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qui - PARROCCHIA CORPUS DOMINI

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la luce declinante del giorno creato. Nel vuoto libero della brezza, che soffia da dove<br />

vuole e dove vada nessuno sa, Dio e l’uomo sono insieme, e non parlano per mezzo di<br />

parole o di formule. Ecco il significato della creazione e del Paradiso. Ma vi era<br />

dell’altro.<br />

Il Verbo stesso di Dio fu il «primogenito tra tutte le creature». Lui, «in Cui trovano<br />

fondamento tutte le cose», non doveva solo camminare insieme all’uomo nella brezza<br />

pomeridiana, ma si sarebbe fatto uomo ed avrebbe vissuto con l’uomo come un fratello.<br />

Il Signore non avrebbe solo amato la Sua creazione come un Padre, ma sarebbe entrato<br />

nella Sua creazione svuotando Se stesso, nascondendoSi, come se non fosse Dio ma<br />

una creatura. Perché avrebbe dovuto fare questo? Perché amava le Sue creature e perché<br />

non poteva sopportare che le Sue creature si limitassero ad adorarLo distante, trascendente<br />

ed onnipotente. Questa non era la gloria che Egli desiderava; perché se Egli<br />

fosse stato adorato solo come grande e potente, le Sue creature si sarebbero fatte anche<br />

loro grandi e potenti per dominare le une sulle altre. Perché dove vi è un Dio<br />

grande, vi sono anche uomini che come dei si fanno re e padroni. E se Dio fosse solamente<br />

un grande artista orgoglioso della Sua creazione, allora anche gli uomini costruirebbero<br />

città e palazzi e sfrutterebbero gli altri uomini per la loro gloria. Questo è<br />

il significato del mito di Babele e dei costruttori della torre, che volevano essere «come<br />

dei», con i loro giardini pensili e con le teste dei loro nemici appese nei giardini.<br />

Essi avrebbero indicato Dio dicendo: «Anche Lui è un grande artefice ed ha distrutto<br />

tutti i suoi nemici».<br />

(Dio disse: Io non mi faccio beffe dei miei nemici, perché voglio far si che nessuno mi<br />

sia nemico. Quindi mi identifico con l’io segreto del mio nemico).<br />

Così Dio si fece uomo. Prese su di Sé la debolezza e la mediocrità dell’uomo e Si nascose,<br />

diventando un uomo anonimo e senza importanza, in un luogo senza importanza.<br />

Si rifiutò sempre di dominare sugli uomini, o di diventare Re, Condottiero o Riformatore,<br />

o di essere in qualunque modo superiore alle Sue creature. Egli non ha voluto<br />

essere altro che loro fratello, loro consigliere, loro servo, loro amico. Non è mai<br />

stato una persona importante nel senso comune della parola, benché noi da allora in<br />

poi ne abbiamo fatto la Persona più importante. Questa però è un’altra questione: perché,<br />

pur essendo assolutamente vero che Egli è il Re e il Signore di tutti, il vincitore<br />

della morte, il giudice dei vivi e dei morti, il Pantokrator, Egli è ancora e sempre il<br />

Figlio dell’Uomo, nascosto, sconosciuto, irrilevante e vulnerabile. Egli può essere ucciso.<br />

E quando il Figlio dell’Uomo fu messo a morte, Egli risuscitò da morte e fu di<br />

nuovo tra noi, perché disse: «Uccidetemi, non importa».<br />

Morto una volta, Egli non muore più nella Sua Persona. Ma poiché Si è fatto uomo, Si<br />

è assunto la natura umana, è morto per l’uomo e, in quanto uomo, — è risorto da morte,<br />

Egli ha fatto sì che le sofferenze di tutti gli uomini diventassero le Sue sofferenze;<br />

la loro debolezza e la loro impotenza diventassero la Sua debolezza e la Sua impotenza;<br />

la loro insignificanza diventasse la Sua. Ma allo stesso tempo la Sua potenza, la<br />

Sua immortalità, gloria e felicità vennero concesse agli uomini perché le possedessero.<br />

Così se l’Uomo-Dio è pur sempre grande, è più per noi che non per Se stesso che<br />

Egli vuole essere grande e potente. Per Lui, potenza e debolezza, vita e morte, sono<br />

dualità che non Lo riguardano, perché Egli è al di sopra di esse nella Sua trascendente<br />

unità. Eppure Egli vorrebbe elevare anche noi al disopra di queste dualità, rendendoci<br />

uno con Lui. Perché sebbene il male e la morte possano raggiungere l’io esteriore ed<br />

evanescente, nel quale abitiamo estraniati da Lui ed esiliati nella irrealtà, essi non pos-

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