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di cucina-soggiorno riparata da teli, secondo<br />
tradizione. Poco lontano si era accampata anche<br />
una pattuglia di Scolte, con la loro capo,<br />
che svolgevano il loro servizio contemporaneamente<br />
a noi.<br />
La sera stava scendendo, gli altri Clan se n’erano<br />
andati e io mi interrogavo sul significato<br />
della nostra presenza: mi sembrava che fossimo<br />
quasi degli intrusi in un contesto già organizzato.<br />
Cenammo in mensa, assieme a tante persone,<br />
per poi recarci a riposare, dopo esserci<br />
messi d’accordo con il responsabile della tendopoli,<br />
un bravo e simpatico giovane, tarchiato,<br />
cordiale e deciso, che il giorno seguente noi saremmo<br />
stati disponibili alle richieste della gente,<br />
per servizi adatti alle nostre capacità. Infatti<br />
così avvenne. Su una parete della mensa fu<br />
posta una bacheca dove gli abitanti che avevano<br />
bisogno di qualche lavoro scrivevano le loro<br />
necessità: così, a gruppi, i Rovers si dedicarono<br />
ad ogni tipo di servizio. Aiutammo a sistemare<br />
la legna, a rastrellare il fieno, a diradare piantine<br />
di granoturco, a mettere in ordine masserizie,<br />
a raccogliere le immondizie.<br />
Le Scolte, d’altra parte, distribuivano, a chi<br />
ne faceva richiesta, capi di vestiario giunto da<br />
ogni parte d’Italia ed anche da diversi stati europei.<br />
Ma mi restava un po’ l’amaro in bocca<br />
di sentirmi quasi di peso, perché anche noi<br />
usavamo della mensa. Così decidemmo di cucinare<br />
per conto nostro: durò poco, perché la<br />
signora che gestiva la mensa ci disse che la<br />
nostra presenza insieme agli altri era non solo<br />
gradita, ma desiderata: non erano certamente<br />
i nostri pasti a mettere in crisi la loro cucina.<br />
Ciò mi fu di grande insegnamento. Perciò ritornammo<br />
a condividere i pasti con tutti i paesani<br />
e i lavoranti con cui, un po’ alla volta, entrammo<br />
in relazione. Gli abitanti erano con<br />
noi estremamente cordiali e grati dei piccoli<br />
servizi che facevamo: avevano perso quasi tutto,<br />
ma erano così ospitali e generosi che ci invitarono<br />
più di una volta a pranzo o a cena, a<br />
condividere quel poco che avevano. Una cosa<br />
RADICI<br />
veramente commovente ed educativa per il<br />
clan intero. Ma il vero servizio, senza che lo<br />
cercassimo, si presentò sotto altra forma. La<br />
sera dopo il nostro arrivo, improvvisammo un<br />
fuoco di bivacco tra di noi, per concludere la<br />
giornata con qualche canto e la recita delle<br />
preghiere. Si unirono quasi tutti i militari e<br />
qualche persona della tendopoli. La sera successiva<br />
preparammo un cerchio con delle panchine<br />
per l’eventuale pubblico che difatti si<br />
presentò in proporzione ben maggiore della<br />
sera precedente.<br />
La terza sera decisi di non svolgere il fuoco<br />
di bivacco, per non dare l’impressione che fossimo<br />
dei saltimbanchi. Ma mi pentii amaramente<br />
quando giunsero dei camion pieni di<br />
soldati provenienti non so da dove: erano venuti<br />
proprio per stare insieme attorno al fuoco<br />
e cantare in compagnia. Dalla sera successiva<br />
la nostra giornata si concluse puntualmente<br />
con il fuoco cui parteciparono sempre più persone:<br />
così dal tenente di Vito d’Asio si passò<br />
al maggiore per finire al colonnello, giunto<br />
l’ultima sera con la moglie e un numero enorme<br />
di soldati. Naturalmente ai canti dovemmo<br />
aggiungere giochi, scherzi e ban. L’attesa era<br />
diventata così grande che alcuni soldati rinviarono<br />
la loro licenza pur di restare fino alla<br />
fine della nostra settimana di servizio.<br />
La conclusione dell’ultimo fuoco fu veramente<br />
straordinaria: dopo le preghiere recitate<br />
compostamente da tutti, cantammo il canto<br />
dell’addio e devo dire che la commozione prese<br />
tutti. Eravamo andati per obbedienza a<br />
quell’“Estote parati” che ci contraddistingue,<br />
e ci ritrovavamo con la consapevolezza di aver<br />
svolto uno dei servizi più belli e nobili: aver<br />
fatto felici almeno per qualche ora, persone<br />
o colpite dalla tragedia o inviate a svolgere impegnativi<br />
compiti.<br />
<strong>AZIMUTH</strong> • SCOUT D’EUROPA 3/<strong>2013</strong> 37