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uone intenzioni, se poi fallisce, siamo portati a ritenerlo in qualche modo «colpevole».<br />

E se non è proprio colpevole, per lo meno deve avere «torto». E l’«aver torto» è<br />

cosa che ancora non ci siamo abituati a considerare con equanimità e comprensione.<br />

O lo condanniamo con divino disprezzo o lo perdoniamo con divina condiscendenza!<br />

Non riusciamo ad accettarlo con compassione ed umiltà, riconoscendogli qualcosa di<br />

umano, di nostro. Così ci sfugge l’unica verità che potrebbe aiutarci per incominciare<br />

a risolvere i nostri problemi morali e politici; cioè che siamo tutti più o meno nel torto,<br />

che tutti abbiamo sbagliato, che tutti siamo limitati ed impediti dai nostri moventi<br />

spesso contrastanti, dai nostri errori, dalla nostra avidità, dalla nostra tendenza<br />

all’autogiustificazione, all’aggressività, all’ipocrisia.<br />

Rifiutandoci di riconoscere le intenzioni parzialmente buone degli altri e di collaborare<br />

con loro (con la dovuta prudenza e rassegnandoci alla inevitabile imperfezione del<br />

risultato), noi inconsciamente proclamiamo la nostra malizia, la nostra intolleranza, la<br />

nostra mancanza di realismo e la nostra petulanza morale e politica.<br />

Forse il primo vero passo verso la pace sarebbe quello di riconoscere realisticamente<br />

che i nostri ideali politici sono in buona misura illusioni e fantasie, alle quali ci aggrappiamo<br />

per motivi non sempre del tutto onesti; e questo ci impedisce di scoprire<br />

quanto di buono o di utile contengono gli ideali politici dei nostri avversari — ideali<br />

che naturalmente possono essere anche più illusori e disonesti dei nostri. Non risolveremo<br />

mai nulla, se non vorremo riconoscere che la politica è un inestricabile groviglio<br />

di motivi buoni e cattivi, forse più cattivi che buoni; dove però bisogna continuare a<br />

sperare tenacemente nel bene, anche limitato, che vi si può trovare.<br />

Qualcuno potrà osservare: «Se per una volta riconosciamo di avere tutti ugualmente<br />

torto, ogni attività politica sarà immediatamente paralizzata. Possiamo agire solo partendo<br />

dal presupposto che abbiamo ragione». Al contrario, io sono convinto che alla<br />

base di un’azione politica valida debba esserci solo il convincimento che la vera soluzione<br />

dei nostri problemi non è prerogativa di nessun singolo partito o singola nazione,<br />

ma che tutti devono giungere alla soluzione collaborando insieme.<br />

Non intendo certo incoraggiare quel complesso di colpa per cui si è sempre pronti ad<br />

«avere torto» in qualsiasi occasione. Anche questo è un sottrarsi alle proprie responsabilità;<br />

perché qualsiasi forma di eccessiva semplificazione finisce per rendere insignificante<br />

ogni decisione. Dobbiamo cercare di accettarci sia individualmente che collettivamente,<br />

non soltanto come del tutto buoni o del tutto cattivi, ma così come siamo,<br />

con il nostro misterioso, inspiegabile miscuglio di bene e di male. Dobbiamo attenerci<br />

a quel po’ di bene che è in noi, senza esagerarlo. Dobbiamo difendere i nostri<br />

veri diritti, perché se non rispettiamo i nostri diritti, non rispetteremo certo quelli degli<br />

altri. Allo stesso tempo però dobbiamo riconoscere che abbiamo, volontariamente o<br />

no, calpestato i diritti degli altri. E dobbiamo riconoscerlo non soltanto in seguito ad<br />

un esame di coscienza, ma anche quando ci viene imputato improvvisamente e forse<br />

senza troppe cerimonie da altri.<br />

Questi principi che governano la condotta morale individuale e rendono possibile<br />

l’armonia entro piccoli gruppi sociali, quali la famiglia, sono pure applicabili nel settore<br />

più vasto dello Stato e dell’intera comunità delle nazioni. È tuttavia assurdo, nella<br />

nostra situazione attuale o in qualunque altra situazione, aspettarsi che tali principi<br />

siano universalmente accolti in forza di esortazioni morali. Vi è ben poca speranza che<br />

il mondo venga improvvisamente guidato secondo questi principi, come conseguenza<br />

di qualche ipotetico ravvedimento da parte degli uomini politici. È inutile ed anche<br />

ridicolo basare il pensièro politico sulla tenue speranza di un’illuminazione morale

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