Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana
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In pie<strong>di</strong>, rigidamente contratta, Teresa si domanda che fare del lume che ha tra le mani. Non si ricorda perché l’ha preso,<br />
non sa; perciò lo appoggia sul tavolo, vicino al fiasco e si rimette a sedere. E’ stanca e ha sonno; forse per la notte<br />
trascorsa sveglia. “Non va bene” si <strong>di</strong>ce, dondolando la testa su e giù.<br />
Su e giù…<br />
Ha paura, lei stessa non ne capisce il motivo e mentre si arrotola lo scialle alle braccia, incomincia a pregare …<br />
Santo Brizio protettore degli smarriti, San Cristoforo protettore dei viaggiatori, Santa Francesca protettrice degli emigranti,<br />
San Giuseppe protettore <strong>di</strong> tutti i mariti, Sant’ Alfonso protettore del figlio mio<br />
Santa Maria Madre <strong>di</strong> Dio, dateci forza coraggio e fortuna….<br />
Quand’ecco che <strong>di</strong> nuovo ha uno scatto: improvviso, come se qualcuno l’avesse scossa <strong>di</strong> colpo.<br />
Viaggiooooo Stranierooooo<br />
Ancora loro, le due parole; sono tornate più gran<strong>di</strong>, aggressive, più prepotenti <strong>di</strong> prima.<br />
“Che volete? Perché mi cercate?” grida arrabbiata Teresa. “Non c’è nessuno che fa un viaggio straniero, qui.<br />
Nessuno…” continua con la mano rivolta alla porta. Poi si stringe le braccia con le mani, si accarezza…piano… piano.<br />
Tanti anni prima il viaggio l’aveva fatto Alfonso.<br />
Se ne era andato una notte <strong>di</strong> ottobre e anche allora soffiava forte la tramontana. Aveva pianto Alfonso, gli era caduta<br />
una lacrima sulle guance e luccicava come l’alba. Anche lei aveva pianto, era il suo unico figlio, e se ne andava in<br />
America.<br />
Era stata una scelta assoluta. Forse obbligata.<br />
‘Merica… ‘Merica<br />
‘Merica…Santa ‘Merica<br />
ascolta questa supplica<br />
‘Merica…Santa ‘Merica<br />
Era stato come fare un viaggio all’inferno, così aveva scritto Alfonso nella sua prima lettera. Teresa ha tra le mani quella<br />
lettera, l’ha appena presa dalla scatola nella credenza. La tocca con devozione, ha paura <strong>di</strong> farle del male, è lisa e<br />
sbia<strong>di</strong>ta, con i bor<strong>di</strong> sfrangiati e in alcuni punti ad<strong>di</strong>rittura illeggibili, sembra una vecchia consumata dal male, però è sua e<br />
dentro ci sta un po’ <strong>di</strong> Alfonso!.<br />
Poi inforca gli occhiali, non i suoi, lei non li ha mai avuti, sono quelli <strong>di</strong> Bartolomeo, ma vanno bene lo stesso; si siede e<br />
inizia a leggerla. Non importa se lei, Teresa, è analfabeta, quella lettera a furia <strong>di</strong> sentirsela raccontare l’ha imparata a<br />
memoria.<br />
“Mia cara matre, adesso, nel momento che vi scrivo siamo ancora sul bastimento e ce ne stiamo tutti ammucchiati, come<br />
le api nell’alveare. Solo che le api vanno sui fiori e sulle piante a succhiare, noi no…<br />
Io non so se è perché come <strong>di</strong>te voi sono troppo giovane per capire fino in fondo le cose, o troppo insensibile per soffrire<br />
le tribolazioni, ma mi sentii <strong>di</strong> sasso e non piansi, non bevvi e neppure mangiai , quando c’ho visto morire i cristiani..<br />
Però più degli altri, mi è rimasto impresso Severino, un ragazzo della provincia <strong>di</strong> Caserta <strong>di</strong> cinque anni. Bellissimo, con<br />
tutti i riccioloni neri che sembrava Gesù. Lo vi<strong>di</strong> morire tra le braccia del padre. La madre non riusciva a capacitarsi,<br />
sembrava persa <strong>di</strong> sentimento, si strappava i capelli e gridava che se lo portava in ‘Merica così, non lo voleva<br />
abbandonare…<br />
Un viaggio impossibile, mamma carissima. C’aveva ragione compare Saverio. Ma non <strong>di</strong>te niente. Forse è che mi devo<br />
fare l’abitu<strong>di</strong>ne a certe cose se voglio fare fortuna e <strong>di</strong>ventare ricco.(Che se <strong>di</strong>vento ricco con tanta moneta poi pure voi<br />
state bene.)<br />
E poi ci sta un’altra cosa che ancora non mi faccio capace ed è questa.<br />
Tutti noi ce ne immo in ‘Merica per fare la nostra fortuna eppure sul bastimento la gente ha la faccia <strong>di</strong>sperata. C’è chi<br />
piange, chi si lamenta, femmine coi figli in braccio che vogliono buttarsi nell'acqua… per fortuna che oggi ci hanno detto<br />
che siamo arrivati …”<br />
“Siamo arrivati…” <strong>di</strong>ce a se stessa Teresa, dondolando il capo su e giù…Su e giù…Abbandona la lettera, ma continua a<br />
leggerla con la memoria.<br />
“Allora mi sono messo davanti così che volevo vedere prontamente la Statua…”<br />
“La Statua!” esclama Teresa; gli occhi della memoria sgranati, lo contempla con adorazione, quel suo figlio maschio, così<br />
giovane e forte.<br />
Alfonso aveva viaggiato giorni e giorni, e durante quei giorni si era sentito al margine dal resto del mondo. Ma aveva<br />
imparato meglio la vita e conosciuto i compagni emigranti. Erano tanti e provenivano da tutta Italia: piemontesi, veneti,<br />
toscani, abruzzesi, napoletani, siciliani, tutti col passaporto rosso, il santo protettore e tanta paura <strong>di</strong> non arrivare alla fine.<br />
Pochi quelli che avendo un mestiere si credevano privilegiati; gli altri, no, soprattutto i più anziani che, analfabeti,<br />
<strong>di</strong>pendevano dai giovani come Alfonso per scrivere a casa.<br />
Era un’alba opaca, eppure lui, Alfonso, l’aveva avvistata subito, la Libertà, che dominava sul mare. Aveva sentito un<br />
fremito dentro, come una scossa che non si placava, non gli era mai capitata un’emozione così forte e improvvisa.<br />
Troppo… troppo…troppo … aveva pensato. Ma la grande euforia era durata poco, perché appena arrivato a Ellis Island,<br />
era stato fermato, messo in fila e visitato da capo a pie<strong>di</strong>. Per evitare la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> malattie, gli avevano spiegato i<br />
compagni più esperti mentre le autorità americane, gentili ma in<strong>di</strong>fferenti, avevano controllato più volte generalità e fe<strong>di</strong>na<br />
penale.<br />
Alla fine aveva ricevuto un cartellino, sul quale sotto il nome, cognome e destinazione, c’era stampato “admitted”. Voleva<br />
<strong>di</strong>re che ce l’aveva fatta.<br />
‘Merica… ‘Merica… ‘Merica… Santa ‘Merica… Alfonso si era messo a correre e senza neppure sapere dove stava<br />
andando aveva seguito un gruppo <strong>di</strong> compagni <strong>di</strong>retti a Nuova York.<br />
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