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qui - PARROCCHIA CORPUS DOMINI

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Io non potrò mai trovare me stesso se non mi isolo dal resto dell’umanità, come se<br />

fossi un essere di specie diversa.<br />

8. La solitudine non è separazione<br />

Alcuni uomini si sono forse fatti eremiti pensando che la santità può essere raggiunta<br />

solo con la fuga da altri uomini. Ma la sola giustificazione di una vita di deliberata<br />

solitudine è la convinzione che essa possa aiutarvi ad amare non solo Dio, ma anche<br />

gli altri uomini. Se andate nel deserto solo per appartarvi dalla folla che disprezzate,<br />

non troverete né pace né solitudine: non farete che isolarvi con una tribù di demoni.<br />

L’uomo cerca l’unità perché è fatto ad immagine del Dio Uno. L’unità implica solitudine,<br />

<strong>qui</strong>ndi la necessità di essere fisicamente soli. Ma unità e solitudine non sono isolamento<br />

metafisico. Colui che si isola per godere un certo tipo di indipendenza nel suo<br />

io egoistico ed esteriore non trova l’unità perché si disintegra in una molteplicità di<br />

passioni contrastanti e infine si perde in una confusione ed in una totale irrealtà. La<br />

solitudine non è, e non potrà mai essere, un dialogo narcisistico dell’ego con se stesso.<br />

Simile auto-contemplazione è futile tentativo di stabilire l’io finito al posto<br />

dell’infinito per renderlo permanentemente indipendente ad ogni altro essere. Questa è<br />

follia. Da notare tuttavia, che non è follia particolare dei solitari — si trova molto più<br />

frequentemente in coloro che vogliono affermare la loro incontrastata superiorità dominando<br />

gli altri. Questo è il peccato più comune.<br />

Il bisogno di vera solitudine è cosa complessa e pericolosa, ma è un bisogno reale. È<br />

tanto più reale oggi che la collettività tende sempre maggiormente a inghiottire la persona<br />

nella propria massa informe e senza volto. La tentazione oggi è di e<strong>qui</strong>parare<br />

l’«amore» al «conformismo», che è subordinazione passiva alla mentalità di massa o<br />

all’organizzazione. Questa tentazione non viene che rafforzata dalla futile ribellione<br />

degli stravaganti che vogliono ad ogni costo farsi notare per la loro originalità e che<br />

con ciò si creano un nuovo genere di impersonalità le cui manifestazioni sono estrose<br />

anziché prevedibili.<br />

La vera solitudine è la dimora della persona, la falsa solitudine il rifugio<br />

dell’individualista. La persona è costituita da una irripetibile, sussistente capacità di<br />

amare, una capacità intrinseca di amare tutti gli esseri creati da Dio e da Lui amati.<br />

Questa capacità viene annullata dalla perdita di prospettiva. Senza un poco di solitudine<br />

non vi può essere compassione; perché quando l’uomo è smarrito entro gli ingranaggi<br />

della macchina sociale, egli non è più consapevole delle indigenze umane come<br />

di cosa di cui egli sia personalmente responsabile. Si può sfuggire agli uomini perdendosi<br />

nella folla.<br />

Non andate nel deserto per sfuggire gli uomini, ma per trovarli in Dio.<br />

La solitudine fisica ha i suoi pericoli, ma non bisogna esagerarli. La grande tentazione<br />

dell’uomo moderno non è la solitudine fisica, ma il perdersi tra la massa degli uomini;<br />

non la fuga verso le montagne o il deserto (vi fossero più uomini tentati da questo!),<br />

ma fuga nel grande mare informe dell’irresponsabilità, quale è la folla. In realtà non<br />

esiste solitudine più pericolosa di quella dell’uomo perduto nella folla che non sa di<br />

esser solo, ma che non agisce nemmeno come membro di una comunità. Questi non<br />

affronta il rischio di una vera solitudine, né le responsabilità che ne derivano; e al<br />

tempo stesso la moltitudine gli toglie ogni altra responsabilità. Eppure un simile uomo<br />

non è affatto libero da preoccupazioni; egli, al contrario, porta il fardello dell’ansia<br />

anonima, di timori imprecisati, di meschine concupiscenze e di tutti i contrasti che

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