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potuto ricavare da un paio di bicchieri di ‘champagne o da una buona nuotata. Così,<br />

fino a quel limite, esso è una buona cosa.<br />

Ma il pericolo sta nel fatto che tu attribuisca un’importanza erronea a queste manifestazioni<br />

di emozione religiosa. In realtà esse non sono affatto importanti, e sebbene<br />

qualche volta siano inevitabili, non sembra prudente desiderarle. E in realtà chiunque<br />

abbia ricevuto qualche nozione di vita interiore sa che non si considera cosa sensata<br />

perseguire con troppa ansietà queste consolazioni. Pure molti di coloro che sembrano<br />

così superiori all’elemento sensibile nella religione mostrano, con le loro devozioni,<br />

con il loro gusto per i quadri sentimentali, per la musica attaccaticcia e per la lettura<br />

spirituale tenera, che tutta la loro vita interiore è una campagna serrata per ottenere<br />

«luci», «consolazioni», «lacrime di compunzione», se non addirittura «voci interiori»,<br />

con la malcelata speranza, forse, di un paio di visioni e, se del caso, di stigmate.<br />

Per chi è realmente chiamato alla contemplazione infusa, questo gusto per le «esperienze»<br />

può essere uno degli ostacoli più pericolosi nella vita interiore. È la roccia<br />

contro cui sono andati a naufragare molti che avrebbero potuto diventare contemplativi.<br />

E ciò è tanto più pericoloso in quanto anche nelle case degli ordini contemplativi<br />

non sempre si comprende chiaramente la differenza fra la contemplazione mistica in<br />

senso vero e proprio e questi accidenti, queste esperienze, queste manifestazioni e curiosità,<br />

che possono o meno essere soprannaturali e che non hanno connessione essenziale<br />

alcuna con la santità o con il puro amore che è nel cuore stesso della vera contemplazione.<br />

Quindi la reazione più sana a queste esaltazioni è una istintiva ripugnanza per i piaceri<br />

e le emozioni che esse destano. Tu sai che cose simili non danno né frutto reale né<br />

soddisfazione durevole. Non ti dicono nulla di sicuro su Dio o su te stesso. Non ti<br />

danno una vera forza, ma solo una momentanea illusione di santità. E quando diventi<br />

più esperto comprendi quanto esse ti accechino e quanto ti possano ingannare e condurre<br />

fuori strada.<br />

Tenterai di sottrarti ad esse, di evitare le occasioni che le producono, se puoi affermare<br />

con una certa sicurezza che cosa le produce. Ma non ti agiterai per opporvi una violenta<br />

resistenza; basta che tu rimanga tran<strong>qui</strong>llamente indifferente nei loro riguardi.<br />

E quando non puoi fare nulla per prevenire questi sentimenti di intossicazione e di<br />

gioia spirituale, accettali con pazienza e con riserva, ed anche con una certa umiltà e<br />

gratitudine, pensando che non soffriresti simili emozioni se non restasse ancora in te<br />

molto di naturale. Nega il tuo consenso a tutto ciò che può esservi di disordinato in<br />

essi e lascia il resto a Dio, attendendo l’ora della tua liberazione nelle gioie reali, nelle<br />

gioie puramente spirituali di una contemplazione in cui la tua natura, le tue emozioni,<br />

il tuo io non hanno parte alcuna, ma in cui tu sei assorto e immerso, non<br />

nell’ondeggiante ebbrezza dei sensi, ma nella chiara, intensamente pura ebbrezza di<br />

uno spirito liberato in Dio.<br />

La passione e l’emozione hanno certamente il loro posto nella vita di preghiera ma<br />

esse devono essere purificate, ordinate e sottomesse al più alto amore: Allora<br />

anch’esse potranno prender parte alla allegrezza dello spirito e contribuirvi, pur nella<br />

loro limitata maniera. Ma finché non sono spiritualmente mature, le passioni devono<br />

essere trattate con fermezza e con riserbo, anche nelle «consolazioni» della preghiera.<br />

Quando saranno spiritualmente mature? Quando saranno pure, limpide, miti, tran<strong>qui</strong>lle,<br />

non violenti, dimentiche di sé, distaccate e, soprattutto, quando saranno umili e obbedienti<br />

alla ragione e alla grazia.

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