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Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana

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Viaggio in terra straniera<br />

<strong>di</strong> Rosa Romano Bettini<br />

La tramontana ha soffiato senza tregua tutta la notte, sempre con quel sibilo insopportabile. Quando finalmente è<br />

cessato, prima il fischio poi il turbinio, era già l’alba ..<br />

Silenzio!<br />

Nell’aria ora fluttua un’immobilità sonnolenta e sulle finestre annerite dal fumo il freddo ricama arabeschi <strong>di</strong> gelo.<br />

Teresa cammina per casa, non riesce a dormire, impossibile chiudere gli occhi, con quel baccano dentro le orecchie.<br />

Colpa del vento e <strong>di</strong> quella stanga traballante che, anziché tenere ferma la porta, fa tremare tutta la casa. Che sia il<br />

terremoto?… il terremoto?<br />

Sant’Elpi<strong>di</strong>o, vescovo santo ferma la furia del terremoto<br />

e proteggici dalla bufera mezzogiorno, mattino e sera<br />

prega Teresa mentre, increspando la fronte muove il capo su e giù.<br />

Su e giù… Da qualche tempo fa così quando parla coi propri pensieri e la gente, che non capisce, la prende per matta.<br />

Sbaglia: Teresa non è matta, è solo un po’ strana; forse perché la sua testa, come terra lasciata in <strong>di</strong>suso, è infestata da<br />

pensieri selvatici e filari <strong>di</strong> parole malmesse.<br />

Ma ecco che ha uno scatto fulmineo, si scuote e va alla ricerca del lume. “Stava qua… qua stava…” bisbiglia, fino a che<br />

non lo trova e l’accende.<br />

Nell’aria si <strong>di</strong>ffonde una luce fioca e tremolante: come lei.<br />

Sod<strong>di</strong>sfatta posa la lampada sulla credenza e si accosta al camino: i tizzoni non si sono spenti del tutto e perché<br />

riprendano ad ardere, occorre rintuzzare la fiamma. Lei lo fa, sobbalzando, come ha sempre fatto, ad ogni lieve strepitio<br />

dei rami secchi e leggeri. Ed ecco che il fuoco s’innalza e plasma il luccichio delle fiamme in morbide lingue rossicce,<br />

quando all’improvviso rintocca, nel suo confuso cervello, una parola. Teresa non l’ha cercata, è arrivata da sola e ora è lì<br />

a <strong>di</strong>chiarare il suo nome.<br />

Viaggio …<br />

La parola si presenta più volte, e ogni volta la sua voce si fa più possente. viaggio…. viaggio … viaggioooo. Non capisce;<br />

si porta la mano alla bocca, come a volere soffocare un’esclamazione che le comprime la gola. “Viaggio? e che è?”<br />

domanda a voce alta.<br />

Nessuno risponde.<br />

Si guarda attorno smarrita: c’è solo il fuoco che, con rimbalzi <strong>di</strong> sghembi bagliori sulla mobilia traballante e ammuffita,<br />

illumina quella povera stanza.<br />

Altro non vede, tuttavia continua a guardare, a cercare… poi i suoi occhi scorgono il fiasco <strong>di</strong> vino e un bicchiere<br />

abbandonati sul tavolo. Afferra il bicchiere, lo riempie: vino vero, sano, ancora odorante del sudore <strong>di</strong> suo marito<br />

Bartolomeo <strong>di</strong> cui immagina il respiro pesante.<br />

San Bartolomeo stammi vicino e lasciami bere un bicchiere <strong>di</strong> vino.<br />

lasciamene bere almeno un’oncia ché l’acqua da sola fa le rane alla pancia.<br />

Pancia? Alfonso, suo figlio, rideva quando gliela sentiva <strong>di</strong>re, tanti anni fa-… Alfonso? dove sarà ora Alfonso?<br />

Colpa <strong>di</strong> quello straniero.<br />

Maledetto il giorno che ha messo piede in paese!<br />

Straniero…<br />

Tutto a un tratto anche questa parola si stacca dal mare dei fonemi sommersi e lievita, piano piano: prima<br />

granello, poi briciola…<br />

Sottovoce,<br />

straniero…<br />

un po’ più forte,<br />

straniero…<br />

sempre più forte, fino ad assumere le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un’onda, che s’alza e rimbomba…!<br />

stranieroooooo…<br />

Sono due le parole, adesso, che tenendosi strette per mano, bussano forte alla testa; hanno l’urgenza d’uscire, ma lei le<br />

trattiene con caparbia vitalità. Vuole sentirsele dentro ancora un po’, il tempo <strong>di</strong> comprenderle meglio, farle crescere,<br />

germogliare, chissà che alla fine non sbocci un pensiero compiuto.<br />

Si siede e porta il bicchiere alle labbra.<br />

Quella sera ce n’erano quattro <strong>di</strong> bicchieri sul tavolo. Uno per ogni testa <strong>di</strong> uomo.Tutti pieni, gorgoglianti e sanguigni.<br />

“In America c’è pane e lavoro! Lavoro per tutti” <strong>di</strong>ceva lo straniero. “Qui la situazione è <strong>di</strong>fficile, e lo sai anche tu,” gridava<br />

col pugno proteso al cielo.<br />

Sempre chiuso quel pugno, perché? Temeva che il sogno gli volasse via dalla mano?<br />

Ci sapeva fare quell’uomo, la voce, soprattutto, forse per la cadenza francese, che si arrotolava nelle “o” e nelle “u”, o<br />

forse perché, modulava una scala <strong>di</strong> parole armoniose che raccontavano <strong>di</strong> lavoro e <strong>di</strong> pane.<br />

Altro che arruolatore, come si faceva chiamare; era un faccen<strong>di</strong>ere ingaggiato per rubare i figli alle mamme, ecco cos’era.<br />

Ma Alfonso, suo figlio, non aveva capito. “Sì, pane e lavoro …” aveva detto Alfonso “e poi per me questa non è aria.”<br />

Aveva aggiunto convinto.<br />

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