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puo è ac<strong>qui</strong>sire il maggior numero possibile di esteriorità, di decorare la propria persona<br />

con tratti che essi sono giunti rapidamente ad associare alla perfezione. Ed essi<br />

vanno in giro con vestiti tagliati sulla misura di altre persone e per altre condizioni di<br />

vita.<br />

E se riescono bene nell’impresa, il loro travestimento spirituale è tale da destare ammirazione.<br />

Come gli artisti che incontrano successo, essi diventano venali. Dopo di<br />

che non vi è molto da sperare per loro. Sono brava gente, sì, ma sono fuori di posto, e<br />

buona parte della loro ben intenzionata energia andrà sciupata. Sono soddisfatti della<br />

loro specie di santità, della perfezione che hanno intessuta per se stessi con la propria<br />

immaginazione.<br />

Una simile «santità» sarà forse il frutto di una mutua adulazione. La «perfezione»<br />

dell’uomo santo è qualcosa che rassicura i vicini confermandoli nei loro preconcetti e<br />

permettendo loro di dimenticare tutto ciò che manca alla morale del loro gruppo. Dà<br />

loro l’impressione che tutto «va bene» e che essi si trovano sulla buona strada, e che<br />

Dio è soddisfatto di come si svolge la vita nella loro collettività. Quindi non c’è bisogno<br />

di cambiar nulla. Chiunque si oppone a questo stato di cose ha torto. La santità<br />

del «santo» è lì a giustificare la compieta eliminazione di tutti i «reprobi» — ossia di<br />

coloro che la pensano diversamente.<br />

Lo stesso avviene per l’arte o per le lettere. I «migliori» poeti sono quelli che meglio<br />

riescono a conformarsi alla nostra opinione di ciò che è buona poesia. Siamo molto<br />

rigorosi riguardo alle norme stabilite, e non prendiamo nemmeno in considerazione un<br />

poeta che scrive in uno stile leggermente diverso, o in un linguaggio che non è proprio<br />

quello decretato. Non lo leggiamo. Non osiamo leggerlo, perché se si venisse a sapere<br />

che lo abbiamo letto cadremmo in disgrazia. Saremmo scomunicati.<br />

Un genere di servilismo insolente e furbo, una complessa combinazione di ambizione,<br />

di cocciutaggine, di duttilità, un orecchio supplementare sagacemente sensibile alle<br />

modulazioni più sottili di quanto va di moda: ecco quanto serve per passare per santo<br />

o per un genio, purché ci si conformi al gruppo conveniente. Sarai biasimato, ma sarà<br />

biasimo che ti darà grande soddisfazione, perché ti sarà rivolto da un gruppo estraneo,<br />

il cui biasimo è lode. Può darsi che neppure i tuoi amici ti lodino con entusiasmo. Ma<br />

tutti sanno dove vuoi arrivare. Accettano in pieno il tuo tipo. Ti mettono in mostra. Sei<br />

canonizzato. Sei la personificazione del loro compiacimento.<br />

Uno dei primi segni che rivelano un santo può essere benissimo il fatto che gli altri<br />

non riescano a capirlo. Infatti non sono certi che egli sia matto o soltanto orgoglioso:<br />

ma occorre certo dell’orgoglio per perseguire un ideale individuale che nessuno<br />

all’infuori di Dio realmente comprende. Ed egli da parte sua incontra difficoltà inevitabili<br />

nell’applicare tutte le norme astratte di «perfezione» alla propria vita. Non può<br />

far si che la sua vita si adatti a ciò che sta nei libri.<br />

Qualche volta il suo caso è così disperato che nessun monastero lo accoglie. Deve essere<br />

dimesso, rimandato nel mondo, come Benedetto Giuseppe Labre il quale voleva<br />

essere trappista e certosino e falliì nell’uno e nell’altro caso. Infine divenne un vagabondo.<br />

Morì in una strada di Roma.<br />

Eppure il solo santo canonizzato, venerato da tutta la Chiesa, che dal Medio Evo in<br />

poi sia vissuto e come cistercense e come certosino, è san Benedetto Giuseppe Labre.<br />

15. Massime<br />

Sperare è correre il rischio di rimanere delusi. Risolvetevi <strong>qui</strong>ndi a rischiare di rima-

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