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Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana

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affari. Nessuno aveva mai saputo con precisione che origini avesse avuto l'ingente fortuna che possedeva quando, a<br />

meno <strong>di</strong> cinquant'anni, aveva abbandonato il mare e aveva acquistato l'appartamento e grazie alla quale il figlio, bisnonno<br />

<strong>di</strong> Arturo, era <strong>di</strong>ventato un ricco commerciante.<br />

Il bisnonno, a sua volta, commerciava un po' <strong>di</strong> tutto. Aveva due negozi, uno <strong>di</strong> articoli casalinghi e uno <strong>di</strong> mobili ma, si<br />

sa, a quei tempi i quattrini non scorrevano a fiumi e mobilio e suppellettili passavano in ere<strong>di</strong>tà da una generazione<br />

all'altra per cui le ven<strong>di</strong>te in quei settori non dovevano essere un gran che. Sta <strong>di</strong> fatto che se la passava assai meglio dei<br />

suoi colleghi commercianti che lo invi<strong>di</strong>avano e spesso si chiedevano come facesse.<br />

Il nonno farmacista. A prima vista la sua professione, fatta <strong>di</strong> noiosa routine, lasciava poco spazio ad avvenimenti<br />

avventurosi. Era l'unico del quale Arturo avesse avuto qualche informazione dal padre e se ne era fatta un'immagine<br />

abbastanza scialba. A quanto pareva era stato un uomo introverso e stravagante, <strong>di</strong>ventato anche più lunatico e<br />

misantropo dopo la per<strong>di</strong>ta della giovane moglie. C'era però un neo che poteva significare qualcosa: l'uomo si era<br />

suicidato a cinquant'anni con una pozione da lui stesso preparata. Solo te<strong>di</strong>o della vita per essere rimasto vedovo?<br />

Oppure quell'uomo, che non si confidava con nessuno, nascondeva qualche segreto?<br />

Il padre <strong>di</strong> Arturo sembrava l'unico a non dover essere preso in considerazione. Di carattere mite e <strong>di</strong> costituzione poco<br />

robusta, dopo aver tentato con scarso successo la via degli affari, aveva avuto il buon senso <strong>di</strong> riconoscere i propri limiti<br />

e, prima <strong>di</strong> rovinarsi del tutto, aveva liquidato ogni attività - compresa la farmacia ere<strong>di</strong>tata dal padre - ed era vissuto<br />

parcamente, ma sereno, della modesta ren<strong>di</strong>ta che da quest'ultimo affare aveva tratto. Questo era accaduto quando<br />

Arturo si era laureato.<br />

Escluso suo padre dunque, Arturo pensava che ciascuno dei suoi tre antenati che avevano abitato quella casa, avrebbe<br />

potuto avere qualche ragione per celare la porta. Ma quale?<br />

Già, quale? Bastava aprire quella benedetta porta e tutto (forse) si sarebbe chiarito. Magari, pensava anche Arturo, la<br />

stanza era vuota ed era stata chiusa per non doverla riscaldare. Oppure c'erano dentro vecchi mobili che non servivano<br />

ed era stata usata come soffitta e poi <strong>di</strong>menticata. Certo, sembravano motivi piuttosto deboli ma Arturo non sapeva più<br />

cosa pensare.<br />

Le settimane passavano, l'anno scolastico era cominciato da un pezzo e la porta rimaneva chiusa. Adesso tutti e tre i<br />

falegnami sarebbero stati <strong>di</strong>sponibili ma Arturo continuava a rimandare. Apparentemente perché non aveva tempo,<br />

perché gli seccava svuotare <strong>di</strong> nuovo l'arma<strong>di</strong>o e spostarlo, perché temeva che si danneggiasse il muro appena <strong>di</strong>pinto e,<br />

si sa, quando un muro viene scrostato, per quanto gli si passi sopra la stessa tinta il segno si vede sempre.<br />

La ragione vera però era che Arturo non aveva più tanta fretta <strong>di</strong> aprire la porta. Il mistero che si celava <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> essa<br />

cominciava ad incutergli un certo timore. E se all'interno della stanza avesse trovato qualcosa <strong>di</strong> sgradevole? Ad esempio<br />

le prove <strong>di</strong> un delitto? Commesso da chi? Dalle antiche abitanti del convento? Poco probabile. Ma non impossibile. Di<br />

qualcuno dei suoi avi? Chissà... Certo, anche in questo caso lui non ne sarebbe stato ritenuto responsabile ma quante<br />

seccature! Polizia, giornalisti, curiosi... Senza contare che la cosa avrebbe potuto danneggiare il suo buon nome e quin<strong>di</strong><br />

la sua professione <strong>di</strong> insegnante. Arturo rimandava; che fretta c'era?<br />

Trascorsero i mesi, l'anno scolastico stava per finire <strong>di</strong> nuovo e la porta era sempre chiusa. Non che proprio Arturo non ci<br />

pensasse più ma <strong>di</strong> certo ci pensava meno e, quando lo faceva, era per fantasticarci su. Era quasi <strong>di</strong>ventato un gioco <strong>di</strong><br />

enigmistica: “Cosa c’è <strong>di</strong>etro la porta chiusa? Esaminare bene gli elementi <strong>di</strong>sponibili e trovare la soluzione”. Arturo ci si<br />

<strong>di</strong>vertiva mettendo alla prova le sue capacità <strong>di</strong> investigatore.<br />

Adesso che incominciavano <strong>di</strong> nuovo le vacanze avrebbe potuto de<strong>di</strong>care qualche giorno ad esaminare con cura tutto il<br />

contenuto dell'arma<strong>di</strong>o. Quella era una curiosità che poteva sod<strong>di</strong>sfare senza timore. O no?<br />

Quando Arturo si accinse all'impresa constatò che l'arma<strong>di</strong>o conteneva per gran parte oggetti messivi dentro da mani<br />

chiaramente femminili: una quantità <strong>di</strong> soprammobili <strong>di</strong> nessun valore, salvo quello affettivo, come piccoli animali <strong>di</strong> vetro,<br />

<strong>di</strong> ceramica, <strong>di</strong> peltro, e poi bomboniere, ricordo <strong>di</strong> antiche nozze i cui protagonisti erano scomparsi da tempo; alcune<br />

tovaglie ricamate, <strong>di</strong> quelle che una volta si usavano per coprire tavole e tavolini da salotto. C'erano poi molti bicchieri e<br />

tazzine, tutti scompagnati, superstiti <strong>di</strong> innumerevoli servizi andati <strong>di</strong>strutti nel corso <strong>di</strong> generazioni ad opera <strong>di</strong> maldestre<br />

fantesche o tra le mani <strong>di</strong> pargoli vandalici. Sottobicchieri che nessuno più usava; una bilancia a due piatti ma senza i<br />

pesi; un monumentale orologio con sopra un Garibal<strong>di</strong> a cavallo; due paia <strong>di</strong> binocoli da teatro; un campanello <strong>di</strong> quelli<br />

con cui si chiamava la serva quando, avendo visite in casa, la si vestiva da cameriera e le si faceva servire il the. E<br />

ancora, un calamaio <strong>di</strong> cristallo con relativo portapenne, un tagliacarte dorato ormai arrugginito, alcune scatole <strong>di</strong><br />

porcellana <strong>di</strong> fogge <strong>di</strong>verse, un album con una raccolta <strong>di</strong> francobolli, mazzi <strong>di</strong> chiavi anch'esse arrugginite, una scatola <strong>di</strong><br />

cartone piena <strong>di</strong> cartoline, il pacco con le fotografie messovi da Arturo, un gioco <strong>di</strong> scacchi, una scatola <strong>di</strong> cartone con un<br />

gioco del domino, un logoro astuccio contenente un paio <strong>di</strong> occhiali pince-nez, un bilancino da farmacista, due stecche <strong>di</strong><br />

ceralacca con relativo sigillo, un mazzo <strong>di</strong> carte da gioco, due vecchi libri da messa ed alcuni involucri legati con lo spago.<br />

Arturo fermò la sua attenzione su <strong>di</strong> questi e cominciò da quello che sembrava il più importante anche perché era il più<br />

pesante. Grande come una scatola da scarpe, una volta liberato dalla carta che lo avvolgeva, si rivelò essere una<br />

cassetta <strong>di</strong> legno. Era chiusa a chiave ma la serratura, ormai in pezzi, cedette al primo sforzo. La cassetta conteneva un<br />

involto <strong>di</strong> stracci che un tempo dovevano essere unti <strong>di</strong> grasso ma che ormai erano rigi<strong>di</strong> e fragili come foglie secche.<br />

Avvolgevano un grosso revolver scarico tutto corroso dalla ruggine. Sotto a questo c'era una busta macchiata <strong>di</strong> unto.<br />

Arturo ne estrasse il contenuto con molta cautela perché anche la carta sembrava fragile. C'erano due documenti.<br />

Il primo era un foglio intestato con l'aquila bicipite dell'Impero asburgico e in<strong>di</strong>rizzato al trisnonno. Il testo, scritto a mano,<br />

era in francese e <strong>di</strong>ceva che il ministro era molto sod<strong>di</strong>sfatto del felice esito della missione affidatagli, con la quale un<br />

pericoloso nemico del governo <strong>di</strong> Sua Maestà Imperiale era stato messo definitivamente a tacere, ed era lieto <strong>di</strong> fargli<br />

pervenire il compenso pattuito <strong>di</strong> cinquecento sterline. La firma era illeggibile e una macchia d'unto aveva cancellato<br />

parte della data della quale era rimasto solo ‘18..’.<br />

Il secondo foglio era poco più <strong>di</strong> un semplice biglietto, anch'esso in francese - un po' meno corretto - il cui contenuto<br />

<strong>di</strong>ceva: «Amore mio, ti mando queste righe tramite la persona fidata che tu ben conosci e spero tanto che ti giungano in<br />

tempo. Abbiamo saputo che un informatore ha fatto il tuo nome al servizio segreto turco quale organizzatore <strong>di</strong> ciò che tu<br />

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