qui - PARROCCHIA CORPUS DOMINI
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poter constatare che hai.<br />
un’esperienza o da giudicare ciò che sta accadendo, se si può dire che accada qualcosa<br />
che non sia eterno e immutabile, che non sia un’attività così tremenda da essere infinitamente<br />
tran<strong>qui</strong>lla.<br />
E <strong>qui</strong> tutti gli aggettivi si sbriciolano fra le mani. Le parole sono sciocche. Tutto ciò<br />
che tu dici è erroneo — a meno che tu non elenchi ogni esperienza possibile e dica:<br />
«Non è questo», «Non è ciò di cui sto parlando».<br />
La metafora diventa ora assolutamente inutile. Parla di «tenebra», se vuoi, ma il pensiero<br />
della tenebra è già troppo denso e troppo rozzo. E poi non è neppure tenebra.<br />
Puoi parlare di «vuoto», ma ti richiama l’idea di spazio: ed essa non è nulla di spaziale.<br />
Libertà, ecco che cosa è. È amore perfetto. È pura rinuncia. È il godimento di Dio.<br />
Non è libertà inerente a un soggetto; non è amore come azione dominata da un impulso<br />
consono alla propria essenza; non è rinuncia che si pone e si effettua secondo il<br />
modo di una virtù.<br />
È libertà che vive e circola in Dio, che è Libertà. È amore che ama nell’Amore. È la<br />
purezza di Dio che si rallegra nella Sua propria libertà.<br />
E <strong>qui</strong>, dove diventa ciò che è realmente destinata ad essere, la contemplazione non è<br />
tanto qualcosa di infuso da Dio in un soggetto creato, quanto Dio che vive in Dio ed<br />
identifica una vita creata con la Sua stessa Vita, così che in essa non rimane altro significato<br />
sperimentale che quello di Dio che vive in Dio.<br />
Se un uomo così affrancato e liberato e realizzato e annientato potesse pensare e parlare,<br />
non penserebbe e non parlerebbe certo di sé come di qualcosa di separato, o come<br />
del soggetto di una esperienza.<br />
Ecco perché non ha significato alcuno parlare di tutto ciò come del punto più alto di<br />
una serie di gradi, come di qualcosa di grande a paragone di altre esperienze meno<br />
grandi. Tutto ciò é al di là del limite entro il quale i paragoni hanno significato: è oltre<br />
le «vie» che corrispondono a qualsiasi nostra nozione di viaggio, è oltre i gradi che<br />
corrispondono alle nostre idee di progressione.<br />
Pure anche questo è un principio. È il livello più basso di un nuovo ordine in cui tutti i<br />
livelli sono incommensurabili e inconcepibili. Non è ancora la perfezione della vita<br />
interiore.<br />
La cosa più importante che rimane da dire di questa perfetta contemplazione in cui<br />
l’anima si annulla nella perfetta rinuncia di ogni desiderio e di ogni cosa è che ciò può<br />
non aver nulla a che fare con le nostre idee di grandezza e di esaltazione, e non è<br />
<strong>qui</strong>ndi qualcosa che sia soggetta al peccato d’orgoglio.<br />
Infatti questa perfetta contemplazione implica, per la sua stessa essenza, la perfezione<br />
di ogni umiltà. L’orgoglio è assolutamente incompatibile con essa. Soltanto quando<br />
viene fraintesa e presa per quello che non è e non può essere, diventa qualcosa di cui<br />
si può essere orgogliosi, qualcosa che si può desiderare smodatamente o può in altro<br />
modo diventare materia di peccato.<br />
Perché l’orgoglio, che è l’attribuzione disordinata di beni, valori e glorie al proprio io<br />
contingente, non può esistere quando si è incapaci di pensare al proprio «io» come a<br />
qualche cosa che vive del tutto indipendente da Dio.<br />
Come si può essere orgogliosi di qualcosa quando non si può riflettere su se stessi,<br />
comprendersi, conoscersi? Moralmente parlando, si è annientati, perché la sorgente,<br />
l’agente, il termine di ogni atto è Dio. E l’essenza di questa contemplazione è la gioia<br />
pura ed eterna che è in Dio perché Dio è Dio: la serena ed interminabile esultanza nel-