qui - PARROCCHIA CORPUS DOMINI
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che si odia, a causa del proprio attaccamento a quella che sembra essere «personalità».<br />
Avere un «io» che è essenzialmente servile e dipendente, che esprime la propria servilità<br />
con la lode e l’adorazione costanti del tiranno al quale resta, controvoglia ma necessariamente,<br />
soggetto.<br />
In ultima analisi si tratta di servilismo. E il servilismo può essere condizione puramente<br />
soggettiva. Può darsi che ci consideriamo schiavi, anche quando non siamo<br />
dominati da nessuno. Può darsi che non siamo capaci di esistere, eccetto che in uno<br />
stato di schiavitù nel quale immaginiamo di trovarci. In tal caso il rancore può servire<br />
a rendere sostenibile la nostra situazione, ma non può mai renderci sani. È solo una<br />
giustificazione, è la pretesa di essere liberi, se ci fosse consentito. Ma che dire se venissimo<br />
a scoprire che in realtà siamo liberi?<br />
Non che qualcuno ti impedisca di vivere felice; sei tu stesso che non sai quello che<br />
vuoi. Piuttosto che ammetterlo però fingi che qualcuno t’impedisca di essere libero.<br />
Questo qualcuno sei tu stesso.<br />
Ma fintanto che fingerai di vivere in assoluta autonomia e di essere padrone di te stesso,<br />
senza neppure un dio che ti governi, vivrai inevitabilmente come servo di un altro<br />
oppure come membro estraniato di una organizzazione. Paradossalmente, è l’accettare<br />
Dio che ti libera dalla tirannia umana, perché quando servi Lui non ti è più permesso<br />
alienare il tuo spirito nelle servitù umane. Dio non invitò i figli d’Israele a fuggire dalla<br />
schiavitù in Egitto. Egli comandò loro di fuggire.<br />
Il poeta entra in se stesso per creare. Il contemplativo entra in Dio per essere creato.<br />
Un poeta cattolico dovrebbe essere apostolo con l’essere prima di tutto poeta; e non<br />
cercare di essere poeta volendo essere. prima di tutto apostolo. Perché se si presenta<br />
alla gente come poeta, sarà giudicato come tale; e se non è buon poeta il suo apostolato<br />
sarà volto in ridicolo.<br />
Se scrivi per Dio, potrai giungere a molti e recare loro gioia.<br />
Se scrivi per gli uomini, puoi mettere insieme un po’ di soldi, puoi dare un po’ di gioia<br />
a qualcuno e fare, per qualche tempo, rumore nel mondo.<br />
Se scrivi solo per te stesso, puoi leggere quanto hai scritto e dopo dieci minuti ne sarai<br />
tanto disgustato da desiderare di essere morto.<br />
16. La radice della guerra è la paura<br />
Alla radice di ogni guerra sta la paura: non tanto la paura che gli uomini hanno gli uni<br />
degli altri, quanto la paura che essi hanno di tutto. Non solo non si fidano gli uni degli<br />
altri: non si fidano neppure di se stessi. Se dubitano che qualcuno possa voltarsi e ucciderli,<br />
ancor più dubitano di poter essi stessi voltarsi e uccidersi. In nulla possono riporre<br />
la loro fiducia perché hanno cessato di credere in Dio.<br />
Non è pericoloso solo il nostro odio per gli altri, ma anche e soprattutto l’odio che<br />
portiamo a noi stessi, in particolare quell’odio di noi stessi che è troppo profondo e<br />
troppo potente per essere coscientemente affrontato: esso ci fa riconoscere il nostro<br />
male negli altri e ci impedisce di riconoscerlo in noi stessi.<br />
Quando vediamo il crimine negli altri, cerchiamo di porvi rimedio o annientando i<br />
colpevoli o per lo meno togliendoli dalla circolazione. È facile identificare il peccato<br />
con il peccatore quando non si tratta di noi. Quando invece si tratta di noi, accade<br />
esattamente il contrario; vediamo il peccato, ma ci è assai difficile assumerne la responsabilità.<br />
Proviamo grande difficoltà nell’identificare il nostro peccato con la nostra<br />
volontà e la nostra malizia. Al contrario, tendiamo naturalmente ad interpretare la