellò della 

Grazia che ritrovò Maria: Gratiam apud Deum; per dimostrare, che la strettissima vicinanza 

che il Divin Figlio tiene al Divin Padre per Natura, Verbum erat apud Deum, 

godeva la Madre rispetto al Figlio per singolar privilegio di Grazia, Gratiam apud 

Deum. 

10. Quindi per Privilegio sì singolare competevano certamente alla Gran Vergine le 

Congratulazioni dell’Arcangelo. Imperciocchè di cose comuni agli altri non avrebbe 

dato Gabriele congratulazioni alla Madre di un Dio. La Grazia di giustificato la 

23 Hai trovato grazia presso Dio. 

24 La grazia che fu in te, cioè la preservazione dal peccato originale. 

25 Il Verbo era presso Dio. 

216

itruova qualunque Cristiano nel Battesimo. La Grazia di santificato l’incontrò il 

Precursore, Geremia, e Giuseppe Sposo della Vergine istessa. La Grazia di confermati 

la incontrarono dallo Spirito Santo gli Apostoli. Adunque di quella sola 

Grazia congratulossi l’Angelo con Maria, che verun’altro Figlio di Adamo non avrebbe 

incontrata. E questa è la sola Grazia Originale che preserva; Grazia che avvicina 

Maria a Dio sopra tutto il rimanente de’ Santi; Grazia, che la prepara e dispone 

ad esser degna Madre di Dio; Grazia per finirla che per ogni conto è dovuta 

alla Gran Madre di Dio: Gratiam apud Deum. 

11. Sì sì, è dovuta. E questo significar anche volle l’Arcangelo, col soggiu-gnerle 

immediatamente Ecce concipies, et paries Filium … et Filius Altissimi vocabitur 26 (Luc. 1, 

32). Ad una Madre di Dio ogni Grazia più alta, più singolare, più vicina a Dio è rigorosamente 

dovuta. Ed in fatti, Uditori, la Maternità Divina in Maria è come una 

Cifra dello Spirito Santo, in cui raccorciati si leggono tutti i possibili Privilegj, tutte 

le possibili Prerogative, che possono dall’Onnipotente Iddio decentemente concedersi 

ad una pura Creatura. Quindi, quando nelle Divine Scritture altro non costasse 

espresso di Maria Vergine, che questo solo, che fu Madre di Dio; questo unico 

solo basta e sopravanza per leggervi ivi necessariamente intesi tutti i più singolari 

altissimi Privilegj e di essere stata preservata dalla originaria Macchia, e dal debito 

prossimo di contrarla, e di essere stata preservata da ogni minimo attuale difetto, e 

vadasi discorrendo. 

12. Cessi pur dunque l’audace Giovanni di Monte Nero ne’ secoli addietro, ed il 

fanatico Antonio Lampridi nel secolo corrente; cessi, dico, di più pretendere dal 

sacro Testo un Passo espresso e letterale, dove costi la Grazia Originale preservativa, 

che Maria ottenne da Dio; e tutti umiliati, e confusi l’apprendano dall’Angelico 

Annunzio così espressivo, e la leggano ristretta e racchiusa nella Divina Maternità. E 

se qui essi leggono e trovano la Natività della Vergine, come santa; la preservazione 

da ogni attuale difetto; il dilei Parto senza dolori e sozzure; l’Assunzione in Cielo 

anche col Corpo; ed altri mille Pregi, che credono di Maria, tuttoché nella Scrittura 

non individuati; cedano una volta il campo, donde furon vituperosamente fugati, 

e confessino, che nell’Angelica Congratulazione della Grazia di Maria, e 

nell’infinita sua Dignità di Madre di Dio, si contiene ancora per debito di decenza e 

di giustizia la Preservazione dall’originaria Macchia. 

13. Ma noi intanto, Uditori, per esser grati al SS.mo Arcangelo, che si è fatto nostro 

Maestro per degnamente complimentare Maria sulla sua Immacolata Concezione, 

rendiamogli vivissime Grazie; e supplichiamolo, che presentar voglia al Trono 

26 Ecco, concepirai e partorirai un Figlio… e sarà chiamato il Figlio dell’Altissimo. 

217

dell’eccelsa Signora i nostri ossequj. Onde col suo soccorso rivolti noi ora umilmente 

a Maria, diciamole tutti divoti: 

O grande Imperadrice del Cielo, fatti noi come estatici per la maravigliosa vostra 

singolare Bellezza e pienezza di Grazia da voi goduta nella vostra Immacolata 

Concezione, non sappiamo con quali formule complimentarvi, né con quai termini 

proprj esprimervi le nostre sincere congratulazioni, ed i nostri più teneri ossequj. 

Ci facciam però arditi di presentarci al vostro augusto Trono con quello stesso Divino 

ineffabil saluto dell’Arcangelo vostro prediletto: ed intendiamo darvi tutti 

quegli elogj, e farvi tutte quelle espressioni di ossequio, ch’egli vi fece. Vi confessiamo 

coll’Ave Gratia plena, tutta pura ed Immacolata, tutta piena di Grazia e di 

Amore nel vostro illibato Concepimento. Vi crediamo col Dominus tecum, e 

coll’Invenisti Gratiam apud Deum, per sempre Amica di Dio, per sempre vicina a Dio 

in una maniera incomparabile sin dal primo Istante di vostra Concezione. Crediamo 

per fine, che a voi, come a Madre di Dio, si doveva sì gran Privilegio. Ce ne 

rallegriamo pertanto infinitamente con Voi come appunto ne mostrò allegrezza il 

Santo Arcangelo. Vi consecriamo in tributo perpetuo i nostri cuori, come consecrovvi 

Gabriele il suo grande Amore. Basta, che voi vi degniate di accoglierci tutta 

graziosa; e ad onore del ricorrente vostro Mistero accordarci per la vita, e molto 

più per la morte nostra l’intercessione di un Arcangelo a voi sì caro, e tutte le più 

amorose finezze del vostro gran Patrocinio. Amen. 

218

15 

Discorso per il secondo giorno del triduo per la festa 


219

220

Le composizioni per il triduo e la festa dell’Immacolata Concezione si interrompono per 

due anni, durante i quali l’Autore è impegnato, tra l’altro, alla stesura del Saggio delle cose 

Ascolane pubblicato nel 1766 1 . 

Nel 1767 scrive il discorso per il secondo giorno del triduo che recita “nella sua Chiesa” 

ad Ascoli. Riprende l’argomento ed alcune prove di esso dal primo sermone del triduo per 

la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1764. 

Nell’esordio il Servo di Dio ricorda il lungo dibattito fra i teologi sul tema 

dell’immacolato concepimento di Maria, non ancora convinti delle ragioni a favore del 

mistero mariano ed accenna inoltre al silenzio della Chiesa al riguardo. Dopo che la 

Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, ne ha consentito il culto, tutti i cattolici hanno 

incominciato a celebrare solennemente la festa. Rimane il compito di comprendere meglio 

l’ineffabile e singolare vittoria riportata da Maria sul peccato. 

L’Autore sviluppa l’argomento in tre punti che costituiscono le parti del discorso stesso e 

descrivono rispettivamente la qualità del nemico che Maria ha debellato, il modo con cui lo 

ha vinto e le armi che ha usato. 

Per il primo punto si rifà agli argomenti che aveva trattato nel 1764, mentre gli altri due 

sono nuovi. Maria vinse due nemici del suo immacolato concepimento: il demonio e i 

teologi indecisi; delle due, la vittoria più grande fu quella riportata sulle opinioni dubbiose. 

Maria, poi, riportò vittoria sul demonio schiacciandogli il capo, per opera di Dio, prima 

ancora che questi ardisse toccarla. E lo fece con le armi della sua sola presenza. Ella mise 

in fuga il demonio nell’istante stesso del suo concepimento, come il sole annulla le tenebre 

al suo primo apparire. 

La natura umana stupì al primo respiro di Maria nel seno di sua madre, come la morte 

stupì all’ultimo respiro di Gesù Salvatore sul Calvario. 

L’Autore conclude con una preghiera a Maria prendendo in prestito dall’Ordine 

francescano l’espressione di lode riguardo al suo immacolato concepimento e con la 

speranza che come lei entrò in questo mondo tutta pura, bella e santa, così noi possiamo 

partire da questo mondo vittoriosi e purificati. 

Il testo è stato trascritto dall’autografo, ASC 51, 185-200 

15 

1 MARCUCCI, F.A., Saggio delle cose Ascolane e de’ Vescovi di Ascoli nel Piceno, dalla fondazione della città fino al 

corrente secolo decimottavo e precisamente all’anno mille settecento sessantasei dell’Era Volgare, pubblicato da un 

Abate Ascolano in Teramo MDCCLXVI, Per Consorti e Felcini con licenza superiori, pp. CCCCL- 

XXX; ristampa anastatica in Sala Bolognese, maggio 1984, Arnaldo Forni Editore S.p.A. 

Il Saggio delle cose ascolane offre una visione storiografica erudita, ricca di informazioni e di dati, a cui gli 

studiosi di storia locale fanno sempre riferimento. Egli valuta fatti e personaggi alla luce del Vangelo e 

li propone ai suoi concittadini perchè seguano gli esempi virtuosi dei propri avi e non commettano i 

loro errori. 

221

222 

Discorso in lode dell’Immacolata Concezion di Maria 

Pel secondo Giorno del Triduo, Domenica 6 Dicembre 1767. 

Fatto nella sua Chiesa qui in Ascoli. 

Argomento 

Le glorie della Vittoria riportata da Maria SS.[ma] nella sua 

Immacolata Concezione 

1. S’è tutta propria dell’Umano Intelletto la ricerca del Vero, strana sembrar non dee, 

o Signori, né l’inquietezza ed agitazione di una Mente studiosa, sintantoché del 

Vero sì ricercato i sodi fondamenti non iscuopra, né la sua contentezza e quiete, 

dopo i sodi fondamenti già rintracciati. Dibattuto fu lungamente ne’ secoli addietro, 

come voi ben sapete, il gran punto dell’Immacolata Concezione di Maria; 

perché serbando per allora alto silenzio la Cattolica Chiesa, a tutti i Teologi non 

sembravano chiari e sodi fondamenti le tante figure e predizioni del sacro Codice, 

né le ragioni congruenziali sebben sì forti e numerose. Dopo però, che la nostra 

Madre ed infallibil Maestra, guidata dallo Spirito Santo, si è fatta vedere bruciar 

ceri ed incensi ad onor della santa e degnissima Concezion della Vergine, ergerle 

Tempi ed Altari, dispensar a suo riguardo Indulgenze ed Indulti, approvarne Religioni, 

encomiarne Accademie, cantarne Ufizi e Prefazi, e santificarne con pompa 

solenne ed universale la Festa, col-l’espressa dichiarazione del Vaticano di celebrarne 

la Preservazione; non vi è più, R[iveriti] U[ditori], chi nel Cattolico Mondo 

a Maria Immacolata non pieghi festosamente il ginocchio, non vi è Lingua che non 

ne decanti le Lodi, non vi è Cuore che non le consacri giubilando gli Affetti; in 

somma, non vi è chi con plauso non festeggi la gran Vittoria, che la Gran Vergine 

riportò dall’originaria colpa e dal Drago infernale in quel primo felicissimo Istante 

dell’Esser suo. Tuttoché però sia questa una corona di alloro, con cui ognuno 

ascrive a sua gran sorte il poter cinger le Tempia beate di Nostra Immacolata 

Signora; ed eziandio una Vittoria già sia universalmente plaudita, e festeggiata; 

riman molto tuttavolta a’ pii Scrittori con che occupar le lor dotte Penne, e le lor 

Lingue zelanti ai sacri Oratori, per vieppiù essaltar un Mistero a Maria così grato. 

E che rimane? Mi direte forse, o Signori? Eccolo. Vi resta di essaltar la maniera 

ineffabile di tal Vittoria, la singolarità, la grandezza. E qui certamente per quanto 

di sforzo si faccia da’ suoi premurosi Divoti, vi rimarrà sempremai da encomiare 

sino alla fine de’ secoli, senza che mai giunger possa umana fralezza a porre compitamente 

in chiaro lo sfoggio della Onnipotenza e Sapienza Divina, che risplen-

dette nella gran Vittoria da Maria riportata nel suo prodigioso Concepimento. In 

quella guisa appunto, che per quanta vivezza dia alla sua pittura un’eccellente 

mano nel riportare in tela il gran Re de’ Pianeti, lo dipingerà sempremai senza la 

sua luce, senza il suo calore, senza la sua virtù, senza il suo moto. Che s’è così, e 

che mai ridirvi potrò io in questa sera, o Signori, su della gloriosa Vittoria di Maria 

Immacolata, e che mai potrete voi da me sì meschinello ascoltarne? Quanto alla 

pietosa clementissima Vergine ben so, che iscusa la debolezza della Lingua, se 

ridire non sappia le sue prodigiose Vittorie, purché il cuore sappia divotamente 

venerarle. Ma via, che giovami sperar anche da voi, come Ossequiosi a Maria, che 

avrete a compatirmi. Incomincio. 

I. 

2. Da tre capi, o Signori, possiam noi intender alquanto le grandezze della 

Vittoria che riportò Maria nella sua Concezione Immacolata, voglio dir considerando 

e la qualità del Nemico da Lei debellato, e il modo come ne rimase 

vittoriosa, e l’arme con cui lo atterrò e disperse. Facciamci dal primo. Abbattere 

un gran valore è senza dubbio una vittoria assai segnalata. Chi mai arrecossi 

a gran vanto per aver debellato un inerme Fanciullo? È glorioso il Sole, non 

perché co’ raggi suoi disperde una nube, ma perché uccide una notte. Il gran 

nemico adunque di Maria Immacolata fu il peccato originale, nemico sì valoroso 

che trionfato avea di tutto il Genere Umano, senza sebarne pur uno de’ 

discendenti di Adamo; e nemico ancor sì possente, che alla sua difesa contava 

tutti quei gran millioni di maligni Spiriti ribelli, quanti mai ne vivono sotto le 

diaboliche Insegne dell’empio Lucifero. Or quest’originaria colpa vincitrice di 

tutti i mortali, e non mai vinta da alcuno, questa abbatté co’ suoi immacolati 

Piedi l’unica vittoriosa Maria. O valore insuperabile, che un invincibile ancor 

superasti! 

3. Ripigliar potrebbe quì forse qualcun di voi, Uditori, obbiettando, che 

Gesù Redentor nostro ancora superò e vinse l’originale peccato. Ma se ben si 

rifletta, che rigorosamente parlando, dove non è conflitto, non è Vittoria, sarem 

forzati a dire, che l’originaria colpa fuggì e si tenne ben lontana senza venire a 

contrasto con un Dio Umanato e di sua natura impeccabile, che non per naturale 

umana discendenza, ma per Virtù sola Onnipotente del Divin Paracleto era 

stato nel purissimo Sen di una Vergine miracolosamente conceputo. Tentò 

bensì la Serpe velenosa del peccato originale accostare il dente al calcagno, 

voglio dire a quel primo Istante della Concezion di Maria, col vederla concetta 

per umana natural discendenza; ma tanto fu tentare il moto, quanto il rimanere 

223

stritolata e depressa: Ipsa conteret caput tuum 2 . Ottenne bensì Maria un[a] tal 

prodigiosa Vittoria in virtù del suo Divin Figlio; ma fu l’unica ad ottenerla, e 

senz’altro esempio: Sola sine exemplo. Ed una Vittoria senza esempio è sempre 

più maravigliosa, e ben merita un plauso maggiore. Osservate. Vinse gloriosamente 

Davidde due misurati Giganti, cioè Golia, e fu il primo da lui vinto nella 

sua Gioventù più fiorita, (1 Reg. 11) e Jesbibenobbe, e fu il secondo da lui 

debellato nell’età sua più avanzata (2 Reg. 21). Per la morte data al primo, vale 

a dire a Golia, ricevette plausi così grandi, che quel solo Gigante gli fu valutato 

per dieci mila: David decem milia 3 (1 Reg. 18, 7); ed insino a dì nostri e in tele, 

e in libri, e in sermoni ne va ancor gridando la fama. Per la morte poi data al 

secondo, cioè a Jesbibenobbe, non ne ottenne plauso eguale, ed ancor in oggi 

ne tace la dimenticanza. Non fu ingiustizia il divario. Perciocché la Vittoria 

riportata del primo Gigante fu per Davidde una vittoria senza esempio; ma ben 

con esempio fu l’altra. Ed una Vittoria senza esempio, convien ripeterlo, di un 

plauso maggiore egli è ben meritevole. 

4. Ma per vieppiù infervorar il vostro filiale affetto e dar gli evviva a sì 

gloriosa e singolar Vittoria di Maria, aspettate di grazia, o Signori, che io vi 

ragguagli di tutte le falangi nemiche, delle quali nel suo Immacolato Concepimento 

riportò l’eccelsa Signora un compito trionfo. Due generi di Avversarj 

ebbe a sè contro l’illibata purità originale della Vergine, cioè la colpa con tutta 

la turba de’ demonj, e l’opinione con non poco seguito di antichi Teologi. La 

battagliava la colpa colla sua forza, le manteneva litigio l’opinione con varj 

argomenti. Or di ambe queste falangi ha trionfato Maria. Or qual a voi sembra 

più glorioso, l’aver trionfato dai demonj e della colpa originale abbattuta, 

oppur dell’opinione umana conquisa? Quanto a me, starei per dire più cospicuo 

per qualche parte il trionfar dell’opinione, che non il trionfar della colpa: attesoché 

considero esser cosa più difficile il vincere disputando, che non il vincere 

combattendo. Nella battaglia si vince colla potenza; ma nella disputa colla 

sola ragione. Il valor per combattere egli è proprio sì dell’Uomo, ma non è che 

nol troviamo ancora ne’ Bruti, alcuni de’ quali sono pur valorosi. Laddove la 

ragione per rischiarare la mente e porre ogni dubbio, egli è propria così solamente 

dell’Uomo, che tutti gl’irragionevoli affatto se ne trovano privi. Cosicché 

sembra, che corona più insigne di alloro si debba a Maria Immacolata per 

aver vinta ogni dubbiezza colla ragione, che non colla potenza l’originaria 

colpa e il Dragone d’Inferno. Notate, Uditori, una compruova. Combatte 

l’Arcangelo S. Michele coll’empio Lucifero in Cielo, e tal contrasto vien intito- 


3 Le diecimila di Davide. 

224

lato dalla Scrittura col nome di gran Combattimento: Proelium magnum 4 (Apoc. 

12, 7). Si rinnuova il conflitto tra loro sulla cima del Monte Sinai intorno 

al Corpo di Mosè Profeta, e questa seconda battaglia vien chiamata dal Sacro 

Testo col nome di Disputa: Disputans altercaretur 5 (Judae v. 9). Ne riportò 

l’Arcangelo amendue le volte una gloriosa Vittoria. Nientedimeno la prima, 

cioè quella ch’ebbe combattendo, l’attribuisce la Scrittura alla forza del valoroso 

di lui braccio; l’altra poi, quella cioè che riportò disputando, fu così maravigliosa, 

che la rifonde tutta al braccio di Dio: Imperet tibi Deus 6 (Jud. v. 10). 

Tant’egli è vero, s’io non m’inganno, che eziandio cento e mille plausi sien 

dovuti alla Vergine per aver trionfato nella sua Concezione e della colpa e 

dell’opinione umana, maggior forse se le debba per la Vittoria della seconda, 

che non della prima. 

II. 

5. Sebbene, tratteniamo alquanto gli applausi, sintantoché non rimanghiamo 

informati del modo mirabile come ne restò vittoriosa. Tentò dunque il 

Drago d’Inferno di addentare l’illibato Calcagno o sia primo Istante della Concezion 

di Maria. Ma che? Non ebbe poi ardire di esporsi al cimento; perciocché 

al solo primo moto da lungi ch’ebbe nell’animo, si trovò col capo da forza 

superiore schiacciato: Ipsa conteret caput tuum. E certamente era ben convenevole, 

che Maria come preeletta Madre di Dio vincesse per Grazia il demonio 

e il peccato, come lo vince Dio per Natura. Trionfa Dio de’ demonj, non già 

contrastando con loro, ma tenendoli soggetti e incatenati: vince Iddio la colpa, 

non già venendo con essa a disfida, ma abominandola infinitamente, e tenendola 

da sè necessariamente lontana. Così per grazia a proporzione possiam dire 

della Vittoria, che della colpa e del demonio riportò nell’Immacolato suo Concepimento 

Maria. Vinse essa la colpa col restarne affatto immune ed esente, 

senza che questa fosse ardimentosa a presentarle disfida. Superò il drago maligno, 

perché sin da lungi andò a soggettarlo a’ suoi Piedi ed a schiacciargli 

l’altero capo nell’atto stesso, che per non cimentarsi con Lei, da Lei già tutto 

sgomentato fuggiva. Oh maniera veramente maravigliosa e tutta singolare del 

vincer di nostra eccelsa Signora! 

6. Ma io crederei, Uditori, dovervi dir molto di più, se vi presentassi 

sott’occhi, se con quanto maggior rispetto volle Iddio, che si portasse Lucifero 

4 Un gran combattimento. 

5 Disputando si altercherà. 

6 Dio comanderà su di te. 

225

con la gran Vergine, di quel che gli permise di portarsi con se medesimo. Fatevi 

in cortesia ad osservar quel Superbaccio nel suo primo bestiale delirio. Appena 

egli creato da Dio, ecco pretende un esser tutto Divino. I suoi primi vagiti 

furon tante bestemmie: Similis ero Altissimo: exaltabo solium meum 7 (Isa. 14). 

Notate però che contradizione in quel Solium meum. Se il maligno bestemmiando 

pretendeva di farsi un Dio, aspirar dovea al Soglio e Trono di Dio, e 

non già a sollevar la sua sede, che sempre sarebbe stata di pura creatura: exaltabo 

solium meum. Ma no, che ben sa egli, riflette qui il Dottore Serafico, ben 

sa Lucifero in mezzo a quelle sue alterigie, che per Trono e Sede di Dio era 

stata prescelta Maria, dove dovea porsi a regnare in Terra la Maestà Divina del 

Verbo Umanato (S. Bon. Serm. De Nat. Virg.). Presume perciò l’empio Spiritaccio 

rubelle il farsi Dio, ma non ardisce bestemmiare di occupare il Trono di 

Dio, perché sa che questo è Maria. A questa non osa intentar macchie nel 

tempo stesso, che pretende eguaglianza con Dio medesimo. O adorabile Provvidenza 

Divina quanto gelosa invero ti mostrasti colla tua purissima Madre! 

Permetter piuttosto, che cospiri il Demonio contra l’Esser tuo Divino, che non 

contra l’animato tuo Trono! Tant’è, Signori miei: non permise Iddio a Lucifero, 

che neppur pazzamente immaginasse macchie in Maria, come in quella 

ch’esser sempre dovea sin dal suo Concepimento pura ed illibata. Riguardo egli 

è questo, mantenutole poi dal Figliuol di Dio quaggiù in Terra, che se permise 

a Lucifero di tentarlo più volte, non si legge mai però che gli dasse il permesso 

di tentare la Madre e di perderle punto il rispetto. Onde la Vittoria di Maria 

fosse in ogni tempo ben singolare, per aver Ella vinti e superati i suoi Nemici 

in una maniera così maravigliosa, qual è quella di averli atterrati senza venir 

con loro alle mani. 

226 

III. 

7. Voi per altro, se mal non mi appongo, o Signori, saper ora vorrete, se 

col terror di quali armi ponesse la gran Vergine in fuga e i demonj e 

l’originaria colpa (ch’è il terzo capo, da cui risulta la gloria delle sue Vittorie). 

Vel dirò. Li pose in fuga col solo suo primo spuntar alla Vita, col primo suo 

Istante di Essere, al primo farsi vedere. Mirabil Guerriera! Certamente Guerriera 

alla moda del Sole, che nel suo primo apparire debella le tenebre della notte. 

Di chi altro mai tra mortali Figli di Adamo leggete, Uditori, che nel primo 

7 Sarò simile all’Altissimo. Esalterò il mio trono.

albore di vita, quando ancora, per dir così, senza mani, maneggiasse così bene 

le armi, che ottenesse vittorie. Vittoria dunque unica fu di Maria nel primo 

affacciarsi all’essere nel Ventre Materno, vincere e debellare la colpa e la serpe 

di Abisso. Ora si ben ravviso, se perché della picciola pietra, che rovesciò dalla 

montagna a sfarinare la statua di Nabucco, se ne faccian nel Sacro Testo elogi 

sì speciosi, insino a dirsi divenuta poi un gran monte, che empie la gran vastità 

della Terra: Factus est mons magnus, et implevit universam terram 8 (Dan. 2, 

35). Era tal picciola pietra un simbolo di Maria, chiamata già da Isaia Petra 

deserti 9 (Isa. 6, 1). Nabucco poi fu immagine del peccato e del demonio. Or si 

noti bene, che l’avere la picciola pietra conquassata la statua di Nabucco, non 

si attribuisce alla sua propria natural forza, giacché ci viene descritta per un 

picciolo sassolino e senza mani: lapis sine manibus 10 : si attribuisce bensì ad 

una virtù superiore e tutta Celeste e Divina, che fe, che al suo primo moversi 

urtasse la Statua, e la riducesse in minuitissimi pezzi. Così l’aver Maria, benché 

sì picciola di un solo primo Istante di Vita, l’aver, dissi, vinto e schiacciato 

il peccato e il demonio nel primo spuntare all’essere, fu una Vittoria tutta 

Divina; perché col Braccio Divino conquise i Nemici; e non con altre armi, che 

col solo primo farsi vedere tutta piena di Grazia sin da quel beato primo momento 

di sua Concezione. O prodigj, o portenti non mai più uditi! Comparir 

Maria sin da’ primi crepuscoli del suo venire all’essere per una gran Montagna 

di Santità, da metter terrore a tutto l’Inferno: factus est Mons Magnus, capace 

di empir di benedizioni e di grazie tutta la Terra: et implevit universam Terram. 

8. Ma eh dicasi pure, che le sue sì gloriose e singolari Vittorie ch’essa riportò 

nell’Immacolata Sua Concezione, riempiron anche tutta la Terra di stupori 

e maraviglie. Se l’Umana Natura, come se la fingon talora ontologicamente i 

Metafisici, dar si potesse da sè a parte, io per me mi figuro, che al veder essa in 

quell’istantanea infusione dell’Anima purissima di Maria nel Santo suo Corpicciuolo, 

al veder, dissi, tanti prodigj di pienezza di Grazia, di perfezione di 

uso di Ragione, e di concepimento di Vittorie, io mi figuro, ripeto, che attonita 

l’Umana Natura avrebb’esclamato, è celeste od umana codesta Bambinella nel 

Sen materno? S’è umana, ed è massa della mia giurisdizione, come poi è tanto 

differente da me coll’esser sì Illibata, sì Pura, sì Santa? Che s’è celeste, perché 

apparir quaggiù nel basso Mondo con Anima e Corpo, come tutte le altre umane 

Creature? Così mi figuro, che litigherebbe delirando la Natura Umana, come 

per l’appunto restò colma di maraviglie la Morte istessa nel veder sul Calvario 

8 Fu elevato un gran monte e riempì tutta la terra. 

9 Pietra del deserto 

10 Un sassolino senza mani. 

227

spirare il Redentore Divino. Absorpta est Mors in victoria 11 (1 Cor. 15), cel 

ridisse l’Apostolo. Stupì essa, come acutamente al solito suo riflette l’Aquila 

degl’Ingegni Agostino, nel trovarsi vinta, quando si presumeva vincitrice: Vicit 

Mors in Morientibus, victa est in Resurgentibus 12 (Ser. 16). Ecco gli stupendi 

trionfi dello Spirante Redentore. Or in pari guisa, supposta la debita proporzione, 

non era piena la Vittoria di Maria nell’esser’illibatamente conceputa, se con 

una Vittoria alla Moda Divina non lasciava l’Umana Natura stupefatta e vinta. 

Stupì la Morte nell’ultimo respiro di Gesù sul Calvario: Stupì l’Umana Natura 

nel primo respiro di Maria nel sen di sua Madre. La Morte stupì in veder rovesciata 

e confusa la sua Legge nel risorger che fecero in quell’istante tanti Defonti. 

L’Umana Natura stupì in veder conculcato e rotto il suo statuto 

coll’essersi conceputa una Prole senz’alcun’ombra di macchia, tuttoché formata 

del sangue di Adamo: e così piena di maraviglie, osservò respinta la sua 

universal Monarchia dall’Onnipotente Virtù di quel Dio, che per se solo avea 

sin ab eterno prescelta tal Pargoletta Divina. 

9. Cessin pertanto gli stupori della Madre comune; e si cantin da noi tutti 

piuttosto gli applausi alle Vittorie di Maria Immacolata; giacché o si considerino 

le qualità del Nemico da Lei debellato, o il modo come ne rimase Vittoriosa, 

o l’arme con cui lo disperse, per ogni capo si rinverrà essere state Vittorie 

gloriosissime e singolari. 

Deh s’è così, degnatevi, o invitta augustissima Guerriera, darm’il permesso, 

ch’io col cuor sulle labbra passi con voi le più tenere ossequiose congratulazioni 

per sì stupende gloriose Vittorie nella vostra Immacolata Concezione 

riportate. Benedico si di buon cuore e rendo ben mille grazie a quel Dio Onnipotente, 

che avendovi da’ secoli eterni prescelta per sua degna Madre, tanto e 

poi tanto in voi glorificar si volle. Non avend’io da me frase propria per farvi 

plauso, gradite, o mia eccelsa Signora, che prenda in prestito i plausi da’ giulivi 

Figli della mistica Betulia a voi sì cara, voglio dire dell’inclita Religione Serafica, 

con essolor vi decanti, dicendo: Oh quanto e poi quanto pur bella siete, o 

Maria! Tutta bella, tutta pura, tutta lucida ed investita del chiaro Sole di Grazia 

senz’ombra alcuna di originaria Macchia: Tota pulchra es, Maria, et macula 

originalis non est in te 13 . Certamente con le vostre sì maravigliose Vittorie 

riportate dal demonio e dalla colpa d’origine, siete voi divenuta l’onore 

dell’Umana Natura, la Gloria della militante Gerusalemme, l’Allegrezza di 

tutto il mistico Israelitico Popolo Cristiano: Tu gloria Hierusalem, tu laetizia 

11 La morte stupì per la vittoria. 

12 La morte trionfò sui morenti, ma fu vinta dai Risorti. 

13 Sei tutta bella, Maria, e macchia di peccato originale non è in te. 

228

Israel, tu honorificentia Populi nostri, o Maria 14 . Deh a riguardo di tante vostre 

stupende Vittorie, o clementissima Madre, Mater clementissima, impegnatevi 

appresso il vostro Divinissimo Figlio a favor vostro: Intercede pro nobis ad 

Dominum Jesum Christum 15 . Ma perché? Noi, ed io particolarmente, vogliamo, 

e speriam vostra mercè, tanto di Grazia, che siccome voi tutta pura, tutta bella, 

tutta santa, tutta vittoriosa entraste in questo Mondo; così noi partir possiamo 

da questo Mondo tutti vittoriosi e mondati: e se immacolato e santo fu il primo 

Istante dell’esser vostro, così santo e purificato sia l’ultimo momento del nostro 

vivere. Oh allor sì, che si accrescerà al vostro illibato Mistero un altro Trionfo, 

Trionfo tutto nuovo, tutto singolare, tutto stupendo, vale a dire, di aver portati a 

salvamento in Cielo coloro, che con cuor sincero, zelante, e divoto furono 

ossequiosi all’Immacolata vostra Concezione, e ne decantarono a tutta possa le 

prodigiose Vittorie. Amen. 

14 Tu, gloria di Gerusalemme, gioia di Israele, onore del popolo nostro, o Maria. 

15 Intercedi per noi preso il Signore Gesù Cristo. 

229

230

16 

Sermone per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1772 

231

232 

16 

L’Autore recita il sermone per la festa dell’Immacolata Concezione del 1772, dopo il 

Pontificale, nella Cattedrale di Montalto dove risiedeva come Vescovo da poco più di un 

anno. L’argomento è un commento a Luca 1, 49 vale a dire alle parole di Maria: 

“Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”. 

A Montalto il discorso fu recitato a braccio seguendo uno schema, ossia la cosiddetta 

“selva oratoria”. Il sermone fu scritto successivamente e mandato ad Ascoli alle Pie Operaie 

dell’Immacolata Concezione nella cui chiesa e scuola aveva predicato nella stessa circostanza 

per più di 25 anni. 

Esso è intermezzato da un dialogo tra due ragazze, Filomata e Ginauzia; la prima 

esprime il desiderio di trovarsi a Montalto per vedere con quanto giubilo il loro Padre abbia 

solennizzato la festa dell’Immacolata Concezione di Maria; la seconda immagina che 

anche Monsignor Marcucci si chieda come le figlie abbiano celebrato il suo prediletto mistero. 

Ebbene, ad Ascoli c’è stato il triduo e, per la festa, il panegirico. 

Mentre così parlano, arriva Produlario, persona molto vicina a monsignor Marcucci 

che porta loro i suoi saluti e le informa su come si sia svolta la festa dell’Immacolata Concezione. 

Monsignore ha celebrato il solenne Pontificale con la musica di un nuovo maestro 

di Napoli, alla presenza delle autorità e di grande folla di popolo. Alla fine del Pontificale, 

ha recitato per 45 minuti un tenero sermone all’Immacolata, quindi, come ogni anno, ha 

impartito la benedizione papale. 

Tornando nel suo palazzo, ha fatto dispensare al portone l’elemosina ai poveri, poi ne 

ha invitati a pranzo dodici poveri in onore dei dodici principali privilegi della Vergine Immacolata 

e, dopo il ringraziamento, ha baciato loro i piedi e dato ad ognuno un pavolo di 

elemosina e due pani. 

Anche a Montalto si è svolto solennemente il triduo dell’Immacolata ed ogni sera, prima 

della benedizione Eucaristica, si è recitata la coroncina 1 dell’Immacolata e si è cantato 

l’Inno dell’Ave Virgo Deipara. Monsignor Marcucci tripudia nel veder crescere in città e 

in Diocesi il culto dell’Immacolata e ne spera ottimi effetti, conclude Produlario. 

Conosciuto l’assunto del sermone, Filomata, ormai ben istruita dal Maestro, riconosce 

che è di genere esortativo e, di conseguenza, la controversia è di genere qualitativo. Le discepole 

vorrebbero avere il sermone, ma Produlario spiega che il loro Maestro ha potuto scrivere 

solo lo schema perché in quei giorni si è ammalato il predicatore dell’Avvento ed egli l’ha 

1 È la preghiera più antica e diffusa, composta dal Servo di Dio in lode alla SS.ma Trinità per tutti i privilegi 

concessi a Maria SS.ma nella sua Immacolata Concezione. Egli la offrì alle prime giovani che si 

preparavano alla fondazione della Congregazione; da allora viene pregata ogni giorno dalle Pie Operaie, 

a turno, in ogni comunità. (Cf. MARCUCCI F.A., Coroncina a Maria Vergine, Ascoli Piceno, 23 gennaio 

1744, ASC 13).

dovuto sostituire. Le discepole insistono e chiedono a Produlario di accomodarsi sul tavolo e 

recitare il sermone. Egli, sebbene stanco della giornata e del viaggio, accetta e lo espone in 9 

punti. 

Sembrerebbe dunque che il sermone sia stato scritto dalle discepole di monsignor Marcucci, 

dopo aver ascoltato Produlario, ma ciò è solo una finzione letteraria del Maestro che 

trova tutti i mezzi per educare con tatto le sue discepole. In questo caso egli vuole rioffrire 

loro una sintesi originale degli elementi necessari per elaborare in modo proficuo un discorso. 

Sceglie sapientemente la forma dialogica perché il suo insegnamento appaia di proprietà dei 

personaggi e nella loro interazione si affini e si consolidi. 

Il testo del sermone (16a) è stato trascritto dall’autografo BSC 1519, p. 75; il testo 

del sermone (16b) è stato trascritto dall’autografo ASC 71, pp. 108-144. 

233

16/a 

Sermone dell’Immacolata Concezione 

Recitato inter Pontificalium solemnia nella Cattedrale di Montalto nel 

Martedì 8 dicembre 1772. 

Argomento 

Le grandi premure, ch’ebbe Dio di arricchire di singolari Privilegj 

la sua Madre nella di Lei Concezione, affin’una Concezione si fosse, 

corrispondente all’infinita Dignità, a cui era stata preeletta 

di Madre di Dio. 

Fecit mihi magna qui potens est 2 . 

Luc. 1 

Tante e così grandi sono di Maria le Perfezioni e le Prerogative, che chi coraggioso si 

facesse, non dico, di tentare a ridirlo, ma bensì a riandarle col solo pensiero, pretenderebbe 

certamente lo stesso, che voler con un palmo misurare de’ mari la vastità, e 

l’ampiezza de’ cieli. Conciossiachè avendo Iddio sin da tutti i secoli eterni preeletta la 

Gran Vergine ad essergli Madre, per indispensabile illazione ne siegue, che tutti i doni, 

tutti i Pregi a Lei conceduti, e tutti i momenti ancora del Viver suo, aver dovessero nella 

nobiltà e santità di un nonsochè d’infinito, come quei, che corrisponder dovevano 

all’infinita dignità, a cui era stata predestinata, di Madre di un Dio: onde il misurarli, il 

penetrarli al fondo, alla sola onnipotenza Divina riserbato venisse; a cui sembra che 

alluder volesse la stessa Vergine, allorchè disse: Fecit mihi magna qui potens est. Nientedimeno 

se mai, benchè sì da lungi, a noi lice dare una passeggiera occhiata alle Perfezioni di sì 

sublime Signora, fermiamci di grazia etc. (Fu disteso tutto il Sermone, e mandato alle mie 

Religiose etc. 3) 

2 Fece per me grandi cose Colui che è potente. 

3 Il sermone a cui si riferisce il Marcucci è quello riportato qui di seguito. 

234

16/b 

SERMONE 

Dell’Immacolata Concezione della Gran Madre di Dio 

Maria Sempre Vergine. 

DIALOGO: FILOMATA, GINAUZIA, PRODULARIO. 

FIL. Ecco il Giorno sacro e solenne, in cui sono in tripudio i Divoti 

dell’Immacolata Concezione. Vorrei un po’ trovarm’in Montalto per 

vedere con quanto giubbilo Monsignor nostro Padre festeggi tal ricorrente 

Mistero. 

GIN. Ed io credo piuttosto, che Monsignor nostro Padre bramerebbe in 

tal Giorno qui trovarsi fra noi per vedere, se con quanto sacro tripudio 

il suo prediletto Mistero si solennizzi. Qui ne abbiam’avuto Triduo. 

Oggi ne abbiam Panegirico. Chi sa, se tanto in Montalto siasi 

fatto. 

FIL. Zitto, che parmi di udir la voce di Produlario. Vah che Monsignor 

nostro, finito il suo Pontificale, lo ha spedito qua subito a noi per 

ragguagliarci della sua Festa. Per certo avrà egli sta mane sermoncinato 

dal Trono sopra il ricorrente Mistero. 

GIN. Voi senz’altro, Filomata, giuocate di fantasia. Dov’è mai Produlario? 

Pare a voi, che in tal Dì solenne voglia egli scostarsi dal suo Vescovo, 

giacchè, come suo più confidente, gli dà mano in tutte le cose? E poi, 

non siam forse in tempo di Avvento, in cui ogni Città e Luogo culto 

ha il suo Predicatore? Ricordate mai voi, che il Vescovo in tal tempo 

tacer faccia il Predicatore da lui chiamato? 

FIL. Sarà forse in pruova della mia pazienza. M’imbatto sempre in certi 

Spiriti di contradizione, che non me ne passan mai una. Sia benedetto 

chi vi pose il nome di Ginauzia, per denotar, cred’io, una Donna troppo 

attaccata a se stessa ed al suo proprio parere. 

GIN. O o; sarà meglio forse esser Filomata, come voi, per significare, che 

siete una Donna troppo pieghevole ad ogni vento. 

235

FIL. Or io per me credo, che la docilità sempre sia buona, quando non si 

pieghi a cose di Offesa Divina. 

GIN. Ciò non vel contrasto. Vi dico bensì, che talvolta è necessaria la tenacità, 

quando si tratta per sostenere una verità conosciuta. 

PROD. Dio vi salvi, Figliuole; sia la Carità e la Pace tra voi. E che? Siete in 

contrasto, eh? 

FIL. Evviva, evviva, Produlario mio! La vostra venuta quanto reca a me 

di consolazione, altrettanto di confusione riesce a codesta Dottorina 

di Ginauzia. 

GIN. Io godo forse più di Filomata in rivedervi, mio Produlario. Né l’aver 

dubitato di vostra venuta, quando non avevo fondamento alcuno 

sodo di crederla, può farmi mai rimanere confusa. 

PROD. Orvia sia tra voi la carità, ripeto, siavi la pace. Eccomi qui, io son 

venuto, e ho dato fine ai contrasti. Chi è docile tra voi, sia ancor paziente. 

Chi è un po’ tenace, si sforzi a vincersi e sottomettersi. Sia 

ciò detto per sempre: mutiam discorso. Monsignor vostro Padre sta 

bene, e mi ha spedito qua a voi per salutarvi, e ragguagliarvi di tutto 

l’oprato ad onor dell’Immacolata Concezione di Nostra Signora. 

FIL. Sarete partito assai tardi da Montalto, forse dopo il Pontificale di 

Monsignore. 

PROD. Anzi più tardi; poiché in questa mattina solennissima ha fatto Monsignore 

il suo Pontificale di Messa con solenne e scelta Musica di un 

Maestro nuovo di Cappella Napoletano, e coll’assistenza del Magistrato, 

e coll’intervento di Monsignor Preside, e di gran folla di Popolo. 

In fine del Pontificale ha recitato dal Trono per più di tre 

quarti un tenero Sermone dell’Immacolata Concezione. Indi ha data la 

Benedizione Papale, che ogni anno si è fissata a questa gran Festa. 

Poi nel tornare a Palazzo ha fatta ad onor di Maria dispensar la limosina 

ai Poverelli al Portone. In seguito ha dato il Pranzo a dodici 

Poveretti in memoria de’ dodici principali Privilegj della Gran Vergine 

Immacolata. Indi dopo il Ringraziamento ha divotamente baciati 

loro i piedi, e dispensata loro la limosina di un pavolo per ciascuno 

e due pani. A tutto ciò ho assistito anch’io: e dopo questo son 

partito di volo per esser qui da voi altre. 

236

GIN. Vi è stato forse il Triduo ancora precedente alla Festa? 

PROD. Sicuro: volete dubitarne? Monsignore siccome jeri Vigilia assistette 

ai Vespri solenni con Musica; perciò il Triduo fu terminato avantjeri; 

essendosi fatto con la divota Recita della Coroncina dell’Immacolata, 

e col Canto dell’Inno Ave Virgo Deipara 4 , innanzi al Tantum ergo. Certo 

è, che il Prelato tripudia in vedere che in Città e in Diocesi sempreppiù 

cresce il culto dell’Immacolata Concezione; e ne spera ottimi 

effetti. 

FIL. Infinitamente ne tripudio anch’io. Ma, favorireste dirci, se qual fosse 

l’Assunto preso da Monsignor nostro Padre nel suo Sermone? 

PROD. Eccolo: Le grandi premure di Dio nell’arricchire di Privilegj la sua Madre nella 

dilei Concezione, affin fosse una Concezione corrispondente all’infinita di Lei 

Dignità di Madre di Dio. 

GIN. Non saprei qui a due piedi assegnare, se di qual Genere Oratorio sia 

un tale Assunto, e se di quale Stato. 

FIL. E a me pare anzi chiaro sì il Genere, che lo Stato. Imperocché tale 

Assunto appartiene al Genere Esornativo o sia Dimostrativo, in cui 

l’oratore fa l’ufizio di lodare, encomiare, ingrandire il bene, cioè le 

grandi premure di Dio nell’arricchire etc. Quanto poi alla Controversia o 

sia Stato, è Qualitativo, dovendosi dimostrar la grandezza delle premure 

di Dio etc. Poiché se le semplici premure cadessero in controversia, allora 

lo Stato sarebbe conghietturale, cioè an Deus fuerit solicitus? 5 Ma siccome 

ognun tien per certo, essere stato Iddio premuroso; perciò rimane 

soltanto la controversia sulla qualità di tali premure, cioè se fossero 

grandi: e ciò si dimostra per via di amplificazione, ingrandimento, 

lode, encomio del Genere dimostrativo. 

PROD. Mi consolo in sentir la mia Filomata sì pronta e brava in Arte Oratoria. 

GIN. Quanto bramerei leggere il Sermone recitato da Monsignor nostro 

Padre. 

4 Ave, Madre di Dio. 

5 Se Dio sia stato premuroso. 

237

PROD. La molteplicità degli affari, e l’estemporanea improvvisa necessità 

occorsagli di sermocinare, per la malattia del Predicator’Avventuale, 

non ha dato comodo né tempo al povero Prelato di poter porre in 

carta il suo Sermone: onde gli è convenuto tirarlo a braccio. 

GIN. Avrà notata almeno in poche ore la sua Ossatura o sia Selva del suo 

Discorso. E questa pur mi basterebbe, non potendo aver’altro. 

FIL. Che Ossatura, che Selva? Questa è propria de’ soli Principianti. Monsignore 

non ha bisogno di tali inezie. 

PROD. No, Filomata, non è punto inezia il far l’Ossatura o Selva di un Sermone 

da farsi, comunque esso far si debba o in iscritto, o a braccio. 

Non solamente i Principianti ne hanno bisogno, ma ancora i Provetti, 

se dir vogliano con ordinanza e con profitto. Vi so anzi a protestare, 

che uno de’ primi precetti dell’Oratoria pratica è appunto sopra 

il modo di far con arte l’Ossatura o sia Selva; dipendendo da ciò 

la buona ordinata condotta poi del Discorso. 

GIN. Così è, così è. Chi non capisce, e non sa bene l’arte dell’Ossatura e 

Selva Oratoria, neppur sa cosa sia Orazione rettorica. 

FIL. Non ricordandomi di aver ciò mai studiato nelle scuole di belle Lettere, 

ne bramerei ora un picciol Saggio per mio regolamento. 

PROD. Vel darò io in succinto. Ecco l’arte degli Oratori nel far l’Ossatura o 

Selva Oratoria. 

I. Presceglier la materia, che convien saper bene. 

II. Stabilirne la proposizione finale o sia principale, cioè quel Fine che 

si pretende riscuoter dagli uditori; poiché a questo ha da indirizzarsi 

tutto il Discorso. 

III. Notar quella passione o sia affetto, che si vuol muovere, e che 

corrisponda al Fine. 

IV. Far la proposizione di assunto, che si ha da provar nel Discorso, e 

che sia come un mezzo per ottenere il Fine principale stabilito, 

e per muover la passione notata. 

V. Notare in succinto in forma dialettica le pruove e le confutazioni, 

appartenenti all’assunto. 

VI. Stabilire i motivi per muover gli affetti proprj nella Perorazione, 

affine il Fine resti abbracciato. 

Or tutte queste sei regole dell’Arte dell’Ossatura e Selva Oratoria sogliono 

notarsi in un Foglio; il quale poi serve di norma o per isten- 

238

dere in iscritto il Sermone; over per recitarlo a braccio, qualor siavi 

pronta una certa sufficiente eloquenza per sermoncinar senza scritto. 

FIL. O quanto vi son tenuta, Signor Produlario! Ho appreso più da tal 

vostra dottrina pratica, che da un trattato intero di speculativa. Ormai, 

non mi porrò più a sermocinare, senza precedente Ossatura e 

Selva Oratoria, che mi noterò in un foglio. Capisco ben ora, se perché 

tante volte o non andavo per filo in discorrendo, o non movevo 

gli affetti al Fine bramato: onde finivo secca secca il mio sermocinare. 

GIN. Una grazia ora imploro da Lei, Signor Produlario. Ci ha ella da favorire 

dell’Ossatura e Selva del Sermone di Monsignore. 

FIL. Sì, non ci nieghi tal favore per nostro vantaggio. 

PROD. Appunto ne tengo meco il Foglio, che mi ha confidato il Prelato. 

Eccolo qui: notate com’egli è fatto. 

OSSATURA O SELVA ORATORIA 

I. Materia. Mistero dell’Immacolata Concezion di Maria. 

II. Fine principale o sia Proposizion finale. Siate amanti e divoti 

dell’Immacolata Concezione 

III. Passione da eccitarsi. Ammirazione, Amore. 

IV. Assunto o sia Proposizione assunta per mezzo affin di conseguire 

il fine. Le grandi premure di Dio nell’arrichir di Privilegj la sua 

Madre nella di lei Concezione, affin fosse una Concezione corrispondente 

all’infinita di Lei Dignità di Madre di Dio. Ha stato qualitativo 

semplice; e spetta al Genere dimostrativo (o ingranditivo, o sia 

amplificativo). 

V. Pruove. Le intrinseche sarebbero il decuit per la Dignità della Divina 

Madre: e il debuit pel decoro del Divin Figlio. E ciò non si 

controverte. L’estrinseche poi sarebbero tutti i Passi e Testi Scritturali 

allusivi all’Immacolata Concezione, ed ai suoi principali Privilegj. 

Ridurre qui tali pruove in forma stretta dialettica, siccome 

già si sanno, non accade punto qui farlo. 

239

240 

VI. Perorazione quanto alla mozion degli affetti. L’ammirazione già 

vien’eccitata nel proseguimento del Sermone, dimostrandosi 

le grandi premure di Dio etc. Rispetto poi all’Amore si può eccitare 

1. col far vedere quanto sia stato amato da Dio un tal Mistero 

della sua Madre. 2. col far vedere quanto resti beneficato 

da Dio chi lo venera etc. Onde qui batter forte il Fine principale, 

per cui si è fatto il Sermone. 

VII. Il Proemio può farsi congiunto, pigliandolo o dal principio a quo, 

cioè dall’Oratore, che parla; o dal termine ad quem, cioè 

dall’Uditorio, che ascolta; o dalle circostanze del luogo, e del 

tempo circa quos; o dalla materia ex qua, cioè dalle viscere della 

causa stessa che si tratta. Or qui meglio sarà presceglierlo dalla 

materia ex qua, incominciando la proposizione proemiale o dalle 

premure che ha Dio di tutte le cose da lui create; ovvero dalle Perfezioni 

e Prerogative di Maria SS.[ma] in generale. 

Fine dell’Ossatura e Selva etc. 

GIN. Siate pur cento e mille volte benedetto, Signor Produlario. Val più 

questa lezione pratica di Ossatura e Selva Oratoria, che cento trattati 

teoretici di Rettorica. Ora sì capisco, come una Mente feconda, ed 

una faconda Lingua, dopo una tale ossatura, con facilità e con 

buon’ordine e con profitto tiri a braccio anche un lungo Discorso, 

dopo poche ore di tempo. 

FIL. Ella poi, Signor Produlario mio, che sì di fresco ha sentito sermocinare 

Monsignor nostro Padre, non potrebbe forse consolarci di 

più? Noi brameremmo udir da Lei recitato tutto il Sermone. 

GIN. Deh sì, ci conceda tal grazia. Ecco qui il tavolino pronto. Ella si accomodi, 

e ce lo reciti al miglior modo che possa. 

PROD. Ben veggio richiedersi da voi cosa molto difficile, non tanto per la 

mia stanchezza, quanto perché mi sembra assai arduo il potermi ricordare 

a minuto del lungo ed affettuoso Sermone del nostro Prelato. 

Nientedimeno vi consolerò, come posso. Attendete.

SERMONE DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE 

DELLA GRAN MADRE DI DIO MARIA V. SS.MA 

Fecit mihi magna qui potens est. 6 

Lucae primo 

1. Tante e così grandi sono di Maria le Perfezioni e le Prerogative, che chi 

coraggioso si facesse, non dico di tentare a ridirle, ma bensì a riandarle 

col solo pensiero, pretenderebbe certamente lo stesso, che voler con un 

palmo misurare de’ Mari la vastità, e l’ampiezza de’ Cieli. Conciosiachè 

avendo Iddio sin da tutti i secoli eterni preeletta la Gran Vergine ad essergli 

Madre, per indispensabile illazione ne siegue, che tutti i Doni, tutt’i 

Pregi a lei conceduti, e tutti i momenti ancor del Viver suo, aver dovessero 

nella nobiltà e santità di un nonsochè d’infinito, come quei che corrisponder 

dovevano all’infinita Dignità, a cui era stata predestinata, di Madre 

di un Dio: onde il misurarli, il penetrarli al fondo, alla sola Onnipotenza 

Divina riserbato venisse; a cui sembra che alluder volesse la stessa 

Vergine, allorché disse: Fecit mihi magna qui potens est. Nientedimeno se 

mai, benché sì da lungi, a noi lice dare una passeggiera occhiata alle Perfezioni 

di sì sublime Signora, fermiamci di grazia, Dilettissime mie, ad un 

solo de’ tanti suoi venerati Misteri, e quello sia per lo appunto il mirabile, 

il nobilissimo odierno ricorrente della sua IMMACOLATA CONCE- 

ZIONE. Qui qui gli sguardi vostri, qui le vostre menti, qui i cuori; e scoprirete 

in questo solo principale primo Mistero di MARIA tali e tante 

perfezioni e prerogative, da far trasecolare per lo stupore, Uomini non 

solo, ma gli stessi alati Spiriti dell’Empireo. E donde mai, mi direte, tante 

maraviglie? Hann’origine appunto, e mi servirà di argomento, dalle grandi 

premure, ch’ebbe Dio di arricchire di singolari Privilegj la sua Madre nella di lei Concezione, 

affin una Concezione si fosse, corrispondente all’infinita Dignità, a cui era stata 

preeletta, di Madre di Dio. Angeli beatissimi, voi che i primi foste ad ammirar 

le magnificenze di sì maraviglioso Mistero, e con tante acclamazioni 

lo festeggiaste, e ne prendeste anche la cura di annunziarlo replicate 

volte qui in Terra, deh prestate a me sta mane le vostre fiammeggianti 

Lingue, per almeno tanto ridirne, quanto basti ad imprimer nelle menti e 

ne’ cuori di chi divotamente mi ascolta i singolarissimi Pregi della vostra e 

mia comune Regina nell’illibato suo concepimento. Raffidato dunque 

sulla vostra particolare assistenza, ecco mi accingo alle pruove. Incomincio. 

6 Fece per me grandi cose Colui che è potente. 

241

2. Le premure, ch’ebbe l’Altissimo Iddio di arricchire Maria, come preeletta 

sua degna Madre, nella di Lei Concezione, se fossero grandi, e straordinarie, 

ravvisar voi lo potete, Cari che mi ascoltate, dalla qualità e quantità 

de’ Privilegj, di cui egli fornito volle quell’illibato Mistero. Se i privilegj 

fossero singolari, eccellenti, innumerevoli, non vi ha chi dubitare ne possa, 

che grandi ancora non fossero, e straordinarie le premure Divine: 

giacchè a ben filosofare, servon le une di pruove degli altri, e vicendevolmente 

insieme si dimostrano a maraviglia. 

3. E qui, se noi a que’ trasandati secoli ci trovassimo, in cui i più sinceri Zelatori 

di Maria, quando cioè ancor la Cattolica Chiesa non avea fatta palese 

la verità del ricorrente Mistero coll’istituirne universale la festa, col favorirlo 

di tanti Indulti, con lo spalleggiarlo con tante Apostoliche Costituzioni; 

se a’ quei tempi, ripeto, noi fossimo, in cui erano tutti occupati i 

veri Zelatori a metter fuori gl’invincibili argomenti di stretta congruenza e 

per la Dignità della Madre, e per l’Onore del Figlio, fiancheggiandoli con 

passi delle Divine Scritture e de’ Padri, affin di porre in chiaro 

l’IMMACOLATA Concezione; chi vi ha tra voi, che non vegga, che valida 

pruova sarebbe questa della grandezza delle premure di Dio nel così 

privilegiar la Sua Madre, col farla l’unica, la sola tra tutti i Figli di Adamo, 

che immune affatto ne andasse dall’originale peccato: ond’essa, qual mistica 

Arca Noetica, salva e festosa galleggiasse nella universale inondazione 

della macchia di origine; e tra gli amari pianti di tutto il resto del Genere 

Umano, essa sola tutta brillante cantar potesse tota pulchra sum, et macula 

non est in me 7 . Ed oh allora, come ad esclamar ci faremmo, gran premura 

invero mostrò Iddio di Maria nel così singolarmente privilegiarla nel di 

Lei Concepimento! 

4. Io non niego, amati miei Uditori, che grandemente si sarebbe mostrato, 

come già mostrossi Iddio premuroso di sua Madre nell’accordarle il sì 

singolar Privilegio di Preservazione dall’originaria colpa. Dico bensì, che 

siccome tal Preservazione riconosce nel modo i suoi gradi, così la maggior 

premura di Dio si vedesse nell’operarla in una maniera più nobile 

che dar si potesse, affin’una Preservazione tutta convenevole fosse e corrispondente 

all’infinita Dignità di sua Madre. Era la Gran Vergine 

anch’essa naturale Discendente di Adamo; e come generata umanamente, 

veniva pure ad essere naturale sua Figlia. Questo fu un debito, tuttoché 

rimoto e lontano, ch’essa con tutti i Posteri di quel primo Padre ebbe 

7 Sono tutta bella e non vi è in me alcuna macchia. 

242

comune. Vero è, che un debito tale in sè solo considerato, benché metter 

potesse in qualche timore di esser’ancor debitrice di rimanere soggetta alla 

Legge della maledizione comune pel Reato di Adamo in tutti i suoi Discendenti 

trasfuso; non fu però tal debito sufficiente a farvela restar inclusa 

e soggetta. In quella guisa appunto, che trovandosi di Ebrea stirpe 

la bella Ester Regina, e sembrando perciò debitrice e soggetta anch’essa 

all’universale Legge di morte per tutti gli Ebrei promulgata da Assuero, 

trovossi nientedimeno da tal debito in nulla pregiudicata; perché benché 

Ebrea di stirpe, non era però stata mai inclusa nella Legge fatale, come 

Regina: Non pro te, sed pro omnibus haec Lex constituta est 8 . S’ebbe il debito naturale 

e rimoto, come Ebrea, non ebbe però il debito morale e prossimo, 

come rea; attesochè non fu mai da Assuero riguardata come ribelle e nemica, 

né mai nella Legge di morte venne compresa. 

5. Ecco pertanto, se in che spiccano maggiormente le premure di Dio nel 

preservar la sua Madre. Non volle mai riguardarla, come Figlia morale di 

Adamo; non mai la riguardò collegata con quel reo Progenitore: non mai 

la considerò come sua nemica e rivale: non mai, come schiava del dragone 

di abisso: Non pro te, sed pro omnibus haec Lex constituta est. Quindi, se 

come Donna pura, ebbe un debito naturale e rimoto; come però preeletta 

Madre di Dio non ebbe debito alcuno prossimo e morale di contrarre 

la Macchia: onde fosse la sua Preservazione operata in un modo il più 

nobile, in un grado il più sublime, tutto proprio, tutto corrispondente 

all’infinita sua Dignità di Madre di un Dio. O Divine premure tutte grandi, 

tutte mirabili nell’arricchire di privilegj la Concezion di Maria! 

6. Frema pure, e tutto spumante di rabbioso veleno se ne giaccia il Serpe di 

averno, e dalle contusioni e fratture dell’altero suo capo riconosca pure e 

deplori le sue sconfitte; che tali furiose sue smanie ridondano sempremai 

a gloria maggiore dell’Immacolata Concezion di Maria, e fanno vieppiù a 

noi divisare delle premure di Dio l’indicibil grandezza. Andavasene 

tutt’orgoglioso il demonio per aver con la colpa dell’incauto nostro Progenitore, 

schiacciato il capo a tutti i suoi Discendenti. Ma, oimè, qualora 

egli appressar volle il capo per aspettar da vicino la Concezione della 

Donna Divina, trovossi da questa conquiso e superato: Ipsa conteret caput 

tuum 9 ; e siccome tutto furibondo andò ricercando, se almeno rinfacciar la 

potesse di averla presa nel debito, affin di poterle gridare, come a Sara fe 

8 Non per te, ma per tutti è stata stabilita questa legge. 


243

244 

Abimelecco, memento te deprehensam 10 ; neppure riuscir potendo su di tale attacco, 

precipitò di rovina, urlando Ipsa contrivit caput meum 11 , a disperatamente 

serrarsi giù nell’Inferno. Ecco, cari miei Ascoltanti, il trionfo 

dell’Immacolata Concezion di Maria, Concezione ben degna di una Madre 

di Dio, e resa così vittoriosa dalle grandi premure del suo Divin Figlio. 

7. Sebbene, che mai fu questo se non un nulla in paragone degli altri più eccellenti 

Privilegj, di cui volle Dio arricchire la Vergine in quel Mistero. 

L’essere stata Maria affatto priva ed immune da ogni macchia nell’istante 

primiero della sua Creazione, l’aver allora goduta una purità somma, 

l’avrebbe adornata, nol niego, di un gran privilegio; ma non l’avrebbe dichiarata 

superiore ad Adamo, anzi neppur uguale; attesochè Adamo non 

tanto fu senza macchia alcuna formato ma di più fu creato in Grazia santificante: 

talchè non solamente godette di un negativo, coll’esser Immacolato 

in quel primo istante del viver Suo; ma di un positivo insieme 

coll’esser Santo. Fu quindi premura somma di Dio, che la sua Madre ancora 

in quel momento primiero dell’Esser di Lei, non tanto tutta pura e 

Immacolata fosse, come priva da ogni macchia; ma fosse ancor tutta Santa, 

come piena di Grazia. Ed oh di qual Grazia, di qual Santità maravigliosa 

e stupenda! Tanta certamente non ebbe Adamo; né tutti i Patriarchi, 

e Profeti, né tutti gli Apostoli, e Martiri, né tutti i Santi unitamente 

insieme adunar ne poterono in fine della lor SS.ma Vita, quanta n’ebbe 

Maria in quel solo principio. Dirò di più. Fu incomparabilmente più Santa 

la Gran Vergine nel primo Istante di sua Concezione, che santi non furono 

i Serafini, e tutti gli Angelici beatissimi Spiriti nel colmo de’ loro 

meriti. Sieno pur essi stati Monti di Santità, che sulle più alte loro cime fu 

preparata l’immensa Montagna della Santità di Colei, ch’era preeletta 

Madre di Dio; come lo previdde Isaia: Erit praeparatus Mons Domus Domini 

super verticem Montium 12 . S’essi furono fiumi di Grazia, Maria che in sè 

congregate vidde tutte queste mistiche acque ne fu un vastissimo Mare: 

Congregationes aquarum 13 , a maraviglia il sacro testo ci fa sentire, appellavit 

Maria; e vuol farc’intendere, che siccome non fuvv’istante, che si trovasse 

Mare, senza l’aggregato delle acque, che lo componevano; così non vi 

fosse momento, in cui si trovasse Maria, senza che in Lei unite fossero 

tutte le Grazie, che ne’ Santi, e negli Spiriti beati si trovarono sparse. Dis- 

10 Ricordati che venisti nelle mie mani. 

11 Ella mi ha calpestato il capo. 

12 Verrà elevato il monte della casa del Signore sopra la cima dei monti. 

13 Maria invocò e ottene la confluenza di tutte le acque.

si anche poco. Lo sfoggio, lo chiamerò così, delle Divine premure allor 

maggiormente comparve, quando non contento l’Altissimo di aver condecorata 

sua Madre di un così sterminato abisso di Grazia nella di Lei 

Concezione, volle ancor confermarcela in modo, che a perder mai non 

l’avesse: onde se nell’illibato di Lei Concepimento fu essa un’immenso 

mare di Santità e di Grazia, a guisa appunto del Mare conservasse in perpetuo 

tutte le copiose mistiche acque de’ fiumi reali in sè adunate: cosicché 

in Lei ancor si verificasse, che flumina intrant in mare, come avvisò il 

Savio, mare autem non redundat 14 . O Concezione dunque SS.ma, tutta degna 

di una Madre di Dio! 

8. E qui se la vostr’accortezza, amatissimi Uditori, non fossi certo, che da se 

medesima a comprender giungesse, non essersi potuto mai corrispondere 

a tanta Grazia senza di un perfettissimo uso di ragione e di libero arbitrio, 

io mi sarei fatto un punto di mia obbligazione a decifrarvi un’altra particolarità 

di grandezza delle premure di Dio, nell’arricchire Maria in 

quell’Istante di un uso di più perfetta ragione e libertà, che dar mai si potesse. 

Ma giacchè da voi stessi l’avrete ben penetrato, me ne dispenso dal 

ragionarvene. A me basta soltanto di esporvi sott’occhi quel che allor avvenne 

di mutua corrispondenza tra la Madre e il Figlio. Fu premuroso 

questi in comunicarsi alla Madre con quel gran Mare di Grazia, che testè 

dicemmo. Fu ancor sollecita e premurosa la Madre in corrispondere al 

Figlio col traficarla: Dilectus meus mihi, et ego illi. Gratia eius in me vacua non 

fuit 15 . Egli coll’aggiugnerle infuse le Virtù più sublimi e teologiche e morali: 

Essa, fondata sin da quel punto come Civitas Domini Virtutum 16 , 

coll’esercitarne tantosto gli atti i più eroici e singolari. Dilectus meus mihi, et 

ego illi. Il Figlio col ricolmarla de’sette principali Doni del Divin Paracleto, 

che a guisa di tante forti Colonne la resero sempremai stabile e ferma 

nell’abisso di Santità ricevuta: aedificavit sibi domum, excidit columnas septem 17 . 

La Madre col ridonare al Figlio tutte le sue Potenze, il suo Cuore, 

l’Anima sua, tutta se stessa. Dilectus meus mihi, et ego illi. Il Figlio, per finirla, 

con applicarle preventivamente in una maniera la più nobile, la più singolare 

tutti i Meriti infiniti del suo preziosissimo Sangue, tutto il frutto della 

sua Passione e Morte: Ex morte Filii sui praevisa 18 . La Madre coll’attribuire 

14 I fiumi entrano nel mare, ma il mare non straripa. 

15 Mio figlio è amato da me e io da lui. La sua grazia in me non fu vana. 

16 Città del Signore delle virtù. 

17 Costruì per sé una casa, fece sorgere sette colonne. 

18 Avvisata preventivamente della morte di suo Figlio. 

245

246 

al Figlio, e riconoscer da Lui tutti i suoi privilegj, tutte le sue grandezze: 

Fecit mihi magna, qui potens est. Dilectus meus mihi, et ego illi. 

9. Da un gruppo pertanto di tante maraviglie, che unito si vidde nell’Immacolata 

Concezion di Maria, deducetelo ora voi, Dilettissimi miei, se 

quanto mai grandi fosser le premure di Dio in arricchire di pregi singolari, 

eccellenti, e innumerevoli la sua Madre in quell’illibato Mistero, affin 

fosse all’intutto corrispondente all’infinita Maternità Divina, a cui era stata 

preeletta. Io per me vi confesso, che fatto fuori di me per lo stupore, 

starei quasi per servirmi della frase di un Pier Daminani, ed esclamare, 

che tuttoché le ricchezze de’ Divini Tesori non possano esser soggetti a 

vedere il fine, nientedimeno, per un modo di esprimer l’estasi del mio 

stupore, giungessero essi quasi ad impoverirsi, tante furon le Grazie, i 

Doni, i Privilegj all’Anima SS.ma di Maria sì copiosamente accordati in 

quell’Istante, in cui da Dio creata fu ed unita nel suo purissimo Corpo. O 

quanto di buona voglia vi esemplificherei ciò co’ fatti, ma non li truovo 

adattati: mi servirei di parità, e simiglianze, ma troppo lontano le veggio: 

vi aggiugnerei altri concetti, ma troppo deboli io li ravviso. Oh ineffabili 

Divine premure, voi sorpassate ogni creato intendimento! Oh illibato miracoloso 

Mistero, tu ammutolisci ogni lingua! O stupori, o maraviglie, o 

Dio, o Maria!… Uditori, dove io sono? Di che io favello? Qual è il mio 

argomento? Perdonatemi: così fanno estatico rimanere ogni oratore le 

grandi premure di Dio nell’arricchire di Privilegj la sua Madre nella di Lei Concezione, 

affin fosse una Concezione corrispondente all’infinita di Lei Dignità di Madre di 

Dio. Riposiamo. 

GIN., e FIL. O che siate pur cento e mille volte benedetto Voi, Signor 

Produlario, e Monsignor nostro Padre! Sieno pur benedette da Maria 

SS.ma le vostre Lingue! Anche noi, siam quasi fuor di noi stesse 

per lo stupore. 

PROD. Ma non vi diss’io, favellandovi dell’Ossatura e Selva Oratoria di tal 

Sermone, che la prima passione, ch’eccitar qui si dovea nell’Uditorio 

era l’Ammirazione? Non vi notai ancora, che questa veniva eccitata 

dal dimostrarsi la grandezza delle Divine Premure? 

GIN. È vero. 

FIL. Sì; ma ella ci disse ancora, che un’altra passione doveva pur moversi, 

cioè l’Amore all’Immacolata Concezione; e che questo amore ecci-

tar si poteva o col dimostrare se quanto veniva amato da Dio il 

suddetto Mistero, o se quanto veniva beneficato chi lo venerava ed 

amava. 

PROD. Appunto ciò riserboss’il Prelato per la seconda Parte del suo Sermone; 

facendo una tenera e fervorosa parafrasi a due passi, uno 

Scritturale: Super haec, Mulier Immaculata computabitur 11 (Eccles. 40, 

29), l’altro della Chiesa nella Messa propria dell’Immacolata: Fructum 

centuplum suae devotionis accipiant 12 (Orat. Postcommun.). Onde 

ebbe il Sermone a riscuoter dall’Uditorio lagrime e sospiri di tenerezza. 

GIN. Viva Nostra Immacolata Signora! 

FIL. Viva sempre in tutti i cuori! Ma io bramerei sentire un po’ ridotti in 

forma stretta dialettica tutti gli argomenti oratoriamente e amplificatamente 

portati in tal Sermone. Credevo, ch’ella li avesse notati 

nell’Ossatura; ma ivi ella disse, che siccome si sapevano, non accadeva 

notarli. Se ivi io li avesse sentiti, o allora sì, che assai meglio 

avrei capita tutta l’intessitura oratoria del Discorso. 

GIN. Certamente a Lei non costerebbe nulla farci l’analisi di tutto il Sermone, 

con iscioglierlo, e spogliarlo da tutte le oratorie amplificazioni, 

e ridurlo ai puri argomenti dialettici. 

PROD. Voglio propriamente consolarvi. Or tutti gli argomenti, e tutte le 

pruove maneggiate dal Prelato, si riducono al seguente Sillogismo 

dialettico, cioè 

- Quelle Premure di Dio nell’arricchire un’Anima di Privilegj in 

qualche di Lei avvenimento, si dicono grandi, quando le dona 

Privilegj singolari, eccellenti, e innumerevoli (ecco la maggiore). 

- Atqui 13 , Iddio ebbe premura di arricchir la sua Madre nella di Lei 

Concezione di Privilegj singolari, eccellenti, e innumerevoli; affin 

fosse una Concezione corrispondente all’infinita Dignità di Madre 

di Dio! (ecco la minore raziocinata a guisa di epicherema). 

- Dunque le Premure di Dio furono grandi (ecco la conseguenza, 

che seco porta l’Assunto). 

11 Sopra ogni cosa sarà chiamata Vergine Immacolata. 

12 Ricevano il centuplo della loro devozione. 

13 Del resto. 

247

GIN. O guardate, quanto ora è facile a capire tutta l’orditura del Sermone. 

FIL. Veh veh! Dunque Monsignor nostro Padre in tutto il suo Sermone 

non ha fatto altro, che provar la minore con oratoriamente ingrandirla 

e amplificarla? 

PROD. Così è. 

GIN. Ma, e il Fine principale o sia proposizione finale, cioè Siate divoti e 

amanti dell’Immacolata Concezione, dove l’ha detto? 

FIL. L’avrà forse detto nella seconda Parte e nella chiusa del Sermone. 

PROD. Ivi veramente lo ha detto e replicato espressamente, ma sempre 

sotto diverse maniere, più volte. Così poteva farlo ancor da quando 

in quando nella prima Parte: ma non era punto necessario. 

GIN. e FIL. E perché no, se il Fine è il principale intento dell’Oratore? 

PROD. Perché l’Assunto non è altro che un mezzo per arrivare al Fine. Intanto 

l’Assunto si pruova con molto sforzo e in varie guise, in quanto 

sia atto a condurre l’Uditorio al Fine. Se dunque l’Assunto sia ben 

provato, già il Fine se ne vien da sè, e lo canta l’organo, come suol 

dirsi. Se poi l’Assunto non fosse ben provato, potrebbe pur 

l’Oratore sfiatarsi a raccomandare espressamente il Fine, che tanto 

dal canto suo non l’otterrebbe; se Dio non vi concorresse con 

qualche miracolo. 

GIN. e FIL. Siamo appien soddisfatte; e glie ne protestiam mille grazie. 

PROD. A Dio, e all’Immacolata sua Madre rendete le Grazie, non a me 

inutile vostro Servo. Raccomandatemi tanto alla Divina Misericordia, 

io non voglio altro. 

Addio, mie buone Figliuole. Viva in eterno Nostra Immacolata Signora! 

GIN. e FIL. Viva in eterno, viva! 

248

17 

Omelia per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 

1786 

249

250

17 

Il Servo di Dio recita l’omelia per la festa dell’Immacolata Concezione 

dell’anno 1786 nella Cattedrale di Montalto, “dal trono”, durante il solenne 

pontificale. 

L’arco di tempo trascorso dall’ultimo sermone, scritto e recitato per la 

stessa occasione a Montalto, corrisponde a quello della vicegerenza trascorso 

da mons. Marcucci a Roma (gennaio 1774 - aprile 1786). Egli era tornato varie 

volte da Roma nella sua amata Diocesi, durante il servizio, ma non era mai 

capitato per la festa dell’Immacolata. 

L’omelia si articola in nove punti ed ha per assunto il commento alla frase 

dei Proverbi attribuita a Maria: “Io amo coloro che mi amano…” (Prov. 8, 7- 

21). Altre volte mons. Marcucci aveva utilizzato nei sermoni questo passaggio 

biblico come prova delle sue argomentazioni; ma è la prima volta che lo sceglie 

come tema di un discorso. 

L’omelia del 1786 si ricollega a quella del 1772 per l’impegno strutturale 

che l’Autore profuse nella composizione di entrambe. Qui egli annota la scelta 

retorica operata per costruirla e le varie parti del discorso elaborate per suscitare 

gli affetti degli ascoltatori attraverso “lagrime di tenerezza”. 

Nell’esordio si presenta agli ascoltatori come messaggero della Grande 

Imperatrice dell’Universo per rassicurarli che Ella si impegna a proteggerli e 

favorirli perché li ama. Non vi è alcun dubbio circa l’amore e l’impegno di 

Maria verso i suoi figli. 

Il privilegio dell’Immacolato Concepimento è quello che più degli altri la 

onora ed è quello che più dà gloria al Redentore Divino, per questo Maria 

SS.ma nutre una tenerezza speciale verso i devoti di questo suo singolarissimo 

privilegio che non può non rallegrarli. 

Mons. Marcucci conclude l’omelia, come altre volte con una fervida preghiera 

all’Immacolata Regina del cielo, quindi imparte ai diocesani la benedizione 

papale che riserva per questo solennissimo giorno. 

Il testo è stato trascritto dall’autografo, ASC 93, cc. 1-6 1 . 

1 Sul recto del foglio di guardia mons. Marcucci riporta il titolo dell’omelia (come nell’intestazione della 

stessa), seguito dall’annotazione: Avvertimento / Dove si noterà nel margine così [disegno raffigurante una 

mano con l’indice puntato. La presenza di tale disegno verrà, nel testo trascritto, segnalato con la dicitura 

“signum”] / Servirà per indizio delle Lagrime di tenerezza / Sì dell’Oratore, che del numeroso divoto Uditorio 

/ Nella mattina della Recita etc. 

251

Proemio misto di 

Separato e 

Congiunto 

Assunto di Stato 

congetturale, e di 

Genere 

deliberativo. 

Pruova intrinseca 

ex Causis e 

principalmente ex 

Definito. 

252 

Omelia dell’Immac[olata] Concezione 

Recitata dal Trono nel solenne Pontificale 

nella Cattedrale di Montalto la Mattina 

del Venerdì 8 Dicembre 1786. 

Ego diligentes me diligo…, ut ditem diligentes me 2 

Ne’ Divini Proverbj al Capo ottavo vers. 17-21 

1. Destate pure ne’ petti vostri, o benavventurati Divoti 

dell’IMMACOLATA CONCEZION di MARIA, 

che qui mi ascoltate; destate, torno a dire, i sentimenti 

più vivi di gaudio; sciogliete si le vostre lingue in 

dolci Inni di tripudio; che tutta la ragione vi assiste. 

In un Giorno così solenne, all’illibato Mistero da 

Santa Chiesa consecrato, divenuto io come un Messaggiero 

della Grande Imperadrice dell’Universo, mi 

fo in suo Nome a portarvi un felicissimo Annunzio. 

Lo credereste? Essa, la possente Signora, si truova 

nell’Impegno di proteggervi e favorirvi. Ben io mi avveggio, 

che Voi in ciò udire, trasportati come fuori di Voi 

stessi per l’allegrezza, vi fate a temere, che in questa 

mattina servir mi voglia piuttosto di un favellare oratorio, 

senza pesare il mio Assunto sulla bilancia rigorosa 

del vero. Or io, non altro da voi chieggo se non 

se prestarmi attento l’orecchio, per poi deliberare se 

il mio dire abbia sulla verità tutto il suo fondamento. 

Incominciamo. 

2. Affin di porre nel suo chiaro lume, se la Gran Vergine 

si truovi o no impegnata nel proteggervi e favorirvi, 

egli è duopo, Dilettissimi miei, che fissiate il 

pensiero sull’origine dell’Impegno. Nasce dunque 

l’onesto Impegno dal sincero Amore. Da questo riconosce 

non solamente la sua sorgente, ma i suoi 

progressi ancora, e il compimento: Onus ex animo benevolo 

susceptum, così lo espone a maraviglia un moderno 

Scrittore, multam exigens operam ad finem conse- 

2 Io proteggo quelli che mi amano… per favorire quanti mi amano

Conferma ex 

Scriptus con 

Ipotiposi succinta. 

Siegue la pruova 

intrinseca ex Causa. 

Pruova intrinseca 

ex Effectibus. 

quendum. Esso è un amoroso Incarico, non mai stanco 

di adoprarsi pel conseguimento di quel bene, che 

giustament e ha in mira. Osservate s’egli è così. Publichi 

pure il Re Saulle la ferale sentenza di morte 

contra di Gionata suo Figlio, che in faccia a tal severo 

Decreto sorge l’Impegno di tutto l’Esercito 

d’Israele in favor della Vita del condannato Real 

Principe Guerriero. Muoja, grida e giura il Monarca. 

No, Sire, esclama il Popolo sull’armi, non è dovere, 

che perisca un Giovine così valoroso. Non vale più 

la Regia autorità a far resistenza, e cede. Non trascura 

tutti i mezzi per render salvo Gionata l’Impegno 

Militare, e vince. Ma perché vince? Perché tutto 

l’Esercito aveva dell’Amor grande a Gionata, e 

l’Amore lo aveva mosso ad uno istancabile Impegno. 

Tant’è: Onus ex animo benevolo susceptum, multam 

exigens operam 3 . 

3. Che s’è così, chi di voi, Uditori, potrà rivocare in 

dubbio il forte Impegno di MARIA nel proteggere e 

favorire i Divoti dell’Immacolata sua Conce-zione, 

se verso di loro un grande Amore conserva? Voi 

primieramente non avrete coraggio di negarmi, che 

l’amabilissimo Cuore di Nostra Signora, come pieno 

di Benignità e Clemenza imparegiabile, trasportato si 

truovi ad amare con particolare Benevolenza tutti 

Coloro, che di esser vincolati al suo amoroso servizio 

godon la bella sorte. Ciò impugnar non si puote, 

stando registrato: Ego diligentes me diligo (Prov. 8, 17) 4 . 

Nascer forse vi potrebbe il timore, se Voi nel fortunato 

novero de’ suoi divoti Amanti ascritti pur siate. 

Ma ditemi; la tenerezza che avete verso l’Immacolato 

suo Concepimento; la divozione che ne mostrate in 

festeggiarlo religiosamente in tante guise; lo zelo, che 

nudrite, affin da altri venga venerato; e non son queste 

forse testimonianze ben chiare dell’Amor vostro 

speciale verso Maria? Deh sì. Se dunque siete suoi 

3 Un incarico assunto volentieri che richiede molto lavoro. 

4 Io proteggo quelli che mi amano. 

253

Altra Pruova 

intrinseca ex Causa 

praecipua. 

Ex effectibus. 

254 

sinceri Amanti, come dubitar mai potete di non esser 

da Lei riamati? Tolgasi pure da voi ogni eccessiva 

timidezza. Di voi, sì, di Voi ancor favella, qualor si 

protesta: Ego diligentes me dili go. Pertanto, se nel Cuor 

di Maria vive l’Amore verso di Voi, dite pur francamente, 

che anche l’Impegno per voi favorevole ivi 

soggiorna. Amore ed Impegno, io lo ripeto a vostro 

conforto, Amore ed Impegno non possono mai stare 

disgiunti; come non può la Fiamma esser dissunita 

dal Fuoco, da cui trae l’origine. 

4. Sebbene, o Divoti dell’Illibato Mistero, voi avete un 

più forte motivo di rallegrarvi, giacché da un principio 

più alto, e più intrinseco discende l’Amore e 

l’Impegno della Sovrana del Cielo verso di Voi. Credo 

di non essere in abbaglio in manifestarvi tal nuova 

forte ragione benché da Pergami, per quanto a me 

sia noto, non siavi stata sinora posta sott’occhi. Attenti 

di grazia. Il Privilegio ben singolare di essere 

stata Concetta senza l’originaria colpa, egli è un Privilegio, 

che forma l’oggetto più caro e più geloso del 

Cuor di Maria e per la verità della sua esistenza, e per 

la Purità somma che in sé contiene, e per l’Onor 

grande che a Dio ne ridonda, e per la Gloria singolare 

che al Redentore Divino ne risulta. Vedendo dunque 

la Vergine seco uniti di cuore i Zelanti divoti del singolarissimo 

suo Privilegio, chi può mai ridire, se quale 

stimolo forte dall’intimo del Cuor suo si senta di 

far loro sperimentare le più care sue amorevolezze, e 

le sue più doviziose beneficenze, come a’ suoi Favoriti 

e Prediletti. 

5. Or s’egli è vero, come verissimo, che il più evidente 

contrasegno di esser dalla Celeste Signora favorito, 

egli è quello di rimanere prescelto tra tanti per Banditore 

e Difensore Zelante dell’Onor suo; come ben 

disse il sapiente Idiota; ora mi sembra vederla discender 

dal Cielo, riccamente coperta di Manto azzurro, 

tutto sfolgoreggiante di Sole, conforme la descrive 

Giovanni, coronata di lucide Gemme a guisa

Prosopopea oratoria. 

[signum] 

di Stelle, e maestosamente posata su di un’argenteo 

Soglio sotto forma di Luna (Apoc. 12, 1); ora, torno 

a ripetere, pare a me di udirla favellare tutta premu- 

rosa ai Divoti del suo illibato Mistero: 

“Sopra di Voi, miei Favoriti, miei prediletti Amanti e 

Divoti, l’Onore del mio Divin Figlio, e l’Onor mio in 

gran parte si appoggia. A voi ripeto quel che alla diletta 

mia Brigida, ed a tanti altri miei Favoriti manifestai: 

Veritas est, quod ego concepta fui sine peccato originali 5 

(Lib. 6 Revel. cap. 49). Questa è una Verità invariabile. 

Se un tal mio singolar Privilegio sulla Verità non 

fosse fondato, veruna pura Creatura sarebbe più di 

me premurosa di toglier da’ Servi miei ogni inganno. 

Andate pure, miei Fidi, e publicate questa verità della 

Immacolata mia Concezione. Fate ben’intendere a 

tutti, che venerunt mihi omnia bona pariter cum illa (Sap. 

4, 11) 6 . 

Tutti gl’innumerabili miei Privilegj, de’ quali Dio col 

Braccio della sua Onnipotenza mi fe ricolma, non sarebbero 

stati così gloriosi, se io, prevenuta dalla Divina 

Grazia, non fossi stata fatta esente ed immune 

dall’originale peccato, e se il mio Divin Figlio non mi 

avesse resa partecipe di una Redenzione più nobile e 

più copiosa, e tutta singolare, col preservarmi dalla 

caduta nel fallo di Adamo. 

Quindi dall’Immacolato mio Concepimento ridondò 

a tutti gli altri miei pregi un lustro maggiore”. Così pare 

a me, come dissi, di sentire l’Incarico, che in contrasegno 

di speciale predilezione si degni l’eccelsa Sovrana 

di addossare ai suoi cari Divoti del prelodato 

Mistero: giacchè di Lei ancora può ripetersi quel che 

del suo Divin Figlio si legge: Super faciem Scribae imponet 

honorem suum (Eccles. 10, 5) 7 . 

6. Che s’è così, o Voi ben cento e centovolte felici, Dilettissimi 

miei! Mancano a me de’ giusti termini per 

5 È una verità invariabile che fui concepita senza peccato originale. 

6 Insieme ad essa (I. C.) vennero a me tutti i privilegi. 

7 Sopra il volto dello scriba porrà il suo onore. 

255

Altra Pruova ex 

Scriptura 

Comparazione con 

la Descrizione 

[signum] 

Similitudine 

256 

esprimervi le copiose beneficenze, di cui si può ripromettere 

lo zelo vostro divoto per l’Immacolata 

Concezion di Maria. Dirovvi soltanto, che quella certezza 

del singolare suo Amore verso di Voi, rendervi 

può persuasi anche dell’Impegno suo singolare in 

proteggervi e favorirvi. Della sua protesta: Ego diligentes 

me diligo, ne manifesta Essa medesima le favorevoli 

conseguenze: Ut ditem diligentes me (Prov. 8, 21). Essendo 

la Gran Regina, da Dio fatta Tesoriera e Dispensatrice 

delle Celesti ricchezze, non vi è Grazia, 

non Favore o spirituale o corporale, o per questa o 

per l’altra Vita, che, a riguardo del suo Mistero da voi 

venerato, non sia per accordarvi: Ut ditem diligentes me. 

7. Siasi pur grande quanto si voglia il vostro Impegno di 

confessare MARIA per tutta bella senza macchia (Cant. 

4, 7), come ne’ Sacri Cantici viene dipinta; figurata in 

quella Luce, che fu sempremai risplendente sin dal 

primo istante di sua Creazione (Gen. 1, 3). Siasi istancabile 

il vostr’ossequio nel venerarla or come simboleggiata 

in quell’Arca Noetica, che nella universale inondazione 

andò sola galleggiante e sicura (Gen. 7, 

18); ed ora rappresentata nella graziosa Ester Regina, 

non mai compresa nel ferale Decreto di Assuero, emanato 

per tutti (Esth. 15[3], 13). 

E per finirla siasi fervido quanto mai lo zelo vostro 

nel predicarla, or per quella Gran Donna, che 

coll’immacolato suo Piede schiacciar doveva alla Serpe 

Infernale l’altero capo (Gen. 3, 15); ed or per colei, che 

l’unica fu tralle pure Creature in questa Terra a porre 

le prime radici di sua Concezione tra gli Eletti 

dell’Altissimo (Eccl. 24, 13), e con tanta pienezza di 

Grazia, che tali primi suoi fondamenti oltrepassarono 

di gran lunga i Tabernacoli più santi della Celeste 

Sionne (Psal. 86, 1). Di una cosa dovete tuttavia persuadervi, 

ed è, che sempreppiù grande è l’Impegno di 

Maria nel beneficarvi a contem-plazione 

dell’Immacolato suo Concepimento. 

8. Vi si presentò mai, Uditori, innanzi agli occhi quel

Apostrofe che serve 

per Perorazione e 

Mozion degli affetti. 

[signum] 

portentoso fenomeno di due Soli, l’uno vero e reale, 

l’altro apparente, che vien detto Parélio; ed altro non 

è che un’immagine viva del Sole vero, formato dal 

riverbero de’ suoi raggi in una nube vicina e ben disposta 

a riceverli e tramandarli. Or figuratevi, che 

l’Impegno di Maria Immacolata è un vero Sole benefico, 

che realmente spande i suoi raggi di Grazie e di 

Favori sopra di voi coll’illuminarvi nella strada della 

salute, col riscaldarvi nel Divino Servizio, col farvi 

produrre i frutti di Vita Eterna. L’Impegno vostro 

poi è come un Parélio, come una Immagine apparente, 

che riceve da Maria i suoi Raggi, e li tramanda col 

dilatar le sue Glorie. Tral vero Sole e il Parélio sembra 

talora non potersi dar conto, se qual di due più risplenda: 

ma alla fine l’apparenza è duopo che alla sostanza 

ceda la sua comparsa. Così tra l’Impegno di 

Nostra Immacolata Signora, e l’Impegno de’ suoi 

prediletti Divoti, pare che esser vi possa una gara; 

ma siccome l’Amor di Maria è impareggiabile ed invincibile, 

tale perciò n’è ancora l’Impegno: onde per 

quanto noi facciamo e possiam fare per Lei, sarà al 

più come un’apparente Parélio, o per meglio dire, 

come un picciolo raggio al confronto della Mole 

immensa di Luce, qual è il Sole. 

9. Deh s’è così, o Gran Vergine tutta bella, tutta pura, 

tutta santa nel primiero Istante dell’Esser vostro, diasi 

pure a Voi il glorioso vanto di non farvi mai superare 

nell’Amore, né uguagliar nell’Impegno per noi, 

che ben vi compete. Quantevolte in riverenza di vostra 

Concezione Immacolata, perché venerata da noi, 

ci avete singolarmente difesi ne’ nostri pericoli, soccorsi 

ne’ nostri bisogni; e quel che riesce di stupore 

anche all’Empireo, ci avete pronta in tante nostre 

gravi indigenze protetti senza venirne da noi suplicata. 

Dio buono! E chi mai di noi avrà lingua capace a 

ridire in menoma parte le materne vostre amorevolezze 

sperimentate? Qual è quel Bene, quel Favore, 

quel Dono, che dal Trono della Divina Misericordia 

non ci avete Voi impetrato? Deh s’è così, ripeto, 

257

258 

amorosissima Signora e Madre, date il compimento 

ai tratti graziosi dell’Amor vostro e del vostro Impegno 

in proteggerci e favorirci a riguardo del vostro sì 

caro Mistero. Voi, che in virtù del Sangue prezioso 

del vostro Divin Figlio preservata da ogni macchia 

entraste tutta bella e Immacolata in questo Mondo; 

fate, che noi lavati da quel medesimo Divino Sangue 

partir possiamo dal Mondo tutti purificati ed abbelliti. 

Noi così dolcemente e santamente morendo, assistiti 

da Voi tralle vostre Materne amorose Braccia, 

serviremo, per vostra Gloria maggiore, ai Posteri tutti 

di esempio e di incontrastabile pruova, se quanto 

possa il singolar vostro Amore ed Impegno di proteggere 

e favorire i veri Divoti di vostra Immacolata 


Indi si è data la Benedizion Papale accordata dal Sommo 

Pontefice etc.

INDICE CRONOLOGICO 

SCRITTI SU MARIA 

di 

FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI 

1737 Agli amanti di Maria, ASC 2, autog., 114 p., cm 9,5x6,8. 

1739, 

8 dicembre 

L’Immacolata Concezione della SS.ma Vergine: Lodiamo Fedeli, 

ASC 51, autog., 18 p., cm 15,5x22. 

1745 I Dodici Privilegi Goduti dalla Gran Madre di Dio Maria 

Sempre Vergine nella Sua Immacolata Concezione, Ascoli 

per Niccola Ricci Stampator Camerale con Licenza de’ Superiori, 

pp. 189. Con aggiunta autografa intitolata Apologia Per le Sacre 

Cartine dell'Immacolata Concezione, e per l'uso loro, ASC 

13, 40 p., cm 9,5x15. 

1746 Abbozzo di Panegirico dei dolori della SS.ma Vergine Immacolata 

nel venerdì della domenica di Passione. Stabat iuxta crucem Jesu 

Mater eius (Joan. 19, 25), ASC 23, autog., 17 p., cm 14x20. 

1746 Istruzione sopra il sagro scapolaretto Abitino Ceruleo, o vogliam dirlo 

Torchino dell'Immacolata Concezione di Maria sempre Vergine, 

proposta a tutti quei fedeli, che bramano ascrivercisi, dall'abate D. 

Francesco Antonio Marcucci, detto dell'Immacolata Concezione, Sacerdote 

Secolare di Ascoli, e Missionario Apostolico, ASC 154, 1 

p., cm 26,5x38,7. 

1746, 

15 marzo 

1747, 

5 dicembre 

Volgarizzamento Poetico dell’Ave Maris Stella, ASC 47, autog., 

3 p., cm 13,5x19,5. 

Maria SS.ma liberò un suo divoto da una Tempesta di mare per la 

devozione alla dilei Immacolata Concezione, ASC 51, autog., 3 p., 

cm 15,5x22. 

259

1747, 

6 dicembre 

1747, 

7 dicembre 

1747, 

8 dicembre 

1749, 

5 dicembre 

1749, 

6 dicembre 

1749, 

7 dicembre 

1749, 

8 dicembre 

1750, 

5 dicembre 

1750, 

6 dicembre 

1750, 

7 dicembre 

1752, 

1 gennaio 

260 

Maria SS.ma ordinò ad un suo Divoto che se voleva esser suo Sposo, 

fosse divoto della Immacolata dilei Concezione, ASC 51, autog., 4 

p., cm 15,5x22. 

Maria SS.ma risuscitò un suo Divoto, e gli impose che fosse molto 

divoto della Immacolata Concezione di Lei, ASC 51, autog., 4 p., 

cm 15,5x22. 

Chi è vera Divota dell’Immacolata Concezione dee sforzarsi a fare 

una vita molto pura, e netta da ogni colpa, ASC 51, autog., 8 p., 

cm 15,5x22. 

La divozione all’Immacolata Concezione è di efficace mezzo per 

l’aiuto ne’ gravi bisogni, ASC 51, autog., 4 p., cm 15,5x22. 

Il difendere, e pubblicar le glorie dell’Immacolata Concezione impegna 

la Vergine a mostrar singolari finezze di Amore, ASC 51, autog., 

5 p., cm 15,5x22. 

La divozione verso l’Immacolata Concezione è un efficace preservativo, e 

rimedio contra la peste, ASC 51, autog., 4 p., cm 15,5x22. 

Orazione Panegirica: Diligit Dominus Portas Sion super omnia 

Tabernacula Jacob, ASC 51, autog., 6 p., cm 15,5x22. 

I veri Divoti di Maria SS.ma nella festa della sua Immacolata Concezione 

debbono piucchè mai onorarla, ASC 51, autog., 4 p., cm 

15,5x22. 

Chiunque brama soccorso dalla SS.ma Vergine ne’ suoi bisogni spirituali, 

e temporali, sii divoto dell’Immacolata Concezione, ASC 51, 

autog., 4 p., cm 15,5x22. 

I Miracoli fatti dalla SS. ma Vergine per glorificar la sua 

Immacolata Concezione, ci debbono essere di grande stimolo 

ad onorar il suddetto Mistero, ASC 51, autog., 4 p., cm 

15,5x22. 

Il solennizzare e celebrare il sabbato con varie devozioni in 

onor della Vergine è di suo gran piacere e vien da lei molto 

ben ricompensato, ASC 23, autog., 6 p., cm 14x20.

1752, 

8 gennaio 

1752, 

15 gennaio 

1752, 

22 gennaio 

1752, 

29 gennaio 

1752, 

5 febbraio 

1752, 

12 febbraio 

1752, 

18 marzo 

1752, 

8 aprile 

1752, 


1752, 


1752, 


La tenera devozione verso la SS. ma Vergine è di gran giovamento 

per ravvivar la nostra fece verso il SS. mo Sacramento, ASC 23, au- 

tog., 5 p., cm 14x20. 

La devozione della SS. ma Vergine è di giovamento grandissimo per 

fare una buona confessione sacramentale, ASC 23, autog., 8 p., 

cm 14x20. 

Quanto riesca di gradimento alla SS.ma Vergine la nostra divozione 

verso di lei e quanto le sia di dispiacere la mancanza di nostra fedeltà, 

ASC 23, autog., 8 p., cm 14x20. 

La Divozion professata da San Francesco di Sales verso la SS.ma 

Vergine, e le finezze della Vergine usate verso S. Francesco di Sales, 

risvegliar debbono e la nostra diligenza in fedelmente servir la stessa 

Regina del Cielo, e la nostra fiducia in esser da lei protetti, ASC 22, 

autog., 13 p., cm 14x20. 

Quanto dispiaccia alla SS. Vergine il Carnovale, ASC 10, 

autog., 6 p., cm 14x20. 

La divozione verso la SS.ma Vergine riesce di gran conforto nella 

morte, ASC 23, autog., 10 p., cm 14x20. 

Il Patriarca San Giuseppe, Gran Protettore per ottener la Protezione 

di Maria SS.ma, ASC 22, autog., 10 p., cm 14x20. 

La divozione verso il gran padrone e patriarca San Giuseppe è un 

mezzo efficacissimo per ottenere la protezione e il patrocinio di Maria 

SS.ma, ASC 23, autog., 1 p., cm 14x20. 

La gran Regina del cielo ha un mirabile potere in difendere i suoi divoti 

da tutti gli assalti del nemico infernale, ASC 23, autog., 1 p., 

cm 14x20. 

Il concorrere e portarsi nelle chiese a venerar le sacre immagini di Maria, 

è un bel mezzo per essere da lei protetti, ASC 23, autog., 8 p., 

cm 14x20. 

L’intercessione di Maria SS.ma è molto efficace per placar l’ira divina, 

ASC 23, autog., 8 p., cm 14x20. 

261

1752, 

13 maggio 

1752, 

20 maggio 

1752, 

27 maggio 

1752, 

10 giugno 

1752, 

17 giugno 

1752, 

24 giugno 

1752, 

1° luglio 

1752, 

8 luglio 

1752, 

15 luglio 

1752, 

22 luglio 

262 

La divozione verso Maria SS.ma rende buona la nostra speranza e 

ce la ravviva ed accresce, ASC 23, autog., 9 p., cm 14x20. 

Maria SS.ma impetra ai suoi devoti la pienezza dello Spirito Santo, 

ASC 23, autog., 8 p., cm 14x20. 

Il ringraziare la SS.ma Trinità delle Grazie concedute alla SS.ma Vergine, 

ed il congratularsi colla Vergine per la gloria ed onore dato alla 

SS.ma Trinità, esser debbe l’esercizio più frequente de’ veri Divoti di 

Maria, ASC 35, autog., 10 p., cm 14x20. 

Il concorrere alle fabbriche od al mantenimento delle Chiese dedicate a 

Maria SS.ma, vien da lei molto ben ricompensato anche in questa 

vita, ASC 23, autog., 8 p., cm 14x20. 

Quanto gradisca la SS.ma Vergine l’esser salutata coll’Ave Maria, 

ASC 23, autog., 6 p., cm 14x20. 

Essendo stato San Giovanni Battista così caro a Nostra Signora, 

non vi è mezzo più proprio per ottenere la Protezione 

di questa, che interporvi l’Intercessione di quello, 

ASC 22, autog., 8 p., cm 14x20. 

Il reputarsi indegno di ricevere le dolcissime visite di Maria SS.ma e 

nel tempo stesso far quel che si deve per ottenerle, egli è il gran segreto 

per sicuramente riceverle, ASC 23, autog., pp. 8, cm 14x20. 

Chi vuol grazie dalla Vergine ricorra a lei con fiducia e con perseveranza 

nelle sue chiese, ASC 23, autog., 7 p., cm 14x20. 

L’essere ascritti al sacro abitino del Carmine, ed il portarlo con devozione, 

impegna Maria SS.ma a proteggerci singolarmente in questa 

vita e nell’altra, ASC 23, autog., 7 p., cm 14x20. 

L’Amore che la Maddalena portò a Maria SS.ma, 

debb’essere il modello del nostro Amor verso la Vergine, 

ASC 22, autog., 8 p., cm 14x20.

1752, 

29 luglio 

1752, 

5 agosto 

1752, 

12 agosto 

1752, 

15 agosto 

1753, 

12 maggio 

1753, 

9 giugno 

1753, 

16 giugno 

1753, 

2 luglio 

1753, 

8 settembre 

1753, 

15 settembre 

La divozione del Santo Rosario è così cara alla Vergine, che l’ha 

impegnata sempre mai ad oprar maraviglie, anche in favore di chi so- 

lamente lo ha portato indosso, ASC 23, autog., 8 p., cm 14x20. 

L’averci posti il nostro gran Padre e protettor Sant’Emiddio, tosto 

dopo il suo arrivo, sotto la Protezione e Tutela di Maria SS.ma, fu 

la gloria del suo Apostolato, e la sorgente di tutte le nostre fortune, 

ASC 22, autog., 9 p., cm 14x20. 

L’apparecchiarsi a celebrar con divozione la festa della gloriosa Assunta 

di Nostra Signora la impegna ad esercitar verso di noi l’uffizio 

ch’ella ha di Rifugio dei Peccatori, ASC 23, autog., 8 p., cm 

14x20. 

Sotto la similitudine del cedro si dimostra essere stata Maria SS.ma 

nella sua gloriosa Assunta e di stupore al mondo, e di allegrezza e 

maraviglia al cielo e di giovamento a tutti, specialmente ai peccatori, 

ASC 23, autog., 10 p., cm 14x20. 

Il vero divoto della Vergine dee procurar di avere buona memoria, 

miglior ingegno, ed ottimo giudizio, sì per maggiormente promuovere il 

culto di Lei, che per ottenere più efficace il suo patrocinio, ASC 23, 

autog., 10 p., cm 14x20. 

Per ricevere, per conoscere e per eseguire gl’impulsi dello Spirito Santo, 

non vi è il più bel mezzo che farsi divoto di Maria SS.ma, ASC 35, 

autog., 2 p., cm 14x20. 

Godendo molto la Vergine che da sua parte si ringrazii la SS.ma 

Trinità debbe ognuno aiutarsi a farlo com’essa stessa insegnò e desidera, 

ASC 35, autog., 3 p., cm 14x20. 

Nella festa della Visitazione siccome si ravvivano piùchemai le noster 

speranze, così debbe piucchè mai risvegliarsi la nostra devozione, 

ASC 23, autog., 3 p., cm 14x20. 

Sermoncino per la SS.ma natività di Maria, ASC 51, autog., 2 p., 

cm 15,5x22. 

Per ottener una vera felicità non vi è più bel mezzo che esser divoto 

del SS.mo Nome di Maria, ASC 23, autog., 1 p., cm 14x20. 

263

1753, 

22 settembre 

1753, 

16 novembre 

1753, 

24 novembre 

1753, 

29 novembre 

1753, 

1° dicembre 

1753, 

5 dicembre 

1753, 

7 dicembre 

1753, 

8 dicembre 

1753, 

22 dicembre 

264 

Essendo il SS.mo Nome di Maria un Nome ricolmo di vieppiù benedizioni 

e di grazie, non può esser mai da noi invocato senza nostro 

grandissimo utile e vantaggio, ASC 23, autog., 3 p., cm 14x20. 

Quanto piaccia a Maria SS.ma il considerar l'Istituzione ed i Misteri 

della S. Messa, ASC 35, autog., 3 p., cm 14x20. 

Vuole la Vergine che tutt’i cristiani…, ASC 35, autog., 2 p., cm 

14x20. 

Il Nome augustissimo di Maria essendo di grande efficacia e virtù per 

ben morire, pronunziato nelle ultime agonie dai suoi divoti, impegna 

il gran Procurator dei moribondi l’Arcangelo San Michele, di cui oggi 

celebriamo, ad assisterci con più premura in quel punto tremendo, 

ASC 23, autog., 1 p., cm 14x20. 

L’assister con somma devozione e riverenza alla S. Messa, è lo stesso 

che impegnar la Vergine a farci singolari finezze, ASC 35, autog., 

2 p., cm 14x20. 

L’onorar l’Immacolata Concezione di Nostra Signora è una cosa a 

Lei ed al suo Divin Figlio molto gradita, ASC 51, autog., 4 p., 

cm 15,5x22. 

Per aver lo scampo da’ pericoli è di giovamento grande la devozione 

all’Immacolata Concezione, ASC 51, autog., 4 p., cm 15,5x22. 

La Divina Maternità, a cui la Vergine fu ab eterno preeletta, fu la 

sorgente ed origine della sua Preservazione e Santificazione singolarissima, 

ASC 51, autog., 13 p., cm 15,5x22. 

Relazione di un Fatto Miracoloso operato dalla Gran Madre 

di Dio Maria Sempre Vergine a maggior gloria della 

Sua Immacolata Concezione ad una Religiosa del Ven. 

Monistero dell'Immacolata Concezione, sotto l'ordine di S. 

Francesco Di Assisi, di questa Città di Ascoli, per Niccola 

Ricci Stam. Publ. e del Pal. Apost. ec. Con licenza de’ Superiori, 

Ascoli Piceno, ASC 27, stampa, 11 p., cm 17,5x24,5.

1754 La SS.ma Vergine detta del Rifugio, ASC 23, autog., 8 p., cm 14x20. 

1754, 

12 gennaio 

1754, 

23 febbraio 

1754, 

22 giugno 

1754, 

8 dicembre 

1755, 

8 dicembre 

La gran premura che ha la Vergine che noi ascoltiamo divotamente 

la S. Messa ci prova esser la messa di un gran valore per noi: come 

l’esser la messa di un gran valore ci dimostra che seriamente la Vergine 

ne ha una grande premura, ASC 35, autog., 3 p., cm 14x20. 

Uno tra gli ottimi apparecchi per udir con profitto la S. Messa, egli è 

il ricorre con calde preghiere alla gran Vergine Nostra Signora, ASC 

35, autog., 6 p., cm 14x20. 

L’umile confessione, ed il pentimento sincero di nostre colpe, innanzi 

alla Vergine, e l’umile invocazione del suo aiuto. È un gran mezzo 

per ottenere il perdono, ASC 35, autog., 5 p., cm 14x20. 

Abbozzo del sermone sopra l’Immacolata Concezione, ASC 51, autog., 

1 p., cm 15,5x22. 

La devozione verso l’Immacolata Concezione impegna fortemente la 

Vergine ad amarci, a proteggerci, a salvarci, ASC 51, autog., 8 p., 

cm 15,5x22. 

1756 La Divina Maternità, a cui fu da Dio eletta ab eterno la 

Vergine, fu l'origine, per cui fu preservata dalla colpa originale 

nella sua concezione, e fu allora riempita di Grazia e 

di Spirito Santo, ASC 35, autog., 1 p., cm 14x20. 

1756, 

21 novembre 

1756, 

5 dicembre 

1756, 

6 dicembre 

1756, 

7 dicembre 

Sermone familiare sopra la Presentazione di Nostra Signora, ASC 

23, autog., 19 p., cm 14x20. 

La singola bellezza che ebbe Maria nella sua Immacolata Concezione, 

ci obbliga ad amarla grandemente dopo Dio, ASC 51, autog., 2 

p., cm 15,5x22. 

La singolar premura che ha Maria SS.ma, che noi siam divoti della 

sua Immacolata Concezione, ci obbliga ad esser tali, ASC 51, autog., 

2 p., cm 15,5x22. 

La SS. V. avendo talvolta per via di odore miracoloso manifestata 

l’Illibatezza della sua Concezione, ci ha voluto con questo eccitare ad 

amarla ed ossequiarla colla santità dei costumi, ASC 51, autog., 2 

265

1757, 

5 dicembre 

1757, 

6 dicembre 

1757, 

7 dicembre 

1757, 

8 dicembre 

1757, 

31 dicembre 

1758, 

7 gennaio 

1758, 

14 gennaio 

1758, 

21 gennaio 

1758, 

28 gennaio 

266 

p., cm 15,5x22. 

Il dilucidare il Mistero dell’Immacolata Concezione, è lo 

stesso che impegnare la Vergine a favor della nostra eterna 

salvezza, ASC 51, autog., 4 p., cm 15,5x22. 

L’ossequiar di continuo l’Immacolata Concezione di Maria, 

è lo stesso che impegnarla a preservarci e a liberarci dalle 

gravi cadute, ASC 51, autog., 3 p., cm 15,5x22. 

La Vergine comunicando ai veri divoti della sua Immacolata Concezione 

lo spirito di dolcezza e di pace, fa che la loro morte riesca dolcissima, 

ASC 51, autog., 2 p., cm 15,5x22. 

Il mistero dell’Immacolata Concezion di Maria è apportator 

di ogni Bene, ASC 51, autog., 8 p., cm 15,5x22. 

Spiegandosi se di chi fosse Figlio il Patriarca San Giuseppe, 

si conchiude dimostrando quanto sia efficace il Patrocinio 

di San Giuseppe per ottener le Grazie da Maria Santissima, 

ASC 37, autog., 10 p., cm 13,5x19,5. 

Descrivendosi la nobile Parentela di Maria SSma, si conchiude esser 

nostra Parente in primo grado di adozione spirituale, cioè nostra amatissima 

Madre, ASC 37, autog., 15 p., cm 13,5x19,5. 

Delucidandosi, se quando avvenisse il purissimo Sacro Sposalizio tra 

la Vergine, e, S. Giuseppe, si conchiude coll’esaminare il modo, come 

possiamo Contrarre uno spirituale Sposalizio colla suddetta Regina 

del Cielo, ASC 37, autog., 17 p., cm 13,5x19,5. 

Incominciandosi a spiegar il capo secondo di San Matteo, si pone in 

chiaro, se in che tempo nacque Gesù Signor nostro, e quai prodigi 

principali accompagnarono la sua SSma Nascita, conchiudendosi con 

una Congratulazione alla SS. Vergine per la sua Maternità, ASC 

37, autog., 14 p., cm 13,5x19,5. 

Ponendosi in chiarezza maggiore i due singolarissimi Privilegi di 

Maria, cioè la sua Verginità perpetua, e la sua Maternità di Dio, si 

conclude che l’onorar questi due Privilegi è più bel modo di acquistar-

1758, 

4 febbraio 

1758, 

4 marzo 

1758, 

15 agosto 

1758, 

8 dicembre 

sela benevola Avvocata e Protettrice, ASC 37, autog., 16 p., cm 

13,5x19,5. 

Dilucidandosi la venuta, e l’offerta de’ santi Re magi, di cui favella 

San Matteo, si conchiude quanto Iddio gradisca i doni, che gli si 

danno per le mani della sua SS.ma Madre, ASC 37, autog., 3 p., 

cm 13,5x19,5. 

Dilucidandosi la strage degl’Innocenti, di cui ci parla San Matteo, si 

viene a dedurre quanto dispiaccia a Maria SS.ma il perseguitar 

gl’Innocenti, ASC 37, autog., 19 p., cm 13,5x19,5. 

Sopra la gloriosa assunta di Nostra Signora, ASC 23, autog., 6 

p., cm 14x20. 

L’elezione ab eterno che fu fatta della SS.ma Vergine alla Maternità 

Divina fu la sorgente di tutti i suoi Privilegi, e particolarmente della 

sua Immacolata Concezione, ASC 51, autog., 8 p., cm 14x20. 

1759 Refugium meus es tu. Nel salmo trentesimo, ASC 23, autog., 6 p., 

cm 14x20. 

1759 Breve discorso la gloriosa Assunta di Nostra Signora. Supra modum 

Mater mirabilis. Nel secondo dei Maccabei al settimo, ASC 23, autog., 

8 p., cm 14x20. 

1759 Sacro Triduo per la Festa dell’Imm. Concez. di Maria, ASC 51, 

autog., 3 p., cm 15,5x22. 

1759, 

8 dicembre 

1760, 

8 dicembre 

1760, 

18 dicembre 

Glorifica Iddio chi onora l’Immacolata Concezion di Maria, ASC 

51, autog., 11 p., cm 15,5x22. 

Orazione Per L'Immacolata Concezione Di Maria Sempre Vergine, 

Ascoli Piceno per Nicola Ricci Stampator Camer. Con licenza de’ 

Superiori, 64 p., cm 14x20. 

Orazione Per L'Immacolata Concezione Di Maria Sempre Vergine 

Recitata in Ascoli agli 8 di Dicembre del Corrente 1760. Da Francesco 

Antonio Marcucci D.I.C. della stessa Città, Postillata Da 

Prospero Cataldi della Città Medesima, e publicata sotto gli alti au- 

267

1762, 

5 dicembre 

1762, 

6 dicembre 

1762, 

7 dicembre 

1762, 

8 dicembre 

1763, 

5 dicembre 

1763, 

6 dicembre 

1763, 

7 dicembre 

1763, 

8 dicembre 

1764, 


268 

spici dell'Emo. e Rmo. Signor Cardinale Lorenzo Ganganelli da 

Anton Filippo Parisani Canonico della Cattedrale di Ascoli, e Vicario 

Generale della Città predetta. In Ascoli per Niccola Ricci 

stampator Cam., ec. Con Lic. de' Sup., ASC 46, 64 p., cm 

18,5x26. 

Convenne, che al Divin Padre preservar la Vergine, come sua Figlia, 

dal peccato originale, ASC 51, autog., 5 p., cm 15,5x22. 

Conveniva che l’eterno divin Padre preservasse Maria, come Mediatrice 

fra Dio e l’uomo, ASC 51, autog., 6 p., cm 15,5x22. 

Conveniva, che il Divin Padre preservasse Maria, come Trionfatrice 

del demonio, ASC 51, autog., 7 p., cm 15,5x22. 

Le Leggi umane in armi di difesa per la purità della Concezion di 

Maria: De qua natus est Jesus, ASC 51, autog., 12 p., cm 

15,5x22. 

La divozione all’Immacolata Concezion di Maria serve di fondamento 

alla speranza del perdono in vita, ASC 51, autog., 8 p., cm 

15,5x22. 

La divozione all’Immacolata Concezion di Maria serve di fondamento 

alla speranza di fare una santa morte, ASC 51, autog., 9 p., 

cm 14x20. 

La Divozione all’Immacolata Concezion di Maria serve di fondamento 

alla Speranza di ottenere dopo morte la Gloria, ASC 51, autog., 

8 p., cm 15,5x22. 

L’infetta Natura di Adamo non poteva in conto veruno 

aver dominio in Maria, ASC 51, autog., 18 p., cm 15,5x22. 

Maria SS.ma è un Rifugio sicuro senza chiederlo e pronto senz’aspettarlo, 

ASC 23, autog., 8 p., cm 14x20. 

1764, Il Trionfo di Maria nella sua Immacolata Concezione fu un Trionfo 

5 dicembre meraviglioso, ASC 51, autog., 9 p., cm 15,5x22. 

1764, Che la Vergine non fosse Figlia di Adamo quanto alla colpa origi- 

6 dicembre nale ce ne rende testimonianza Adamo istesso, ASC 51, autog., 10

1764, 

7 dicembre 

1767, 

5 settembre 

1767, 

6 settembre 

1767, 

7 settembre 

1767, 

6 dicembre 

1768, 

15 agosto 

1768, 

8 settembre 

1769, 


1769, 

15 agosto 

1769, 

8 settembre 

1771, 

15 agosto 

1772, 

2 febbraio 

p., cm 15,5x22. 

Per degnamente complimentare Maria SS.ma sulla sua Immacolata 

Concezione l’Arcangelo San Gabriele se ne fa nostro Maestro, ASC 

51, autog., 12 p., cm 15,5x22. 

La Bellezza di Maria Bambina, ASC 63, autog., 14 p., cm 

13,5x19,5. 

La Bontà di Maria Bambina, ASC 63, autog., 12 p., cm 

13,5x19,5. 

La Beneficenza di Maria Bambina, ASC 63, autog., 16 p., cm 

13,5x19,5. 

Le glorie della Vittoria riportata da Maria SS. nella sua 

Immacolata Concezione, ASC 51, autog., 16 p., cm 15,5x22. 

Abbozzo del discorsetto sopra l’Assunta di Nostra Signora, ASC 

23, autog., 9 p., cm 14x20. 

Maria Bambina, essendo nata Regina dell’Universo, stando 

ancor nella Culla, esercita la sua mirabil Potenza in Cielo, in 

Terra, e nell’Inferno, ASC 63, autog., 26 p., cm 13,5x19,5. 

La custodia e protezion di Maria è sicura, pronta e durevole a favor 

di chi le vive ossequioso tra le sue mistiche vigne, ASC 23, autog., 

16 p., cm 14x20. 

Per la gloriosissima Assunta di Nostra Signora, ASC 23, autog., 

4 p., cm 14x20. 

Sopra la SS.ma Natività di Nostra Immacolata Signora, ASC 23, 

autog., 3 p., cm 14x20. 

Intravit Jesus in quoddam Castellum, con quel che siegue in San Luca 

(cap. 10) nell’odierno Vangelo, ASC 1519, autog., 5 p., cm 

18,5x26,5. 

Ai tre miracoli che nel Giorno della sua purificazione veder si fece 

Maria Santissima, cioè di ubbidienza, di umiltà, e di edificazione, 

molti e molte andiscono di contraporre tre altri prodigi, cioè di ostina- 

269

1772, 


1772, 

3 maggio 

1772, 

16 agosto 

1772, 

8 settembre 

1772, 

8 dicembre 

1772, 

8 dicembre 

1773, 

2 febbraio 

1773, 

2 febbraio 

270 

zione, di superbia, e di scandalo, ASC 1519, autog., 6 p., cm 

18,5x26,5. 

Dialogo sopra l’apparizione del Redentore risorto alla sua 

SS.ma Madre, e sopra la doppia Alleluia della Pasqua, ASC 

1519, autog., 8 p., cm 18,5x26,5. 

Dialogo della Santa Casa di Loreto, tra Timesia, Filmata, e Criterio, 

ASC 1519, autog., 8 p., cm 18,5x26,5. 

La SS. Vergine impegna il suo divin Figlio ad aspettare i 

Peccatori con pazienza, a ricercarli con premura, e ad accoglierli 

con amorevolezza: così essa usando verso de’ Peccatori 

la sua grande misericordia, ASC 1519, autog., 1 p., cm 

18,5x26,5. 

L’Allegrezza universale, che la Gran V. arrecò a tutto il 

Mondo col suo Nascimento, ASC 1519, autog., 1 p., cm 

18,5x26,5. 

Le grandi premure, ch’ebbe Dio di arrichire di singolari 

Privilegi la sua Madre nella di lei Concezione, affin’una 

Concezione si fossi, corrispondente all’infinita dignità, a 

cui era stata preeletta di Madre di Dio. Fecit mihi magna 

qui potens est. Luc. 1, ASC 1519, autog., 1 p., cm 18,5x26,5. 

Le grandi premure, ch’ebbe Dio di arrichire di singolari 

Privilegi la sua Madre nella di lei Concezione, affin’una 

Concezione si fossi, corrispondente all’infinita dignità, a 

cui era stata preeletta di Madre di Dio, ASC 71, autog., 35 

p., cm 13,5x19,5. 

La Doppiezza intanto è sì comune in oggi tra noi Cristiani, in 

quanto passa quasi comunemente tra noi per una lodevole 

accortezza di tratto, e non si apprende per quel vizio, com’è, 

sì abominevole agli occhi di Dio, e sì pregiudizievole al Prossimo, 

ed a noi stessi, ASC 33, autog., 19 p., cm 19,5x27. 

La Doppiezza, intanto è sì comune in oggi tra noi Cristiani, in 

quanto passa quasi comunemente tra noi per una lodevole accortezza

1774, 

2 febbraio 

1776, 

15 agosto 

1776, 

8 settembre 

1776, 

8 settembre 

1786, 

15 agosto 

1786, 

21 novembre 

1786, 

8 dicembre 

1787, 

2 febbraio 

1787, 

15 agosto 

1788, 

8 settembre 

di tratto, e non si apprende per quel vizio, com’è, sì abominevole agli 

occhi di Dio, e sì pregiudizievole al Prossimo, e a noi stessi. Implet 

sunt Dies Purgationis Mariae. Luc. 12, 22. San Luca nel corrente 

Vangelo, ASC 1519, autog., 13 p., cm 18,5x26,5. 

Per la Purificazione di Maria SS.ma, ASC 1519, autog., 1 p., 

cm 18,5x26,5. 

L’Amore dimostrato a Noi da Maria SS.ma nel suo felicissimo 

Transito da questa all’altra vita, ci vien perpetuato 

nella Assunta sua gloriosa in Cielo, ASC 1519, autog., 4 p., 

cm 18,5x26,5. 

Non sente Gaudio nella Natività di Maria chi non comprende l'infinito 

Bene, che da Maria ne ridonda, ASC 1519, autog., 3 p., cm 

18,5x26,5. 

Non sente Gaudio nella Natività di Maria chi non comprende 

l’infinito Bene, che da Maria ne ridonda, ASC 33, autog., 

11 p., cm 19,5x27. 

Omelia per l’Assunta di nostra Signora, ASC 33, autog., 8 p., 

cm 19,5x27. 

Dialoghetto in quattro Educande per la Festa della Presentazion di 

Maria, ASC 92, autog., 6 p., cm 13,5x19,5. 

Ego diligentes me diligo…, ut ditem diligentes me, ASC 93, autog., 

11 p., cm 20x26,5. 

Benedicta sit Peccatorum Refugium, Christianorum Auxilium, necnon 

Prædicatorum Præssidium, Deipara Virgo Maria, Quæ Et Dicentis 

Verba complevit Et Audientium corda contrivit. Impleti sunt 

dies Purgationis Maria San Luca al capo secondo, ASC 33, au- 

tog., 9 p., cm 19,5x27. 

Omelia per l’Assunta di nostra Signora, ASC 33, autog., 7 p., 

cm 19,5x27. 

Omelia per la SS.ma Natività di nostra Signora, ASC 33, autog., 

4 p., cm 19,5x27. 

271

1789, 

15 agosto 

senza data 

senza data 

272 

Impercettibili essendo i sorprendenti trionfi di Maria nella sua 

gloriosa Assunta, si dimostra il Trionfo della sua Materna 

Clemenza e Misericordia, come più adattato al nostro Umano 

Intendimento, ASC 33, autog., 8 p., cm 19,5x27. 

Abbozzo di Panegirico in onore della SS.ma annunciazione della 

serva Madre di Dio Maria Sempre Vergine. Missus est angelus Gabriel 

a Deo ad Virginem … et illa dixit: Ecce Ancilla Domini; fiat 

mihi secundum Verbum tuum (Luc. 1, 26-38), ASC 23, autog., 

21 p., cm 14x20. 

Brieve sermone sopra la gloriosa Assunta di Nostra Signora, ASC 

23, autog., 4 p., cm 14x20. 

senza data Sopra i Privilegi di Nostra Immacolata Signora. Canzonetta 

sull’Aria Marcucciana, ASC 47, autog., 1 p., cm 13,5x19,5. 

senza data Sagro discorsetto sopra l’Aspettazion del Parto di Maria Vergine 

SS.ma. Desiderium meum audiat Omnipotens. In Giobbe al capo 

trentesimoprimo, ASC 141, autog., 4 p., cm 14x20.

INDICE DEI NOMI DI PERSONA E DI LUOGO 

Abimelecco: 7, 7; 12c, 5; 16b, 6. 

Abramo: 12c, 5; 14b, 2. 

Achaia: 14b, 4. 

Adamo: 1, II; 1, III; 2d; 3b, II; 3c, pr.; 5c, pr.; 5c, 

6; 10, pr.; 10, IV; 10, VI; 11b, I, 4; 12b, pr.; 

12d, IV; 12d, V; 12d, IX; 12d, XI; 12d, XIII; 

13a, 1; 13b, 4; 13d, I, 3; 13d, II,4; 13d, II, 

6; 13d, III, 7; 13d, II, 8; 13d, III, 10; 13d, III, 

11; 14b, pr; 14b, 1; 14b, 2; 14b, 3; 14b, 5; 14b, 

6; 14b, 7; 14b, 8; 14b, 9; 14c, 4; 14c, 6; 14c, 

7; 15, I, 2; 15, III, 7; 16b, 3; 16b, 4; 16b, 5; 

16b, 7; 17, 5. 

Adriano VI, papa: 1, VIII.* 

Adriano, Elio Publio: 13d, IV, 15. 

Agostino di Ippona: Agostino, santo.* 

Agostino, santo: 1, pr.; 1, II; 1, III; 1, X; 7, pr.; 

11b, II, 6; 11b, IV, 12; 11b, V, 13; 12c, 1; 14c, 

3; 15, III, 7.* 

Albani, Giovanni Francesco: v. Clemente XI, 

papa.* 

Alberto Magno, santo: 1, VII; 13c, 6; 14c, 4.* 

Alberto V, arciduca d’Austria: 9d, I, 6.* 

Albigesi: 14b, 4. 

Aldobrandini, Ippolito: v. Clemente VIII, papa.* 

Alessandro V, papa: 1, VIII.* 

Alessandro VI, papa: 1, VIII.* 

Alessandro VII, papa: 1, VIII; 5c, pr.* 

Alfonso Maria de’ Liguori, santo: 12a, 8; 12b, 5.* 

Alfonso Rodriquez di Gesù, santo: 1, X.* 

Aloisi, Giacoma del SS.mo Sacramento: 2a.* 

Alonso di Prado: v. Bermejo, Alonso Antonio 

Ambrogio, santo: 2d, 4; 11b, III, 9; 13b, 6.* 

Amedeo, beato: 3b, IV; 7, 4. * 

America: 4c, pr.; 4c, I. 

Andrea apostolo, santo: 1, VIII; 14b, 4. 

Andrea Cretese, santo: 13c, 5.* 

Andrea di Creta: v. Andrea Cretese, santo.* 

Anna, santa: 1, III. 

Annio, Floriano Marco: 13d, IV, 15 

Anselmo di Aosta, santo: 2c; 4a, 5; 5b, pr; 7, 3; 7, 

4; 9d, I, 4; 13c, 1.* 

Anselmo di Cantuaria, santo: v. Anselmo di 

Aosta.* 

Antonino, santo: 14b, 4.* 

Antonio di Padova, santo: 4b, III.* 

Aquileia: 2b. 

Armenia: 1, VIII. 

Ascoli Piceno: 2d, 7; 13, IV, 14; 15, pr. 

Assalonne: 12d, pr. 

Assuero: 16b, 4; 17, 7. 

Auriemma, Tommaso: 1, VIII.* 

Avila: 12c, 8. 

Barberini, Matteo: v. Urbano VIII, papa.* 

Barcellona: 1, VIII. 

Barro, T. Betuzio: 13d, IV, 13.* 

Bartolomeo apostolo, santo: 1, XI. 

Basilea, Concilio di: 1, VIII; 3c, I. 

Basilea: 1, XI; 3a, pr; 3a, I; 3c, I; 7, 6. 

Basso, Gaio: 13d, IV, 15.* 

Basso, Publio Ventidio: 13d, IV, 15.* 

Basso, Publio: 13d, IV, 15. 

Baylon, Pasquale, santo: 1, X.* 

Beatrice de Silva, santa: 1, VIII; 4b, pr; 4b, I; 4b, 

II; 4b, IV; 9d, I, 7.* 

Bellarmino, Roberto, santo: 1, VIII; 14b, 4.* 

Berchmans Giovanni, venerabile: 1, XII, 7, 5.* 

Bercmax, Giovanni: v. Berchmans, Giovanni.* 

Bermejo, Alonso Antonio: 7, 7. 

Bernardino Bustio, santo: 1,XI; 13b, 6.* 

Bernardino da Siena, santo: 1, IV; 1, V; 3d, V; 7, 

4; 13c, 1; 14c, 4; 13d, IV, 17.* 

Bernardino de’ Bustis: v. Bernardino Bustio, 

santo.* 

Bernardo di Chiaravalle, santo: 1, VI; 3d, V; 9d, I, 

2; 11b, V, 13; 12b, 3; 13d, I, 2.* 

Bernardo, vescovo di Monte Albano in Basilea: 

v. De Rosergio, Bernardo.* 

Betulia: 8a, pr.; 15, III, 9. 

Bivario, Francesco: 4b, pr.* 

Boccadipecora, Tebaldo: v. Celestino II, papa.* 

Bologna: 1, VIII. 

Bonae Spei: 1, III; 1, VII; 1, VIII.* 

Bonaventura, santo: 11a; 12c, 4; 13c, 1; 14c, 4; 

14c, 5; 15, II, 6.* 

Boncompagni, Ugo: v. Gregorio XIII, papa.* 

Borghese, Camillo: v. Paolo V, papa.* 

Borgia, Rodrigo: v. Alessandro VI, papa.* 

Brigida di Svezia, santa: 1, VIII; 3b, I; 10, IV.* 

Brigida, santa: v. Brigida di Svezia, santa.* 

Burges: 13a, 7. 

Caietano: 12a, 2. 

Canterbury: 2c. 

Cantuaria: v. Canterbury. 

Carafa, Giampietro: v. Paolo IV, papa.* 

Carlo V: 1, VIII.* 

Caterina, santa: 3d, I. 

Celestino II, papa: 1, VIII. * 

Celso, Publio Juvenzio: 13d, III, 9; 13d, III, 10.* 

Centurioni Paola: 2d, 6. 

Chiesa dell’Immacolata Concezione: 10, pr. 

Chigi, Fabio: v. Alessandro VII, papa.* 

Cibo, Giovanni Battista: v. Innocenzo VIII, 

papa.* 

Cicerone, Marco Tullio: 13d, IV, 15.* 

273

Cipriano, santo: 1, VI.* 

Città del Messico: 4c, pr.; 4c, I. 

Claudiano, Claudio: 2d, 1* 

Clemente VII, papa: 1, VIII.* 

Clemente VIII, papa: 1, VIII.* 

Clemente XI, papa: 1, VIII; 9d, I, 6.* 

Coimbra: 1, XI. 

Colnago, Bernardo: 1, VIII; 7, 7; 8a, 3.* 

Colonia: 1, VIII; 3b, I. 

Conca, Lotemia [pseud. F. A. Marcucci]: 2a; 2b; 

2c; 2d, fine; 3d, VII. 

Cornelio a Lapide: 1, IV ; 1, VII.* 

Cornelius Cornelii a Lapide: v. Cornelio a 

Lapide* 

Correr, Angelo: v. Gregorio XII, papa.* 

Costantinopoli: 1, VIII. 

Crisologo, Pietro: 13d, 1.* 

Cristanziano, santo: 13b, 2.* 

Cuauhtlatòhuac, Juan Diego: v. Giovanni del 

Messico.* 

Daniele: 15, III, 7. 

Davide [Davidde]: 5c, 5; 8c, pr; 13a, 1; 14a, 4; 15, 

I, 3. 

De Rosergio, Bernardo: 3a; 3a, I.* 

De’ Medici, Giovan Angelo: v. Pio IV, papa.* 

De’ Medici, Giovanni: v. Leone X, papa.* 

De’ Medici, Giulio: v. Clemente VII, papa.* 

Del Monte, Gian Maria: v. Giulio III, papa.* 

Della Rovere, Francesco: v. Sisto IV, papa.* 

Della Rovere, Giulio: v. Giulio II, papa.* 

Diocleziano, Gaio Aurelio Valerio: 12d, VII.* 

Dionigi d’Alessandria, santo: 12a, 3.* 

Dionysius Faber: 13b, 6.* 

Domenico, santo: 14b, 4.* 

Duns Scoto, Giovanni: 3b, pr.; 3b, I; 3b, II; 3b, 

IV; 7, 4; 11b, I, 4; 12, a, 2.* 

Dunsio Scoto, Giovanni: v. Duns Scoto, 

Giovanni.* 

Eadmerus: 13c, 1.* 

Efesino, Concilio: 1, VIII. 

Efrem Siro, santo: 12b, 2.* 

Egea: 14b, 4.* 

Egitto: 1, VIII. 

Eidmero: v. Eadmerus.* 

Elia: 13a, 6. 

Elisabetta, santa: 1, VIII; 4b, I; 9d, I, 7.* 

Elpino: v. Helsin.* 

274 

Emidio, santo: 13b, 2.* 

Ernesto Pragense, beato: 13b, 7.* 

Esaù: 8c, pr. 

Ester: 1, VII; 7, 5; 16b, 4; 17, 7. 

Europa: 2b. 

Eva: 1, VI; 1, VII; 12c, 1; 14b, 5; 14b, 6; 14c,3. 

Fabro Dionigi: v. Dionysius Faber.* 

Farnese, Alessandro: v. Paolo III, papa.* 

Ferdinando III di Castiglia, santo: 1, VIII; 9d, 1 

6.* 

Ferdinando V d’Aragona: 1, VIII; 7, 6; 9d, I, 6.* 

Fiandra: 13a, 7. 

Filareto di Candia, Pietro: v. Alessandro V, 

papa.* 

Filippo III: 1, VIII.* 

Filippo IV: 1, VIII; 7, 5.* 

Filomata: 16b, dialogo. 

Florensz, Adriaan: v. Adriano VI, papa.* 

Floro Lucio Anneo: 13d, IV, 15.* 

Fondania, Galeria: 13d, IV, 13; 13d, IV, 14; 13d, 

IV, 15; 13d, IV, 20.* 

Fondania: 13d, IV,13;13d, IV, 14. 

Fondanio, Caio: 13d, IV, 15.* 

Fondanio, Prisco: 13d, IV, 13.* 

Frances, Tommaso: 1, IV; 1, VII; 7, 5.* 

Francesco d’Assisi, santo: 4b, III.* 

Francesco di Sales, santo: 3d, IV; 7, 1; 7, 4; 11b, 

V, 14; 12a, 2.* 

Francia: 2c. 

Francoforte, Concilio di: 11b, II, 6. 

Gabriele Arcangelo: 14c, pr.; 14c, 1; 14c, 2; 14c, 

4; 14c, 5; 14c, 6; 14c, 7; 14c, 8; 14c, 9; 14c, 10; 

14c, 11; 14c, 13. 

Geltrude, santa: 3d, I. 

Genova: 1, VIII; 1, IX. 

Geremia: 14c, 10. 

Gerosolima: v. Gerusalemme. 

Gerusalemme: 1, VIII ; 15, III, 9. 

Ghislieri, Michele: v. Pio V, papa.* 

Giacobbe: 3d, pr.; 3d, II; 5c, 5; 8c, pr. ; 13d, II, 4. 

Giacoma del SS. mo Sacramento: v. Aloisi 

Giacoma. * 

Ginauzia: 16b, dialogo. 

Giobbe, santo: 10, II. 

Giordano: 13b, 6; 13b, 7; 13b, 10. 

Giovanni Crisostomo, santo: 1, III; 12c, 1.* 

Giovanni d’Avila, beato: 1, VIII; 12c, 8.*

Giovanni Damasceno, santo: 3d, V; 11a.* 

Giovanni del Messico: 4c, I; 4c, II; 4c, IV; 4c, V; 

9d, I, 7.* 

Giovanni di Gerosolima: 13a, 6. 

Giovanni di Monte Nero: 14c, 12.* 

Giovanni Evangelista, santo: 11a; 13a, 1; 14c, 9; 

14a, 10. 

Girolamo, santo: 1, VI; 13d, I, 2; 13a, 1; 14c, 3.* 

Giudacilio, C.: v. Guidacilio Gaio.* 

Giuditta: 8a, pr. 

Giulio II, papa: 1, VIII.* 

Giulio III, papa: 1, VIII.* 

Giuseppe da Copertino, santo: 8a, 3.* 

Giuseppe, santo: 14b, 4; 14b, 10. 

Giuseppe: 8b, pr. 

Golia: 14a, 4; 15, I, 3. 

Gondisalvo: 9a, pr.; 9b.* 

Gonone, Celestino Benedetto: 3a, pr.; 3c, pr.; 4a, 

pr.; 5a, pr.* 

Gonzaga: 4b, pr. 

Gregorio XII, papa: 1, VIII.* 

Gregorio XIII, papa: 1, VIII.* 

Gregorio XV, papa: 1, VIII.* 

Gubbio: 8c, 1. 

Guidacilio Gaio: 13d, IV, 15.* 

Helsin: 2a; 5b, 1; 5b, 2; 5b, 3; 5b, 4.* 

India Occidentale: 4c, pr.; 4c, I. 

Inghilterra: 1, VIII; 5b, pr.; 5b, 1. 

Innocenzo VII, papa: 1, VIII.* 

Innocenzo VIII, papa: 1, VIII; 4b, III; 9d, I,7.* 

Irene, santa: 13b, 2.* 

Isabella di Spagna: v. Elisabetta, santa.* Isacco: 

8c, pr. 

Isaia: 13a, 6; 15, I, 6; 15, III, 7; 16b, 7. 

Isola di Patmo: 14a, 10. 

Israele: 8a, pr.; 15, III, 9. 

Jacob: v. Giacobbe. 

Jesbibenobbe: 15, I, 3. 

Judae: 15, I, 4. 

Judith: v. Giuditta 

Lampridi, Antonio: v. Muratori, Antonio 

Ludovico.* 

Landolfo: 13b, 1.* 

Lauthemia Soror: v. Conca, Lotemia. 

Leone X, papa: 1, VIII.* 

Leopoldo I: 1, VIII; 9d, I, 6.* 

Lezana: 3b, pr.* 

Lhoner: 13a, 7. 

Licinio Rufino: 13d, IV, 15. 

Lirano: 1, VI. 

Lisbona: 4b, I. 

Lorenzo Giustiniani, santo: 1, III.* 

Luca, san.: 1, VII; 14b, 2; 14c, 1; 14c, 2; 14c, 7; 

14c, 11; 16a; 16b. 

Lucifero: 1, VII; 11b, V, 13; 12a, 3; 12c, 1; 12c, 2; 

12c, 3; 12c, 5; 12c, 6; 14a, 3; 14a, 7; 15, I,3; 15, 

I, 4; 15, II, 6. 

Ludovisi, Alessandro: v. Gregorio XV, papa.* 

Maestro de Alva P.: v. Giovanni d’Avila, beato.* 

Maganelli: 3b, IV. 

Magonza: 1, VIII; 1, XI. 

Manilio, Claudio: 13d, IV, 15.* 

Maria Crocifissa Palermitana: 9d, I, 7. 

Maria di Agreda: 1, V; 1, VIII.* 

Marracci, Ippolito: 4b, pr.* 

Massimiano:12d, VII. 

Massurio, Sabino: 13d, IV, 15.* 

Matilde [Metilde], santa: 1, VIII; 3d, I; 8b, 1; 10, 

VI.* 

Matteo, santo: 12d, pr; 14, 2. 

Mazzara: 4b, pr. 

Metodio, santo:1, III.* 

Michele Arcangelo: 14a, 7; 15, I, 4. 

Migliorati, Cosimo: v. Innocenzo VII, papa.* 

Milano: 1, VIII; 1, IX. 

Mireo: 4b, pr. 

Mogon: v. Magonza. 

Monastero dei monaci Cluniacensi: 3c, III. 

Monastero Real di San Domenico: 4b, III. 

Monastero S. Chiara di Coimbra: 1, IX. 

Montalto: 16a; 16b, dialogo; 17, pr. 

Moresin: v. Morosin. 

Morosin: 1, VIII. 

Mosè: 7, 5; 13b, 6; 13b, 9; 14a, 9; 15, I, 4. 

Muratori, Antonio Ludovico: 14c, 12.* 

Muzio P.: 13d, IV, 15. 

Nabucco: 15, III, 7. 

Napoli: 1, VIII; 1, IX; 7, 5; 9d, I, 6. 

Natale, Alessandro: v. Noël Alexandre.* 

Nerazio, Lucio Prisco: 13d, II, 5; 13d, II, 6; 13d, 

IV, 15.* 

Nestorio: 5c, 1.* 

Niccolò di Bari, santo : 2a; 5b, 3.* 

Niceno, Concilio: 1, VIII. 

275

Noè: 7, 5; 12b, 3. 

Noël Alexandre: 14b, 4.* 

Norberto, santo: 1, VIII.* 

Novati, Giovanni Battista: 1, IV; 1, VII.* 

Oleastro: 13, 9. 

Oloferne: 8a, pr. 

Ordine monastico Cistercense: 5a, I. 

Oringa Agostiniana, beata: 1, VIII.* 

Osea: 1, III 

Paci, Maria Dionisia dello Spirito Santo: 2d.* 

Palermo: 1, VIII; 7, 5; 9d, I, 6; 

Paolo apostolo santo: 14b, 6. 

Paolo Giulio: 12d, X; 12d, XII.* 

Paolo III, papa: 1, VIII.* 

Paolo IV, papa: 1, VIII.* 

Paolo V, papa: 1, VIII.* 

Paolo, santo: 12c, 7. 

Papiniano, Emilio: 13d, 1.* 

Paracleto: v. Spirito Santo. 

Parigi: 1, VIII; 2c; 3b, II. 

Patercolo, Velesio: v. Patercolo Vellejo.* 

Patercolo, Vellejo: 13d, IV, 15.* 

Perdicaro: 4c, pr. 

Peretti, Felice: v. Sisto V, papa.* 

Peto, Sesto Elio: 13d, IV, 15.* 

Pier Damiani, santo: 1, II; 9d, I, 4; 11b, IV,12; 

14c, 6.* 

Pietro Cistercense, beato: v. Pietro di Tarantasia, 

santo.* 

Pietro di Tarantasia, santo: 1, VIII; 4a, pr.; 4a, I; 

4a, II; 4a, III; 4a, IV; 5a, pr.; 5a, 2; 5a, 4; 5a, 5; 

8b, 1.* 

Pio IV, papa: 1, VIII.* 

Pio V, papa e santo: 1, VIII.* 

Portogallo: 4b, I. 

Produlario: 16b, dialogo. 

Publio Fundanio: v. Fondanio, Prisco.* 

Raimondo Giordano, beato: 10, IV; 14c, 7.* 

Rausino: 1, VIII. 

Rebecca: 8c, pr. 

Regno di Granata: 9d, I, 6. 

Relucenti, Tecla: 2b.* 

Roma: 1, VIII; 1, IX; 13d, IV, 13; 13d, IV,14; 

13d, IV,15. 

Rufo, Lucio Tario: 13d, IV, 15.* 

Rufo, Quinto Curzio: 13d, IV, 15.* 

Ruperto di Deutz, santo: 1, VI.* 

276 

Sabino Proculo: 13d, IV, 15. 

Salazzarro: 1, VII; 1, VIII.* 

Salerno: 12b, 5. 

Salomone: 9c; 11b, III, 9. 

Sara: 7, 7; 12c, 5; 16b, 6. 

Saul: 17a. 

Savio [Autore del Libro dell’Ecclesiastico]: 5c, 4; 

12a, 2; 12a, 3; 13a, 3; 13c, 3; 13d, II, 4; 13d, 

IV, 18. 

Scevola, Muzio Quinto: 13d, IV, 15.* 

Scuolapia: 2a; 2b; 2c; 2d, 7; 3a, pr.; 3b, pr.; 3c, III; 

4a, pr.; 4b, pr.; 4c, pr. 

Segneri, Paolo: 1, IV.* 

Senna [Sena]: 2c. 

Setim: 7, 5; 8c, pr.; 12d, pr., 13a,1; 14a, 4. 

Simeone, santo: 1, III. 

Sinai: 14a, 7; 15, I, 4. 

Sion [Sionne]: 3d, II; 17, 7. 

Siria: 1, VIII. 

Sisto IV, papa: 1, VIII.* 

Sisto V, papa: 1, VIII.* 

Siviglia: 1, VIII. 

Sochio, T, Dorchete di Volterra: 13d, IV, 15. 

Spagna: 1, VIII; 7, 5; 9a, pr.; 9d, I, 6; 9d, I, 7; 12c, 

8. 

Spirito di Averno: v. Lucifero. 

Spirito Santo: 15, 1; 15, I, 3; 16b, 8. 

Stradone, Pompeo: 13d, IV, 13.* 

Suarez, Francisco: 1, IV.* 

Svetonio, Gaio Tranquillo: 13d, IV, 13.* 

Tassetti, Rosa Maria dell’amor di Gesù: 2b.* 

Teresa, santa: 3d, I. 

Terracina: 1, VIII. 

Toledo, cardinal: 7, 5. 

Toledo: 4b, I; 4b, III. 

Tommaso di Villanova, santo: 10, III; 13a, 1; 14c, 

5.* 

Trento, Concilio di: 1, VIII; 13c, 1. 

Tritemio, Giovanni: 13c, 4.* 

Ubaldo, santo: 13b, 2.* 

Ulpio, Marcello: 13d, 1.* 

Ungheria: 2b; 8a, 3 

Urbano VIII, papa: 1, VIII.* 

Vacchinia, Francesca: 8b, 1; 10, IV. 

Vaddingo, Luca: v. Vaddingus, Lucas.* 

Vaddingus, Lucas: 4b, pr. * 

Valenza: 1, VIII.

Vasconello, Antonio: 4b, pr. 

Vasquez, Gabriel: 1, IV; 1, VIII.* 

Venanzio Fortunato, santo: 13b, 2.* 

Vespasiano, Flavio: 13d, IV, 13.* 

Vespasiano, Tito Flavio: 13d, IV, 13.* 

Vienna: 1, VIII; 1, IX. 

Vincenzo Bellovacense: v. Vincenzo di 

Bellovaco.* 

Vincenzo di Bellovaco: 14b, 4.* 

Vincenzo Ferrerio, santo: 1, V; 3d, IV; 9d, I, 3.* 

Vitellio, Aulo: 13d, IV, 13; 13d, IV, 14; 13d, IV, 

15.* 

Vulpiano: 12d, V; 12d, VIII; 13d, I, 3. 

Ximenex Cardinal: 7, 5. 

I nomi contrassegnati dall’asterisco (*) sono 

riportati nel Repertorio. 

277

278

279 

REPERTORIO DI PERSONE MENZIONATE NELL’OPERA 

Adriano VI: papa (Utrecht, 1459 - Roma, 1523), 

mentre era vescovo di Tortosa, venne eletto, 

a sua insaputa il 31 agosto 1522. Ingaggiò 

un’immane lotta contro chi travagliava la 

Chiesa e contro i Turchi. 

Infatti cercò di arginare il dilagare dell’eresia 

luterana in Germania e nella Dieta di Norinberga, 

tentò inoltre di coinvolgere i principi 

tedeschi in una crociata contro i Turchi. 

Adriano, Elio Publio: imperatore romano (Italica, 

Siviglia 76 d.C. - Baia 138 d.C.). originaria 

del Piceno, la sua famiglia si trasferì in 

Spagna al tempo degli Scipioni, circa tre secoli 

prima della sua nascita. Nel 93, a diciassette 

anni, divenne decemvir litibus iudicandis, 

ossia magistrato addetto alle vertenze giudiziarie. 

Nel 105 venne nominato tribuno della 

plebe e nel 108 console. Nel 117 successe 

a Traiano e governò fino al 138. 

Agostino d’Ippona: v. Agostino, santo. 

Agostino: santo (Tagaste, 354 - Ippona, 430). 

Filosofo, teologo e padre della Chiesa; dapprima 

manicheo, insegnò retorica a Roma e 

a Milano dove le prediche di S. Ambrogio e 

la conoscenza delle opere di Plotino determinarono 

la sua conversione al cristianesimo. 

Ricevette il battesimo da S. Ambrogio 

(387); vescovo di Ippona (396), combattè le 

eresie dei donatisti, dei pelagiani, degli ariani. 

Scrisse: Confessionum (Biblioteca F.A. Marcucci, 

vol. 1009); De vera religione; De civitate 

Dei (Biblioteca F.A. Marcucci, vol. 202); De 

Trinitate; Commentarii in psalmas (Biblioteca 

F.A. Marcucci, vol. 164). Più volte citato nel 

Concilio Vaticano II per le sue intuizioni sul 

Mistero della Vergine Madre di cui sottolinea 

il rapporto di profonda connessione 

con il Mistero di Cristo e della Chiesa, assumendo 

quali dati di fede, la maternità divina 

di Maria e la sua verginità perpetua. 

Albani, Giovanni Francesco: v. Clemente XI, 

papa. 

Alberto Magno: santo (Launingen, 1193 - Ratisbona, 

1280). Fu il primo esponente dell’ordine 

Domenicano, diede un fondamentale 

contributo allo sviluppo del pensiero teologico 

medioevale. Insegnò teologia all’università 

di Parigi, fu Provinciale dell’ordine e vescovo 

di Ratisbona. Prese parte al secondo 

Concilio di Lione. Le sue opere ammontano 

a circa 40 volumi. 

Alberto V: (Vienna, 1397 - Neszmely, 1439) arciduca 

d’Austria. Dal 1438 al 1439 fu imperatore 

romano. Genero dell’Imperatore Sigismondo, 

di cui aveva sposato la figlia Elisabetta, 

e al quale succedette prima in Boemia 

(1437), poi in Ungheria (1438) e nell’Impero. 

Aldobrandini, Ippolito: v. Clemente VIII, papa. 

Alessandro V: papa (+Roma, 1410). Eletto nel 

1409 durante il Concilio di Pisa dopo la deposizione 

dei papi Gregorio XII (romano) e 

Benedetto XIII (avignonese). 

Nel 1409 esaminò le ragioni sull’illibato Mistero 

di Maria e ne intitolò la Sentenza col 

nome di Ragionevole e Pia. 

Alessandro VI: papa (Jativa, 1431- Roma, 1503). 

Fu nominato cardinale a soli 25 anni. L’11 

agosto 1492 fu fatto Papa. Diventò vicario 

di Cristo in S. Pietro. 

Alessandro VII: papa (Siena, 1599 - Roma, 

1667). Fu incoronato Papa nell’aprile del 

1665. Fu sepolto in S. Pietro nel grandioso 

mausoleo che eresse per lui il Bernini. Alessandro 

VII vide completato il colonnato di 

S. Pietro. 

Alfonso Maria De’ Liguori: santo (Marinella, 

1696 – Napoli, 1787), dottore della Chiesa e 

rinomato giureconsulta. Dopo un’esperienza 

mistica avuta il 28 agosto del 1723, decise

280 

di abbracciare lo stato ecclesiastico. Il 21 dicembre 

1726, venne ordinato sacerdote. Esaltò 

ininterrottamente la incorruzione del 

Corpo verginale della Madre di Dio, la sua 

anticipata resurrezione e la finale glorificazione 

nella patria del cielo. Nel 1732 fondò 

la Congregazione del SS.mo Redentore, ramo 

femminile della congregazione redentorista, 

che nel 1749 ebbe l’approvazione della 

Regola dal pontefice Benedetto XIV. Scrisse 

nel 1750 Le glorie di Maria un’opera ricca di 

teologia dogmatica (Biblioteca F.A. Marcucci, 

3 copie, Voll. 1275, 1277, 1590). Tra i 

suoi scritti ricordiamo inoltre: Del gran mezzo 

della preghiera (Biblioteca F.A. Marcucci, Vol. 

1128), Verità della Fede (Biblioteca F.A. Marcucci, 

2 copie, Voll. 793, 1174). 

Alfonso Rodriquez di Gesù: santo (Segovia, 

1533 - Palma di Maiorca, 1617). Interrotti 

dopo un anno gli studi giovanili nel collegio 

dei Padri gesuiti ad Alcalà, si sposò nel 1560 

e rimase vedovo nel 1567, perdendo anche 

la prole e gli averi. Dopo aver tentato con 

insuccesso di riprendere l’istruzione, si presentò 

al noviziato dei Gesuiti come fratello 

coaudiatore. La sua tenerissima devozione 

alla madonna si manifestava nella recita assidua 

del rosario. 

Aloisi, Giacoma del SS.mo Sacramento: (Monteprandone, 

1706 - Ascoli Piceno, 1770) 

suora Pia Operaia dell’Immacolata Concezione. 

Fu una delle prime quattro suore che 

diedero inizio alla Congregazione, fondata 

dal Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci 

l’8 dicembre 1744. 

Ambrogio: santo (Treviri, 339 - Milano, 397), 

dottore della Chiesa e vescovo di Milano; 

energico difensore della chiesa contro gli 

ariani e i pagani. Studiò a Roma intraprendendo 

presto la carriera amministrativa. Capace 

come scrittore, amministratore e protettore 

dei poveri. Pur non avendo trasmesso 

alcun trattato mariologico, nutrì e manifestò 

per Maria una profonda venerazione 

che nasce dalla coscienza del posto singolare 

della Vergine nel Mistero della salvezza e 

dalla consapevolezza che la Vergine Madre è 

l’espressione più alta della santità ecclesiale. 

Amedeo: beato francescano dell’ordine dei minori, 

fratello di Santa Beatrice de Silva. Diede 

inizio alla Riforma francescana di Marignano. 

Tra le sue opere vanno annoverate De Conceptione 

Immaculata e Praesentatione, Desponsatione, 

Annunciatione, Visitatione, Partu et Assumptione 

B. Virginis Mariae. 

Andrea Cretese: santo (Creta - Costantinopoli, 

740), monaco, uno tra i più importanti mariologi 

greci dell’ VIII sec., martire di Costantinopoli. 

Durante la persecuzione dell’imperatore 

iconoclasta Costantino V, non 

volendosi piegare, venne arrestato, flagellato 

e linciato. Lasciò un’interessante opera letteraria 

formata da omelie ed inni liturgici. Le 

omelie che celebrano la Madonna sono otto: 

quattro riguardano la Natività di Maria, tre la 

sua Dormizione ed una l’Annunciazione. 

Autore anche di numerosi idiomeni composti 

per le feste di Cristo, della Madonna e dei 

santi. Il Theotokarion contiene numerosi canoni 

paracletici alla Madre di Dio. Tutta la 

sua produzione letteraria è un continuo inno 

a Maria, il capitolo VIII della Lumen Gentium 

del Vaticano II lo adduce tra i testimoni della 

fede della Chiesa nell’Immacolata Concezione 

e nella sua intercessione presso Dio a 

favore degli uomini. 

Andrea di Creta: v. Andrea Cretese, santo. 

Annio, Floriano Marco: secondo alcune fonti di 

dubbio valore, sarebbe stato fratello dell’impratore 

Tacito e comandante di un esercito 

in Asia nel 276. Trionfò in alcuni scontri 

con i Goti e morto Tacito si fece acclamare 

imperatore. Le legioni d’Oriente, però elevarono 

all’impero M. Aurelio Probo che venne 

riconosciuto anche dall’Egitto. Floriano 

allora, mosse contro il nuovo competitore, 

ma fu sconfitto a Tarso (Cilicia) e ucciso dai 

suoi soldati.

Anselmo di Aosta: santo (Aosta, 1033 - Canterbury, 

1109). Dottore della Chiesa. Di nobile 

famiglia studiò e trascorse anni di dissipatezza. 

Preso da intenso desiderio di cambiare 

vita si fece frate nell’Abazia di Bec, in 

Normandia. Nel 1093 in Inghilterra fu nominato 

arcivescovo di Canterbury. L’aspetto 

più importante del suo pensiero teologico 

consiste nell’impegno a produrre una dimostrazione 

rigorosa dell’esistenza di Dio. Tra 

il 1099 e il 1100 scrisse il De Conceptu virginali 

et de originali peccato dove esamina la relazione 

tra l’Immacolata Concezione ed il peccato 

originale. 

Anselmo di Cantuaria: v. Anselmo di Aosta, 

santo. 

Antonino: santo (Firenze, 1389 - Montughi, 

1459), domenicano, arcivescovo di Firenze 

(1446). Tenne dapprima varie cariche nel 

suo Ordine a Cortona, Napoli, Roma. A Firenze 

fu priore del convento di S. Marco, 

incoraggiò e diresse l’opera artistica del Beato 

Angelico. Scrisse un compendio molto 

apprezzato dagli studiosi di teologia morale, 

vari trattati sulla vita cristiana e una storia del 

mondo. 

Antonio di Padova: santo (Lisbona, 1195 - Padova, 

1231). Gli innumerevoli miracoli a lui 

attribuiti l’hanno reso uno dei santi protettori 

più famosi. La tradizione vuole che sia in 

grado di compiere addirittura 13 miracoli al 

giorno (le tredici grazie). 

Auriemma, Tommaso: della Compagnia di Gesù. 

Autore di Le sette feste di Maria. (Biblioteca 

F.A. Marcucci, Vol. 1291). 

Barberini, Matteo: v. Urbano VIII, papa. 

Barro, T. Betuzio: insigne oratore ascolano, apprezzato 

anche da Cicerone che lo definiva 

“il più grande degli oratori non romani”. 

Era soprannominato Barro per sottolineare 

la sua forbita eloquenza. A Roma fu chiamato 

a difendere il diritto di cittadinanza ro- 

281 

mana delle popolazioni italiche durante la 

guerra sociale. 

Basso, Gaio: figlio di Ventidio Basso. 

Basso, Publio Ventidio: (Ascoli Piceno, sec. I 

a.C.) condottiero romano. Prese parte, come 

cittadino, ad una civitas federata (i Picentes) 

nella guerra sociale contro Roma. Console 

nel 43, fu legato di Antonio in Gallia nel 42. 

Inviato in Oriente, occupò la Siria e la Cilicia 

e sconfisse i Parti nel 38. 

Baylon, Pasquale: santo (Torre Hermosa, 1540 - 

Villareal, 1592). Giovane pastorello dedito 

alla vita religiosa. Entrato come laico 

nell’Ordine Francescano esercitò con umiltà 

gli incarichi più grossi. La sua pietà 

s’incentrò sull’Eucarestia. 

Beatrice De Silva: santa (Ceuta, 1424 - Toledo, 

1490), principessa Reale portoghese di Lisbona, 

cugina della figlia del Re di Portogallo. 

Dopo essere stata per diversi anni dama 

di compagnia della regina di Castiglia, decise 

di entrare nel convento di San Domenico in 

Toledo, dove rimase per trent’anni senza 

farsi suora, pregando e soccorrendo i poveri. 

In seguito ad una visione di Maria, Beatrice 

iniziò a pensare all’istituzione di un nuovo 

ordine femminile in onore e per la continua 

glorificazione dell’Immacolata Concezione. 

La Congregazione dell’Immacolata 

Concezione della Beata Vergine Maria fu 

fondata nel 1484. Cinque anni dopo, nel 

1489, arrivò l’approvazione del papa Innocenzo 

VIII. Il S.d.D. Marcucci si ispirò al 

vestito del suo Ordine per l’abito delle Pie 

Operaie dell’Immacolata Concezione. 

Bellarmino, Roberto: santo (Montepulciano, 

1542 - Roma, 1621), gesuita, teologo della 

Riforma Cattolica e dottore della Chiesa, arcivescovo 

di Capua. Autore di: Dichiarazione 

più copiosa della dottrina cristiana (Biblioteca 

F.A. Marcucci, presente in 3 diverse edizioni 

e in più copie) Dispute sulle controversie della fede 

cristiana, Supèr Missus est Angelus Gabriel, Con-

282 

ciones V; In festo Annunciationis B Mariae, Conc. 

I; In festo Nativitatis eiusdem, Conc. I; In Assumptione 

eiusdem, Conc. I; De Partu eiusde, Conc. I. 

Berchmans, Giovanni: venerabile (Diest, 1599 - 

Roma, 1621). Di umili origini, si avviò giovanissimo 

verso la vita ecclesiastica e gli studi 

latini, pur contro la volontà del padre. La 

sua spiritualità era data dall’unione amorosa 

a Dio e dalla sua sorridente attuazione operosa 

nelle circostanze della vita concreta. 

Bercmax, Giovanni: v. Berchmans, Giovanni. 

Bernardino Bustio: santo (Milano, 1450 - 1513). 

Frate Minore Osservante devoto alla Vergine 

Immacolata, alla quale si diceva debitore 

di numerosi benefici e della stessa vocazione 

religiosa. Fecondo scrittore di opere dogmatiche, 

ascetiche e morali. Nel Mariale de singulis 

festivitatibus B.V. Mariae (1493) difende il 

privilegio dell’Immacolata Concezione ed 

espone la benefica attività di Maria quale 

Mediatrice nell’opera di redenzione, Corredentrice 

e Dispensatrice di grazie. 

Bernardino da Siena: santo (Massa Marittima, 

1360 - L’Aquila, 1444). Grande predicatore, 

diffuse la devozione del Santo Nome di Gesù 

espresso con le lettere IHS incise su una 

piastra tonda. I suoi trattati teologici riguardano 

le principali verità dogmatiche e morali 

del cristianesimo come pure le linee guida 

della teologia ascetica e mistica. Scrisse anche 

trattati sulla Vergine Maria, enfatizzando 

il suo ruolo nella mediazione della grazia. 

Bernardino de’ Bustis: v. Bernardino Bustio, 

santo. 

Bernardo di Chiaravalle: santo (Fontaineslès, 

Dijon ca. 1090 - Chiaravalle, 1153), fondatore 

e primo abate dell’abbazia di Chiaravalle. 

Combattè il razionalismo di Abelardo e difese 

la Chiesa e l’ortodossia dalle eresie. Dettò 

gli statuti dell’Ordine dei Templari. Tra le 

sue opere: De contemptu Dei e De diligendo Deo. 

Bernardo vescovo di Monte Albano in Basilea: 

v. De Rosergio, Bernardo. 

Bivario, Francesco: monaco cistercense. Uomo 

di grandi doti morali e di profonda erudizione. 

Tra le sue opere ricordiamo De Officio 

paruo Beatissima Virginis lib. I e Historiam admirabile 

de Fundatione Ordinis Conceptionis purissima 

Matris Dei lib. I. 

Boccadipecora, Tebaldo: v. Celestino II, papa. 

Bonae Spei: padre carmelitano, autore di libri 

che narrano avvenimenti miracolosi compiuti 

dalla Vergine Immacolata. 

Bonaventura: santo (Civita di Bagnoregio, 1221 

- Lione, 1274), vescovo e teologo. Studiò a 

Parigi, divenne generale dell’Ordine Francescano, 

partecipò in maniera attiva al II Concilio 

di Lione. È ricordato oggi come uno 

dei maggiori scrittori spirituali e teologici. La 

sua opera teologica più importante è il 

commentario alle Sentenze di Pietro Lombardo; 

i suoi scritti più importanti sono 

Itinerarium Mentis in Deum e Breviloquium. 

Boncompagni, Ugo: v. Gregorio XIII, papa. 

Borghese, Camillo: v. Paolo V, papa. 

Borgia, Rodrigo: v. Alessandro VI, papa. 

Brigida di Svezia: santa (Stoccolma, 1303 - Roma, 

1373). Nel 1344, rimasta vedova, fondò 

le religiose del SS. Salvatore, unico Ordine 

nordico diffuso in tutta Europa. La sua opera 

principale è Revelationes, in cui è esposta la 

dottrina mariana con particolare riguardo al 

mistero dell’Immacolata Concezione, dottrina 

che la santa racconta di aver appreso 

direttamente dalla Vergine. 

Carafa, Giampietro: v. Paolo IV, papa. 

Carlo V: (Gand, 1500 - San Jeronimo de Yuste, 

1558) imperatore e re di Spagna. Egli soste-

283 

neva l’importanza di un’unità religiosa cristiana, 

unico sistema per tenere insieme la 

vastità di terre e la varietà di popoli sui quali 

regnava. Grazie ad una brillante iniziativa 

diplomatica ottenne l’alleanza del Pontefice 

Leone X, della quale si servì per ottenere il 

Ducato di Milano, impegnandosi a tutelare 

l’indipendenza ed il prestigio dello Stato della 

Chiesa. Tale alleanza proseguì anche dopo 

la morte del Pontefice, con papa Adriano VI 

prima e papa Clemente VII poi. 

Celestino II: papa (Città di Castello - Roma, 

1144). Già discepolo di Abelardo, dalle cui 

idee, si allontanò non appena ritenute eretiche. 

Fu consacrato Papa nel dicembre 1143, 

restando in carica per soli 3 mesi. Con Celestino 

II ha inizio la famosa profezia di Malachia 

(arcivescovo Irlandese). 

Celso Publio Juvenzio: (fine I sec. d.C.- metà II 

sec. d.C.) giureconsulto romano. Fu pretore 

nel 106-107, due volte console e consigliere 

imperiale sotto Adriano. Polemista acuto e 

mordace, ebbe un’eloquenza viva e intensa, 

sostenuta da una solida cultura e da una singolare 

capacità di originali impostazioni teoriche 

e pratiche delle questioni giuridiche. 

Numerosi frammenti dei suoi 39 libri, furono 

in seguito utilizzati per la compilazione 

del Digesta giustineaneo. 

Chigi, Fabio: v. Alessandro VII, papa. 

Cibo, Giovanni Battista: v. Innocenzo VIII, papa. 

Cicerone, Marco Tullio: (Arpino, 106 a.C. – 

Formia, 43 a.C.) uomo politico, oratore e 

storico romano. Virtuoso della parola di cui 

fondò il culto segnando un’orma incancellabile 

nella storia della letteratura latina; principale 

creatore e illustratore del concetto di 

humanitas. Come filosofo fu particolarmente 

apprezzato dai padri della Chiesa. La sua vastissima 

produzione scrittoria comprende 

numerose opere di retorica come la Rhetorica 

ad Herennium, innumerevoli orazioni tra cui 

le Verrine, opere di stampo politico quali il 

De Repubblica e il De legibus, oltre ad un considerevole 

numero di opere letterarie e storiche. 

Cipriano: santo (Cartagine, 200 - 258), vescovo 

e martire. Fu dapprima maestro di retorica, 

convertitosi poi al cristianesimo divenne vescovo 

di Cartagine dalla quale si allontanò 

durante la persecuzione di Decio, per poi 

farvi ritorno con l’intento di confortare la 

popolazione colpita dalla peste. Lottò strenuamente 

contro gli apostati e denunciò lo 

scismatico Novaziano leggendo, durante il 

concilio di Cartagine, il suo trattato: 

Dell’unità della Chiesa Cattolica. (Biblioteca 

F.A. Marcucci, Vol. 125) È il primo padre 

latino della Chiesa le cui opere sostanziali 

rientrano nella categoria della teologia pastorale 

piuttosto che dogmatica. Alcuni studiosi 

hanno ipotizzato che la lettura di Tertulliano 

abbia influenzato negativamente il suo atteggiamento 

verso la Vergine Santa. 

Claudiano, Claudio: (Alessandria d’Egitto, - Milano, 

404 d.C.) celebrato poeta latino. Venuto 

a Roma nel 395 godette dell’amicizia di 

Stilicone, la cui figura e le cui gesta esaltò ripetutamente, 

tantochè nel 400, in occasione 

del suo consolato, compose il De consulatu 

Stilichonis, in tre libri; autore di poesia cortigiana 

e d’occasione di ispirazione mitologica 

come testimoniano la Gigantomachia e il De 

raptu Proserpine; alcuni studiosi gli attribuiscono 

due opere di stampo cristiano: la Laus 

Christi e i Miracula Christi, la cui paternità è 

però messa in dubbio dalla sua pertinace fedeltà 

al paganesimo, come ci testimoniano 

S. Agostino e Paolo Orosio. 

Clemente VII: papa (Firenze, 1478 - Roma, 

1534). Eletto il 26 novembre 1523. Pur essendo 

un fervido promotore della pace universale, 

non seppe frenare la lotta fra cattolici 

e la riforma dei Luterani. Va ricordato che 

in conformità agli ideali della sua famiglia,

284 

proseguì l’opera di mecenate, indirizzando 

alcune delle entrate ad opere artistiche, incrementando 

la biblioteca vaticana e proseguendo 

la costruzione di San Pietro, assegnando 

a Michelangelo l’incarico di affrescare 

la parete di fondo della Cappella Sistina 

col Giudizio Universale. 

Clemente VIII: papa (Fano, 1536 - Roma, 

1605). Fu incoronato nel 1592 dopo aver 

fatto parte della Sacra Rota. Era ritenuto 

persona di grande merito e di elevato ingegno. 

Pontefice di estrema austerità, fu artefice 

di alcune memorabili condanne quali 

quelle di Beatrice Cenci e di Giordano Bruno. 

Dal punto di vista storico-politico fu autore 

della riconciliazione con Enrico IV. 

Clemente XI: (Urbino, 1649 - Roma, 1721). Fu 

incoronato nel 1700 (anno Giubilare). La 

sua insicurezza si manifestò dal momento in 

cui venne eletto, prevedendo i problemi che 

il nuovo secolo avrebbe portato con sé. Urbino 

godette grandemente del suo mecenatismo. 

Arricchì la biblioteca vaticana di numerosi 

codici orientali e diede notevole impulso 

all’archeologia con i primi scavi scientifici 

nelle catacombe. 

Colnago, Bernardo: primo fra i membri della 

Compagnia di Gesù, si affaticò nelle Cattedrali 

di quasi tutta Italia per predicare le glorie 

dell’Immacolata Concezione. Come premio 

per il suo zelo e la sua fatica, la mattina 

dell’8 dicembre, mentre si trovava in Chiesa 

a celebrare, la Vergine Santissima gli apparve 

in tutto il suo splendore. 

Cornelio a Lapide: (Belgio, 1586 - Roma, 1637) 

membro della Compagnia di Gesù nella 

quale entrò nel 1592, a soli 6 anni. Successivamente 

divenne sacerdote. La sua opera 

più importante è Commentaria in vetus et novum 

testamentum (Biblioteca F.A. Marcucci Voll. 

1-10). 

Cornelius Cornelii a Lapide: v. Cornelio a Lapide. 

Correr, Angelo: v. Gregorio XII, papa. 

Crisologo, Pietro: (Imola, 380 - 450) dottore 

della Chiesa, nominato Metropolita di Ravenna. 

Scrisse 168 sermoni nei quali testimoniava 

autorevolmente le preoccupazioni 

teologiche del suo tempo. Di questi sermoni, 

nove sono di argomento mariologico: 

cinque sull’Annunciazione, e quattro sull’Incarnazione. 

Per la prima volta tra i latini, 

Crisologo parla di Maria come sposa di Dio, 

riprendendo allo stesso modo il parallelo 

Maria-Eva. 

Cristanziano: santo (Ascoli Piceno - Ascoli Piceno, 

306), martire. Ordinato dal Vescovo 

Emidio, subì il martirio nel luogo dove sorse 

la chiesa di S. Vittore. Le sue sacre spoglie 

furono deposte accanto a quelle di S. Emidio. 

Cuauhtlatòhuac, Juan Diego: in azteco “colui 

che parla come un’aquila”): uomo del popolo 

e contadino. Il 9 dicembre 1531, gli apparve 

la Vergine Immacolata che gli chiedeva 

l’erezione di un tempio ai piedi del colle 

Tepeyac, intitolato alla Perfetta Vergine Santa 

Maria di Guadalupe. 

De Rosergio, Bernardo: vescovo di Monte Albano 

di Basilea. Di nazionalità gallica, dottore 

in legge e teologia. Scrisse De S. Maria 

laudibus, sermones otto. Libro I. 

De’ Medici, Giovan Angelo: v. Pio IV, papa. 

De’ Medici, Giovanni: v. Leone X, papa. 

De’ Medici Giulio: v. Clemente VII, papa. 

Del Monte, Gian Maria: v. Giulio III, papa. 

Della Rovere, Francesco: v. Sisto IV, papa. 

Della Rovere, Giuliano: v. Giulio II, papa. 

Diocleziano, Gaio Aurelio Valerio: imperatore 

romano (Salona, 245 - 313), governatore

285 

della Mesia e comandante dei pretoriani. Inizialmente 

favorevole alla presenza dei cristiani, 

sia nell’esercito sia nelle cariche pubbliche, 

cambiò poi opinione, quando i cristiani 

iniziarono a ribellarsi perché costretti 

ad azioni contrarie alla loro religione. 

L’intolleranza crebbe in Diocleziano fino a 

sfociare in una delle più cruente e sanguinarie 

repressioni dell’antica Roma. 

Dionigi d’Alessandria: santo (+Alessandria, 

265), vescovo. Si convertì al cristianesimo 

mediante la lettura e la ricerca. Fu discepolo 

di Origene e divenne direttore della sua 

scuola. Fu un abile interprete della Scrittura 

e denunciò ferventemente l’eresia. 

Dionysius Faber: monaco francese dell’ordine 

dei Celestini. Scrisse Egregium Opus de Virginis 

Immaculata Conceptione. 

Domenico: santo (Calaruega, 1170 - Bologna, 

1221). Dopo essere entrato tra i canonici 

della cattedrale di Osma, predicò per dieci 

anni tra quelle popolazioni dove l’eresia Albigese 

era penetrata a fondo, con la dottrina 

e la preghiera. Secondo alcune testimonianze, 

convertì centomila eretici. Ideò un nuovo 

Ordine dei Frati Predicatori dedito 

all’insegnamento, partendo dal principio che 

l’ignoranza è il terreno più facile per la diffusione 

dell’orrore. Il papa Onorio III approvò 

l’Ordine nel 1216. 

Duns Scoto, Giovanni: (Maxton, 1266 - Colonia, 

1308) filosofo e teologo. Entrò nel convento 

francescano di Dumfries nel 1277, fu 

ordinato sacerdote nel 1291. Principio della 

sua teologia fu la dottrina dell’amore-carità. 

Attribuì grande importanza all’Immacolata 

Concezione di Maria preservata dal peccato 

originale in previsione dei meriti di Gesù. Le 

suo opere più importanti sono Commentari ai 

IV libri delle Sentenze, Commentari agli scritti di 

Aristotele, varie Disputationes e Tractatus de primo 

principio e Theoremata. 

Eadmerus: monaco inglese dell’ordine di S. 

Benedetto Vescovo di S. Andrea in Sco- 

zia. Scrisse: De Laudibus S. Mariae Virginis 

Librum I. 

Efrem Siro: santo (Nisibi, 306 - Emessa, 373), 

scrittore ecclesiastico e dottore della Chiesa. 

All’età di 18 anni ricevette il battesimo e si 

diede alla pratica ascetica cristiana e allo studio 

delle discipline religiose. Quasi tutta la 

sua produzione è incentrata sulla figura di 

Maria: la sua Verginità, la sua vita, la sua 

opera come Mediatrice tra gli uomini e il 

Suo Figlio. Tra i testi più significativi ricordiamo 

gli Inni sulla Verginità. 

Egea: proconsole romano, responsabile del 

martirio di S. Andrea apostolo. 

Eidmero: v. Eadmerus. 

Elisabetta: santa (Saragozza, 1271 - Estremoz, 

1336), regina del Portogallo. Figlia del Re di 

Spagna Pietro III, fu data in sposa a soli 12 

anni al Re del Portogallo, Dionigi. Dedicò 

tutta la sua vita alle opere di bene, e rimasta 

vedova, dopo aver donato ai poveri gran 

parte dei suoi averi si ritirò a vita conventuale 

nel monastero di Coimbra. 

Elpino: v. Helsin. 

Emidio: santo (Treviri, 273 - Ascoli Piceno, 

303), vescovo e martire. Ricevette il battesimo 

all’età di 27 anni, fu ordinato sacerdote 

dal vescovo S. Materno a Milano e recatosi a 

Roma, S. Marcellino papa lo destinò alla diocesi 

di Ascoli in veste di Vescovo. Dopo 

tre anni di intenso lavoro, avendo convertito 

molti pagani, tra cui Polisia, figlia del Prefetto 

della città, fu catturato dai persecutori, 

condannato a morte e decapitato. 

Ernesto Pragense: beato (Praga, 1300 - 1364), 

arcivescovo di Praga. Svolse un’intensa attività 

legislativa in Boemia, dando statuti non 

solo alla sua provincia ecclesiastica, ma anche 

ai numerosi enti ecclesiastici nei quali 

aveva riscontrato manchevolezze disciplinari. 

Sotto il suo impulso fiorì in Boemia il culto 

liturgico e la particolare devozione verso 

la SS.ma Eucaristia e la Beata Vergine.

Fabro Dionigi: v. Dionysius Faber. 

Farnese, Alessandro: v. Paolo III, papa. 

Ferdinando III di Castiglia: santo (Castiglia, 

1199 - 1252) imperatore. Fu re di Castiglia 

(1217) e di Leòn (1230), dove succedette al 

padre Alfonso IX in guerra contro i mori. 

Fondò l’università di Salamanca (1239) e 

sposò Beatrice di Svevia da cui ebbe un figlio, 

Alfonso X. Canonizzato da papa Clemente 

X nel 1671. 

Ferdinando V d’Aragona: (Aragona, 1452 - 

Madrigalejo, 1516) imperatore detto il Cattolico. 

Nominato dal padre re di Sicilia e fatto 

correggente nel 1468. Sposò Isabella, erede 

del trono di Castiglia, favorendo la riunificazione 

della Spagna, (1469). 

Filareto di Candia, Pietro: v. Alessandro V, papa. 

Filippo III: re (Madrid, 1568 - 1621). Salì al trono 

nel 1598 e sposò Margherita d’Austria. 

Regnò durante un periodo di crisi economica 

per la Spagna.fu uno dei principi più devoti 

all’Immacolato Mistero. Inviò più volte 

ambascerie alla Santa Sede affinché si dichiarasse 

il Dogma dell’Immacolato Concepimento 

di Maria. Al suo zelo si devono 

molte Bolle tra cui quella di Paolo V. 

Filippo IV: re (Madrid, 1605 - 1665). Figlio di 

Filippo III, salì al trono nel 1621, sposò Isabella 

di Borbone e poi Marianna d’Austria. 

Dotato di grande intelligenza e buona cultura, 

partecipò alla Guerra dei trent’anni. Pubblicamente, 

nella Real Chiesa di S. Chiara si 

obbligò con voto a difendere l’Immacolata 

Concezione, fino alla morte. 

Florensz, Adriaan: v. Adriano VI, papa. 

Floro, Lucio Anneo: (I - II sec. d.C.) scrittore 

storico e poeta. La sua opera più cospicua è 

Epitome de Tito Livio o Bellorum omnium anno- 

286 

rum septigentorum libri duo che abbraccia sette 

secoli di storia romana, dalla fondazione 

all’assunzione del titolo di Augustus da parte 

di Ottaviano. 

Fondania, Galeria: di origine ascolana sposò 

Aulio Vitellio, imperatore di Roma, antecessore 

di Vespasiano e di Tito. 

Fondanio, Caio: figlio di Publio, fu Console 

Romano nel 510 di Roma, suo collega fu C. 

Sulpicio Gallo. 

Fondanio, Prisco: (Ascoli Piceno, VII sec.) difensore 

del Municipio, ricoprì tutte le cariche 

e gli incarichi, difensore della città di 

Ascoli. Costruì a sue spese una fontana nel 

borgo Solestà ed elargì benefici di vario genere 

alla città. Salvò i suoi concittadini e la 

patria già distrutta nella guerra sociale da 

Gneo Pompeo Strabone. 

Frances, Tommaso: padre gesuita, autore di libri 

che riportano avvenimenti miracolosi compiuti 

dall’Immacolata. 

Francesco d’Assisi: santo (Assisi, 1182 - Assisi, 

1226). Il suo pensiero filosofico-teologico è 

espresso nelle circa venti opere da lui composte, 

suddivisibili in quattro categorie: i testi 

legislativi, come le Regole del 1209 e del 

1223; le Ammonizioni e gli altri scritti indirizzati 

ai frati, come il Testamento del 1226; le 

Lettere; e la quarta che comprende inni, preghiere 

e composizioni liturgiche come il 

Cantico delle Creature, un Ufficio della passione di 

Nostro Signore, le Laudes Dei ed un Saluto alla 

Beata Vergine Maria. Nella mediazione e 

nell’intercessione di Maria, Francesco vede 

una gloriosa restituzione del Figlio concepito 

nel suo seno. 

Francesco di Sales: santo (Thorens, 1567 - Lione, 

1622). Vescovo e dottore della Chiesa. 

Studiò a Parigi, e conseguì un brillante dottorato 

a Padova. Tra le sue opere: Discorsi di 

sagre controversie (Biblioteca F.A. Marcucci

287 

Vol. 1680, solo il vol. II), Introduzione alla vita 

divota (Biblioteca F.A. Marcucci Vol. 1135). 

Ghislieri, Michele: v. Pio V, papa. 

Giacoma del SS.mo Sacramento: v. Aloisi, Giacoma. 

Giovanni Crisostomo: santo (Antiochia, 345 - 

Comana, 407), vescovo e dottore della 

Chiesa. Ebbe il soprannome di Chrysostomus 

(bocca d’oro) per la sua grande eloquenza. 

Nel 387 contribuì a riportare la pace e la 

comprensione in una controversia tra l’imperatore 

Teodosio e alcuni rivoltosi. Commentatore 

del Vangelo di Matteo e Giovanni 

e della Lettere di S. Paolo, favorì 

l’interpretazione letterale della scrittura, e la 

sua applicazione pratica ai problemi contemporanei. 

Fu arcivescovo di Costantinopoli. 

Giovanni d’Avila: beato (Almòdovar del Campo, 

1499 - Montilla, 1569). Frate dotato di 

una incredibile retorica, pronunciava prediche 

di notevole interesse che non di rado, 

portavano alla conversione degli uditori; 

celbri le conversioni di S. Giovanni di Dio e 

di S. Francesco Borgia. Veniva appellato col 

nome di “Maestro de Alva” ed i suoi discepoli 

“Servi di Dio senza nido”, ad indicare 

l’assenza del vincolo creato dall’appartenenza 

ad uno specifico ordine. 

Giovanni Damasceno: santo (Damasco, 657 - 

Mar Saba 749) e dottore della Chiesa. Fu tra 

i primi a difendere il culto delle immagini e a 

contrastare l’iconoclastia, asserendo che le 

immagini dei santi, di Cristo e della Vergine 

Maria dovevano essere rispettate e venerate 

in quanto mezzi per adorare la Santa Trinità 

e scrisse a tal proposito tre trattati. Aveva 

una particolare devozione per la Vergine 

Maria “Madre di ogni Virtù”, assai note sono 

le sue omelie mariane, in particolare le 

tre preparate per il 15 agosto. 

Giovanni del Messico: v. Cuauhtlatòhuac, Juan 

Diego. 

Giovanni di Monte Nero: (sec. XV) dell’ordine 

dei Predicatori; fu uomo di grande ingegno 

e dottrina. Scrisse: Trattatum de Conceptione B. 

Virginis. 

Girolamo: santo (Stridone, 345 c.a. - Betlemme, 

420) dottore della Chiesa. Per un breve periodo 

visse come eremita nel deserto della 

Caleide. È considerato uno dei più eruditi 

biblisti. Celebri le sue dispute con S. Agostino. 

Studiò e tradusse la Bibbia in latino. 

Giudacilio, C.: v. Guidacilio Gaio. 

Giulio II: papa (Abbissola, 1443 - Roma, 1513). 

Francescano di grande prestigio, era stato 

elevato giovanissimo alla porpora cardinalizia. 

L’aspetto che caratterizzò il suo pontificato 

fu il notevole impulso dato al mecenatismo 

commissionando eccezionali opere ai 

maggiori artisti del momento: Bramante, 

Raffaello e Michelangelo. 

Giulio III: papa (Roma, 1487 - Roma, 1555). Fu 

incoronato nel 1550. Fu nepotista senza 

scrupoli, tuttavia la sua politica fondata sulla 

riforma della curia romana e la riapertura del 

concilio di Trento, ne sottolinea la grande 

fede, l’intelligenza aperta nonché una non 

comune preparazione canonistica. 

Giuseppe da Copertino: santo (Copertino, 1603 

- Osimo, 1663). È ricordato e venerato per 

le rarissime doti spirituali. Dotato di grandissima 

umiltà, faceva spesso penitenza per 

l’impossibilità di riuscire a controllare i fenomeni 

soprannaturali di cui era sovente 

protagonista (levitazione). 

Gondisalvo: Pio Arcivescovo di Toledo, ministro 

dei frati minori conventuali. Nel 1304 

presentò fra Giovanni Duns Scoto al Cancelliere 

dell’Università di Parigi ottenendo 

che vi insegnasse teologia. 

Gonone, Benedetto Celestino: (Burgos, 1642) 

uomo molto religioso ed integro nei costumi. 

Predicò con grande amore e dedizione la

288 

Madre di Dio. Scrisse le Croniche e la vita della 

SS.ma Vergine. 

Gregorio XII: papa (Venezia, 1326 - Recanati, 

1417), patriarca latino di Costantinopoli. Fu 

eletto nel 1406. Grazie al suo nobile comportamento 

sarebbe rimasto in vita il concetto 

del Pontefice discendente di Pietro, 

consolidandosi nella figura del Papa-Re, deciso 

a non crollare neanche davanti alla riforma 

luterana e pronto a rinsaldarsi con la 

“controriforma”. 

Gregorio XIII: papa (Bologna, 1502 - Roma, 

1585). Fu eletto nel 1572. Aprì seminari a 

Vienna, Praga, Gratz e in Giappone. Emanò 

diverse bolle tra cui Pro S. Domu B. Virg. 

Lauretana Bullas plures; De Institutione festi Solemnis 

Rosarij Beatissimae Virg. Mariae, in prima 

Dominica Mensis Octobris, singulis annis celebrandi, 

bullam prima; Pro Erctione Ordinis Conceptionis 

immaculata, in Hispaniarum Regionibus, atque 

Indiarum remotissimis Plagis Bullas plures. 

Gregorio XV: papa (Bologna, 1554 - Roma, 

1623). Eletto nel 1621, durante il suo breve 

pontificato incoraggiò gli irlandesi e favorì la 

restaurazione cattolica in Francia. Istituì la 

Congregazione Propaganda fide chiamata ad 

organizzare e dirigere la diffusione del cattolicesimo 

in tutto il mondo. Scrisse Costitutionem 

de Conceptione Beatissimae Virginis Mariae. 

Guidacilio Gaio: (sec. I) duce ascolano nella 

sanguinosissima Guerra Sociale, morì suicida, 

per la sola vanità di non sopravvivere alla 

patria che già vedeva in imminente rovina. 

Helsin: abate inglese cattolico vissuto intorno 

alla seconda metà dell’anno mille. 

Innocenzo VII: papa (Sulmona, 1336 - Ravenna, 

1406). Fu eletto nel 1404. Si interessò 

più di cultura che di politica, riordinando 

l’università della Sapienza con l’inserimento 

della cattedra di lingua greca, trascurando 

invece arginare lo scisma. 

Innocenzo VIII: papa (Genova, 1432 - Roma, 

1492). Fu incoronato nel 1484. Nel 1488 

scrisse De eius Confraternitate, et Rosario Bullam 

I e successivamente Bullas, item, pro eiusdem 

Conceptione. 

Irene: santa (+ Salonicco 304), vergine e martire. 

Sorella delle martiri Agape e Chiona, 

venne uccisa sotto Diocleziano dopo essere 

stata esposta per due giorni in un bordello. 

Isabella di Spagna: v. Elisabetta del Portogallo. 

Lampridi, Antonio: v. Muratori, Antonio Ludovico. 

Landolfo: monaco sassone dell’ordine dei Cartusiani. 

Uomo di dottrina, famoso per la generosità 

d’animo e la grandissima erudizione. 

Scrisse Historiam Vita Christiparae Virginis 

Maria. 

Leone X: papa (1475 - Roma, 1521). Protonotaro 

apostolico a sette anni, Cardinale a tredici. 

Fu eletto papa nel 1513. autore della ben 

nota bolla Exurge Domine del 1520 da cui 

ebbe origine la scomunica di Lutero e la 

conseguente nascita del protestantesimo. 

Leopoldo I: imperatore (Vienna, 1640 - 1705). 

Secondo figlio dell’imperatore Ferdinando 

III. È nota la sua esemplare devozione verso 

l’Immacolata Concezione. Scrisse ad Urbano 

VIII Pro Conceptione immaculata augustissimae 

Virginia Deipara Epistolam unam. 

Lezana: padre spagnolo dell’ordine dei Carmelitani, 

scrisse Librum Apologeticum pro Immaculata 

Deiparae Virginis Conceptione e Informationem 

pro Reuelatione Beatissima Virginis Maria, facta 

B. Simoni Storbo Ordinis Carmelitarum. 

Lorenzo Giustiniani: santo (Venezia, 1381 - 

1447). Fondò con alcuni nobili veneziani la 

Congregazione dei Regolari di S. Giorgio in 

Alga nel 1404. Il papa Eugenio IV lo nominò 

vescovo di Venezia nel 1433, fu poi primo 

patriarca di Venezia. Modesto, frugale, 

distribuiva ogni suo avere ai poveri. Venne 

canonizzato nel 1690. 

Ludovisi, Alessandro: v. Gregorio XV, papa.

Maestro de Alva P.: v. Giovanni d’Avila, beato. 

Manilio, Claudio: Console della repubblica ascolana. 

Maria di Ágreda: suora (Ágreda, 1602 - 1665). 

Appartenuta al secondo Ordine Francescano, 

offriva preghiere e penitenze per la conversione 

degli infedeli. Nel 1637 iniziò la 

composizione della Mìstica Ciudad de Dios 

(Mistica Città di Dio) (Biblioteca F.A. Marcucci 

Voll. 1799-1707). Altra opera importante 

è Vita divina di Maria Santissima ridotta 

in compendio (Biblioteca F.A. Marcucci 

Vol. 1269). 

Marracci, Ippolito: (sec. XVIII sec.). Padre 

della congregazione dei Chierici Regolari 

della Madre di Dio. Autore di Bibliothecae 

Marianae. (Biblioteca F.A. Marcucci Voll. 

167-168). 

Massurio, Sabino: giureconsulto romano e famoso 

giurista. Vissuto sotto il principato di 

Augusto e Tiberio e morto probabilmente 

sotto Nerone. Non ebbe cariche pubbliche 

e, secondo le notizie di Pomponio, visse 

poveramente dei proventi ricavati dalla sua 

attività didattica. Tra le sue opere più note, i 

tre libri del Iuris civilis, nei quali per la prima 

volta lo ius civile trovò un’organica sistemazione. 

Matilde: santa (895 - 968). Moglie di Enrico I e 

madre di Ottone I, dopo la morte del consorte 

si ritirò in convento. Dedita alla carità 

fu accusata di sperperare il tesoro della corona. 

Metodio: santo (+ Olimpo c.a. 311), martire.Vescovo 

di Olimpo in Licia. La sua fama 

poggia quasi interamente sulle sue opere. Il 

suo Symposium decem Virginum o Dialogo sulla 

verginità termina con un innno a Cristo che 

costituisce uno dei primi inni cristiani. 

Migliorati, Cosimo: v. Innocenzo VII, papa. 

289 

Muratori, Antonio Ludovico: (Vignola, 1672 - 

Modena, 1750) sacerdote, storico ed erudito. 

Fu prefetto della Biblioteca Ambrosiana 

di Milano, archivista del Duca di Modena, 

storiografo di casa d’Este. Attese alle ricerche 

storiche con rigoroso metodo scientifico, 

indagando specialmente sul Medioevo. 

Lasciò opere monumentali di importanza 

nazionale per la storia d’Italia: Rerum italicarum 

scriptores (raccolta in 27 voll. delle fonti 

storiche italiane tra il 500 e il 1500, scritto tra 

il 1723 e il 1738); Antiquitates Italicae Medii 

Aevi (75 dissertazioni in 6 voll. sulle istituzioni 

ed i costumi medievali in Italia, scritte 

tra il 1738 e il 1743), Annali d’Italia dal principio 

dell’era volgare fino all’anno MDCCL (in 24 

voll.) (Biblioteca F.A. Marcucci Voll. 127- 

150); Novus Thesaurus veterum inscriptionum 

(1739-1743, raccolta di antiche iscrizioni da 

lui illustrate); Esercizi spirituali (Biblioteca 

F.A. Marcucci Vol. 1313). 

Natale Alessandro: v. Noël Alexandre. 

Nerazio, Lucio Prisco: giureconsulto (Saepinum 

50 d. C.). Valoroso generale e capo della 

scuola proculiana. Fece parte del Consilium 

Principis e divenne intimo consigliere di 

Traiano che lo indicò come suo successore. 

Nel 117 improvvisamente Traiano morì in 

Cilicia e sua moglie Plotina preferì nominare 

imperatore Elio Publio Adriano. 

Nestorio: (Germanicia, fine sec. IV- el Khàrga 

451) patriarca di Costantinopoli e teologo. 

Sostenne che l’unione delle due nature (umana 

e divina) nella persona di Cristo non è 

ipostatica, ma volontaria. Su questo principio 

si basava il titolo mariano di Theotokos o 

Genitrice di Dio e Anthropotokos, Genitrice 

dell’uomo. Fu condannato durante il Concilio 

di Efeso (431) e quasi tutti i suoi scritti furono 

bruciati per ordine di Teodosio. 

Niccolò di Bari: santo (Patara - Mira, IV sec.). 

noto per la misericordia e lo zelo religioso, 

condannò l’arianesimo durante il Concilio di

290 

Nicea e fu imprigionato nell’ultima fase della 

persecuzione di Diocleziano. 

Noël Alexandre: (Rouen, 1639 - Parigi, 1724) 

maestro alla Sorbona. Come teologo fu fedele 

al sistema tomista del suo ordine, ma 

simpatizzò con talune posizioni del Gallicanismo. 

Lasciò una vastissima produzione 

letteraria assai apprezzata ai suoi tempi sia in 

Francia che fuori. Scrisse: Selecta historiae ecclesiasticae 

in 26 volumi, posta all’Indice nel 

1684 e nel 1687; Selecta historia Veteris et Novi 

Testamenti (1699), inoltre una Teologia dogmatica 

et moralis secundum ordinem Catechismi Concilii 

Tridentini (1693). 

Norberto: santo (Xanten, 1080 - Magdeburgo, 

1134). Ordinato sacerdote si dedicò alla vita 

ascetica predicando in Francia e nei Paesi 

Bassi. E’ il fondatore dell’Ordine dei Canonici 

Regolari Premostratensi. Per riconoscenza 

dei servizi resi al papato, Norberto fu 

insignito del pallium e costituito primate di 

tutta la Germania. 

Novati, Giovanni Battista: Teologo e Prefetto 

Generale. Infiammato da mariana pietà, si 

dedicò alla preghiera ed all’amore per Maria. 

Scrisse: De eminentia Deiparae Virginia Maria 

semper Immaculatae in due volumi (Biblioteca 

F.A. Marcucci Voll. 161-162). 

Oringa Agostiniana: beata (Santa Croce 

sull’Arno 1240 - 1310). Di umili origini, amante 

della purezza, cercò sin da fanciulla di 

mantenere sempre candidi mente e cuore 

con ogni genere di mortificazioni e con la 

continua preghiera. Nel 1279 si richiuse con 

alcune compagne nel monastero di Santa 

Maria Novella, posto dalla fondatrice sotto 

la regola di S. Agostino e canonicamente riconosciuto 

nel 1296. Fu sepolta nella chiesetta 

del suo monastero. 

Paci, Maria Dionisia dello Spirito Santo: suora 

Pia Operaia dell’Immacolata Concezione 

(Ascoli Piceno 09/10/1719 - 11/01/1809). 

Fu una delle prime quattro suore che diede- 

ro inizio alla Congregazione. Data la discreta 

preparazione culturale, ricevuta già in famiglia, 

fu la prima maestra della Congregazione. 

Il Fondatore la definisce: “di singolare 

talento ed abilità nelle cose materiali e spirituali 

e di grandi risorse”. 

Paolo Giulio: (III sec. d.C.) giureconsulto romano, 

discepolo di Q. Cervidio Scevola: ricoprì 

importanti cariche pubbliche, tra cui 

quella di Praefectus praetorio. Fu tra i cinque 

giuristi che attribuirono valore vincolante, 

pari a quello delle altre leggi, la cosiddetta 

“Legge delle citazioni” di Valentiano III e 

Teodosio II dell’anno 426. 

Paolo III: papa (Canino, Viterbo 1468 - Roma, 

1549). Fu incoronato Papa nel 1534. Di illustre 

famiglia e possessore di molte terre. 

Durante il suo pontificato Michelangelo 

completò gli affreschi della cappella Sistina 

con il Giudizio Universale e restaurò il Campidoglio. 

Paolo IV: papa (S. Angelo della Scala, 1476 - 

Roma, 1559). Fu incoronato il 1555. Travolto 

dalla cieca passione politica, tralasciò 

di curarsi dell’unità dell’Europa in Cristo. 

Animato dalla preoccupazione di conservare 

la purezza della fede rinchiuse gli ebrei di 

Roma e di altre città dello Stato Pontificio, 

in ghetti. Sotto il suo papato fu pubblicato il 

primo Index Librorum Prohibitorum. 

Paolo V: papa (Roma, 1552 - Roma, 1621). Fu 

incoronato in S. Pietro nel 1605. Ebbe relazioni 

con Michele Romanoff in Russia e si 

appellò alle nazioni civili per far cessare le 

persecuzioni dei cristiani in Giappone e Cina. 

Fu favorevole all’astronomia, ma lasciò 

condannare Copernico. 

Papiniano, Emilio: giureconsulto (ca. II-III 

sec.). Eminente giurista romano. Ricoprì 

importanti uffici presso la corte imperiale 

dove fu Advocatus fisci sotto Marco Aurelio e 

poi Praefectus praetorio sotto Settimio Severo. 

Fu ucciso nell’anno 212 per ordine di Caracalla.

Patercolo, Velesio: v. Patercolo, Vellejo. 

Patercolo, Vellejo: (ca. 19 a.C. - ca. 31 d.C) storico 

romano. Scrisse un sommario di storia 

dalla guerra di Troia all’Impero di Tiberio. 

Peretti, Felice: v. Sisto V, papa. 

Peto, Sesto Elio: cultore di scienze giuridiche, 

commentatore e interprete dell’antica Roma. 

Pier Damiani: santo (Ravenna, 1007 - Faenza, 

1072). Cardinale e dottore della chiesa. Entrò 

nei Benedettini di Fonte Avellana. Servì 

e rappresentò numerosi Papi in concili e sinodi. 

Riformatore del clero e attento protagonista 

della vita politica, fu autore di numerosi 

trattati. 

Pietro Cistercense, beato: v. Pietro di Tarantasia, 

santo. 

Pietro di Tarantàsia: santo (St. Maurice de l’Exil, 

1102 - Bellevaux, 1174). Monaco cistercense 

francese. Entrato nell’Ordine a Bonnevaux 

nel 1122, fondò, dieci anni dopo l’abbazia 

di Tamié (Savoia) e ne fu primo abate. Si 

fece amare per zelo e carità, interpose più 

volte i suoi uffici in difesa del pontefice 

contro il Barbarossa. Chiamato a Roma dal 

papa Alessandro III per pacificare Enrico II 

di Inghilterra e Luigi VII di Francia, morì 

durante il viaggio nel 1173. 

Pio IV: papa (Milano, 1499 - Roma, 1565). Fu 

eletto il giorno di Natale del 1559. 

L’entusiasmo dei Romani per la sua elezione 

trovò rispondenza nell’animo mite del pontefice. 

Non lesinò le spese per rinnovare la 

tradizione che vedeva nel Papa un promotore 

delle arti. Carlo Borromeo gli fu vicino 

nel periodo finale del pontificato, anche a livello 

esecutivo, quando il pontefice cominciò 

a risentire delle dure e rigide penitenze a 

cui si sottoponeva. 

Pio V: papa e santo (Bosco Marengo, 1504 - 

Roma, 1572). Eletto nel 1560, mise in atto i 

decreti di riforma del Concilio di Trento 

291 

(1564) abolendo in primis ogni forma di nepotismo. 

Fece pubblicare il Catechismo Romano 

per aiutare i parroci nell’istruzione catechetica 

e ne promosse la traduzione in tutte 

le lingue. Riformò ed unificò la liturgia, facendo 

pubblicare il Breviario ed il Messale, 

imponendoli a tutte le diocesi e a quegli Ordini 

religiosi che non avevano una liturgia 

propria. Istituì una commissione cardinalizia 

che doveva dirigere l’evangelizzazione in 

Africa, Asia, ed America. 

Publio Fundanio: v. Fondanio, Prisco. 

Raimondo Giordano: beato (+ 1381). Detto 

l’Idiota. Canonico regolare di S. Agostino, 

abate del monastero di Bourges verso il 

1377 e parroco di Nimes. Tra le sue opere 

ricordiamo il Tratctatus de oculo mystico, le Contemplationes 

de miserabili conditione vitae praesentis, 

l’Opus de stato religioso. 

Relucenti, Tecla: (Ascoli Piceno 1704 - 1769). 

Prima Superiora e Co-fondatrice, insieme al 

Servo di Dio Francesco Antonio Marcucci, 

della Congregazione delle suore Pie Operaie 

dell’Immacolata Concezione. Collaborò con 

il Fondatore in modo convinto e devoto, fu 

la prima ad iniziare le catechesi domenicali 

per le alunne e le donne della città. Amò 

molto le suore: le ascoltava volentieri, partecipava 

alle loro gioie ed alle loro pene e le 

aiutava in tutto ciò che poteva. 

Rufo, Lucio Tario: nobile romano. Proprietario 

di vasti possedimenti nel teramano. Da lui 

prende il nome la frazione Garrufo. 

Rufo, Quinto Curzio: (sec. I d. C.) retore e storico 

latino. Visse al tempo di Caligola, di 

Claudio e forse anche di Vespasiano. Scrisse: 

Historiae Alexandri Magni in 10 libri, opera 

ispirata alla storia romanzesca del sovrano 

macedone scritta dal greco Clitarco nel III 

a.C. In essa Curzio appare attratto dalle 

grandi scene di massa e dà particolare rilievo 

ai discorsi dei vari personaggi.

Ruperto di Deutz (Liegi 1075- Deutz 1130) 

monaco benedettino. Fu il maggiore protagonista 

della cultura teologica e mariologia 

del suo tempo. Interpretò l’intero Cantico dei 

cantici in chiave mariana, dimostrando un 

sincero spirito di fede e devozione. 

Salazzarro: padre gesuita, autore di testi che narravano 

avvenimenti miracolosi compiuti 

dalla Vergine Immacolata. 

Scevola, Muzio Quinto: (I sec. a.C.). Genero di 

Caio Lelio, gli fu affidata l’educazione di Cicerone. 

Segneri, Paolo: (Nettuno 1624 - Roma 1694) 

oratore sacro e gesuita. Fu il restauratore 

dell’eloquenza sacra con il suo Quaresimale 

(1679). Autore anche di Pratica delle Missioni 

(Biblioteca F.A. Marcucci Vol. 1424) e Esercizi 

spirituali (Biblioteca F.A. Marcucci Vol. 

1617). 

Sisto IV: papa (Celle di Savona, 1414 - Roma, 

1484 ). Eletto nel 1471. Fu esperto politico e 

mecenate. Impegnato nella crociata in Asia 

Minore, fallita a causa dei gravi intrighi del 

nepotismo, che con lui raggiunse vertici mai 

registrati. Celebrò il 7° Giubileo nel 1475. il 

suo nome è tristemente legato all’Inquisizione 

spagnola, da lui autorizzata con la bolla 

del 1478. 

Sisto V: papa (Grottammare, 1521 - Roma, 

1590). Eletto nel 1585. Curò l’attuazione 

delle deliberazioni del Concilio di Trento. 

Grazie ad ingenti mezzi finanziari rese possibile, 

l’incremento delle atri e delle scenze 

nonché un grande sviluppo edilizio di Roma. 

Convinto della rinnovata concezione in 

senso cristiano del Caput mundi, creò nuove 

ampie strade che avrebbero dovuto consentire 

ai pellegrini di tutto il mondo di raggiungere 

agevolmente le Sette Chiese di 

Roma. 

Strabone, Pompeo: (Amasia, 63 a.C. ca. - 19 

d.C.) storico e geografo dell’antica Grecia, si 

292 

trasferì ancora giovane a Roma, dove compì 

parte della sua educazione. 

Suárez, Francisco: (Granada 1548 - Lisbona 

1617). Teologo e filosofo. Nominato doctor 

eximius, è legato al dibattito sulla grazia ed il 

comportamento umano. Nel suo pensiero 

detto “Congruismo” è espresso nell’opera 

De Gratia. Ha contribuito alla nascita del diritto 

internazionale, individuando la distinzione 

tra diritto internazionale pubblico e 

diritto internazionale privato. Scrisse per la 

biblioteca mariana: Sulla vita della Vergine 

Madre di Dio, De festis B. Virginis, De salutatione 

Angelica, De rosario B. Virginis e De cantico 

salue Regina. 

Svetonio, Gaio Tranquillo: (Roma ca. 69 - 140) 

erudito e storico latino vissuto fra il I e il II 

sec. dell’era volgare. Le poche notizie sulla 

sua vita son desumibili da qualche fugace 

accenno nelle Epistole di Plinio il Giovane di 

cui fu amico e dal quale fu più volte raccomandato 

davanti a Traiano. 

Tassetti, Rosa Maria dell’amor di Gesù: (Monsanpolo, 

1716 - Ascoli Piceno, 1790) suora 

Pia Operaia dell’Immacolata Concezione. 

Esercitò con molta carità e con edificante 

pazienza l’incarico di insegnante e vari impieghi 

nella Congregazione. 

Tommaso di Villanova: santo (Fontepiano, Toledo 

1482 - Valenzia, 1555 ). Nel 1518 vestì 

l’abito dell’Ordine degli Eremiti di S. 

Agostino e nel 1545 divenne vescovo di 

Valenza. Per tutta la vita dispensò con spirito 

evangelico e con molta forza la Parola 

di Dio e si preoccupò sempre di sollevare 

dalla miseria i più poveri e i peccatori. 

Esperto nella dottrina e nella virtù, scrisse 

numerose opere di mariologia: De nativitate 

Virginis Mariae, Conciones, 3; De Annunciatione 

eiusdem, Conc. 2; De Visitatione eiusdem, Conc. 1; 

De Partu eiusdem, Conc. 1; De Purificatione eiusdem, 

Conc. 1; De Assumptione eiusdem, Conc. 4. 

Tritemio, Giovanni: (Treviri, 1462 - Würzburg, 

1516) umanista e teologo tedesco. Apparte-

293 

nente alla nobile casata dei von Heidenberg, 

a 17 anni fuggì di casa per potersi dedicare 

agli studi, e a 22 iniziò la carriera ecclesiastica, 

entrando nei benedettini. Dal 1505 fu 

abate a Würzburg. Tra le sue opere mariologiche 

ricordiamo il De Miraculis Beatissima 

Maria semper Virginia in Ecclesiaprope Dittelbach 

in Arena in eius honorem constructa factis, libros II, 

il De Conceptione Immaculata Virginia Ma tris 

Epistolam I e il De Compassione B. Maria semper 

Virginia Sequentia. 

Ubaldo: santo (Gubbio, 1084 - Gubbio, 1160). 

Vescovo della sua città, riformò la disciplina 

del clero cercando di placare le dispute cittadine. 

Coraggioso e determinato salvò la 

sua città dalle distruzioni di Barbarossa. 

Ulpio, Marcello: (sec. II d. C.) giureconsulto 

romano. Fece parte del consilium di Antonino 

Pio e Marco Aurelio. Di acuto spirito critico 

e polemico, scrisse i 31 libri del Digesta, De 

officio consulis e De officio praesidis. 

Urbano VIII: papa (Firenze, 1568 - Roma, 

1644). Fu incoronato nel 1623. Durante il 

suo pontificato furono compiute importanti 

opere edilizie. Ricordato più per la sua opera 

di mecenatismo e per il nepotismo che per 

le sue doti politiche. 

Vaddingo, Luca: v. Vaddingus, Lucas 

Vaddingus, Lucas: dell’Ordine dei frati Minori. 

Fu uomo dai costumi integerrimi e famosissimo 

studioso di questioni ecclesiastiche. 

Tra le opere mariane si ricordano: Urbanum 

VIII pro definienda Controversia Conceptionis Beatae 

Mariae Virginia; de Baptismo Beatae Mariae 

Virginis Opusculum I. 

Vasquez, Gabriel: (Spagna, 1549 - 1604) uomo 

illustrissimo della Compagnia di Gesù. Di 

grande ingegno ed erudizione, visse amando 

la povertà e l’integrità dell’animo. Tra le sue 

opere più importanti: De cultu sacro, et adoratione 

Beata Virginis Disputationes 2; De Virgini- 

tate et matrimonio eiusdem, Disputationes 3; De 

Annunciatione eiusdem, Disputatione 1. 

Venanzio Fortunato: santo (Treviso, ca. 530 - 

Poitiers, 600). Poeta della Chiesa latina. Ricevette 

una formazione classica notevole, alla 

quale unì una buona conoscenza della 

Scrittura e dei Padri della Chiesa. Nel 565 

fece un pellegrinaggio a Tours per recarsi 

sulla tomba di S. Martino, al quale dedicherà 

una biografia, per ringraziarlo della vista recuperata. 

Alla vergine ha dedicato il lungo 

poema In laudem sanctae Mariae, e Quem terra, 

pontus, aethera. 

Vespasiano, Flavio: (+Roma, 79 d.C.) legato 

romano inviato da Nerone in Palestina per 

frenare la rivolta guidata dagli Zeloti (nazionalisti). 

Nel 69, dopo aver sconfitto ed ucciso 

Vitellio, venne proclamato imperatore ed 

affidò al figlio Tito il comando supremo delle 

operazioni militari in Palestina, insorta 

contro il dominio romano. 

Vespasiano, Tito Flavio: (Roma, 39 - Sabina, 

81) imperatore romano. Dopo i successi militari 

e politici in Oriente tra cui ricordiamo 

la presa di Gerusalemme nel 70, fu associato 

all’impero del padre Vespasiano, cui succedette 

nel 79. 

Vincenzo Bellovacense: v. Vincenzo di Bellovaco. 

Vincenzo di Bellovaco: (Beauvais, ca. 1190 - 

1264) domenicano ed erudito francese. Vissuto 

alla corte di Luigi IX, compilò lo Specchio 

maggiore, una vasta enciclopedia. 

Vincenzo Ferrerio: santo (Valencia, 1346 - 

Vannes, 1419). Si dedicò alla conversione 

degli ebrei e dei mori di Spagna. Si adoperò 

con tutte le forze per favorire l’unità della 

chiesa e la soluzione dello scisma. Tra i suoi 

scritti emergono dei trattati filosoficoteologici 

e un’abbondante raccolta di sermoni, 

alcuni dei quali hanno un contenuto

294 

mariano, come ad esempio De nativitate Virginis. 

Vitellio, Aulo: (15 d.C. - 69 d.C.) imperatore 

romano. Seguì la normale carriera politica e 

militare, raggiunse il consolato nell’anno 48 

d.C., poi fu proconsole d’Africa e nel gennaio 

del 69 acclamato imperatore dalle legioni 

residenti a Magonza, ribellatesi a Galba. Veniva 

appellato con il titolo di Germanico

295 

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Testi mariani del primo millennio. A cura di G. Gharib … [et al.]. Roma, Città Nuova 

Editrice, (1988-). 

Testi mariani del secondo millennio. A cura di Angelo Amato … [et al.]. Roma, Città 

Nuova Editrice. 

296

Sermoni per il Triduo e per la Festa dell'Immacolata Concezione

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