il procedimento di condono edilizio dopo la corte costituzionale n ...

IL PROCEDIMENTO DI CONDONO EDILIZIO DOPO LA CORTE
COSTITUZIONALE N. 196 DEL 2004
Sommario: Premessa. Quadro sintetico della decisione della Corte costituzionale 28 giugno 2004 n. 196 - 1.
Riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni in tema di procedimento di condono - 1.1. Riparto di
competenze secondo l’art. 32, L. n. 326 del 2003 - 1.2. Riparto di competenze alla luce di Corte cost. n. 196 del
2004 - 1.3. Disciplina statale suppletiva sul procedimento - 2. I termini del procedimento - 2.1. Termini del
compimento dell’abuso e termini della domanda di condono - 2.2. Termini di pagamento di seconda e terza rata
dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori - 2.3. Termine per l’integrazione della domanda di
condono - 2.4. Termini per l’estinzione dei reati e delle sanzioni amministrative e per il silenzio – assenso - 3.
Ipotesi di sospensione dei termini del procedimento di condono - 4. Domanda di condono e documenti da
allegare - 5. Oblazione, oneri concessori, diritti e oneri di istruttoria - 5.1. Oblazione - 5.2. Oneri concessori - 5.3.
Diritti e oneri di istruttoria 6. Assunzione diretta delle opere di urbanizzazione - 7. Sospensione legale di
procedimenti e processi pendenti tra la data di entrata in vigore del nuovo condono e la data di scadenza del
termine di presentazione delle domande di condono - 8. Sospensione dell’azione penale dopo la domanda di
condono - 9. Completamento delle opere abusive dopo la domanda di condono - 10. Corso dell’istruttoria: esame
della domanda, integrazioni documentali, conguagli e rimborsi, rigetto o accoglimento espresso - 11. Silenzio –
assenso - 12. Estinzione dei reati - 12.1. Osservazioni generali - 12.2. I reati in materia edilizia - 12.2.1. La
disciplina precedente - 12.2.2. La disciplina attuale - 12.2.3. Conservazione degli effetti penali anche in caso di
opere non condonabili - 12.2.4. Condono espresso e processo penale. Silenzio – assenso e processo penale -
12.2.5. Estensione dell’estinzione del reato ai comproprietari - 12.2.6. Condono edilizio successivo al giudicato
penale di condanna - 12.2.7. Effetti penali del condono edilizio per i soggetti diversi dal proprietario - 12.2.8.
Mancato pagamento dell’oblazione o quantificazione in misura dolosamente inesatta e illeciti penali - 12.3. I reati
in materia di violazione di vincoli - 13. Condono edilizio e sanzioni amministrative - 14. Diritti dei terzi.
PREMESSA. QUADRO SINTETICO DELLA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE 28
GIUGNO 2004 N. 196
Il presente lavoro è circoscritto ai soli profili procedimentali del nuovo condono edilizio, disciplinato
dall’art. 32 D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella L. 24 novembre 2003 n. 326.
Non vengono perciò trattate le questioni “sostanziali”, relative alla tipologia di abusi condonabili,
volumetria massima, termine di ultimazione lavori, opere abusive su demanio pubblico, opere abusive su aree
vincolate.
Giova, comunque, dare un quadro sintetico delle questioni di costituzionalità accolte dalla Corte
costituzionale 28 giugno 2004 n. 196 in ordine all’art. 32 D.L. n. 269 del 2004, per l’interesse che esse hanno
anche in ordine ai profili inerenti i profili procedimentali del condono edilizio.
La premessa fondamentale da cui muove il ragionamento della Corte (par. 20 della parte in diritto) è che
occorra distinguere gli effetti penali e gli effetti amministrativi del condono edilizio.
Sul versante degli effetti penali, “il condono edilizio straordinario, quale finora configurato nella nostra
legislazione, appare essenzialmente caratterizzato dalla volontà dello Stato di intervenire in via straordinaria sul
piano della esenzione dalla sanzionabilità penale (...)”; e che “solo il legislatore statale può incidere sulla
sanzionabilità penale”, attesa la competenza legislativa statale esclusiva in materia penale, e che lo stesso Stato
“specie in occasione di sanatorie amministrative, dispone di assoluta discrezionalità in materia “di estinzione del
reato o della pena, o di non procedibilità”“.
Da tale premessa deriva la sicura competenza del legislatore statale a disciplinare il condono edilizio e i
suoi effetti penali, e la sussistenza, in capo ai Comuni, di un dovere di piena collaborazione con gli organi
giurisdizionali penali, per dare attuazione su tutto il territorio nazionale, in modo omogeneo, agli effetti penali del
condono edilizio.
Sicché, la competenza legislativa statale esclusiva in materia di condono si estende anche alla disciplina
della collaborazione dei Comuni con gli organi giurisdizionali penali, collaborazione strettamente strumentale alla
operatività concreta degli effetti penali del condono.
Diverso è invece l’ambito della competenza legislativa statale sul versante degli effetti amministrativi del
condono edilizio.
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Infatti, l’edilizia, e dunque il condono relativo, rientra nella materia “governo del territorio”, che ai sensi
dell’art. 117 Cost. forma oggetto di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni.
Sicché, spetta allo Stato stabilire solo i principi fondamentali della materia.
Anche, dunque, in relazione al condono edilizio, sul versante dei suoi effetti amministrativi, il legislatore
statale può stabilire solo i principi fondamentali.
Secondo la Corte, i principi fondamentali di competenza del legislatore statale sul condono edilizio si
riducono a tre:
- la previsione dell’an del condono, e dunque del titolo abilitativo edilizio in sanatoria (ai sensi dell’art. 32,
comma 1, D.L. n. 269 del 2003);
- la fissazione del limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili;
- la determinazione delle volumetrie massime condonabili.
Neppure tali principi fondamentali il legislatore statale può dettare per quelle Regioni ad autonomia
speciale e Province autonome che secondo i rispettivi statuti abbiano in materia edilizia competenza legislativa
esclusiva: in tali Regioni il legislatore statale può regolare solo gli effetti penali del condono.
Da tali considerazioni la Corte tra argomento per dichiarare incostituzionali otto punti del nuovo
condono edilizio, ritenuti non di principio ma di dettaglio, e come tali invasivi della competenza legislativa
concorrente delle Regioni (par. 21 e par. 29 della parte in diritto):
1) è illegittimo il comma 26 dell’art. 32, nella parte in cui non lascia alla competenza legislativa regionale
di disciplinare la possibilità, le condizioni e le modalità per l’ammissibilità a sanatoria di tutte le tipologie di abuso
edilizio di cui all’allegato 1 al D.L. n. 269;
2) è illegittimo il comma 25 dell’art. 32, nella parte in cui non lascia alla competenza legislativa regionale
di determinare limiti volumetrici inferiori a quelli indicati nella medesima disposizione;
3) sono illegittimi il comma 14 e ss. dell’art. 32, relativi agli abusi edilizi su aree di proprietà statale, nella
parte in cui non demandano alla legge regionale la disciplina del condono, negli ambiti sopra visti, anche per tale
tipologia di abusi;
4) è illegittimo il comma 33 dell’art. 32, che assegna un termine di soli sessanta giorni alle leggi regionali,
termine incongruo se si considera l’ampiezza e la complessità della competenza legislativa regionale in materia di
condono;
5) è incostituzionale il comma 37 dell’art. 32, che prevede il silenzio –assenso sulla domanda di condono,
senza consentire alle leggi regionali di disciplinare diversamente gli effetti del silenzio prolungato del Comune;
6) è illegittimo il comma 38 dell’art. 32, perché demanda all’allegato 1 al D.L. n. 269 del 2003, anziché
alla legge regionale, la disciplina della misura dell’anticipazione degli oneri concessori e delle relative modalità di
versamento; in via consequenziale è illegittimo l’allegato 1 nella parte in cui disciplina tali profili;
7) è illegittimo l’intero art. 32 D.L. n. 269, ella parte in cui non assegna alle Regioni un termine congruo
per emanare le loro leggi sul condono; conseguentemente la Corte incarica il legislatore statale di intervenire con
legge, rapidamente, ad assegnare alle Regioni un termine congruo per legiferare (termine ora fissato in quattro
mesi dal D.L. 12 luglio 2004 n. 168, convertito nella L. 30 luglio 2004 n. 191);
8) è infine illegittimo il comma 49 ter dell’art. 32, che sostituisce l’art. 41, t.u. edilizia, nella parte in cui
demanda al Prefetto, anziché ai Comuni, la competenza ad eseguire la demolizione delle opere abusive, al di fuori
dello schema inerzia – controllo sostitutivo.
Volendo sintetizzare l’ambito della competenza legislativa statale in materia di condono edilizio, si può
osservare che:
- lo Stato ha competenza legislativa statale esclusiva in ordine alla disciplina degli effetti penali del
condono e in ordine alla disciplina della collaborazione dei Comuni per dare concreta attuazione a tali effetti
penali;
- lo Stato ha competenza legislativa concorrente in ordine agli effetti amministrativi del condono, e può
fissare i relativi principi fondamentali in ordine a: previsione del titolo abilitativo in sanatoria; fissazione del limite
temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili; determinazione delle volumetrie massime
condonabili;
- nelle Regioni ad autonomia speciale e nelle Province autonome, se i rispettivi statuti prevedono
competenza esclusiva in materia edilizia, il legislatore statale può regolare solo gli effetti penali del condono.
La Corte ha invece ritenuto inammissibili o infondate numerose altre questioni.
Ha ritenuto inammissibili:
- la questione di violazione dell’art. 3 Cost., sotto il profilo della discriminazione tra cittadini che
rispettano la legalità e cittadini che non la rispettano, perché le Regioni non hanno interesse a sollevare tale
questione, potendo solo dolersi delle violazioni concernenti il riparto di competenze tra Stato e Regioni (par. 13
della parte in diritto);
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La Corte ha ritenuto infondate:
- la questione di violazione dell’art. 77 Cost., sotto il profilo della carenza dei presupposti di necessità e
urgenza, sotto il profilo della disomogeneità del contenuto del d.l. n. 269/2003, sotto il profilo della inidoneità di
un decreto legge a porre principi fondamentali di legislazione statale: la Corte, richiamata la propria precedente
giurisprudenza, ha osservato che non si tratta di una ipotesi di “evidente mancanza” dei presupposti di necessità
e urgenza; e che la omogeneità di contenuto dei decreti legge non è requisito imposto dalla Costituzione, ma solo
da una norma ordinaria (art. 15 L. n. 400 del 1988); e che un decreto legge è atto potenzialmente idoneo ad
esprimere principi fondamentali di legislazione statale (par. 18 della parte in diritto);
- la questione di violazione dell’art. 79 Cost., sotto il profilo che il condono edilizio sarebbe una amnistia
impropria, che dovrebbe rispettare tutti i requisiti prescritti per le leggi di amnistia; la Corte ha ritenuto,
richiamando la propria precedente giurisprudenza, che va negata la natura di amnistia impropria del condono
(par. 19 della parte in diritto);
- la questione di violazione dell’art. 9 Cost., sotto il profilo dell’incongruo bilanciamento tra interesse a
tutela del paesaggio e interessi finanziari, a favore di questi ultimi; ha osservato la Corte che la complessiva
disciplina, anche alla luce dei futuri interventi dei legislatori regionali, non è sbilanciata in danno della tutela del
paesaggio e dell’ambiente (par. 23 della parte in diritto);
- la questione di violazione dell’art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevolezza della disciplina rispetto
agli interessi urbanistico – edilizi; ha osservato la Corte che la complessiva disciplina non è irragionevole,
presentando elementi di discontinuità con i precedenti condoni, a loro volta ritenuti dalla Corte a suo tempi
eccezionali straordinari e non ripetibili (par. 24 della parte in diritto);
- la questione di violazione del giudicato costituzionale ai sensi dell’art. 137 Cost., sotto il profilo che il
nuovo condono contrasterebbe con le pronunce della Corte sui precedenti condoni, che ne avevano affermato la
irripetibilità; ha osservato la Corte che la precedente giurisprudenza della Corte non è in assoluto preclusiva di
ulteriori condoni, e che comunque non può aversi violazione di giudicato costituzionale, relativo a determinati
atti legislativi, in presenza di un nuovo atto legislativo (par. 25 della parte in diritto della decisione);
- la questione di violazione dell’art. 119 Cost., sotto il profilo degli ingenti costi di gestione del condono
per i Comuni; ha osservato la Corte che il legislatore ha previsto nell’art. 32 quattro forme di introiti da condono
in favore degli enti locali, ancorché di incerta quantificazione allo stato e non raffrontabili con i costi del
condono, e che l’intervento del legislatore regionale potrà incrementare le entrate per i Comuni (par. 26 della
parte in diritto);
- la questione di violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, sotto il profilo che le
Regioni non hanno partecipato al procedimento di formazione dell’art. 32; ha osservato la Corte che non risulta
costituzionalizzata la partecipazione delle Regioni alla formazione dei decreti legge statali e relative leggi di
conversione (par. 27 della parte in diritto);
- la questione di illegittimità del comma 5 dell’art. 32, che prevede il supporto del Ministero delle
infrastrutture ai Comuni al fine dell’applicazione della normativa sul condono; ha osservato la Corte che essendo
previsto tale supporto di intesa con le Regioni, è salvaguardata l’autonomia regionale (par. 28 della parte in
diritto).
Infine la Corte ha ritenuto assorbite le sollevate questioni di costituzionalità in relazione ai commi 25,
26, 27, 35, da 14 a 20, in quanto l’accoglimento delle questioni sopra viste ha fatto venir meno l’interesse
specifico alle doglianze su tali norme.
1. RIPARTO DI COMPETENZE LEGISLATIVE TRA STATO E REGIONI IN TEMA DI
PROCEDIMENTO DI CONDONO
1.1. RIPARTO DI COMPETENZE SECONDO L’ART. 32 L. N. 326 DEL 2003
E’ un dato acquisito che l’edilizia, e dunque il condono in siffatto settore, rientra nella materia “governo
del territorio” che, secondo l’art. 117 Cost., forma oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni 1 .
Compete al primo la fissazione dei principi fondamentali della materia, e alle seconde la disciplina dei
profili attuativi e di dettaglio e, segnatamente, delle regole procedimentali.
1 Corte cost. 1 ottobre 2003 n. 303, in Giur. cost. 2003, f. 5; ID. 19 dicembre 2003 n. 362, in Cons. Stato 2003,II, p. 2317; ID. 28 giugno
2004, n. 196, in Rivista S.S.E.F. 2004, n. 6-7.
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Come, dunque, già accaduto per il permesso di costruire e per la d.i.a., anche per il “titolo abilitativo
edilizio in sanatoria” (come espressamente definito dall’art. 32, comma 1, L. n. 326 del 2003) (c.d. condono
edilizio), spetta alle Regioni disciplinare i profili relativi al procedimento, nell’ambito delle linee guida tracciate dal
legislatore statale.
Di questa opzione di fondo è consapevole l’art. 32 D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella L. 24
novembre 2003 n. 326, che, già nella versione anteriore agli interventi correttivi della Corte costituzionale,
demanda alle Regioni la disciplina dei profili procedimentali.
In particolare:
- il comma 3 dell’art. 32 avverte che “le modalità” (oltre alle condizioni e ai limiti) del titolo abilitativo in
sanatoria sono stabilite, oltre che dall’art. 32, “dalle normative regionali”;
- il comma 33 dell’art. 32 demanda alle Regioni la disciplina “per la definizione del procedimento
amministrativo relativo al rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria”;
- sempre il comma 33 specifica che nel disciplinare il procedimento di condono, le Regioni possono
anche prevedere un incremento dell’oblazione fino al massimo del 10 per cento della misura fissata nella tabella C
allegata alla l. n. 326/2003, con una specifica finalizzazione dell’introito di tale incremento, di cui si tratterà nel
paragrafo dedicato all’oblazione;
- il comma 34 demanda alle leggi regionali la possibilità di prevedere che gli oneri di concessione relativi
agli abusi edilizi oggetto di condono siano incrementati fino al massimo del 100%;
- sempre il comma 34 demanda alle leggi regionali l’emanazione delle norme di attuazione per
disciplinare, ai sensi dell’art. 29, l. n. 47/1985, la formazione, adozione e approvazione delle varianti agli
strumenti urbanistici generali finalizzati al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi, e, in particolare, per
regolare la perimetrazione da parte dei Comuni degli insediamenti abusivi entro i quali gli oneri di concessione
vanno quantificati nella misura dei costi per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria e per gli interenti di
riqualificazione igienico – sanitaria e ambientale, e per disciplinare l’assunzione diretta delle opere di
urbanizzazione primaria da parte dei soggetti richiedenti il condono;
- il comma 35, lett. c), dispone che alla domanda di condono deve essere allegata, tra l’altro “ulteriore
documentazione eventualmente prescritta con norma regionale”.
Infine, giova ricordare che secondo l’originaria previsione dell’art. 32, comma 33, le leggi regionali
avrebbero dovuto essere emanate entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003.
1.2. RIPARTO DI COMPETENZE ALLA LUCE DI CORTE COST. N. 196 DEL 2004
L’opzione dell’art. 32 in commento, di demandare alle leggi regionali la disciplina di dettaglio del
procedimento di condono edilizio, non è sembrata alla Corte costituzionale completamente rispettosa
dell’autonomia legislativa regionale sancita dalla Costituzione.
Pertanto, in più punti le competenze regionali in tema di procedimento di condono sono state ampliate
dalla Corte cost. 28 giugno 2004 n. 196.
Anzitutto, è stato spostato in avanti il termine per l’emanazione delle leggi regionali, e questo in
conseguenza della riconosciuta maggiore possibilità di intervento delle leggi regionali, rispetto a quanto ipotizzato
dall’originaria formulazione dell’art. 32.
Sicché, la Corte ha dichiarato illegittimo il comma 33 dell’art. 32, nella parte in cui assegna alle Regioni
sessanta giorni, decorrenti dall’entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003, per emanare le leggi regionali sul
procedimento.
Il comma 33, come riscritto dalla Corte, si limita a dire che le Regioni disciplinano il procedimento di
condono tramite la legge di cui al comma 26 dell’art. 32.
L’intero art. 32, poi, è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui non prevede che le leggi
regionali di cui al comma 26 debbano essere emanate entro un congruo termine da stabilirsi da parte di una legge
statale successiva alla sentenza della Corte costituzionale.
In sintesi, la Corte ha invitato il legislatore statale a fissare rapidamente con una propria legge il nuovo
termine – che deve essere congruo – entro cui le Regioni possono legiferare.
Il legislatore statale è tempestivamente intervenuto, con l’art. 5 D.L. 12 luglio 2004 n. 168, convertito
con la L. 30 luglio 2004 n. 191, a tenore del quale la legge regionale prevista dal comma 26 dell’art. 32 può essere
emanata entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 168 del 2004.
Poiché il D.L. n. 168 del 2004 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 luglio ed è entrato in
vigore il giorno stesso della sua pubblicazione, le leggi regionali possono essere emanate entro il 12 novembre
2004.
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A chiarimento di possibili dubbi circa un differente termine per la legge regionale di cui al comma 26 e
per la legge regionale di cui al comma 33, la legge di conversione del D.L. n. 168 del 2004 ha specificato che il
termine di quattro mesi si applica anche alle leggi regionali di cui al comma 33.
Decorso il termine previsto, per le Regioni che non legiferano si applicano tutte le norme contenute nel
D.L. n. 269 del 2003, nel testo risultante dalla conversione.
Sotto il profilo dell’autonomia legislativa regionale in materia di procedimento di condono, la Corte ha
poi colpito:
- il comma 37 dell’art. 32, nella parte in cui attribuisce al silenzio sulla domanda di condono il valore di
accoglimento dell’istanza, senza prevedere che le leggi regionali possano disciplinare diversamente gli effetti del
prolungato silenzio comunale. Sicché, ora, le leggi regionali potranno anche attribuire al silenzio prolungato il
valore di rigetto dell’istanza, o il valore di inadempimento mero che giustifica l’attivazione di interventi sostitutivi,
ovvero attribuire al silenzio il valore di accoglimento decorso un termine più ampio di quello previsto dalla legge
statale;
- il comma 38, laddove demanda all’allegato 1, anziché alle leggi regionali, il compito di determinare la
misura dell’anticipazione degli oneri concessori nonché le relative modalità di versamento. Le leggi regionali
potranno pertanto anche stabilire la misura e le modalità di versamento dell’anticipazione, limitatamente agli
oneri concessori (e non anche per l’oblazione).
In ogni caso, soccorrono anche i principi generali sul procedimento amministrativo, recati dalla L. 7
agosto 1990 n. 241, e che sono vincolanti anche per la legislazione regionale.
1.3. DISCIPLINA STATALE SUPPLETIVA SUL PROCEDIMENTO
Per le Regioni che non disciplineranno il procedimento di condono, trovano applicazione le norme
contenute nell’art. 32.
Infatti, la Corte costituzionale ha affermato, in qualche modo, un vero e proprio obbligo delle Regioni di
legiferare sul condono: “in considerazione della particolare struttura del condono edilizio straordinario (..), che
presuppone un’accentuata integrazione fra il legislatore statale ed i legislatori regionali, l’adozione della
legislazione da parte delle Regioni appare non solo opportuna, ma doverosa e da esercitare entro il termine
determinato dal legislatore nazionale”. L’inerzia regionale, secondo la Corte, potrebbe integrare una grave
violazione della leale cooperazione che deve caratterizzare i rapporti tra Regioni e Stato, e comunque comporta la
immediata conseguenza dell’applicazione dell’art. 32 della legge statale.
Va da sé che l’art. 32 troverà applicazione anche nel caso di leggi regionali che disciplineranno solo in
parte i profili del condono demandati alla loro competenza.
Tuttavia, l’art. 32 ha disciplinato il procedimento solo nelle grandi linee, sul presupposto della
competenza legislativa regionale.
Peraltro, la disciplina dell’art. 32, per quanto non disposto, trova completamento nelle disposizioni dei
capi IV e V della L. n. 47 del 1985 e dell’art. 39 L. 23 dicembre 1994 n. 724.
Sicché, per le Regioni che non disciplineranno, in tutto o in parte, il procedimento di condono,
troveranno applicazione:
- l’art. 32 L. n. 326 del 2003;
- la L. n. 47 del 1985, come novellata dall’art. 39 L. n. 724 del 1994, e, segnatamente, l’art. 35, che regola
il procedimento.
2. I TERMINI DEL PROCEDIMENTO
2.1. TERMINI DEL COMPIMENTO DELL’ABUSO E TERMINI DELLA DOMANDA DI CONDONO
Il procedimento di condono è scandito da molteplici termini, a carico dei richiedenti, e da lassi temporali
al cui decorso, in concomitanza di ulteriori presupposti, la legge riconnette effetti tipizzati.
Il condono edilizio è consentito per le opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 (art.
32, comma 25).
La domanda di condono, che nella versione originaria dell’art. 32, comma 32, andava presentata entro il
31 marzo 2004, va presentata, secondo il comma 32, come novellato dalla L. n. 191 del 2004, tra l’11 novembre e
il 10 dicembre 2004.
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La previsione, oltre che di un dies ad quem, anche di un dies a quo per presentare la domanda, si spiega in
considerazione del termine di quattro mesi assegnato alle leggi regionali, e che scade il 12 novembre 2004.
Si vuole pertanto impedire la presentazione di domande di condono prima che siano varate le leggi
regionali, perché le domande di condono potrebbero essere conformi alla legislazione statale ma non a quella
regionale sopravvenuta (p. es. perché le Regioni stabiliscono una più ridotta volumetria condonabile, o una
diversa misura dell’anticipazione degli oneri concessori).
Alla domanda di condono va allegata l’attestazione di pagamento della prima rata dell’oblazione e della
prima rata degli oneri concessori.
Si deve ritenere ancora applicabile, in materia di termini per la domanda di condono, l’art. 35, comma 2,
l. n. 47 del 1985, che consente la domanda successiva per coloro che erano titolari di titolo abilitativo edilizio
ordinario, che viene annullato, dichiarato decaduto o inefficace successivamente all’entrata in vigore del d.l. n.
269/2003, o meglio, dopo la scadenza del termine ultimo per la presentazione della domanda di condono. fermo
restando che l’opera deve esser stata ultimata entro il termine del 31 marzo 2003. In tali casi opera un termine di
120 giorni, che decorre dalla notificazione o comunicazione del provvedimento che fa venire meno il titolo
abilitativo edilizio ordinario.
2.2. TERMINI DI PAGAMENTO DI SECONDA E TERZA RATA DELL’OBLAZIONE E DELL’ANTICIPAZIONE
DEGLI ONERI CONCESSORI
La seconda e la terza rata, sia dell’oblazione che dell’anticipazione degli oneri concessori, vanno pagate,
rispettivamente, entro il 20 dicembre 2004 ed entro il 30 dicembre 2004, secondo l’ultima modifica legislativa
(inizialmente: entro il 30 giugno 2004 ed entro il 30 settembre 2004).
La nuova previsione, di due termini ravvicinati per il pagamento di seconda e terza rata, se risponde a
ragioni di finanza pubblica non più procrastinabili dopo i ritardi che ha già subito il procedimento di condono a
causa delle note vicende costituzionali, appare poco rispettosa delle esigenze organizzative dei cittadini e degli
uffici che ricevono il pagamento.
Tuttavia per il pagamento delle rate degli oneri concessori, le leggi regionali potranno stabilire termini
diversi.
2.3. TERMINE PER L’INTEGRAZIONE DELLA DOMANDA DI CONDONO
La domanda di condono deve essere integrata entro il 30 giugno 2005: con la denuncia in catasto
dell’immobile e documentazione relativa all’attribuzione di rendita catastale e relativo frazionamento; con la
denuncia ai fini dell’i.c.i.; con le denunce, se dovute, ai fini della t.r.s.u. e della tassa per l’occupazione di suolo
pubblico.
2.4. TERMINI PER L’ESTINZIONE DEI REATI E DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE E PER IL SILENZIO –
ASSENSO
Fin qui, i termini degli adempimenti a carico dei richiedenti il condono.
Vediamo ora i termini al cui decorso la legge riconnette effetti legali tipici, nel concorso con altri
elementi.
Il comma 36 prevede l’effetto estintivo dei reati in materia edilizia, elencati dall’art. 38, comma 2, L. n.
47 del 1985.
L’effetto estintivo è connesso alla tempestiva presentazione della domanda di condono e al pagamento
integrale dell’oblazione, unitamente al decorso del termine di 36 mesi, che iniziano a decorrere dalla data in cui
risulta avvenuto il pagamento integrale.
Sempre nel concorso delle tre circostanze sopra viste, si produce anche l’effetto estintivo, ai sensi dell’art.
38, comma 2, i procedimenti di esecuzione delle sanzioni amministrative.
Infine, con il decorso di 36 mesi, si prescrive ogni diritto a conguagli o rimborsi in relazione
all’oblazione.
Sull’effetto estintivo dei reati v. amplius par. 12.
Il comma 37 riconnette al decorso di un tempo determinato (24 mesi decorrenti dal 30 giugno 2005) in
concomitanza con altri elementi la formazione del silenzio – assenso: come già accennato, tale norma opererà
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solo nelle Regioni che non disciplinino diversamente gli effetti del silenzio, con leggi da emanarsi entro il 12
novembre 2004.
Sul silenzio – assenso v. amplius par. 11.
3. IPOTESI DI SOSPENSIONE DEI TERMINI DEL PROCEDIMENTO DI CONDONO.
Fermi restando i termini per gli adempimenti a carico del richiedente il condono (termine per la
domanda, per il pagamento delle rate, per il completamento della documentazione, il procedimento di condono
rimane sospeso quando il richiedente è imputato per taluni gravi delitti (art. 32, comma 29).
La norma mutua il previgente art. 39, comma 1, L. n. 724 del 1994.
Tale previsione è da ritenere vincolante anche per il legislatore regionale, in quanto risponde ad interessi
di ordine pubblico e connessi con il sistema penale, che competono al legislatore statale.
La sospensione legale del procedimento dura fino alla sentenza definitiva di non luogo a procedere, di
proscioglimento o di assoluzione.
La sospensione legale comporta che non decorre nessuno dei termini che la legge statale o che le leggi
regionali prevedano per la conclusione del procedimento o per il prodursi di altri effetti tipici.
In particolare, non può decorrere il termine di 36 mesi che produce l’estinzione dei reati in materia
edilizia e la prescrizione dei diritti a conguaglio o rimborso.
Non può decorrere il termine di 24 mesi per la formazione del silenzio – assenso.
Non possono decorrere gli eventuali termini che prevederanno le leggi regionali per il silenzio – rigetto, il
silenzio – rifiuto, il silenzio – assenso sulle domande di condono.
I reati la cui imputazione comporta la sospensione del procedimento sono i delitti di cui agli artt. 416 bis
(associazione a delinquere di tipo mafioso), 648 bis (riciclaggio), 648 (impiego in attività economiche o
finanziarie di denaro, beni o utilità di provenienza illecita).
Giova sottolineare che la sospensione opera solo se il soggetto è “imputato” e non anche se è solo
“indagato”, nell’accezione penalistica di tali termini.
Il procedimento di condono è sospeso sia se gli abusi edilizi e i reati preclusivi del condono sono stati
commessi dal medesimo soggetto richiedente il condono, sia se risulta che l’abuso edilizio è posto in essere (e
dunque il condono richiesto) da un terzo soggetto, per conto di un imputato di uno dei tre delitti visti.
Dunque l’imputato di detti delitti non può presentare domanda di condono per interposta persona,
avvalendosi di un prestanome.
La causa di sospensione cessa con la sentenza definitiva di improcedibilità, assoluzione, proscioglimento.
A partire da tale data, ricominciano a decorrere i termini del procedimento.
Tuttavia, sarebbe corretto ritenere che la causa di sospensione cessa non con la mera pubblicazione della
sentenza, ma solo quando l’amministrazione comunale ha conoscenza legale della sentenza definitiva, e che sia
onere (oltre che interesse) del richiedente il condono produrre tale sentenza.
Se la causa sospensiva sopraggiunge mentre il procedimento è in corso, del pari il procedimento si
sospende, fermo il tempo già decorso, che si sommerà con quello successivo al venir meno della causa di
sospensione.
Rimangono i problemi di concreto accertamento della sussistenza di una imputazione per uno dei delitti
visti.
Allo scopo, il richiedente il condono deve fornire dichiarazione sostitutiva di certificazione (ai sensi
dell’art. 46 D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445) con cui attesta di non avere carichi pendenti in relazione ai tre delitti
suindicati.
Sempre allo scopo, la legge impone ai Comuni l’onere di compiere gli accertamenti di ufficio in ordine
alle condanne riportate nel certificato generale del casellario giudiziale.
Sicché, al momento di esaminare la domanda di condono, il Comune dovrà acquisire tale certificato, e:
- respingere la domanda di condono se risulta una condanna definitiva per uno di tali delitti;
- dichiarare sospeso il procedimento se vi è processo pendente.
Va comunque sottolineato che la sospensione del procedimento opera per legge, sicché non occorre un
apposito provvedimento sospensivo che, se emanato, ha valore meramente ricognitivo, e risponde solo ad
esigenze di certezza.
Quid juris se il richiedente il condono omette la dichiarazione sostitutiva o dichiara di avere carichi
pendenti per i tre delitti?
Nel secondo caso, la autodichiarazione di avere carichi pendenti rende edotto il Comune che il
procedimento è sospeso ex lege subito dopo il suo avvio.
Nel primo caso, si deve ritenere:
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- che l’omissione della dichiarazione sostitutiva sia da equiparare alla dichiarazione che si hanno carichi
pendenti, e comporta pertanto la sospensione del procedimento fino alla integrazione della documentazione;
- che è però onere del Comune, in sede di ricezione delle domande di condono, verificare la
incompletezza della documentazione e invitare il richiedente a regolarizzare.
La sospensione legale sopra vista e il divieto di titolo abilitativo in sanatoria in caso di condanna
definitiva, incontrano però una eccezione.
Quando l’amministratore di beni immobili oggetto di sequestro o confisca ai sensi della l. 31 maggio
1965, n. 575, venga autorizzato dal giudice competente ad alienare taluno di tali beni, può anche essere
autorizzato, dal medesimo giudice, sentito il pubblico ministero, a riattivare il procedimento di condono edilizio
sospeso. In questa ipotesi, nei confronti dell’amministratore e del terzo acquirente, non opera il divieto di rilascio
del titolo abilitativo in sanatoria (art. 32, comma 30).
Tale norma è stata mutuata dall’art. 44 L. 23 dicembre 2000 n. 388, che aveva introdotto il comma 1 bis
nell’art. 39 L. n. 724 del 1994.
La disposizione che prevede una ipotesi di sospensione legale del procedimento in caso di soggetto
interessato al condono imputato di uno dei tre delitti visti, si raccorda con la previsione dell’art. 32, comma 27,
lett. b), secondo cui gli abusi edilizi non sono suscettibili di sanatoria se sono stati posti in essere da proprietario
o avente causa che è stato condannato con sentenza definitiva, per i tre delitti visti, o da terzi per suo conto.
4. DOMANDA DI CONDONO E DOCUMENTI DA ALLEGARE
La domanda di condono va presentata al Comune competente, che è quello nel cui territorio si trova
l’opera abusiva, entro il termine di decadenza già visto.
La domanda va redatta in conformità al modello allegato alla legge, e va corredata della documentazione
indicata ai commi 32 e 35, e indicata anche in calce al modello allegato.
Va, in particolare, corredata da:
- attestazione dell’avvenuto pagamento della prima rata dell’oblazione (comma 32);
- attestazione dell’avvenuto pagamento della prima rata dell’anticipazione degli oneri concessori (comma
32);
- dichiarazione sostitutiva di certificazione circa l’insussistenza di carichi pendenti per i reati di cui agli
artt. 416 bis, 648 bis, 648 ter, c.p. (comma 29);
- dichiarazione del richiedente resa ai sensi dell’art. 47, comma 1, T.U. n. 445 del 2000, con allegata
documentazione fotografica, da cui risulti la descrizione delle opere per le quali si chiede il titolo abilitativo in
sanatoria e lo stato dei lavori relativo (comma 35, lett. a);
- solo se l’opera abusiva supera i 450 metri cubi, una perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle
opere e una certificazione redatta da un tecnico abilitato all’esercizio della professione attestante l’idoneità statica
delle opere eseguite (comma 35, lett. b);
- ulteriore documentazione eventualmente prescritta dalle singole leggi regionali (comma 35, lett. c).
Si devono ritenere inoltre ancora applicabili i commi da 5 a 10 dell’art. 35 L. n. 47 del 1985, che indicano
la documentazione integrativa da depositare per le costruzioni in zone sismiche e per le costruzioni in cemento
armato.
5. OBLAZIONE, ONERI CONCESSORI, DIRITTI E ONERI DI ISTRUTTORIA
5.1. OBLAZIONE
Il condono edilizio postula il pagamento di oblazione e oneri concessori.
L’oblazione è una somma dovuta per conseguire l’effetto estintivo dell’illecito penale e degli illeciti
amministrativi.
Ha dunque una finalità sanzionatoria.
Rispondendo l’oblazione ad un interesse statale (la sanatoria degli illeciti penali e dei connessi illeciti
amministrativi), la disciplina di essa compete allo Stato.
Tuttavia, le Regioni con propria legge possono incrementare la misura dell’oblazione fino al massimo del
10%, finalizzando il gettito all’attivazione di politiche di repressione degli abusi edilizi e alla promozione di
interventi di riqualificazione dei nuclei interessati da fenomeni di abusivismo edilizio, nonché all’attuazione
dell’art. 23 L. n. 47 del 1985 (controllo periodico dell'attività urbanistica ed edilizia anche mediante rilevamenti
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aerofotogrammetrici, ed il conseguente aggiornamento delle scritture catastali, da disciplinarsi con legge
regionale) (art. 32, comma 33).
Il comma 38 dell’art. 32 ha stabilito che la misura dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri
concessori, nonché le relative modalità di versamento, sono disciplinate nell’allegato 1 alla legge.
La Corte costituzionale ha lasciato al legislatore statale la competenza a disciplinare misura e modalità di
versamento dell’oblazione, mentre ha ritenuto illegittimo il comma 38 e l’allegato 1, nella parte in cui non
demandano alla legge regionale di disciplinare misura e modalità di versamento dell’anticipazione degli oneri
concessori.
La legge statale ha dunque determinato in misura certa la misura dell’oblazione dovuta per le varie
tipologie di abusi, e ne ha previsto il pagamento in tre rate:
- la prima, pari al 30% del totale, da pagare prima della presentazione della domanda di condono, in
allegato alla quale va prodotta attestazione del pagamento;
- la seconda, pari alla metà del residuo 70% (dunque il 35% del totale), da pagare entro il 20 dicembre
2004;
- la terza, pari alla metà del residuo 70% (dunque il 35% del totale), da pagare entro il 30 dicembre 2004.
Tuttavia, per l’esatta quantificazione del totale dell’oblazione dovuta, occorre attendere le singole leggi
regionali, posto che, come visto, le stesse possono disporre un incremento fino al 10% della misura
dell’oblazione.
Il legislatore ha espressamente escluso che alla misura dell’oblazione si possano applicare le riduzioni
previste, per i precedenti condoni, dall’art. 34, commi 3,4,7, L. n. 47 del 1985, e dall’art. 39, commi 13,14,15,16,
L. n. 724 del 1994 (art. 32, comma 39). Sebbene non sia chiarissimo, è da ritenere che non si applichino neppure
le riduzioni previste dall’art. 34, comma 5, L. n. 47 del 1985, già escluse in sede di condono edilizio del 1994
(infatti l’art. 39, comma 16, richiamava solo le riduzioni dei commi 3,4,7 dell’art. 34 L. n. 47 del 1985).
Come nei precedenti condoni edilizi, anche in quello attuale spetta ai Comuni, in sede di esame delle
domande di condono, controllare l’esattezza dei calcoli effettuati dai dichiaranti in ordine alla misura
dell’oblazione, e procedere, se del caso, ai necessari conguagli (art. 35, comma 14, L. n. 47 del 1985).
Gli interessati dovranno, pertanto, versare quanto dovuto in più a titolo di conguaglio, e potranno
chiedere il rimborso di quanto eventualmente versato in eccesso.
Sia il diritto dell’amministrazione al conguaglio, che il diritto del richiedente il condono al rimborso, si
estinguono per prescrizione, con il decorso di 36 mesi decorrenti dalla data dell’integrale pagamento
dell’oblazione, e dunque la data del 30 dicembre 2004 (art. 32, comma 36).
Allo scopo di incentivare sia l’attività dei Comuni di controllo del corretto versamento dell’oblazione, sia,
più in generale, la simpatia dei Comuni per lo strumento del condono, malvisto da molti enti locali, come le note
vicende costituzionali dimostrano, il legislatore statale ha scelto di condividere con i Comuni (fifty – fifty) il gettito
delle somme versate a titolo di conguaglio.
Dispone infatti il comma 41 dell’art. 32, che al fine di incentivare la definizione delle domande di
sanatoria presentate ai sensi dell’art. 32 medesimo, nonché la definizione delle domande di sanatoria presentate in
base alle due precedenti leggi di condono e ancora pendenti, il 50 per cento delle somme riscosse a titolo di
conguaglio dell’oblazione è devoluto al Comune interessato.
L’applicazione del comma 41 necessita peraltro di “decreto interdipartimentale del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell’economia e delle finanze”, che stabilirà le relative modalità.
Da sottolineare che non è stato previsto nessun termine per l’emanazione di tale decreto
“interdipartimentale”.
5.2. ONERI CONCESSORI
Gli oneri concessori rappresentano il costo dell’attività edilizia, in relazione al costo di costruzione e agli
oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Gli oneri concessori rientrano nelle competenze dei Comuni e delle Regioni.
Il pagamento integrale dell’oblazione ha effetto estintivo degli illeciti.
Il pagamento integrale anche degli oneri concessori consente di conseguire il titolo abilitativo edilizio in
sanatoria.
Il comma 38 dell’art. 32 ha stabilito che la misura dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri
concessori, nonché le relative modalità di versamento, sono disciplinate nell’allegato 1 alla legge.
La Corte costituzionale ha lasciato al legislatore statale la competenza a disciplinare misura e modalità di
versamento dell’oblazione, mentre ha ritenuto illegittimo il comma 38 e l’allegato 1, nella parte in cui non
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demandano alla legge regionale di disciplinare misura e modalità di versamento dell’anticipazione degli oneri
concessori.
Per quanto riguarda gli oneri di concessione, la loro quantificazione rientra nella competenza dei
Comuni, sulla base dei parametri fissati dalle singole Regioni.
Pertanto, la legge statale ha potuto determinare solo la misura dell’”anticipazione” di tali oneri, soggetta a
conguaglio, per eccesso o per difetto, dopo che ogni singolo Comune fornirà le indicazioni necessarie.
Tuttavia, come visto, anche la sola disciplina dell’anticipazione degli oneri concessori, è parsa alla Corte
costituzionale illegittima.
Occorre perciò attendere le leggi regionali, che potranno disciplinare diversamente misura e modalità
dell’anticipazione.
Inoltre, già in base all’art. 32, comma 34, prima dell’intervento della Corte costituzionale, le Regioni
possono con propria legge incrementare fino al 100 per cento gli oneri di concessione relativi alle opere abusive
oggetto di condono.
Anche sotto tale profilo, occorre attendere la legislazione regionale.
Solo nel silenzio del legislatore regionale dopo il 12 novembre 2004, potranno operare in via suppletiva
le norme statali. Tali norme prevedono:
- i criteri di calcolo della misura dell’anticipazione degli oneri concessori (tabelle 3 e 4);
- l’obbligo di versare prima della domanda di condono il 30% della misura complessiva
dell’anticipazione, e di allegare alla domanda l’attestazione di pagamento, in ogni caso l’importo minimo da
versare è 500 euro se il totale dell’anticipazione è superiore a tale cifra, e l’intero importo se inferiore a 500 euro;
- l’obbligo di versare la seconda rata, pari al 35% del totale, entro il 20 dicembre 2004;
- l’obbligo di versare la terza rata, pari al 35% del totale, entro il 30 dicembre 2004;
- l’obbligo di versare il conguaglio, secondo l’importo definitivo dovuto, entro il 31 dicembre 2006,
secondo le indicazioni fornite dall’amministrazione comunale con apposita deliberazione.
Le leggi regionali potranno:
- fissare diversi criteri di determinazione della misura complessiva dell’anticipazione;
- stabilire una diversa rateizzazione del pagamento;
- stabilire diversi termini di pagamento;
- stabilire un diverso termine ultimo per i conguagli;
- incrementare gli oneri concessori definitivi fino al 100%.
5.3. DIRITTI E ONERI DI ISTRUTTORIA
Dispone il comma 40 dell’art. 32 che alla istruttoria della domanda di sanatoria si applicano i medesimi
diritti e oneri previsti per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi, come disciplinati dalle singole amministrazioni
comunali per le medesime fattispecie di opere edilizie.
E’ tuttavia consentito alle amministrazioni comunali di incrementare detti diritti e oneri, se riferiti alla
istruttoria delle domande di condono edilizio, fio ad un massimo del 10 per cento.
Tale incremento deve essere utilizzato con le modalità di cui all’art. 2, comma 46, L. 23 dicembre 1996 n.
662: tale norma si riferisce alla indennità risarcitoria che si aggiunge all’oblazione per gli abusi commessi in aree
sottoposte a vincolo paesistico, e che viene quantificata sulla base di determinati parametri e modalità per la
qualificazione della indennità risarcitoria, con riferimento alle singole tipologie di abuso ed alle zone territoriali
oggetto del vincolo.
Probabilmente il riferimento all’art. 2, comma 46, è erroneo, e deve intendersi fatto al comma 48 del
medesimo articolo, che disciplina le modalità di utilizzo da parte dei Comuni degli introiti degli oneri e diritti di
istruttoria: “48. I comuni sono tenuti ad iscrivere nei propri bilanci le somme versate a titolo di oneri concessori
per la sanatoria degli abusi edilizi in un apposito capitolo del titolo IV dell'entrata. Le somme relative sono
impegnate in un apposito capitolo del titolo II della spesa. I comuni possono utilizzare le relative somme per far
fronte ai costi di istruttoria delle domande di concessione o di autorizzazione in sanatoria, per anticipare i costi
per interventi di demolizione delle opere di cui agli artt. 32 e 33 L. 28 febbraio 1985 n. 47 e successive
modificazioni, per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per interventi di demolizione delle opere non
soggette a sanatoria entro la data di entrata in vigore della presente legge, nonché per gli interventi di risanamento
urbano ed ambientale delle aree interessate dall'abusivismo. I comuni che, ai sensi dell'art. 39, comma 9, L. 23
dicembre 1994 n. 724, hanno adottato provvedimenti per consentire la realizzazione di opere di urbanizzazione
con scorporo delle aliquote, possono utilizzare una quota parte delle somme vincolate per la costituzione di un
apposito fondo di garanzia per l'autorecupero, con l'obiettivo di sostenere l'azione delle forme consortili
costituitesi e di integrare i progetti relativi alle predette opere con progetti di intervento
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Il comma 40 aggiunge che i comuni possono utilizzare i diritti e oneri di istruttoria, per progetti
finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavorio ordinario.
6. ASSUNZIONE DIRETTA DELLE OPERE DI URBANIZZAZIONE
Dispone l’art. 32, comma 34, che i Comuni procedono a perimetrare gli insediamenti abusivi entro i quali
gli oneri concessori sono determinati nella misura dei costi per la realizzazione delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria necessarie, nonché per gli interventi di riqualificazione igienico – sanitaria e ambientale
attuati dagli enti locali.
I titolari di immobili abusivi compresi nell’ambito di tali perimetrazioni, hanno facoltà, in forma
individuale o consortile, di procedere all’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria, in luogo del
pagamento dei relativi oneri.
L’assunzione diretta può essere sia totale che parziale, e può riguardare solo le opere di urbanizzazione
primaria.
L’assunzione diretta delle opere di urbanizzazione deve svolgersi nel rispetto dell’art. 2, comma 5, L. n.
109 del 1994, che a sua volta ha recepito i principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria, circa la necessità
che se l’importo dei lavori di urbanizzazione primaria supera la soglia comunitaria, l’assuntore di essi li deve
affidare a terzi con le procedure di evidenza pubblica di cui alle direttive comunitarie sull’appalto di lavori.
In tale ipotesi di assunzione diretta delle opere, occorre procedere ad una compensazione tra i costi che il
soggetto sopporta in proprio, e la somma già versata a titolo di anticipazione degli oneri concessori. La somma
già versata potrà, secondo le disposizioni tecniche dettate dagli uffici comunali, essere detratta dall’importo
complessivo dovuto per gli oneri di concessione, al fine di determinare quale è la somma residua dovuta, e
dunque l’importo delle opere di urbanizzazione primaria da eseguire in sostituzione del versamento in denaro.
Per attuare tali previsioni, il legislatore rinvia alla legge regionale già prevista dall’art. 29 L. n. 47 del
1985.
In particolare sarà necessario che le Regioni disciplinino le modalità di:
- perimetrazione delle aree;
- richiesta di esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria;
- esecuzione dei lavori;
- vigilanza sui lavori;
- quantificazione dell’importo dei lavori sostitutivo di quanto ancora dovuto a titolo di oneri concessori;
- scomputo di quanto versato a titolo di anticipazione, dall’importo totale definitivo.
In dettaglio, l’art. 29 L. n. 47 del 1985, disciplina il contenuto delle leggi regionali, che dovranno
disciplinare le varianti urbanistiche necessarie per il recupero urbanistico – ambientale delle zone dove vi sono
insediamenti edilizi abusivi.
Recita l’art. 29: “Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge le regioni disciplinano
con proprie leggi la formazione, adozione e approvazione delle varianti agli strumenti urbanistici generali
finalizzati al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi, esistenti all’1 ottobre 1983, entro un quadro di
convenienza economica e sociale. Le varianti devono tener conto dei seguenti princìpi fondamentali:
a) realizzare una adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;
b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, idrogeologico;
c) realizzare un razionale inserimento territoriale ed urbano dell'insediamento.
La legge regionale stabilisce altresì:
a) i criteri e i termini ai quali devono attenersi i comuni per la individuazione e la perimetrazione degli
insediamenti abusivi;
b) i criteri ai quali devono attenersi i comuni qualora gli insediamenti abusivi ricadano in zona dichiarata
sismica;
c) i casi in cui la formazione delle varianti è obbligatoria;
d) le procedure per l'approvazione delle varianti, precisando i casi nei quali non è richiesta l'approvazione
regionale;
e) i criteri per la formazione di consorzi, anche obbligatori, fra proprietari di immobili;
f) il programma finanziario per la attuazione degli interventi previsti con carattere pluriennale;
g) la definizione degli oneri di urbanizzazione e le modalità di pagamento degli stessi in relazione alla
tipologia edilizia, alla destinazione d'uso, alla ubicazione, al convenzionamento, anche mediante atto unilaterale
d'obbligo, da parte dei proprietari degli immobili.
Decorso il termine di novanta giorni, di cui al primo comma, e fino alla emanazione delle leggi regionali,
gli insediamenti avvenuti in tutto o in parte abusivamente, fermi restando gli effetti della mancata presentazione
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dell'istanza di sanatoria previsti dall'art. 40, possono formare oggetto di apposite varianti agli strumenti urbanistici
al fine del loro recupero urbanistico, nel rispetto comunque dei princìpi di cui al primo comma e delle previsioni
di cui alle lettere e), f) e g) del precedente secondo comma.
Le proposte di varianti di recupero urbanistico possono essere presentate da parte di soggetti pubblici e
privati, con allegato un piano di fattibilità tecnico, economico, giuridico e amministrativo, finalizzato al
finanziamento, alla realizzazione e alla gestione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e per il recupero
urbanistico ed edilizio, volto al raggiungimento della sostenibilità ambientale, economica e sociale, alla coesione
degli abitanti dei nuclei edilizi inseriti nelle varianti e alla rivitalizzazione delle aree interessate dall'abusivismo
edilizio”.
Giova infine ricordare che un meccanismo di assunzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria
e scorporo degli oneri concessori già anticipati era già previsto nell’art. 39, comma 9, L. n. 724 del 1994.
7. SOSPENSIONE LEGALE DI PROCEDIMENTI E PROCESSI PENDENTI TRA LA DATA DI
ENTRATA IN VIGORE DEL NUOVO CONDONO E LA DATA DI SCADENZA DEL TERMINE DI
PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI CONDONO
Il rinvio, operato dall’art. 32, comma 28, alla disciplina dei precedenti condoni edilizi, per quanto non
disposto nel D.L. n. 269 del 2003, rende applicabile l’art. 44 L. n. 47 del 1985 (come ha ritenuto anche Corte
cost. n. 196 del 2004, par. 17 della parte in diritto).
L’art. 44 L. n. 47 del 1985 configura una ipotesi di sospensione legale di procedimenti amministrativi e
giurisdizionali pendenti, ivi compresi quelli penali, e quelli esecutivi, dalla data di entrata in vigore della disciplina
del condono, e fino alla scadenza dei termini fissati per la presentazione della domanda di condono.
Si tratta di una sospensione “automatica” che si applica a tutti i procedimenti relativi alle contravvenzioni
urbanistiche ed a quelle connesse, indipendentemente dall'eventuale concessione o meno del condono in
concreto, perché è determinata da ragioni attinenti ad interessi pubblici quali quella di consentire la presentazione
della domanda di condono ed è espressione dell'attuazione del principio di economia processuale 2 .
Sicché, i procedimenti e processi vanno ora ritenuti per legge sospesi dalla data di entrata in vigore del
D.L. n. 269 del 2003, fino al 10 dicembre 2004, termine ultimo per la presentazione della domanda di condono.
Se a tale data viene presentata domanda di condono, con attestazione del pagamento della prima rata di
condono, la sospensione dei procedimenti e processi si protrae, in virtù dell’art. 38 L. n. 47 del 1985, che verrà
commentato in successivi paragrafi.
Se, invece, alla data del 10 dicembre 2004 la domanda di condono non viene presentata, cessa la causa di
sospensione legale e i procedimenti sospesi possono essere ripresi a richiesta degli interessati.
La sospensione legale comunque non si applica ai procedimenti cautelari davanti agli organi di
giurisdizione amministrativa, previsti dall’art. 21 L. 6 dicembre 1971 n. 1034 (legge TAR).
8. SOSPENSIONE DELL’AZIONE PENALE DOPO LA DOMANDA DI CONDONO
Il rinvio, operato dall’art. 32, comma 28, alla disciplina dei precedenti condoni edilizi, per quanto non
disposto nel D.L. n. 269 del 2003, rende applicabile la precedente disciplina in tema di rapporti tra condono
edilizio e azione penale per i reati in materia edilizia (come ha ritenuto anche la Corte costituzionale n. 196 del
2004, par. 17 della parte in diritto).
In particolare, continua a trovare applicazione l’art. 38, comma 1, L. n. 47 del 1985, a tenore del quale la
presentazione tempestiva della domanda di condono, accompagnata dall’attestazione del versamento della prima
rata dell’oblazione, sospende il procedimento penale (e quello per le sanzioni amministrative).
La sospensione legale dei processi penali riguarda non solo quelli per i reati di cui all’art. 38, comma 2, L.
n. 47 del 1985, ma anche quelli per i reati in materia di violazione dei vincoli (art. 39, comma 8, L. n. 724 del
1994) 3 .
La sospensione legale non riguarda i processi civili che siano pendenti tra autore dell’abuso e terzo
confinante, perché il condono è ininfluente sui diritti dei terzi 4 .
2 Cass. pen., sez. III, 3 ottobre 1996 n. 1296, in Cass. pen. 1997, p. 2568.
3 Cass. pen., sez. III, 19 dicembre 1995 n. 556, in Giust. pen. 1997, II, p. 35.
4 Cass. civ., sez. II, 25 luglio 1992 n. 8994, in Foro it. 1993, I, p. 2299.
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La sospensione del processo opera ex lege: il giudice, verificati i presupposti, dispone la sospensione con
provvedimento che ha natura meramente dichiarativa. Proprio per la natura dichiarativa, e non costitutiva, della
sospensione, non è necessario un formale provvedimento giudiziale per l'operatività della sospensione, che può
essere accertata anche in sede di giudizio finale 5.
Giova evidenziare che la sospensione del processo penale comporta anche la sospensione del termine di
prescrizione del reato.
Nel vigore dell’art. 38, comma 1, L. n. 47 del 1985, era sufficiente versare la prima rata della sola
oblazione, per conseguire l’effetto della sospensione processuale.
Non è chiaro se nel nuovo condono occorra aver versato solo la prima rata dell’oblazione, o anche la
prima rata dell’anticipazione degli oneri concessori.
Nel nuovo condono, molto più che nei precedenti, gli effetti penali e amministrativi del condono sono
scissi, dato che le leggi regionali possono disciplinare il condono in modo molto diverso dalla legge statale, senza
toccare le conseguenze penali.
Non si può escludere che, nelle Regioni in cui la tipologia di abusi sanabili e i limiti di cubatura verranno
disciplinati in modo molto più restrittivo rispetto alla legge statale, gli interessati optino per il condono ai soli fini
penali, ovvero possano presentare due domande di condono, rispettivamente a fini penali e amministrativi,
indicando cubature diverse.
D’altro canto nel nuovo condono edilizio è chiaro, come lo era già nei precedenti, che anche se l’opera
risulti non condonabile, il pagamento integrale dell’oblazione consente comunque di consentire l’estinzione dei
reati.
Sicché si può essere indotti a ritenere che, quanto meno ai fini della sospensione del processo penale, è
sufficiente il pagamento della prima rata dell’oblazione, e non anche degli oneri concessori.
Diversa potrebbe sembrare la questione per la sospensione del processo amministrativo relativo alle
sanzioni amministrative: tuttavia anche queste, in caso di abuso non condonabile, vengono parzialmente estinte
(si pagano in misura ridotta).
Sicché, anche ai fini della sospensione del relativo processo pendente, è sufficiente la prova del
pagamento della prima rata della sola oblazione (oltre che della tempestiva domanda di condono).
Si deve altresì osservare che le Regioni, secondo la Corte costituzionale, possono disciplinare
diversamente misura e modalità dell’anticipazione degli oneri concessori.
Sicché, è interesse di chi ha già chiesto il condono, e di chi lo chiederà dall’11 novembre al 10 dicembre
2004, ottenere la sospensione dei processi pendenti sin da quel periodo, esibendo la domanda di condono e
l’attestazione di pagamento della prima rata dell’oblazione.
Gli interessati potrebbero non essere in grado, in detto periodo, di attestare anche il pagamento della
prima rata dell’anticipazione degli oneri concessori, perché le Regioni potrebbero differire il termine di
pagamento degli stessi.
Sebbene la sospensione sia automatica, ed operi per effetto della tempestiva presentazione della
domanda di condono e del pagamento della prima rata di oblazione, secondo la giurisprudenza penale la
sospensione non opera se risulti che l’opera è stata ultimata dopo il termine massimo previsto dalla legge.
Dunque il giudice penale legittimamente prosegue nel processo allorché accerti che la domanda di condono sia
strumentale o dilatoria ed inerisca ad un fabbricato non ultimato entro il termine stabilito dalla legge 6.
Inoltre il giudice penale ha il potere di accertare che la volumetria realizzata rientri nei limiti massimi
condonabili e, in caso negativo, può negare la sospensione del processo 7 .
La sospensione opera anche se il processo penale è concluso e si trova nella fase dell’esecuzione della
pena: dovendo il giudice valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'istituto "de quo" al fine di
revocare l'ordine di demolizione, che sia divenuto incompatibile con la conseguita sanatoria, particolarmente
quando sia stato rilasciato il titolo abilitativo in sanatoria 8 .
9. COMPLETAMENTO DELLE OPERE ABUSIVE DOPO LA DOMANDA DI CONDONO
Dispone l’art. 35, comma 13, L. n. 47 del 1985, da ritenere applicabile anche al nuovo condono edilizio,
che decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda di condono, e, comunque, dopo il versamento
5 Cass. pen., sez. III, 12 marzo 1999 n. 6054, in Riv. pen. 1999, p. 663.
6 Cass. pen., sez. III, 17 marzo 1999 n. 5452, in Giur. bollettino legisl. Tecnica 2000, p. 130.
7 Cass. pen., sez. V, 22 febbraio 2000 n. 3762, in Riv. giur. edilizia 2001, I, p. 1262.
8 Cass. pen., sez. III, 28 novembre 1996, imp. I., in Cass. pen. 1997, p. 3163.
13

della seconda rata dell'oblazione, il presentatore dell'istanza di titolo abilitativo in sanatoria può completare sotto
la propria responsabilità le opere suscettibili di condono, non comprese tra quelle indicate dall'art. 33 come non
condonabili. A tal fine l'interessato notifica al comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero
documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima di trenta
giorni dalla data della notificazione. L'avvenuto versamento della prima e della seconda rata, seguito da garanzia
fideiussoria per il residuo, abilita gli istituti di credito a concedere mutui fondiari ed edilizi. I lavori per il
completamento delle opere di cui all'art. 32 (in aree sottoposte a vincolo) possono essere eseguiti solo dopo che
siano stati espressi i pareri delle competenti amministrazioni. I lavori per il completamento delle opere di cui al
quarto comma dell'art. 32 possono essere eseguiti solo dopo che sia stata dichiarata la disponibilità dell'ente
proprietario a concedere l'uso del suolo.
10. CORSO DELL’ISTRUTTORIA: ESAME DELLA DOMANDA, INTEGRAZIONI DOCUMENTALI,
CONGUAGLI E RIMBORSI, RIGETTO O ACCOGLIMENTO ESPRESSO
I dettagli del procedimento di condono sono demandati alle leggi regionali.
In via suppletiva, se le Regioni non interverranno, l’incompleto procedimento delineato dall’art. 32 D.L.
n. 269 del 2003, viene completato dalle disposizioni contenute nell’art. 35, commi 14, 15, 19, 21, L. n. 47 del
1985.
Ancora, è da ritenere che eventuali ulteriori lacune vadano colmate mediante applicazione della disciplina
dettata dal t.u. edilizia per l’ordinario procedimento di rilascio del permesso di costruire.
In particolare, alla luce del t.u. edilizia, è da ritenere che nei Comuni dove è istituito lo sportello unico
dell’edilizia, questo si occuperà anche dei titoli abilitativi in sanatoria, e che per ciascuna domanda di condono
dovrà essere comunicato agli interessati il nominativo del responsabile del procedimento.
Il competente dirigente comunale (non più il sindaco), esaminata la domanda di titolo abilitativo in
sanatoria, previ i necessari accertamenti, invita, ove lo ritenga necessario, l'interessato a produrre l'ulteriore
documentazione; quindi determina in via definitiva l'importo dell'oblazione e degli oneri concessori e rilascia il
titolo in sanatoria contestualmente alla esibizione da parte dell'interessato della ricevuta del versamento all'erario
delle somme a conguaglio nonché della prova dell'avvenuta presentazione all'ufficio tecnico erariale della
documentazione necessaria ai fini dell'accatastamento (art. 35, comma 14).
Nel vigore della precedente disciplina era controverso se nell’ambito del procedimento di condono fosse
o meno necessario il parere della commissione edilizia 9 , richiesto all’epoca nel procedimento ordinario di rilascio
della concessione edilizia.
Fermo che il procedimento di condono sarà disciplinato dalla Regioni con proprie leggi che potranno o
meno prevedere tale parere, è da osservare che, alla luce della vigente disciplina statale, che considera come
eventuale il parere della commissione edilizia anche nel procedimento relativo all’ordinario permesso di costruire,
tale parere è da ritenere necessario, nel procedimento di condono, solo se previsto dai singoli regolamenti edilizi
comunali.
Il diniego di sanatoria è notificato al richiedente (art. 35, comma 15).
A seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì rilasciato il certificato di abitabilità
o agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con
le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica, attestata dal certificato di idoneità di cui alla lettera b) del
comma 3 e di prevenzione degli incendi e degli infortuni (art. 35, comma 19).
Qualora dall'esame della documentazione risulti un credito a favore del presentatore della domanda di
titolo abilitativo in sanatoria, certificato con l'attestazione rilasciata dal competente dirigente, l’interessato può
presentare istanza di rimborso all’agenzia delle entrate territorialmente competente (art. 35, comma. 21).
11. SILENZIO – ASSENSO
Il comma 37 riconnette al decorso di un tempo determinato (24 mesi decorrenti dal 30 giugno 2005) in
concomitanza con altri elementi la formazione del silenzio – assenso: come già accennato, tale norma opererà
solo nelle Regioni che non disciplinino diversamente gli effetti del silenzio, con leggi da emanarsi entro il 12
novembre 2004.
9 Nel senso della non necessità del parere v. Cons. St., sez. II, 13 marzo 1996 n. 2086/1994, in Cons. Stato 1998, I, p. 1688, “Ai fini del
rilascio di concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell’art. 35 l. 28 febbraio 1985 n. 47, non occorre il parere della commissione edilizia
comunale, anche se nulla impedisce che esso sia acquisito in via facoltativa”.
14

In particolare, secondo la norma statale, per la formazione del silenzio assenso occorre:
- il pagamento degli oneri di concessione: non è chiaro se è sufficiente il pagamento degli oneri di
concessione o occorra anche il pagamento integrale dell’oblazione; alla luce del previgente art. 35, l. n. 47/1985,
sembra corretta questa seconda soluzione;
- la presentazione della domanda di condono con tutta la documentazione allegata richiesta;
- la integrazione della domanda entro il 30 giugno 2005 con la denuncia catastale, la denuncia ai fini i.c.i.
e, se dovute, le denuncie ai fini della t.r.s.u. e della tassa per l’occupazione di suolo pubblico;
- il decorso di 24 mesi dalla data del 30 giugno 2005, senza l’adozione di un provvedimento negativo
espresso del Comune.
E’ inoltre necessario, per la formazione del silenzio –assenso, che vi sia il parere favorevole delle
amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli, per gli immobili soggetti ai vincoli di cui all’art. 32 L. n. 47 del
1985.
Sebbene l’art. 32, comma 37, non lo dica espressamente, lo si evince dall’art. 32, l. n. 47/1985, in base al
quale il silenzio delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli non dà ma luogo a tacito assenso, ma dà
luogo a silenzio – rifiuto.
In tal senso era orientata la giurisprudenza formatasi nel vigore della precedente disciplina,
giurisprudenza che riteneva ostativa del silenzio – assenso la mancanza dell’assenso dell’amministrazione
preposta alla tutela del vincolo 10 .
Del pari, il silenzio – assenso non si può formare, nonostante il decorso del termine di 24 mesi, se il
parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sia negativo 11 .
La norma in commento mutua l’analoga previsione dell’art. 39, comma 4, L. n. 724 del 1994 e successive
modificazioni.
Secondo la Corte costituzionale, compete alle leggi regionali la possibilità di disciplinare diversamente gli
effetti del silenzio.
Dunque, sembrerebbe, che le Regioni possano:
- o nulla dire, e in tal caso si applica la disciplina statale del silenzio – assenso;
- o disciplinare espressamente gli effetti del silenzio.
Se le Regioni intendono disciplinare gli effetti del silenzio, si aprono i seguenti scenari:
- configurazione del silenzio come provvedimento di rigetto;
- configurazione del silenzio come inadempimento mero, che apre la via a diffide e interventi sostitutivi;
- configurazione del silenzio come provvedimento di accoglimento, ma con tempi e/o modalità diverse
da quelle stabilite dal legislatore statale.
Giova ricordare l’elaborazione giurisprudenziale formatasi sul silenzio accoglimento nel vigore della
precedente disciplina.
Anzitutto, secondo la giurisprudenza, il termine per la formazione dell’assenso tacito può subire
interruzioni: “Nel caso in cui l’amministrazione comunale, a fronte della presentazione di un’istanza di sanatoria,
inviti l’interessato a presentare, ai sensi dell’art. 35, comma 14, L. n. 47 del 1985, documentazione integrativa di
quella già prodotta, interviene l’interruzione del termine biennale necessario al formarsi del silenzio assenso della
p.a., previsto dall’art. 35, comma 17, stessa legge, e l’inizio di un nuovo termine dalla data di deposito di quanto
richiesto” 12 .
Inoltre, la mancata allegazione alla domanda di condono della documentazione prevista, ha come effetto
la preclusione per l’istante di ottenere la concessione in sanatoria per silenzio assenso 13 .
E’ controverso se ai fini del formarsi del silenzio accoglimento sia sufficiente il rispetto dei presupposti
formali (domanda tempestiva, documentazione formalmente regolare, pagamento delle somme dovute) 14 , salva
l’autotutela in caso di mancanza dei presupposti sostanziali, ovvero occorra anche il rispetto dei presupposti
sostanziali (vale a dire il completamento dell’opera entro il termine previsto dalla legge e il rispetto di tipologia di
abusi e volumetria massima condonabili) 15 .
10 Cons. St., sez. VI, 19 giugno 2001 n. 3233, in Cons. Stato 2001, I, p. 1346.
11 Cons. St., sez. VI, 26 gennaio 2001 n. 249, in Giur. it. 2001, p. 1263.
12 Cons. St., sez. V, 1 ottobre 2001 n. 5190, in Foro amm. 2001, p. 2787.
13 Cons. St., sez. V, 25 giugno 2002, n. 3441, in Foro amm. C.d. S. 2002, p.1468.
14 In tal senso Cons. St., sez. VI, 14 aprile 1993 n. 496, in Cons. Stato 1993, I, p. 544; ID., sez. V, 7 dicembre 1995 n. 1672, in Riv. giur.
edilizia 1996, I, p. 129; ID., sez. V, 24 marzo 1997 n. 286, in Foro amm. 1997, p. 794.
15 Cons. St., sez. V, 14 ottobre 1998 n. 1468, in Giur. it. 1999, p. 1087.
15

Secondo la tesi che è sembrata finora prevalere, per il formarsi del provvedimento tacito è imposto solo
il rispetto delle condizioni formali, ma non anche il rispetto di tutta la disciplina normativa sul condono 16 .
Sicché è possibile che la concessione tacita si formi, nel rispetto dell’art. 35, comma 12, L. n. 47 del 1985
ovvero dell’art. 39, comma 4, L. n. 724 del 1994, ovvero dell’art. 32, comma 37, D.L. n. 269 del 2003, ma sia
illegittima per contrasto con le altre norme che disciplinano il condono.
Essendo il silenzio protratto per 24 mesi equiparato al provvedimento di accoglimento, su tale
provvedimento l’amministrazione può intervenire in via di autotutela, costituendo quest’ultima un principio
generale.
In giurisprudenza si è infatti osservato che “in forza del principio generale dell’autotutela,
l’amministrazione conserva il potere di provvedere all’annullamento d’ufficio del silenzio-accoglimento formatosi
ex art. 35 L. n. 47 del 1985, sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria” 17 .
L’autotutela nei confronti dei provvedimenti taciti, formatisi mediante meccanismo di silenzio – assenso,
ha ora un fondamento normativo nell’art. 20, comma 1, L. n. 241 del 1990, a tenore del quale quando la legge
consente meccanismi di silenzio - assenso, “sussistendone le ragioni di pubblico interesse, l'amministrazione
competente può annullare l'atto di assenso illegittimamente formato, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato
provveda a sanare i vizi entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa”.
L’autotutela si concreta nell’annullamento del titolo abilitativo tacito, sul presupposto del suo contrasto
con la normativa urbanistica.
Tale autotutela si atteggia in maniera peculiare.
Bisogna infatti distinguere il caso in cui non sussistono i presupposti legali, per la formazione del silenzio
– assenso: per es., non sono decorsi 24 mesi, si rientra in uno dei casi dell’art. 33 L. n. 47 del 1985, non sono
state pagate tutte le somme dovute, non è stata presentata la documentazione necessaria all’accatastamento.
In tale ipotesi l’amministrazione, in sostanza, contesta al privato la mancanza dei presupposti per il
venire ad esistenza del provvedimento tacito, e non avrebbe neppure bisogno di adottare un atto di
annullamento.
Se invece vengono rispettati dal privato i presupposti formali, si forma il provvedimento tacito.
Ma tale provvedimento tacito potrebbe essere viziato per contrasto con la disciplina del condono: p. es.,
per mancata ultimazione dei lavori nei termini di legge, per superamento della volumetria massima condonabile, e
simili.
In tali ipotesi, l’amministrazione ha il potere di intervenire in via di autotutela, perché il titolo abilitativo
tacito, ancorché formatosi nel rispetto delle condizioni legali, è affetto da vizi di legittimità.
La giurisprudenza formatasi nel vigore dei precedenti condoni ha infatti osservato che il compimento
delle opere abusive entro la data ultima prevista dalla legge, pur essendo un requisito necessario ai fini del rilascio
del provvedimento di concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 31 L. n. 47 del 1985, non lo è ai fini del verificarsi
del silenzio-accoglimento, non essendovi alcuna indicazione al riguardo nel dodicesimo comma dell'art. 35 della
legge citata 18 .
Sicché, in una ipotesi come questa, di formazione del silenzio accoglimento su una domanda di condono
per opere ultimate oltre i termini di legge, l’amministrazione può rimuovere il provvedimento formatosi per
silenzio-accoglimento mediante l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio 19 .
L’annullamento d’ufficio del titolo tacito in sanatoria è ancorato ai medesimi presupposti dell’ordinario
annullamento di ufficio, vale a dire la sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale, la congrua
motivazione, il rispetto delle regole procedimentali: in giurisprudenza si è affermato che “allorché sia intervenuto
il condono edilizio mediante silenzio-assenso ex art. 35 L. n. 47 del 1985, resta fermo l’onere del comune di
esercitare, ove ne riscontri i presupposti, il proprio potere di autotutela, annullando il silenzio-accoglimento così
16 Cass. pen., sez. III, 18 gennaio 2001, Vitrani, in Mass.: “In tema di condono edilizio ai sensi dell’art. 39 l. 23 dicembre 1994 n. 724, i
presupposti per la formazione del silenzio assenso comprendono non solo la presentazione della istanza di sanatoria ed il decorso del
termine di un anno, ma anche il pagamento integrale dell’oblazione dovuta come determinata dal comune), la presentazione della
documentazione tecnica e fotografica e la denuncia tempestiva al catasto”.
17 Cons. St., sez. V, 26 novembre 1994 n. 1385, in Cons. Stato 1994, I, p. 1592.
18 Cons. St., sez. VI, 14 aprile 1993, n. 496, in Cons. Stato 1993, I, p. 544; Giur. it. 1993, III, 1, p. 838; Giust. civ. 1993, I, p. 2549; Riv. giur.
edilizia 1993, I, p. 872; ID., sez. V, 7 dicembre 1995 n. 1672, in Ammin. it. 1996, p. 1470; App. urb. edil. 1996, p. 868; Riv. giur. edilizia 1996,
I, p. 129; ID., sez. V, 24 marzo 1997, n. 286, in Foro amm. 1997, p. 794; Riv. giur. edilizia 1997, I, p. 769; ID, sez. IV, 20 maggio 1999, n.
858, in Cons. Stato 1999, I, p. 804; Riv. giur. edilizia 1999, I, p. 1041.
19 In tal senso T.A.R. Napoli 17 marzo 1998, n. 883, in Trib. amm. reg. 1998, I, p. 2013; Cons. St., sez. V, 24 marzo 1997 n. 286, in Foro
amm. 1997, p. 794; Riv. giur. edilizia 1997, I, p. 769; ID., sez. VI, 14 aprile 1993 n. 496, cit.a nt. 18, che precede; T.A.R. Toscana, sez. I, 16
gennaio 1990 n. 17, in Foro amm. 1990, p. 1810; Trib. amm. reg. 1990, I, p. 1105; Cons. St., sez. VI, 21 settembre 1999 n. 1243, in Foro it.
2000, III, p. 17.
16

formatosi (i cui effetti sono equivalenti a quelli di un rilascio di concessione in sanatoria) mediante un
provvedimento espresso, richiedente adeguata motivazione, nonché valutazione dell’esistenza del prevalente
interesse pubblico concreto, del lasso di tempo trascorso e della posizione acquisita dal privato” 20 .
Secondo una opposta ricostruzione, per la formazione del silenzio accoglimento occorre il rispetto di
tutte le norme in tema di condono, e in mancanza il silenzio assenso non si formerebbe: si è infatti affermato che
“il termine biennale per il silenzio - assenso relativo alla domanda di condono edilizio, previsto dall'art. 35 L. n.
47 del 1985, non decorre qualora la domanda sia carente dei documenti necessari ad identificare compiutamente
le opere oggetto della stessa domanda, anche con riferimento all'onere di fornire un principio di prova circa la
preesistenza di manufatto alla data dell'1 ottobre 1983” 21 ; e, ancora, che: “per l’assentimento silenzioso della
domanda di condono edilizio, ai sensi dell’art. 39, comma 4, L. n. 724 del 1994, è indispensabile che l’istanza
stessa sia corredata da tutti i documenti prescritti dalla legge ed è comunque necessaria la sussistenza di tutti i
presupposti di fatto e di diritto normativamente previsti per il rilascio del provvedimento espresso” 22 ; e, ancora,
che: “non si realizza la condizione del completamento funzionale richiesta per la concedibilità della sanatoria
dall’art. 31, comma 2, L. n. 47 del 1985 - e non può dunque formarsi alcun silenzio-assenso alla scadenza del
biennio sulla domanda di condono - qualora le opere per la trasformazione abusiva di un sottotetto in mansarda
abitabile siano state realizzate dopo il 1º ottobre 1983, non potendo considerarsi sufficiente a determinare il
cambio di destinazione la sola realizzazione, entro la suddetta data, della finestratura” 23 .
Se si aderisce a tale impostazione, non occorre che l’amministrazione intervenga con un provvedimento
di annullamento in via di autotutela, ma più semplicemente mediante l’esercizio dei poteri di repressione degli
abusi edilizi e mediante il rigetto espresso della domanda di condono.
In base a tale impostazione, non venendo il silenzio – accoglimento ad esistenza per mancanza dei
presupposti, anche dopo i ventiquattro mesi l’amministrazione può respingere la domanda di condono edilizio,
proprio perché non si è formato nessun provvedimento tacito favorevole 24 .
In giurisprudenza si è infatti affermato che “esclusa la formazione del c.d. silenzio-assenso sull’istanza di
condono edilizio, qualora il fabbricato abusivo sia stato ultimato dopo il 31 ottobre 1983 e l’istanza di sanatoria
sia stata prodotta senza la prescritta documentazione, è superfluo l’annullamento in autotutela” 25 .
12. ESTINZIONE DEI REATI
12.1. O SSERVAZIONI GENERALI
Il comma 36 prevede l’effetto estintivo dei reati in materia edilizia, elencati dall’art. 38, comma 2, L. n. 47
del 1985 (art. 41 L. n. 1150 del 1942 superato dalla L. n. 10 del 1977 e da L. n. 47 del 1985, reati di cui alla L. n.
10 del 1977 e n. 47 del 1985, ora trasfusi nel T.U. n. 380 del 2001, reato di cui all’art. 221 R.D. n. 1265 del 1934,
reati in materia di normativa sismica previsti previsti negli artt. 13 - 17 L. n. 1086 del 1971, e in materia di
normativa sul cemento armato ex art. 20 L. n. 64 del 1974, ora trasfusi nel testo unico dell’edilizia).
Un altro effetto estintivo di reati relativi alla violazione di vincoli, è previsto dall’art. 32 L. n. 47 del 1985,
come novellato dall’art. 32, comma 43, L. n. 326 del 2003.
I due effetti estintivi, delle due diverse tipologie di reati, sono connessi a presupposti diversi.
Giova sottolineare sin da ora l’autonomia degli effetti penali e amministrativi del condono.
I primi rientrano nell’esclusiva competenza legislativa dello Stato, a differenza dei secondi, demandati per
la più parte della disciplina alle Regioni.
Sicché, ai fini dell’estinzione dei reati, la tipologia di abusi e la volumetria massima, sono quelle delineate
dall’art. 32 D.L. n. 269 del 2003, e rimangono irrilevanti le diverse discipline regionali 26 .
12.2. I REATI IN MATERIA EDILIZIA
20 T.A.R. Piemonte, sez. I, 6 aprile 1995 n. 207, in Riv. giur. edilizia 1995, I, p. 896. Nello stesso senso Cons. St., sez. V, 26 novembre 1994
n. 1385, in Riv. giur. edilizia 1995, I, p. 653, con nt. di Valeri; T.A.R. Piemonte, sez. I, 2 febbraio 1995 n. 25, in Riv. giur. edilizia 1995, I, p.
498.
21 Cons. St., sez. V, 14 ottobre 1998 n. 1468, in Cons. Stato 1998, I, p. 1580; Giur. it. 1999, p. 1087; Riv. giur. edilizia 1999, I, p. 96.
22 Cass. pen., sez. III, 19 novembre 1999, Basile, in Riv. giur. edilizia 2001, I, p. 527.
23 Cons. St., sez. V, 25 ottobre 1997 n. 1198, in Giur. it. 1998, p. 802.
24 T.A.R. Catanzaro 7 ottobre 1996 n. 763, in Trib. amm. reg. 1996, I, p. 4707.
25 Cons. St., sez. V, 6 maggio 1995 n. 721, in Foro amm. 1995, p. 954.
26 Cass. pen., sez. III, 5 febbraio 1997 n. 394, in Cass. pen. 1998, p. 1229.
17

12.2.1. LA DISCIPLINA PRECEDENTE
Nella disciplina precedente, l’effetto estintivo del reato era conseguenza del pagamento integrale
dell’oblazione, stando al tenore letterale della previsione di cui all’art. 38, comma 2, L. n. 47 del 1985.
Tuttavia la giurisprudenza penale riteneva che la presentazione della domanda di sanatoria,
accompagnata dell'integrale pagamento degli importi calcolati da parte dell'interessato, non fosse sufficiente a
determinare l'estinzione del reato di costruzione abusiva, ritenendo invece che l'effetto estintivo del reato
conseguisse al provvedimento comunale, ex art. 35, comma 9, L. n. 47 del 1985 con il quale viene determinato in
via definitiva l'importo dell'oblazione o rilasciata la concessione in sanatoria 27 .
Peraltro, quando nel 1988 la disciplina del condono del 1985 fu novellata nel senso di prevedere che il
diritto dell’amministrazione al conguaglio dell’oblazione si prescrive dopo 36 mesi, parte della giurisprudenza
penale ritenne che tale previsione avesse anche riflessi penali, nel senso che in sede penale, dovesse dichiararsi
estinto il reato, una volta decorsi 36 mesi senza richieste di conguagli da parte dell’amministrazione comunale 28 .
In prosieguo, intervennero le sezioni unite penali ad affermare che il giudice penale non può estendere il
suo accertamento alla verifica dei presupposti sostanziali del condono, e a sostenere che persino il formarsi del
silenzio – assenso dopo 24 mesi, determinasse l’estinzione dei reati in sede di processo penale 29 .
12.2.2. LA DISCIPLINA ATTUALE: QUADRO GENERALE
La norma ora vigente è il frutto di tale elaborazione normativa e giurisprudenziale.
Per i reati edilizi elencati nell’art. 38, comma 2, L. n. 47 del 1985, l’effetto estintivo, regolato dall’art. 32,
comma 36, è connesso alla tempestiva presentazione della domanda di condono e al pagamento integrale
dell’oblazione, unitamente al decorso del termine di 36 mesi, che inizia a decorrere dalla data in cui risulta
avvenuto il pagamento integrale.
Nella nuova disciplina è dunque chiaro che è sufficiente il decorso del tempo senza provvedimenti
negativi del Comune, a consentire l’effetto estintivo del reato.
Sembra però necessario ancora, ai fini dell’estinzione del reato, che in giudizio vi sia la prova certa
dell’avvenuto integrale versamento dell’oblazione, e allo scopo sembra ancora necessaria l’attestazione del
competente dirigente comunale, come già richiedeva la giurisprudenza penale in relazione ai precedenti
condoni 30 .
L’aver previsto un termine di 36 mesi, prima che si produca l’effetto estintivo del reato, serve
all’amministrazione per verificare la corretta misura dell’oblazione e l’eventuale necessità di conguagli, e a far
conseguire all’amministrazione i conguagli dovuti.
Vi è dunque un effetto deterrente, perché se l’amministrazione accerta il mancato pagamento integrale
entro i 36 mesi, e il pagamento non viene integrato, non si estingue il reato.
Sempre nel concorso delle tre circostanze sopra viste, si produce anche l’effetto estintivo, ai sensi dell’art.
38, comma 2, dei procedimenti di esecuzione delle sanzioni amministrative.
Infine, con il decorso di 36 mesi, si prescrive ogni diritto a conguagli o rimborsi in relazione
all’oblazione.
Sicché, decorsi 36 mesi dal pagamento della terza rata, senza che l’amministrazione sollevi contestazioni,
il pagamento si deve ritenere integrale e si produce l’effetto estintivo dei reati e dei procedimenti di esecuzione
delle sanzioni amministrative.
27 Cass. pen., SS. UU., 10 gennaio 1990, Imp. G., in Riv. pen. 1990, p. 934; Cass. pen. 23 febbraio 1998, imp. G., Cass. pen. 1989, p. 882.
28 Cass. pen., sez. VI, 24 ottobre 1989, imp. M., in Riv. giur. edilizia 1991, I, p. 511: “In tema di condono edilizio, a seguito delle modifiche
apportate all'art. 35 L. n. 47 del 1985 dall'art. 4, comma 6, L. 13 marzo 1988 n. 68, di conversione del D.L. 12 gennaio 1988 n. 2, trascorsi
trentasei mesi dalla domanda di sanatoria, si prescrive l'eventuale diritto al conguaglio o al rimborso delle somme versate a titolo di
oblazione a corredo della domanda medesima; ne deriva che l'oblazione deve intendersi come interamente corrisposta agli effetti dell'art.
38 L. n. 47 del 1985, e, conseguentemente, determina l'estinzione del reato per definizione amministrativa”.
29 Cass. pen., SS. UU., 12 ottobre 1993, imp. P., in Giust. pen. 1994, II, p. 395: “In tema di "condono edilizio" previsto dalla L. n. 47 del
1985, il silenzio dell'Amministrazione comunale protrattosi per ventiquattro mesi dalla data di presentazione della domanda di condono ed
il versamento della somma dovuta ed autodeterminata ai sensi dell'art. 35 della detta legge determinano, in virtù del disposto del
successivo art. 38, l'estinzione del reato di cui all'art. 17, lett. b), L. 28 gennaio 1977 n. 10 e dei connessi reati di cui alla L. 2 febbraio 1974
n. 64 e all'art. 221 del T.U. delle leggi sanitarie. (La Cassazione ha precisato che al giudice penale è inibito accertare se le opere siano o
meno suscettibili di sanatoria - trattandosi di valutazione riservata in via esclusiva all'Amministrazione comunale - dovendo egli solo
verificare la tempestività della domanda di sanatoria e l'avvenuto versamento della somma dovuta ai fini dell'oblazione)”.
30 Cass. pen., sez. III, 16 novembre 1987, imp. L., in Riv. pen. 1988, p. 452; ID., sez. III, 23 febbraio 1988, imp. M., in Riv. giur. edilizia
1989, I, p. 604.
18

Da sottolineare che tali effetti estintivi sono connessi al pagamento integrale della sola oblazione, e non
anche degli oneri concessori.
12.2.3. CONSERVAZIONE DEGLI EFFETTI PENALI ANCHE IN CASO DI OPERE NON CONDONABILI
Va poi evidenziata l’autonomia degli effetti penali e amministrativi del condono.
Infatti, ai sensi dell’art. 39 L. n. 47 del 1985, da ritenere applicabile anche al nuovo condono,
l'effettuazione dell'oblazione, qualora le opere non possano conseguire la sanatoria, estingue comunque i reati
contravvenzionali, di cui all'articolo 38.
Questo elemento differenzia l’ipotesi in commento dall’accertamento di conformità (c.d. sanatoria di
regime) di cui all’art. 13 L. n. 47 del 1985 (ora trasfuso nell’art. 36 T.U. edilizia), in cui l’estinzione del reato
consegue all’accertamento della inesistenza di una sostanziale violazione edilizia: in giurisprudenza si è osservato
che l’accertamento di conformità non si fonda su un effetto estintivo proprio connesso al pagamento di una
somma a titolo di oblazione, bensì sul fatto diverso e successivo dell'effettivo rilascio del titolo abilitativo sanante
da parte del Comune previo "accertamento di conformità" (o non-contrasto) delle opere abusive non assentite
con gli strumenti urbanistici vigenti (approvati o anche semplicemente adottati) nel momento della realizzazione
ed in quello della richiesta: trattasi, dunque, di un istituto di carattere generale (o "di regime") qualificato da una
fondamentale verifica di conformità, non disciplinato da disposizioni transitorie e caratterizzato da peculiari
sbarramenti amministrativi e temporali in un contesto di rigoroso controllo della sostanziale inesistenza di un
danno urbanistico 31 .
Va sottolineato che l’estinzione degli illeciti penali nonostante la non condonabilità dell’abuso riguarda
solo i reati di cui all’art. 38 L. n. 47 del 1985, e non si estende ai reati in materia di violazione di vincoli, i quali si
estinguono invece solo nel caso in cui l’abuso sia condonabile 32 .
12.2.4. CONDONO ESPRESSO E PROCESSO PENALE. SILENZIO – ASSENSO E PROCESSO PENALE
Si deve poi osservare che se sopraggiunge il provvedimento di condono espresso, prima dei 36 mesi, e
tale provvedimento viene esibito nel processo penale, in quest’ultimo si devono dichiarare estinti i reati.
Dunque l’estinzione degli illeciti penali edilizi consegue sia al condono espresso, sia al decorso del
termine di 36 mesi senza provvedimenti espressi.
Non sembra invece rilevante, nel processo penale, al fine della estinzione dei reati, il silenzio – assenso
sulla domanda di condono, che opera dopo 24 mesi, in quanto nessuna norma attribuisce rilevanza, nel processo
penale, al silenzio – assenso, ed essendovi al contrario la norma speciale che regola gli effetti del silenzio
protratto per 36 mesi.
Non si può però tacere che secondo una giurisprudenza formatasi nel vigore della disciplina precedente,
anche il formarsi del silenzio – assenso dopo 24 mesi era considerato causa estintiva dell’illecito penale,
conservando dopo tale data il Comune il potere di chiedere il conguaglio, per altri dodici mesi 33 .
12.2.5. E STENSIONE DELL’ESTINZIONE DEL REATO AI COMPROPRIETARI
Sembra da ritenere ancora applicabile, perché compatibile con il nuovo condono, la previsione di cui
all’art. 38, comma 2, ultimo periodo, l. n. 47 del 1985, secondo cui “Qualora l'immobile appartenga a più
proprietari, l'oblazione versata da uno di essi estingue il reato anche nei confronti degli altri comproprietari”.
Giova osservare che l’estensione del beneficio dell’estinzione del reato in conseguenza del condono,
opera solo nei rapporti tra comproprietari, e non a vantaggio di soggetti diversi dai proprietari, né a vantaggio dei
proprietari se il condono è richiesto da altri legittimati (v quanto si dirà tra breve nel par. 12.2.7.) 34 .
12.2.6. CONDONO EDILIZIO SUCCESSIVO AL GIUDICATO PENALE DI CONDANNA
31 Cass. pen., sez. III, 9 aprile 1997 n. 4398, in Cass. pen. 1998, p. 1474.
32 Cass. pen., sez. III, 20 giugno 2000, imp. C., in Ced Cassazione.
33 Cass. pen., SS. UU., 19 dicembre 1990, imp. S., in Giur. it. 1991, II, p. 113, con nota di Ciclala.
34 Cass. pen., sez. III, 7 giugno 1998, imp. M., in Cass. pen. 1990, I, p.1157; ID., sez. III, 6 febbraio 1996 n. 556, in Riv. trim. dir. pen. economia
1996, p. 1089.
19

Del pari, è da ritenere ancora applicabile l’art. 38, comma 3, L. n. 47 del 1985, secondo cui: “Ove nei
confronti del richiedente la sanatoria sia intervenuta sentenza definitiva di condanna per i reati previsti dal
comma precedente, viene fatta annotazione della oblazione nel casellario giudiziale. In tale caso non si tiene
conto della condanna ai fini dell'applicazione della recidiva e del beneficio della sospensione condizionale della
pena”.
Nell’esegesi di tale norma la giurisprudenza ha osservato che il condono successivo al giudicato penale
non estingue la pena, ma impedisce solo taluni effetti, quali la confisca dell’immobile, e la rilevanza della
condanna ai fini di recidiva e sospensione condizionale della pena:
“In materia urbanistica la concessione del condono edilizio, avvenuta dopo il passaggio in giudicato della
sentenza di condanna, mentre non può far estinguere i reati e le pene, rende invece possibile in sede esecutiva, ai
sensi dell'art. 38, comma 4, L. 28 febbraio 1985 n. 47, l'inapplicabilità dell'ordine di demolizione dopo la
concessione del detto condono” 35;
“In materia di sanatoria edilizia, va escluso che il legislatore abbia inteso comprendere l'estinzione della
pena e la cessazione della sua esecuzione fra le conseguenze derivanti dall'oblazione intervenuta dopo il giudicato
di condanna, in quanto preciso intendimento legislativo è stato quello di limitare l'efficacia estintiva del condono
edilizio fino alla sentenza definitiva. Su tali basi, deve pervenirsi alla conclusione di negare che l'oblazione di cui si
discute da causa speciale di estinzione del reato possa degradare a causa estintiva della pena o della sua
esecuzione, se corrisposta dopo intervenuto il giudicato irrevocabile, atteso che in tale ipotesi l'avvenuta sanatoria
comporta la cessazione di alcuni soltanto degli effetti penali della condanna, essendosi esclusa la sua
computabilità ai fini della recidiva e la valutabilità della stessa come precedente ostativo alla concessione della
sospensione condizionale della pena” 36.
12.2.7. E FFETTI PENALI DEL CONDONO EDILIZIO PER I SOGGETTI DIVERSI DAL PROPRIETARIO
Infine, si devono ritenere ancora applicabili i commi 5,6,7, dell’art. 38 L. n. 47 del 1985, che riguardano i
benefici penali del condono edilizio per i soggetti diversi dai proprietari; tali soggetti (es. direttore dei lavori,
costruttore, etc.), non possono ovviamente presentare domanda di titolo abilitativo in sanatoria, perché non sono
i proprietari dell’opera abusiva, ma possono fruire del condono per conseguire l’estinzione dei reati edilizi che li
vede in veste di imputati o coimputati.
Dispongono, in particolare, tali commi:
“I soggetti indicati all'articolo 6 della presente legge, diversi dal proprietario, che intendano fruire dei
benefìci penali di cui al presente articolo ovvero di quelli di cui al successivo art. 39, devono presentare al
comune autonoma domanda di oblazione, con le modalità di cui all'art. 35.
La somma dovuta viene determinata nella misura del 30 per cento rispetto a quella applicabile al
proprietario ai sensi dell'art. 34.
Si applicano le procedure previste dagli artt. 35 e 36”.
I soggetti che vengono in considerazione sono il direttore dei lavori, nonché il titolare della concessione,
il committente, il costruttore, che possono essere diversi dal proprietario dell’opera.
A tali soggetti, non si estende l'estinzione del reato edilizio per oblazione, effettuata dal proprietario di
un manufatto; tali soggetti pertanto devono presentare autonoma domanda, per potere usufruire del beneficio
suddetto 37.
Gli stessi possono presentare autonoma domanda di oblazione, con le modalità e termini previsti dalla
nuova disciplina, e sono tenuti a versare a titolo di oblazione una somma pari al 30% di quella dovuta dal
proprietario, che possono pagare in tre rate, con la stessa tempistica prevista dal proprietario.
Va osservato che è necessario il rispetto di entrambi gli adempimenti visti, vale a dire il pagamento
dell’oblazione e la presentazione di autonoma domanda di condono, non essendo sufficiente solo il primo
adempimento 38 .
12.2.8. MANCATO PAGAMENTO DELL’OBLAZIONE O QUANTIFI CAZIONE IN MISURA DOLOSAMENTE
INESATTA E ILLECITI PENALI
35 Cass. pen., sez. III, 11 giugno 1998 n. 1854, in Cass. pen. 1999, p. 1916.
36 Cass. pen., sez. III, 27 novembre 1998 n. 3196, in Riv. pen. 1999, p. 340.
37 Cass. pen., sez. III, 8 marzo 1989, n. 3540, in Ced Cassazione.
38 Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 1997, imp. D., in Ced Cassazione.
20

Se l’oblazione non viene pagata interamente nei termini previsti, ovvero se risulta che è stata determinata
in misura inesatta con dolo, per le costruzioni realizzate senza titolo edilizio si applicano tutte le sanzioni previste
dall’ordinamento, vale a dire quelle penali e amministrative, quelle civili (nullità degli atti traslativi tra vivi),
nonché i divieti di stipula dei contratti con le aziende erogatrici di servizi pubblici necessari per la funzionalità
dell’opera abusiva.
In tal senso dispone l’art. 32, comma 37, ultimo periodo, che dichiara applicabili le sanzioni richiamate
dall’art. 40 L. n. 47 del 1985, e dall’art. 48 T.U. edilizia. A sua volta, l’art. 40 L. n. 47 del 1985, richiama le sanzioni
di cui al capo I della medesima legge. n. 47, vale a dire sanzioni penali, amministrative e civili, e l’art. 48 T.U.
edilizia, si riferisce ai divieti di contrarre a carico delle aziende erogatrici di servizi pubblici.
Da notare che l’applicazione integrale delle sanzioni è prevista per le sole costruzioni realizzate senza
titolo abilitativo edilizio, mentre il previgente art. 40 L. n. 47 del 1985, faceva riferimento anche a quelle eseguite
in totale difformità dal titolo. In ogni caso sono fuori dal campo di applicazione della norma le opere in parziale
difformità dal titolo.
12.3. REATI IN MATERIA DI VIOLAZIONE DI VINCOLI
Per i reati connessi alla violazione di vincoli (opere realizzate su aree vincolate senza le prescritte
autorizzazioni), l’art. 32, comma 43, ha novellato l’art. 32 L. n. 47 del 1985.
Già il testo originario stabiliva che il titolo abilitativo edilizio in sede di condono, per gli immobili
vincolati, può essere rilasciato solo se vi è il parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del
vincolo, e che il parere favorevole non si forma tacitamente mediante meccanismo di silenzio – assenso.
Innovativamente, la nuova disciplina stabilisce che “il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche
il reato per la violazione del vincolo”.
Una norma similare era già contenuta nell’art. 39, comma 8, L. n. 724 del 1994, a tenore del quale nelle
zone sottoposte a vincolo paesistico e storico “il rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in
sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del
vincolo, estingue il reato per la violazione del vincolo stesso”.
La formulazione di vecchia e nuova norma è difforme perché nella nuova non si subordina il rilascio del
titolo abilitativo al conseguimento delle autorizzazioni delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.
Tuttavia, è da ritenere che anche nella nuova disciplina intanto può prodursi l’effetto estintivo del reato,
in quanto vi siano anche tutti gli assensi delle amministrazioni preposte ai vincoli.
Al fine del prodursi dell’effetto estintivo non basta, pertanto, - come nel comma 36, la presentazione
della domanda di condono e il pagamento integrale dell’oblazione, con il decorso di un certo lasso temporale - ,
essendo invece imprescindibile che venga rilasciato il titolo abilitativo edilizio 39.
C’è da chiedersi se occorra il titolo espresso, o sia sufficiente il formarsi del titolo abilitativo mediante
silenzio – assenso.
Questa seconda soluzione pare preferibile, perché al silenzio la legge attribuisce valore legale tipico di
atto positivo, sicché al provvedimento tacito vanno riconnessi gli stessi identici effetti che si annettono al
provvedimento espresso.
Tuttavia, intanto il silenzio per 24 mesi può dare luogo a silenzio – assenso, in quanto siano stati espressi
tutti gli altri assensi al condono da parte delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli.
Giova infine ricordare l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la non condonabilità dell’abuso
preclude l’effetto estintivo dei reati in materia di violazione di vincoli 40 .
13. CONDONO EDILIZIO E SANZIONI AMMINISTRATIVE
Si è detto che anche i procedimenti e i processi amministrativi pendenti relativi alle sanzioni
amministrative sono sospesi 41 dalla data di entrata in vigore della disciplina sul condono fino alla scadenza del
termine per la domanda, nonché quando è presentata domanda di condono, corredata da attestazione di
pagamento della prima rata dell’oblazione (art. 32, comma 36, D.L. n. 269 del 2003 e artt. 38, comma 1, e 44 L.
n. 47 del 1985).
39 V. in relazione all’art. 39, comma 8, L. n. 724 del 1994, Cass. pen., sez. III, 13 giugno 2001 n. 28377, ord., in Cass. pen. 2002, p. 2478.
40 Cass. pen., sez. III, 20 giugno 2000, imp. C., cit. a nt. 32, che precede.
41 Cons. St., sez. V, 19 febbraio 1996 n. 210, in Cons. Stato 1996, I, p. 213.
21

Ne consegue che, come avverte espressamente il legislatore, l’esistenza di provvedimenti sanzionatori
non ancora eseguiti, ovvero ancora impugnabili, o nei cui confronti pende impugnazione, non impedisce il
conseguimento del condono (art. 43, comma 1, L. n. 47 del 1985).
Le somme già riscosse e le sanzioni non pecuniarie già eseguite, restano comunque ferme (art. 43,
comma 3, L. n. 47 del 1985).
Ma le somme versate si scomputano dal contributo di concessione dovuto in sede di condono (art. 43,
comma 4, L. n. 47 del 1985).
Dunque non è ostativa del condono una sanzione pecuniaria irrogata ma non ancora eseguita, anche
quando vi è l’ingiunzione di pagamento ma il pagamento non è ancora avvenuto 42 .
Del pari, non osta al condono il provvedimento di acquisizione dell'immobile abusivo al patrimonio del
Comune, né l'avvenuta trascrizione del provvedimento sanzionatorio e neppure la semplice presa di possesso del
bene, senza modificazioni della sua consistenza e destinazione, da parte del Comune; l'acquisizione determina
invece una situazione incompatibile con la sanatoria quando all'immissione in possesso siano seguite la
demolizione dell'immobile abusivo ovvero la sua utilizzazione ai fini pubblici 43 .
Non ostano al condono neppure provvedimenti sanzionatori adottati in ottemperanza ad una sentenza
di annullamento di titolo edilizio, come sancisce la norma di interpretazione autentica recata dall’art. 12 bis D.L.
12 gennaio 1988 n. 2 (convertito nella L. 13 marzo 1988 n. 68 44 .
La sospensione dei processi amministrativi pendenti riguarda solo quelli relativi alle sanzioni
amministrative edilizie; la sospensione non opera, pertanto, per i processi amministrativi in cui viene impugnato il
rilascio o il diniego di un titolo edilizio 45 , vale a dire per i processi relativi ai provvedimenti dai quali dipenda la
liceità o l'abusività dell'opera (autorizzazioni e concessioni edilizie, annullamento delle medesime ecc.) 46 ; ciò in
quanto la definizione della legittimità o meno di un titolo abilitativo edilizio è pregiudiziale rispetto
all’applicazione del condono e non viceversa 47 .
La sospensione non opera neppure con riguardo ai processi relativi agli illeciti paesistici, in quanto anche
in caso di condono, sono comunque dovute le sanzioni amministrative per tali tipi di illeciti, estinguendosi solo le
relative sanzioni penali 48 .
Ciò in quanto il condono non fa venire meno il dovere di corrispondere le sanzioni amministrative
relative a tali illeciti, come si evince dall’art. 2, comma 46, L. 23 dicembre 1996 n. 662, in combinato disposto con
l’art. 38 L. n. 47 del 1985 49 , comportando il condono solo l’estinzione delle sanzioni amministrative edilizie.
La sospensione del processo amministrativo cessa quando interviene il provvedimento relativo al
condono, né è ipotizzabile che la sospensione prosegua, in caso di impugnazione del provvedimento di diniego di
condono, fino a quando passa in giudicato la sentenza che decide su tale impugnazione 50 .
In prosieguo, il pagamento integrale dell’oblazione e il decorso di 36 mesi, comporta l’estinzione dei
procedimenti di esecuzione delle sanzioni amministrative.
Una volta concessa la sanatoria, non si applicano le sanzioni amministrative, ivi comprese le pene
pecuniarie e le sovrattasse previste per le violazioni delle disposizioni in materia di imposte sui redditi
relativamente ai fabbricati abusivamente eseguiti, sempre che le somme dovute a titolo di oblazione siano state
corrisposte per intero. Copia del provvedimento di sanatoria viene trasmessa dal sindaco al competente ufficio
distrettuale delle imposte dirette (art. 38, comma 4, L. n. 47 del 1985).
Se, invece, è stata pagata interamente l’oblazione, ma l’opera risulta non condonabile, ferma restando
l’estinzione dei reati contravvenzionali di cui all’art. 38, comma 2, L. n. 47 del 1985, le sanzioni amministrative
pecuniarie continuano ad essere dovute, ma in misura ridotta.
Dispone, infatti, l’art. 39 L. n. 47 del 1985: “Le sanzioni amministrative consistenti nel pagamento di una
somma di danaro sono ridotte in misura corrispondente all'oblazione versata se l'interessato dichiari di rinunciare
al rimborso”.
In definitiva, l’interessato può scegliere se pagare integralmente le sanzioni pecuniarie e farsi rimborsare
l’oblazione versata, ovvero rinunciare al rimborso, e in tal caso nulla dovrà più, perché le sanzioni vengono
quantificate nella misura dell’oblazione versata.
42 Cons. St., sez. V, 6 marzo 1990 n. 264, in Cons. Stato 1990, I, p. 422.
43 Cons. St., sez. V, 25 ottobre 1993 n. 1080, in Cons. Stato 1993, I, 1263; ID, Sez. V, 23 maggio 2000 n. 2973, ibidem 2000, I, p. 1314.
44 Cons. St., sez. V, 7 maggio 1996, n. 527, in Foro amm. 1996, p. 1524.
45 Cons. St., sez. V, 27 gennaio 1988 n. 27, in Cons. Stato 1988, I, p. 29.
46 Cons. St., sez. V, 9 dicembre 1996 n. 1493, in Giur. it. 1997, III, 1, p. 418.
47 Cons. St., sez. V, 15 giugno 1998 n. 836, in Cons. Stato 1998, I, p. 926.
48 Cons. St., sez. VI, 19 marzo 1987 n. 140, in Cons. Stato 1987, I, p. 397; Foro amm. 1987, p. 529; Riv. giur. edilizia 1987, I, p. 439.
49 Cons. St., sez. VI, 2 giugno 2000 n. 3184, in Cons. Stato 2000, I, p. 1368; Urbanistica e appalti 2000, p. 859, con nt. di R. Damonte.
50 Cons. St., sez. V, 5 giugno 1997 n. 594, in Cons. Stato 1997, I, p. 738; ID, sez. IV, 7 maggio 2002 n. 2444, in Foro amm. C. d S. 2002, p.
1183.
22

Restano invece ferme le sanzioni amministrative non pecuniarie.
In sintesi:
- la presentazione della domanda di condono sospende sia i procedimenti amministrativi di esecuzione
delle sanzioni, sia i processi amministrativi pendenti in cui sono state impugnate le sanzioni;
- se la domanda di condono viene accolta, si estinguono le sanzioni amministrative, nonché i relativi
procedimenti e processi;
- se la domanda di condono viene respinta, sono irrogate ed eseguite le sanzioni amministrative non
pecuniarie, mentre le sanzioni amministrative pecuniarie sono quantificate in misura pari all’oblazione
integralmente versata;
- se viene pagata integralmente l’oblazione e decorrono 36 mesi senza provvedimenti da parte del
Comune, si estinguono i procedimenti di esecuzione delle sanzioni, e nessuna sanzione amministrativa è dovuta.
Inoltre, l’accoglimento della domanda di condono comporta che va dichiarato improcedibile per
sopravvenuta carenza di interesse il giudizio amministrativo relativo a provvedimenti concernenti opere abusive
per le quali, appunto, sia stata concessa la relativa sanatoria 51 .
L’improcedibilità del processo amministrativo pendente si verifica anche quando sulla domanda di
condono si forma il silenzio – assenso per effetto del decorso di 24 mesi 52 .
14. DIRITTI DEI TERZI
L’art. 32, comma 31, dispone che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria non comporta
limitazione ai diritti dei terzi.
Si tratta di una norma che già esisteva nell’ordinamento.
Fu infatti introdotta dall’art. 2, comma 37, lettera c), L. n. 662 del 1996, in materia di condono edilizio,
che novellò l’art. 39, comma 2, L. n. 724 del 1994.
In prosieguo, identica norma è stata dettata dal t.u. edilizia, art. 11, pure per i titoli abilitativi edilizi
ordinari, il cui rilascio fa sempre salvi i diritti dei terzi.
La norma di salvezza dei diritti dei terzi, introdotta per la prima volta nel 1996, era già stata elaborata
dalla giurisprudenza, che già in relazione al condono del 1985 aveva sottolineato che quest’ultimo riguardava gli
effetti penali e amministrativi dell’abuso edilizio, ma non incideva sui diritti dei terzi 53 .
In giurisprudenza si è affermato che la normativa sul condono edilizio non ha alcuna incidenza nei
rapporti fra privati, non vale a mutare la normativa in concreto applicabile e non priva il proprietario del fondo
contiguo, leso dalla violazione delle norme urbanistiche edilizie, del diritto di chiedere ed ottenere l'abbattimento
o l'arretramento dell'opera illegittima ovvero il risarcimento del danno 54 .
Si ha dunque una scissione di effetti penali e amministrativi da una parte, e civili, dall’altra, del condono:
salvi i diritti dei terzi sul piano civilistico, si producono comunque gli effetti penali e amministrativi del
condono 55 .
La previsione normativa che fa salvi i diritti dei terzi comporta senz’altro che i diritti soggettivi incisi
dall’esecuzione di un progetto approvato con titolo abilitativo in sanatoria possono ricevere adeguata tutela nelle
competenti sedi giudiziarie, senza l’onere della previa o contestuale impugnazione del provvedimento comunale,
che non assume rilevanza alcuna nel confronto tra le posizioni soggettive private.
Le ragioni dei terzi controinteressati al titolo abilitativo, in quanto titolari di diritti soggettivi che con esso
confliggono (si tratta essenzialmente dei terzi titolari di fondi contigui, lesi dalla violazione delle norme
civilistiche sulle distanze tra costruzioni), non devono essere fatte valere, dunque, necessariamente nell’ambito del
procedimento amministrativo di rilascio del titolo edilizio, bensì in sede giurisdizionale ordinaria.
La ininfluenza del condono edilizio sui diritti dei terzi ha l’ulteriore implicazione che il processo civile tra
terzo e autore dell’abuso edilizio non viene sospeso per effetto della domanda di condono 56 .
Si pone l’ulteriore questione se la regola legale che fa salvi i diritti dei terzi imponga o meno
all’amministrazione procedente un onere di accertamento dell’esistenza dei diritti dei terzi.
51 Cons. St., sez. V, 13 aprile 2000 n. 2205, in Foro amm. 2000, p. 1302.
52 Cons. St., sez. V, 21 aprile 1997 n. 364, in Cons. Stato 1997, I, p. 510.
53 Cass. civ., sez. II, 16 dicembre 1987 n. 9352, in Giur. it, 1988, I, 1, p. 1794, con nt. di Fusco.
54 Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1999 n. 2658, in Mass.
55 Cass. pen., sez. III, 9 aprile 1997 n. 6209, in Cass. pen. 1998, p. 616.
56 Cass. civ., sez. II, 25 luglio 1992 n. 8994, cit. a nt. 4, che precede.
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Sembra corretto ritenere che l’amministrazione dovrà, in sede di istruttoria sulla domanda di condono,
verificare il rispetto dei limiti legali della proprietà privata di cui agli artt. 873 ss. c.c., che concorrono a formare la
disciplina generale dell’attività edilizia.
Detti vincoli, trovando applicazione nella generalità dei casi e conservando sempre il medesimo
contenuto, non pongono infatti problemi di conoscibilità all’amministrazione procedente.
Diversa è l’ipotesi in cui le limitazioni di diritto civile allo jus aedificandi non sono dettate direttamente
dalla legge, ma discendono da atti istitutivi di diritti reali di godimento, come accade, ad esempio, per le servitù
volontarie, costituite mediante contratto, donazione, testamento.
Occorre stabilire, in questi casi, se, ed in che modo, l’amministrazione procedente debba tenere conto
degli eventuali diritti parziari di terzi che, sul piano civilistico, hanno attitudine ad inibire l’esecuzione
dell’intervento edilizio progettato, o se invece debba semplicemente prescinderne, limitandosi a vagliare la
regolarità “urbanistica” dell’opera.
Alcune pronunce giurisprudenziali escludono che l’amministrazione procedente possa compiere
accertamenti circa l’esistenza di diritti soggettivi di terzi, poiché altrimenti –esercitando un sindacato circa la
validità, l’efficacia, la rilevanza giuridica di atti e rapporti giuridici tra privati, cui essa è estranea – travalicherebbe
la sfera delle proprie attribuzioni, finendo per esercitare funzioni proprie dell’autorità giurisdizionale.
Sotto questo profilo dovrà, quindi, reputarsi immune da vizi di legittimità il titolo abilitativo in sanatoria
rilasciato, ad esempio, in contrasto con una preesistente servitù pattizia rimasta sconosciuta all’amministrazione,
che non è tenuta a ricercare d’ufficio le pattuizioni tra i privati, pur sempre salvaguardate dalla clausola generale
di salvezza dei diritti dei terzi.
Diverso è il caso in cui i rapporti giuridici tra i privati sono immediatamente conoscibili e conosciuti, e
incontestati, al punto che l’ente deve semplicemente prenderne atto. L’amministrazione sarà tenuta a respingere
la richiesta di condono allorquando abbia acquisito ritualmente, nell’ambito del procedimento, elementi che
attestano con sicurezza l’esistenza di quegli stessi vincoli reali che essa aveva comunque il potere – ma non
l’obbligo – di ricercare.
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Rosanna De Nictolis
Consigliere di Stato