Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana
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Il segreto <strong>di</strong> Antonietta<br />
<strong>di</strong> Elena Mazzanti<br />
Antonietta dette l'ultimo colpo <strong>di</strong> spazzola ai capelli. Sciacquò accuratamente il lavan<strong>di</strong>no del bagno togliendone i due<br />
capelli caduti, poi sollevò lo sguardo. Esaminò con <strong>di</strong>stacco i lineamenti del volto, e si stupì <strong>di</strong> scoprirvi se stessa, quasi si<br />
aspettasse <strong>di</strong> trovare una sconosciuta nello specchio al posto suo.<br />
Spense la luce del bagno ed entrò in cucina, preparò il caffé, mise la caffettiera sul fornello, lo accese con una certa<br />
<strong>di</strong>fficoltà. Devo pulire a fondo la stufa, pensò <strong>di</strong>strattamente. In realtà avrebbe dovuto sistemare <strong>di</strong>verse cose, in quella<br />
casa, ma le seccava chiedere aiuto a suo figlio, sempre impegnato con il lavoro. E poi non ne aveva voglia, non aveva<br />
voglia <strong>di</strong> occuparsi della casa come non aveva voglia <strong>di</strong> occuparsi <strong>di</strong> sé. Se andava dalla parrucchiera, una volta al mese,<br />
era soltanto perché ormai era <strong>di</strong>ventata un'abitu<strong>di</strong>ne, ed anche per fare due chiacchiere con qualcuno. Le erano sempre<br />
piaciute le chiacchiere femminili. Le storie che raccontano le donne, degli innamorati, dei mariti, dei figli, le erano sempre<br />
parse più interessanti <strong>di</strong> quelle lette nei libri.<br />
Mentre aspettava il caffé si avvicinò alla finestra. Era una tipica giornata marzolina: il sole giocava a rimpiattino con<br />
batuffoli <strong>di</strong> nuvole che si rincorrevano allegramente, spinti da un vento impertinente che faceva volare le cartacce per<br />
strada e ingarbugliava le menti. Seguì con lo sguardo un pezzo <strong>di</strong> giornale che, sfuggito dalle mani <strong>di</strong> chissacchì,<br />
volteggiava pigramente nell'aria. Le fece tornare alla mente i sogni <strong>di</strong> quella notte: strani, confusi, che l'avevano lasciata<br />
spossata alle soglie del mattino con la coscienza <strong>di</strong> avere qualcosa <strong>di</strong> importante e <strong>di</strong> urgente da fare, un dovere da<br />
compiere. Un dovere doloroso, che ormai era <strong>di</strong>ventato improrogabile. Erano giorni che rifletteva, cercando un'alternativa,<br />
una scappatoia, ma non c'erano alternative, non c'erano scappatoie. E non c'era più tempo, il momento era arrivato.<br />
Quella consapevolezza le aggravò la sensazione <strong>di</strong> malessere, <strong>di</strong> oppressione al petto. Aggrottò la fronte, stette ancora<br />
un poco a guardare fuori dalla finestra, le braccia incrociate sotto il seno, l'aria assorta. Infine trasse un profondo sospiro.<br />
Il borbottio della caffettiera ed il profumo del caffé la <strong>di</strong>stolsero dalla finestra e dalle riflessioni. Senza più pensare spense<br />
il fuoco, si recò in camera da letto, aprì l'arma<strong>di</strong>o. Valutò con fasti<strong>di</strong>o i suoi abiti <strong>di</strong> tutti i giorni e sentì che non erano<br />
adeguati a quello che si apprestava a fare. Richiuse l'arma<strong>di</strong>o ed andò a frugare tra i vestiti riposti in quella che era stata<br />
la camera <strong>di</strong> Federico. Finalmente trovò una gonna chiara, una camicetta bianca ed un golf cremisi. Portò tutto in cucina,<br />
prese l'asse da stiro ed il ferro, e stirò ogni cosa accuratamente. Indossò gli abiti e la collana <strong>di</strong> perle con gesti lenti,<br />
solenni, come quelli <strong>di</strong> una sacerdotessa antica che indossi la veste da cerimonia. Si controllò allo specchio: il bianco<br />
della camicia, in altri paesi il colore del lutto, il rosso del golf, che richiamava il sacrificio <strong>di</strong> sangue, le perle, emblema<br />
delle lacrime. Sì, così andava bene. Si sentì pervadere da una tranquilla determinazione.<br />
Tornò in bagno, aprì il secondo cassetto del mobile, prese la siringa, ancora avvolta nella sua confezione. Rientrò in<br />
cucina e introdusse tutto nella borsa.<br />
Infilò la giacca pesante ed afferrò le chiavi <strong>di</strong> casa, volse in giro lo sguardo.<br />
Per ultima prese la lettera, la fissò un attimo e se la mise in tasca.<br />
II<br />
Uscì dalla stazione <strong>di</strong> Santa Maria Novella e alzò gli occhi al cielo. Il vento era cessato ed il sole la faceva da padrone nel<br />
cielo azzurro e terso come un'acquamarina.<br />
Guardò l'orologio. Era ancora presto. Aveva ancora quasi tutta la giornata davanti a sé.<br />
Si incamminò verso il quartiere dove aveva abitato con la zia Marta per alcuni mesi, nell'inverno tra il '57 e il '58.<br />
Quell'inverno le era parso particolarmente piovoso e gelido, forse perché non era abituata al clima <strong>di</strong> Firenze.<br />
Ricordò <strong>di</strong> quando sua madre le aveva chiesto <strong>di</strong> trasferirsi per qualche tempo a Firenze, dalla zia. Non immaginava,<br />
allora, che questo avrebbe determinato la sua vita.<br />
E' una domenica <strong>di</strong> inizio novembre, grigia e fredda. E' con sua madre in cucina, entrambe intente a preparare il pranzo.<br />
Sua madre ha un'espressione assorta, ed è insolitamente silenziosa, mentre le sue mani si muovono velocemente<br />
impastando uova, farina e sale per fare la pasta..<br />
"Antonietta, stavo pensando ..."<br />
Lei la guarda. E' una donna spiccia, sua madre, non è sua abitu<strong>di</strong>ne lasciare i <strong>di</strong>scorsi a metà.<br />
"Dimmi, mamma".<br />
"Sono preoccupata per mia sorella. Da quando è morto zio Vincenzo è rimasta sola, a Firenze".<br />
"Non c'è Marisa?"<br />
Sua madre scuote la testa, continuando a lavorare l'impasto <strong>di</strong> buona lena.<br />
"Domenico è stato <strong>di</strong>staccato a Torino. Si trasferiranno tra due settimane. Non te lo avevo detto?"<br />
Antonietta si stringe nelle spalle. Forse sì, ma non ci ha fatto caso. Non è che siano mai state legate, lei e sua cugina. Si<br />
vedono soltanto due volte l'anno, quando le due famiglie festeggiano insieme il Natale e la Pasqua. E poi Marisa è più<br />
grande <strong>di</strong> lei, ed è già sposata, con un carabiniere.<br />
"Stavo pensando ...", prosegue sua madre, "... visto che sei rimasta <strong>di</strong>soccupata potresti andare a stare con tua zia,<br />
almeno per un po' <strong>di</strong> tempo. E magari potresti cercarti un lavoro laggiù".<br />
"Mamma! A Firenze?"<br />
Sua madre la fissa severamente.<br />
"Il Simonelli ha detto che mi riassume, se la fabbrica riprende ad andare bene, lo sai".<br />
"Lo spero per lui, e per i suoi operai, che la fabbrica riprenda, ma non è sicuro, non possiamo contarci. Ed altre<br />
prospettive <strong>di</strong> lavoro, in paese, non ce ne sono, lo sai bene".<br />
"Ma qui ci sono le mie amiche .... E poi zia Marta quasi non la conosco ..."<br />
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