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qui - PARROCCHIA CORPUS DOMINI

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scura, immobile, in cui Dio, pur sconfiggendo ed eludendo ogni tua comprensione naturale,<br />

si manifesta in certo modo con evidenza.<br />

Ma in tutto ciò tu rimani molto lontano da Dio, più lontano di quanto tu non comprenda.<br />

Ed in te ci sono sempre due esseri. Ci sei tu e c’è Dio che si fa conoscere a te mediante<br />

questi effetti.<br />

Ma fino a che dura questo senso di separazione, questa consapevolezza della distanza<br />

e della differenza fra noi e Dio, noi non siamo ancora entrati nella pienezza della contemplazione.<br />

Fino a quando esiste un «io» che è il soggetto specifico di una esperienza contemplativa,<br />

un «io» consapevole di se stesso e della sua contemplazione, un «io» capace di<br />

possedere un certo «grado di spiritualità», non abbiamo ancora attraversato il Mar<br />

Rosso, non siamo ancora «usciti dall’Egitto». Siamo ancora nel regno della molteplicità,<br />

dell’attività, dell’incompletezza, della lotta e del desiderio. Il nostro vero «io»<br />

interiore, la vera persona, indistruttibile e immortale, il vero «io» che risponde a un<br />

nome nuovo e segreto, noto solo a se stesso e a Dio, non «ha» nulla, neppure la «contemplazione».<br />

Questo «io» non è un soggetto che possa accumulare esperienze, riflettere<br />

sopra queste e sopra se stesso, perché questo non è quell’«io» superficiale ed empirico,<br />

che noi conosciamo nella nostra vita quotidiana.<br />

È un grande sbaglio confondere la persona (l’io spirituale e nascosto, unito a Dio) e<br />

l’ego, l’io esteriore ed empirico, individualità psicologica, che costituisce come la maschera<br />

dell’io interiore e nascosto. Questo io esteriore non è che un’ombra evanescente.<br />

La sua biografia e la sua esistenza terminano con la morte. Dell’io interiore non<br />

esiste biografia né fine. L’io esteriore può «possedere» molte cose, «godere» di molte<br />

cose e «fare» morte cose, ma alla fine tutto quello che ha posseduto, goduto e fatto,<br />

sono nulla; e lo stesso io esteriore è nulla: un’ombra, un indumento vecchio e consumato,<br />

che si butta via.<br />

Un altro sbaglio è identificare l’io esteriore con il corpo e l’io interiore con l’anima. È<br />

un errore comprensibile ma pericoloso, perché dopo tutto il corpo e l’anima sono sostanze<br />

incomplete, cioè parti di un unico essere: l’io interiore non è una parte di noi, è<br />

tutto noi stessi. È la nostra realtà intera. Qualunque cosa aggiunta ad esso è fortuita,<br />

transeunte e non essenziale. Quindi, sia il corpo che l’anima appartengono, o meglio,<br />

sussistono nel nostro vero io, nella persona che noi siamo. D’altra parte l’ego è<br />

un’illusione costruita da noi stessi, che ha a sua disposizione il nostro corpo e parte<br />

della nostra anima perché si è «assunto» le funzioni dell’io interiore, come risultato di<br />

quello che noi chiamiamo la «caduta» dell’uomo. Questo è precisamente una delle<br />

maggiori conseguenze della «caduta»: che l’uomo si è estraniato dal suo «io» interiore,<br />

che invece è l’immagine di Dio. L’uomo è stato spiritualmente rovesciato, così che<br />

il suo ego esercita il ruolo di persona — ruolo che non ha nessun diritto di esercitare.<br />

Tornando a Dio ed a noi stessi, dobbiamo incominciare con quello che veramente<br />

siamo. Dobbiamo partire dalla nostra condizione di estraniati. Siamo «figliuoli prodighi»<br />

in un paese lontano, la «regione della esteriorità ingannevole», e ci sembra di<br />

viaggiare a lungo in quella regione prima di raggiungere la nostra terra (eppure, inconsapevolmente,<br />

siamo sempre nella nostra terra!). Dio rispetta l’ego, l’io esteriore, e<br />

gli permette di esercitare le funzioni che il nostro io interiore non può ancora esercitare<br />

per conto proprio. Dobbiamo agire, nella nostra vita quotidiana, come se fossimo<br />

quello che il nostro io esteriore ci fa apparire. Ma al tempo stesso dobbiamo ricordarci<br />

che non siamo interamente quello che sembriamo essere, e quello che appare come<br />

nostro «io» tra breve sparirà nel nulla.

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