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qui - PARROCCHIA CORPUS DOMINI

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vare qualcosa che riflette l’angoscia dell’inferno. Troviamo qualcosa della gioia della<br />

beatitudine e qualcosa della pena di quella perdizione che è la dannazione.<br />

La pienezza di gioia che troviamo nelle creature appartiene alla realtà dell’essere creato,<br />

una realtà che viene da Dio e appartiene a Dio e riflette Dio. L’angoscia che troviamo<br />

in esse appartiene al disordine del nostro desiderio, che cerca nell’oggetto del<br />

nostro desiderio una realtà più grande di quella che esso realmente possegga, una pienezza<br />

maggiore di quanto qualsiasi cosa creata è capace di dare. Invece di adorare Dio<br />

attraverso il Suo creato, noi cerchiamo sempre di adorare noi stessi nelle creature.<br />

Ma adorare il nostro falso io è adorare il nulla. E adorare il nulla è l’inferno.<br />

Il «falso io» non deve essere identificato con il corpo. Il corpo non è perverso né irreale.<br />

Esso possiede una realtà che gli è stata conferita da Dio, e questa realtà è perciò<br />

santa. Quindi diciamo correttamente, anche se in maniera simbolica, che il corpo è il<br />

«tempio di Dio», a significare che la Sua verità, la Sua perfetta realtà, sono in esso<br />

custodite nel mistero del nostro stesso essere. Nessuno <strong>qui</strong>ndi osi odiare o disprezzare<br />

quel corpo che gli è stato affidato da Dio, e nessuno osi abusare di questo corpo. Nessuno<br />

profani la propria unità naturale operando una divisione tra anima e corpo, come<br />

se l’anima fosse buona e il corpo cattivo. L’anima e il corpo sussistono uniti nella<br />

realtà della persona interiore, nascosta. Se i due vengono separati l’una dall’altro, non<br />

vi è più una persona, non vi è più una realtà viva, sussistente, fatta ad immagine e somiglianza<br />

di Dio. Il «matrimonio» tra il corpo e l’anima in un’unica persona è uno dei<br />

fattori che rende l’uomo immagine di Dio; e ciò che Dio ha unito nessun uomo può<br />

separare senza pericolo.<br />

È altrettanto falso trattare l’anima come se fosse «tutto l’io»; oppure il corpo come se<br />

fosse «tutto l’io». Quelli che commettono il primo errore cadono nel peccato<br />

dell’«angelismo»; quelli che commettono il secondo vivono al disotto del livello assegnato<br />

da Dio alla natura umana. (Sarebbe facile semplicismo dire che vivono come<br />

bestie; e questo poi è lungi dall’essere sempre vero). Vi sono molte persone rispettabilissime,<br />

e che praticano anche una moralità convenzionale, per le quali non esiste nessun’altra<br />

realtà nella vita, al di fuori di quella del proprio corpo e delle relazioni di<br />

questo con le «cose». Queste si sono ridotte a vivere una vita limitata entro i confini<br />

dei loro cinque sensi. Il loro «io» è <strong>qui</strong>ndi un’illusione basata sull’esperienza dei sensi<br />

e nulla più. Per queste, il corpo diventa fonte di falsità e di inganno: ma non per colpa<br />

del corpo. Per colpa della persona stessa che acconsente all’illusione, che trova sicurezza<br />

nell’auto-inganno e si rifiuta di rispondere alla voce segreta di Dio che l’invita a<br />

correre un’alea, ad arrischiarsi, per mezzo della fede, oltre i limiti rassicuranti e protettivi<br />

dei suoi cinque sensi.<br />

5. Le cose nella loro identità<br />

Un albero dà gloria a Dio per il fatto di essere albero. Perché nell’essere quello che<br />

Dio intende che esso sia, l’albero ubbidisce a Lui. Esso «consente», per così dire,<br />

all’amore creativo di Dio. Esprime un’idea che è in Dio e che non è distinta<br />

dall’essenza di Dio; <strong>qui</strong>ndi un albero imita Dio per il fatto di essere un albero.<br />

Più è simile a se stesso, più l’albero è simile a Dio. Se cercasse di assomigliare a qualcosa<br />

che Dio non ha mai inteso che fosse, diventerebbe meno simile a Dio e <strong>qui</strong>ndi<br />

Gli renderebbe minor gloria.<br />

Non esistono due cose create che siano perfettamente uguali. E la loro individualità<br />

non è imperfezione. Al contrario: la perfezione di ogni cosa creata non è soltanto nella

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