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35. Rinuncia<br />

La via della contemplazione e un’oscurità così oscura da non essere nemmeno più<br />

drammatica. Non vi è in essa nulla che si possa afferrare e amare come eroico o anche<br />

insolito. Così, per il contemplativo, c’è un valore supremo annesso alla pratica ordinaria<br />

del lavoro quotidiano, alla povertà, durezza e monotonia che caratterizzano la vita<br />

di tutti coloro che sono poveri, trascurati e dimenticati nel mondo.<br />

Cristo, che venne sulla terra per formare i contemplativi e per insegnare agli uomini le<br />

vie della santità e della preghiera, avrebbe potuto facilmente circondarsi di asceti che<br />

digiunassero fino a morirne e terrorizzassero il prossimo con strane estasi. Ma i Suoi<br />

Apostoli erano operai, pescatori, pubblicani che si resero eminenti soltanto attraverso<br />

la loro indifferenza per la massima parte dell’intricata rete di devozioni, di pratiche<br />

cerimoniali e di ginnastica morale della santità professionale.<br />

L’ascetismo più certo è l’amara mancanza di sicurezza, la fatica, la nullità di chi è<br />

realmente povero. Dipendere completamente dagli altri. Essere ignorati, disprezzati e<br />

dimenticati. Non conoscere agio e comodità. Ricevere ordini e lavorare duro, per poco<br />

o nessun compenso: è una dura scuola che la maggior parte della gente pia fa del suo<br />

meglio per evitare.<br />

Né si possono completamente condannare. La miseria e lo squallore come tali non sono<br />

vie che conducono all’unione contemplativa. Certamente non intendo dire che per<br />

essere santi bisogna - vivere nei bassifondi, né che un monastero di contemplativi debba<br />

mirare a riprodurre il modo di vivere delle case popolari. Non è la sporcizia e la<br />

fame che fanno i santi; non è neppure la povertà in se stessa, ma l’amore della povertà<br />

e l’amore dei poveri.<br />

È vero, inoltre, che un certo grado di sicurezza economica è moralmente necessario<br />

per garantire un minimo di stabilità, senza il quale è difficile imparare a condurre una<br />

vita di preghiera. Ma «un certo livello di sicurezza economica» non significa<br />

l’agiatezza, la soddisfazione di ogni esigenza fisica e psicologica, un elevato tenore di<br />

vita. Il contemplativo ha bisogno di cibo, indumenti e alloggio convenienti. Ma deve<br />

anche condividere un poco le privazioni dei poveri. Deve potersi identificare davvero<br />

sinceramente con i poveri, deve poter osservare la vita attraverso i loro occhi; e proprio<br />

perché è uno di loro. Questo non sarebbe vero, se egli non partecipasse in una<br />

certa misura ai rischi della povertà; ossia, se non dovesse fare molti lavori che preferirebbe<br />

non fare, sopportare molte scomodità con pazienza e contentarsi di molte cose<br />

che potrebbero essere assai migliori.<br />

Molti religiosi che dicono di amare Dio detestano e temono il solo pensiero di una povertà<br />

abbastanza reale per significare mancanza di sicurezza, fame, sudiciume. Eppure<br />

tu troverai uomini che si abbassano a vivere tra i poveri non perché amano Dio (in Cui<br />

non credono) e neppure perché amano i poveri, ma solo perché odiano i ricchi e vogliono<br />

spingere anche i poveri ad odiarli. Se si possono sopportare simili sacrifici per<br />

il velenoso piacere dell’odio, perché così pochi sono coloro che si fanno poveri per<br />

amore, per poter trovare Dio in povertà e donarLo agli altri?<br />

Ma non si deve credere che non si possa diventare contemplativi senza una vita eternamente<br />

miserabile e disgustosa. Vivere in maniera frugale e laboriosa, affidarsi a Dio<br />

e non alle case materiali che non possediamo, fare del nostro meglio per andare<br />

d’accordo con gli altri, che forse non sempre ci trattano con la stessa gentilezza e considerazione:<br />

tutto ciò può creare un’atmosfera di pace, di tran<strong>qui</strong>llità, di sicurezza, di<br />

gioia. Vi può anche essere in ciò una certa naturale dignità, e infatti la semplicità di

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