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qui - PARROCCHIA CORPUS DOMINI

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lare, contro l’«io» che può dire: «Io voglio…», «Io ho bisogno…», «Io esigo...». Nessun<br />

individuo può entrare in Paradiso, ma solo l’integrità della Persona.<br />

Solo la più grande umiltà può darci la delicatezza e la precauzione istintiva che ci impediranno<br />

di cercare in quella tenebra i piaceri e le soddisfazioni che possiamo comprendere<br />

ed assaporare. Nel momento in cui domandiamo qualcosa per noi stessi, o<br />

arrischiamo un atto per procurarci una intensificazione di questo puro e sereno riposo<br />

in Dio, noi sciupiamo e sperperiamo il perfetto dono che Egli desidera comunicarci<br />

nel silenzio e nel riposo delle nostre facoltà.<br />

Se vi è una cosa che noi dobbiamo fare, è questa: dobbiamo comprendere nelle profondità<br />

del nostro essere che questo è un puro dono di Dio, che nessun desiderio, sforzo<br />

ed eroismo nostro può in qualche modo meritare od ottenere. Non c’è nulla che noi<br />

possiamo fare direttamente per procurarcelo o mantenerlo o accrescerlo. La nostra attività<br />

è in massima parte un ostacolo all’infusione di questa luce pacifica e pacificante,<br />

con l’eccezione che Dio può richiederci alcuni atti ed opere di carità o di obbedienza,<br />

e mantenerci per mezzo loro in una profonda e sperimentale unione con Lui,<br />

per solo Suo beneplacito e non come compenso della nostra fedeltà.<br />

Al più noi possiamo prepararci a ricevere questo grande dono riposando nel cuore della<br />

nostra stessa povertà, tenendo il più possibile vuota la nostra anima dal desiderio di<br />

tutto ciò che rallegra o preoccupa la nostra natura, per quanto puro e sublime possa<br />

essere in se stesso.<br />

E quando Dio si rivela a noi nella contemplazione, noi dobbiamo accettarLo come<br />

Egli viene a noi, nella Sua oscurità, nel Suo silenzio, senza interromperLo con argomenti,<br />

parole, concetti o atti che appartengono al livello della nostra tediosa e faticosa<br />

esistenza.<br />

Per tutti i doni di Dio ci deve essere in noi una risposta di gratitudine, di fedeltà e di<br />

gioia; ma <strong>qui</strong> noi, più che a parole, Lo ringraziamo con la serena felicità di<br />

un’accettazione silenziosa. Vacate et videte quoniam ego sum Deus! È il nostro vuoto<br />

in presenza dell’abisso della Sua realtà, il nostro silenzio in presenza del Suo silenzio<br />

infinitamente ricco, la nostra gioia nel seno della serena tenebra in cui la Sua Luce ci<br />

tiene assorti, è tutto questo che Lo loda. È tutto questo che permette all’amore per<br />

Dio, alla meraviglia e all’adorazione di diffondersi in noi come onda di marea su dagli<br />

abissi di quella pace, di infrangersi sulle spiagge della nostra consapevolezza in una<br />

vasta, calma risacca di lode inarticolata, di lode e di gloria.<br />

Questa chiara tenebra di Dio è la purezza di cuore di cui Cristo parla nella sesta Beatitudine.<br />

Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt. E questa purezza di cuore<br />

provoca una liberazione almeno momentanea dalle immagini e dai concetti, dalle<br />

forme e dalle ombre di tutte le cose che gli uomini desiderano con i loro appetiti umani.<br />

Ci libera anche dalle analogie che noi usiamo di solito per arrivare a Dio — non<br />

che le neghi, perché esse sono vere entro i loro limiti, ma le rende temporaneamente<br />

inutili perché le realizza tutte nella stretta sicura di una esperienza profonda e penetrante.<br />

Nella vivida tenebra di Dio in noi avvengono qualche volta profondi movimenti<br />

d’amore che ci liberano interamente, per un attimo, dal nostro vecchio carico di egoismo,<br />

e ci mettono nel numero di quei fanciulli cui appartiene il regno dei cieli.<br />

E quando Dio lascia che ricadiamo nella nostra confusione di desideri, di giudizi e di<br />

tentazioni, noi portiamo una cicatrice nel luogo dove questa gioia ha esultato per un<br />

momento nei nostri cuori.<br />

La cicatrice ci brucia. La ferita aperta duole in noi, e noi ricordiamo di essere ricaduti

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