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L’odio potente, l’odio che gode nell’odiare, è potente proprio perché non si ritiene indegno<br />

e solitario. Si sente spalleggiato da un dio giustiziere, da un idolo di guerra, da<br />

uno spirito vendicativo e distruttivo. La razza umana fu liberata una volta da questi<br />

dei sanguinari a prezzo di grande fatica e di immane dolore grazie alla morte di un<br />

Dio che s’immolò sulla Croce sottoponendosi alla crudeltà patologica delle Sue stesse<br />

creature, perché ebbe pietà di loro. Vincendo la morte, Egli aprì loro gli occhi alla<br />

realtà di un amore che non fa questione di merito, un amore che vince l’odio e distrugge<br />

la morte. Ma gli uomini sono ora giunti a respingere questa divina rivelazione<br />

del perdono e, di conseguenza, ritornano ai vecchi dei della guerra, insaziabili nel bere<br />

il sangue e nel divorare la carne degli uomini. È più facile servire gli dei dell’odio,<br />

perché questi traggono profitto dalla fanatica adorazione collettiva. Per servire gli dei<br />

dell’odio basta essere accecati da passioni collettive. Per servire il Dio d’Amore bisogna<br />

essere liberi, bisogna assumersi la terribile responsabilità di amare, nonostante<br />

ogni indegnità sia in se stessi che nel prossimo.<br />

Alla radice di ogni odio è l’aspro tormento che deriva dal senso dell’indegnità.<br />

L’uomo capace di odiare con coscienza tran<strong>qui</strong>lla è colui che, soddisfatto di sé, è cieco<br />

di fronte alla propria indegnità e attribuisce tran<strong>qui</strong>llamente ad altri tutti i propri<br />

difetti. Ma l’uomo che è conscio della propria indegnità e dell’indegnità del fratello, è<br />

tentato da un tipo di odio più sottile e più tormentoso: l’odio universale, arido, nauseante,<br />

di ogni cosa e di tutti, perché tutto è contaminato dall’indegnità, tutto impuro,<br />

tutto è viziato dal peccato. Quest’odio irresoluto non è in realtà che amore irresoluto.<br />

Chi è incapace di amore si sente indegno e, al tempo stesso, sente che in certo qual<br />

modo, nessuno è degno. Forse è incapace di sentire amore per altri, perché si ritiene<br />

indegno di essere amato e perciò ritiene pure che nessun altro possa essere degno di<br />

essere amato.<br />

L’inizio della lotta contro l’odio, la fondamentale risposta cristiana all’odio, non è il<br />

comandamento di amare; ma quello che necessariamente lo precede per renderlo sopportabile<br />

e comprensibile, cioè quello di credere. La radice dell’amore cristiano non è<br />

la volontà di amare, ma il credere che si è amati. Credere che Dio ci ama. Credere che<br />

Dio ci ama anche se siamo indegni — o meglio, che Egli ci ama indipendentemente<br />

dai nostri meriti!<br />

In una visione veramente cristiana dell’amore di Dio, il concetto di dignità perde ogni<br />

significato. La rivelazione della misericordia di Dio riduce tutto il problema della dignità<br />

a qualcosa di quasi irrisorio: la scoperta che la dignità è di poca importanza<br />

(perché nessuno potrebbe mai, di per se stesso, essere degno di essere amato di un simile<br />

amore) è una vera liberazione di spirito. E, fintanto che non si giunge a questa<br />

scoperta, fintanto che questa liberazione non è stata operata dalla misericordia divina,<br />

l’uomo rimane prigioniero dell’odio.<br />

L’amore umanitario non serve a nulla. Fintanto che crediamo di non odiare nessuno,<br />

di essere misericordiosi, di essere per natura benevoli, non facciamo che ingannare<br />

noi stessi; il nostro odio cova sotto le ceneri di un compiacente ottimismo. Siamo in<br />

apparenza in pace con tutti perché ci consideriamo persone degne; ma in verità abbiamo<br />

perduto del tutto la capacità di guardare in faccia il problema dell’indegnità.<br />

Ma allorquando la misericordia di Dio ci rende liberi, il problema non ha più nessun<br />

significato.<br />

L’odio cerca di rimediare alla disunione distruggendo tutti coloro che non sono uniti a<br />

noi. Esso cerca la pace nell’eliminazione di tutti tranne che di noi stessi.<br />

Ma l’amore, accettando la sofferenza inerente allo sforzo della riunione, comincia a

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