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Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana

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Li <strong>di</strong>spiegò, li guardò, li lesse e subito non capì. O meglio: decise che quello che vi stava scritto sopra non aveva alcun<br />

senso, non era semplicemente possibile. Poi le sfuggì una risatina isterica.<br />

Si trattava <strong>di</strong> analisi me<strong>di</strong>che fatte da suo marito, risalenti ai mesi <strong>di</strong> aprile e maggio del 1988. Dalla lettura delle prime<br />

risultava che, per un motivo congenito, Franco era sterile. Sugli altri fogli c’erano i risultati <strong>di</strong> un test del DNA dai quali<br />

appariva chiaro che in alcun modo Enrico poteva essere suo figlio. Non poteva essere vero! Sentì che le gambe non la<br />

sorreggevano e si sedette sul bordo del letto. Evidentemente, nello stesso periodo nel quale lei si era sottoposta a tutta<br />

una serie <strong>di</strong> esami perché non riusciva a rimanere incinta, suo marito aveva pensato bene <strong>di</strong> fare lo stesso, a sua<br />

insaputa. E, visto il risultato, aveva ritenuto giusto andare fino in fondo aveva preferito non avere dubbi.<br />

Anna non riusciva a capacitarsi <strong>di</strong> che trauma doveva essere stato, certamente più grande <strong>di</strong> quello già tremendo che ora<br />

aveva colto lei. Eppure, per quanto si sforzasse, non ricordava <strong>di</strong> aver mai riscontrato in lui nessun cambiamento o<br />

nessun comportamento che potesse averle fatto sospettare qualcosa. Chissà quali pensieri gli avevano attraversato la<br />

mente, sicuramente aveva capito che il loro unico figlio non era frutto del loro viaggio <strong>di</strong> nozze, ma del ad<strong>di</strong>o al nubilato <strong>di</strong><br />

lei.<br />

La rivelazione la colse come un pugno allo stomaco: il padre <strong>di</strong> Enrico era un ragazzo <strong>di</strong> Milano, del quale lei non<br />

ricordava nemmeno il nome. Un bion<strong>di</strong>no che le aveva fatto un <strong>di</strong>scorso strano prima <strong>di</strong> salutarla a Rimini e del quale solo<br />

ora lei riusciva a intuire il significato. Per oltre vent’anni Franco si era tenuto dentro un segreto così grande, il suo Franco<br />

che non era mai riuscito a nasconderle neanche cosa le aveva preso per Natale. Non<strong>di</strong>meno le aveva anche tenuto<br />

nascosto che la causa del mancato arrivo <strong>di</strong> un altro figlio era sua e quin<strong>di</strong> l’aveva lasciata a macerarsi nei sensi <strong>di</strong> colpa,<br />

senza lasciar trasparire niente, mai, nemmeno quando ogni mese lei si ritrovava a piangere in bagno.<br />

C’era dunque una spiegazione nell’attaccamento che lui aveva verso Enrico, così come ora si spiegava il perché fosse<br />

stata in qualche modo esclusa dalla loro complicità: era una specie <strong>di</strong> punizione per quello che aveva fatto, come a farle<br />

capire che se a lui era stata chiusa la porta <strong>di</strong> ingresso, era comunque entrato da quella <strong>di</strong> servizio. Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questo,<br />

dentro <strong>di</strong> lei sentiva che mai, nemmeno per un minuto, suo marito l’aveva o<strong>di</strong>ata, ma anzi, ricordare ora tutte le volte in<br />

cui l’aveva ringraziata per avergli dato la cosa più bella del mondo la rendeva consapevole che, alla fine, dallo sbaglio era<br />

risultata una cosa giusta. A modo suo, Franco le aveva <strong>di</strong>mostrato che un padre non è chi fornisce qualche cromosoma,<br />

ma chi c’è mentre un bambino <strong>di</strong>venta uomo, che cerca <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cargli la sua strada nel mondo o che lo aiuta a trovarla, chi<br />

alle leggi del co<strong>di</strong>ce civile mette davanti quelle del cuore. A questo pensiero Anna si sentì invadere da un sentimento mai<br />

provato prima, un insieme <strong>di</strong> amore, gratitu<strong>di</strong>ne, riconoscenza ma anche <strong>di</strong> tristezza per non avere la possibilità <strong>di</strong><br />

abbracciare quel grand’uomo che era stato suo marito e <strong>di</strong> urlargli in faccia quanto lo adorava.<br />

Improvvisamente si ricordò che in questa vicenda c’era un'altra persona ignara <strong>di</strong> tutto: Enrico. Avrebbe dovuto<br />

<strong>di</strong>rglielo? Provò a immaginare come avrebbe reagito, probabilmente l’avrebbe presa male. Per contro, aveva visto<br />

abbastanza episo<strong>di</strong> del “Dr. House” per sapere che conoscere i genitori biologici poteva, in alcuni casi, salvare la vita. Ma<br />

lei non aveva idea <strong>di</strong> chi fosse il vero padre e non avrebbe avuto alcun elemento per poterlo rintracciare.<br />

Dalla busta era uscita anche una foto, scattata a Gardaland parecchi anni prima. Ritraeva loro tre davanti all’orologio<br />

floreale, sorridenti, la rappresentazione della famiglia felice, quella invi<strong>di</strong>ata da tutti. Anna fissò la foto, fissò i suoi occhi in<br />

quelli del figlio e capì che se felicità significava mantenere un segreto, lei non glielo avrebbe mai rivelato. Infilò i fogli nella<br />

busta e se la mise nella tasca dei jeans.<br />

Era ormai mezzogiorno quando chiuse anche l’ultimo sacco giallo. Mentre lo portava in corridoio, l’occhio le cadde sul<br />

calendario coi cubi <strong>di</strong> legno. Rimase per un attimo interdetta e poi sentì il cuore che si allargava: era il 19 marzo, la festa<br />

del papà. Era proprio vero che le cose non accadevano mai per caso, altrimenti perché lei sarebbe venuta a conoscenza<br />

<strong>di</strong> un segreto simile proprio nel giorno de<strong>di</strong>cato a Giuseppe, a un uomo che aveva cresciuto e amato un figlio che non era<br />

suo?<br />

Mentre passava davanti alla stufa che avrebbe acceso più tar<strong>di</strong>, vi gettò dentro una busta gialla.<br />

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