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Uno degli errori più diffusi nel nostro tempo è un «personalismo» superficiale, che<br />

identifica la «persona» con l’io esteriore ed empirico e si dedica a coltivarlo con solennità.<br />

Ma questo è il culto di una pura illusione, l’illusione di quello che la gente comune<br />

crede che sia la «personalità» o peggio ancora una personalità «dinamica» e «riuscita».<br />

Quando questo errore viene trasportato nel campo della religione, conduce alle<br />

peggiori sciocchezze — un culto dello psicologismo e dell’autoespressione che vizia<br />

tutto il nostro io culturale e spirituale. La nostra realtà, il nostro vero io è nascosto in<br />

quello che a noi sembra essere il nulla e il vuoto. Quello che non siamo ci sembra reale,<br />

quello che siamo ci sembra irreale. Però ci è possibile elevarci al disopra di questa<br />

irrealtà e ricon<strong>qui</strong>stare la nostra identità nascosta. Ed ecco perché la via che conduce<br />

alla realtà è la via dell’umiltà, che ci porta a respingere il nostro io illusorio e ad accogliere<br />

l’io «vuoto», che è «nulla» ai nostri occhi e agli occhi degli uomini, ma che è la<br />

nostra vera realtà agli occhi di Dio: perché questa realtà è «in Dio» e «con Dio» ed<br />

appartiene interamente a Lui. Eppure certamente essa è ontologicamente distinta da<br />

Lui, ed in nessun senso fa parte della natura divina né è in essa assorbita.<br />

Questo io più intimo è oltre quel tipo di esperienza che dice «io voglio», «io amo»,<br />

«io so», «io sento». Esso ha il suo modo particolare di sapere, di amare, di sperimentare,<br />

che è modo divino e non umano, un modo di identità, di unione, di «sponsali»<br />

nel quale non esiste più una individualità psicologica separata, che attira a sé tutto il<br />

bene e tutta la verità, amando e conoscendo, così per se stessa. L’amante e l’Amato<br />

sono «un solo spirito».<br />

Quindi, fino a quando noi sperimentiamo noi stessi nella preghiera come un «io» che<br />

resta sul limite di quell’abisso di purezza e di vuoto che è Dio in attesa di ricevere<br />

qualcosa da Lui, siamo ancora lontani da quella conoscenza unitiva più intima e segreta,<br />

che è la contemplazione pura. Al di là della soglia sulla quale ci troviamo, questa<br />

tenebra, questo vuoto sembrano profondi, vasti ed anche emozionanti. Ma non<br />

possiamo forzare il passaggio oltre quel limite, sebbene non vi siano barriere.<br />

La ragione è che forse non c’è alcun abisso.<br />

Tu rimani lì, con l’impressione che il passo successivo sarà un tuffo nell’ignoto e che<br />

ti troverai a volare nello spazio astrale.<br />

Quando è il momento del passo successivo, tu non lo fai, non t’accorgi del trapasso,<br />

non precipiti in nessun posto. Non vai da nessuna parte, non sai come sei arrivato là,<br />

né come dopo ritornerai indietro. Certo non sei perduto. Non voli. Non vi è spazio, o<br />

tutto è spazio: il che è la stessa cosa.<br />

Il prossimo passo non è un passo.<br />

Tu non sei trasportato grado per grado.<br />

Accade che l’entità separata che tu sei, apparentemente scompare e non rimane altro<br />

che una pura libertà che non si distingue dalla Libertà infinita, un amore che si identifica<br />

con l’Amore. Non due amori, uno in attesa dell’altro, uno che aspira all’altro, uno<br />

che cerca l’altro, ma Amore Amante in Libertà.<br />

Si può chiamare questa un’esperienza? Credo si possa dire che diventa un’esperienza<br />

solo per la memoria. Altrimenti sembra erroneo persino parlare di essa come di qualcosa<br />

che accade. Perché le cose che accadono devono accadere a qualche soggetto, e<br />

le esperienze devono essere sperimentate da alcuno. Ma <strong>qui</strong> il soggetto di ogni esperienza<br />

parziale, limitata o creata è scomparso. Tu non sei tu, sei puro godimento. Se<br />

preferisci, tu non hai un’esperienza, tu diventi Esperienza: ma questa è una cosa completamente<br />

diversa, perché tu non esisti più in maniera da poter riflettere su di te, da

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