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Sua rivelazione di Sé con segni esterni.<br />

La fede è in primo luogo un assenso dell’intelletto. Ma se fosse solo questo e nulla<br />

più, se fosse solo «dimostrazione di realtà che non si vedono», non sarebbe completa.<br />

Deve essere qualcosa di più di un assenso intellettuale. È anche una stretta, un contatto,<br />

una comunione di volontà, è la «consistenza di ciò che si spera». Per fede non solo<br />

diamo il nostro assenso alle proposizioni rivelateci da Dio; non solo giungiamo alla<br />

verità in un modo in cui non saremmo capaci di giungere mediante la sola ragione e il<br />

solo intelletto, ma siamo assenzienti a Dio stesso. Accettiamo Dio. Diciamo di sì non<br />

solo ad una affermazione che riguarda Dio, ma allo stesso Dio invisibile ed infinito.<br />

Accettiamo l’affermazione per intero, non solo per il suo contenuto, ma a causa di Colui<br />

che l’ha proferita.<br />

Troppo spesso la nostra nozione di fede viene alterata dalla eccessiva importanza che<br />

attribuiamo alle affermazioni riguardanti Dio, affermazioni a cui per fede si crede, e<br />

dal fatto che dimentichiamo che la fede è comunione con la luce e con la verità stessa<br />

di Dio. In effetti le affermazioni, le proposizioni, che la fede accetta in base alla autorità<br />

divina, sono semplici mezzi attraverso i quali si deve passare per giungere alla Verità<br />

divina. La fede ha il suo termine non in una affermazione, non in una formula fatta<br />

di parole, ma in Dio.<br />

Se invece di confidare in Dio per mezzo della fede, noi confidiamo semplicemente in<br />

quella proposizione o in quella formula, non dobbiamo poi sorprenderci se la fede non<br />

ci conduce alla contemplazione. Al contrario, ci conduce a sottili discussioni angosciose,<br />

ci conduce alla controversia, alla perplessità e, infine, all’odio e alla divisione.<br />

Naturalmente la teologia può e deve studiare il contenuto intellettuale della rivelazione,<br />

specialmente la formulazione verbale della verità rivelata. Ma, ripeto, questo non è<br />

l’obiettivo finale della fede. La fede va oltre le parole e le formule e ci dà la luce di<br />

Dio stesso.<br />

Le formule sono importanti non in quanto sono fine a se stesse, ma in quanto sono<br />

mezzi attraverso i quali Dio ci comunica la Sua verità. Esse devono essere chiare. Devono<br />

essere finestre pulite per non offuscare la luce o impedirle di giungere a noi. Non<br />

devono falsare la verità di Dio. Quindi noi dobbiamo fare ogni sforzo per credere nelle<br />

formule esatte; ma non dobbiamo lasciarci ossessionare dalla correttezza verbale al<br />

punto da non saper andare oltre le formule per raggiungere l’ineffabile realtà che esse<br />

tentano di contenere.<br />

La fede non è <strong>qui</strong>ndi severo proposito di rimanere aggrappati ad ogni costo a determinate<br />

espressioni verbali — anche se dobbiamo essere pronti a difendere la nostra fede<br />

a costo della vita stessa. Ma, soprattutto, la fede è l’aprirsi di un occhio interiore,<br />

l’occhio del cuore che deve riempirsi della presenza della luce divina.<br />

In ultima analisi la fede è la sola chiave dell’universo. Il significato profondo<br />

dell’esistenza umana e le soluzioni di quei quesiti da cui dipende tutta la nostra felicità<br />

non possono essere trovate da nessun’altra parte.<br />

19. Dalla fede alla sapienza<br />

Il Dio vivente, il Dio che e Dio e non un’astrazione filosofica, sta infinitamente al di<br />

là di tutto ciò che i nostri occhi possono vedere o la nostra mente comprendere. Qualsiasi<br />

perfezione tu, predichi di Lui, devi aggiungere che il tuo concetto è soltanto una<br />

pallida analogia con la perfezione che è in Dio e che Egli non è ciò che noi concepiamo<br />

con questo termine.

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