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Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana

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probabilmente perché non veniva indossata da ancora più tempo. Mise le banconote assieme a cinque monete, a un<br />

portachiavi e a due accen<strong>di</strong>ni che aveva trovato negli altri abiti assieme a parecchi scontrini e a qualche biglietto da visita.<br />

Portò il fazzoletto in bagno e lo gettò nel cesto della roba sporca.<br />

Mentre stava per tornare alle sue faccende, squillò il telefono: era Paola che le chiedeva come procedeva il lavoro, il<br />

litigio del giorno prima già <strong>di</strong>menticato. Dopo i soliti convenevoli e qualche parola sul più e sul meno, Anna scoppiò in un<br />

pianto <strong>di</strong>rotto. Si sfogò e cercò consolazione nelle parole dell’amica, tuttavia continuò a rifiutarne fermamente il soccorso.<br />

Le promise che sarebbe passata il giorno seguente per un caffè e le confermò la sua presenza alla <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong><br />

cosmetici a casa <strong>di</strong> Serena per la settimana seguente. Chiuse la comunicazione e compose un numero <strong>di</strong> Madrid, ma il<br />

telefono squillò a vuoto.<br />

Quando era successa la <strong>di</strong>sgrazia, Enrico era tornato <strong>di</strong> corsa dalla Spagna dove si trovava per il progetto Erasmus<br />

grazie a una borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. Per lui era stato un colpo tremendo: la sera prima aveva <strong>di</strong>scusso mezz’ ora al telefono col<br />

padre, <strong>di</strong> calcio soprattutto, il mattino seguente aveva dovuto prendere il primo aereo per l’Italia. Anna non riusciva ad<br />

immaginare cosa potesse aver significato per suo figlio quella morte improvvisa. Era legato al padre da un rapporto<br />

speciale, quasi simbiotico. Dopo una sfilza <strong>di</strong> raccomandazioni da parte <strong>di</strong> lui e parecchi “ va tutto bene”da parte <strong>di</strong> lei, era<br />

tornato a Madrid venti giorni dopo, ma le telefonava ancora tutte le sere. Farlo rimanere qui non avrebbe certo cambiato<br />

le cose e non sarebbe stato giusto da parte sua appoggiarsi sul figlio come a una stampella. Enrico aveva 23 anni, una<br />

vita davanti e un sogno da realizzare, anzi più <strong>di</strong> uno ma quello che ora gli stava più a cuore era <strong>di</strong>ventare veterinario.<br />

La porta finestra dava su un ampio terrazzo sul quale lei e Franco avevano passato parecchie sere seduti ad ascoltare i<br />

rumori della campagna che li circondava. Da sposi novelli erano andati ad abitare in un piccolo appartamento in centro al<br />

paese, poco più <strong>di</strong> un buco, nel quale sapevano che non sarebbero rimasti a lungo. Infatti, c’era un casolare da<br />

ristrutturare un paio <strong>di</strong> chilometri verso le montagne e Franco si era intestar<strong>di</strong>to che quella sarebbe stata la loro casa, da<br />

riempire <strong>di</strong> bambini e animali. Portava Anna a vederla con la sua Ritmo azzurra e le spiegava come avrebbe sistemato il<br />

tetto, la terrazza, il giar<strong>di</strong>no, riusciva ad<strong>di</strong>rittura a farle vedere i fiori dove ora crescevano solo erbacce. Appena saputo<br />

che sarebbe <strong>di</strong>ventato padre, Franco aveva rotto le palle ai proprietari finché, probabilmente per sfinimento, glielo<br />

avevano ceduto ad un prezzo abbastanza ragionevole.<br />

Acceso un mutuo, avevano preso a lavorarci come dei muli, lei col pancione che cresceva e suo marito che era arrivato<br />

al punto <strong>di</strong> dormire tre ore per notte: voleva ostinatamente che tutto fosse pronto per il giorno in cui il suo piccolo sarebbe<br />

venuto a casa, e così era stato. Per tutti gli anni a venire non avevano mai smesso <strong>di</strong> lavorarci. Franco <strong>di</strong>ceva<br />

scherzando che, una volta finita, non avrebbe più saputo cosa fare, si sarebbe annoiato a morte e avrebbero finito col<br />

<strong>di</strong>vorziare. In effetti, una casa non è mai completamente conclusa, c’è sempre qualche mo<strong>di</strong>fica da fare, qualcosa da<br />

riparare. Una casa è un po’ come un figlio: chiede sempre dei sol<strong>di</strong>. Ma loro avevano badato bene a non sacrificare le<br />

loro vite, avevano fatto le cose in base alle loro possibilità. Certo non erano mai stati a New York o in una beauty farm,<br />

ma erano riusciti a non far mancare al bambino un po’ <strong>di</strong> mare tutti gli anni.<br />

Diventare veterinario era sempre stato l’obbiettivo <strong>di</strong> Enrico. Era cresciuto in mezzo a conigli e galline, per non parlare<br />

dei cani e gatti che l’avevano sempre fatta da padroni nel ampio cortile e nei prati a<strong>di</strong>acenti, dove col tempo avevano<br />

trovato <strong>di</strong>mora anche un cavallo e tre caprette. Trascorreva ore a fantasticare su immaginari tesori nascosti nei boschi e<br />

nei prati circostanti, mentre i bambini della sua età crescevano a Playstation e computer. Era un ragazzo con i pie<strong>di</strong> per<br />

terra, allegro e <strong>di</strong>sponibile con tutti. Anna ringraziava il Signore tutti i giorni per averle dato una simile fortuna, anche se<br />

un po’ <strong>di</strong> merito sentiva <strong>di</strong> poterselo attribuire. E più ancora doveva rendere onore a Franco.<br />

L’infanzia <strong>di</strong> suo marito non era stata particolarmente felice, il padre aveva problemi con l’alcool ed era morto quando lui<br />

aveva <strong>di</strong>eci anni. La madre era riuscita a tirare su i cinque figli, dei quali lui era il maggiore, tanto che, a quin<strong>di</strong>ci anni, si<br />

era sentito in obbligo <strong>di</strong> andare a lavorare lasciando perdere i suoi sogni <strong>di</strong> geometra. Forse per compensare tutto ciò, era<br />

stato con Enrico un padre esemplare, il migliore che un ragazzo potesse avere. Non gli aveva mai fatto mancare la sua<br />

presenza, gli aveva insegnato ad amare quella natura che spesso col suo lavoro lui <strong>di</strong>struggeva, aveva sempre avuto<br />

risposte per le sue domande o le avevano cercate insieme. Spesso somigliavano più a fratelli che a padre e figlio. Tra<br />

loro si era instaurata una complicità speciale, dalla quale Anna si sentiva esclusa. Guardava quel rapporto speciale quasi<br />

con invi<strong>di</strong>a, qualche volta la assaliva perfino una certa frustrazione nel vedere come loro si capissero al volo e si<br />

completassero a vicenda: Franco insegnava al figlio a usare un trapano e questi gli spiegava come spe<strong>di</strong>re un’e-mail.<br />

Non era certamente nelle loro intenzioni mantenerla in <strong>di</strong>sparte, semplicemente col passare del tempo i rapporti famigliari<br />

si erano impostati su dei ruoli e a lei era toccato quello della mamma che lava-stira-cucina e fa le pre<strong>di</strong>che. Praticamente,<br />

per Enrico, un’adorabile rompiscatole. A volte credeva <strong>di</strong> scorgere negli occhi del marito un amore molto simile, per<br />

intensità, a quello che un tempo era stato riservato a lei.<br />

Tuttavia, se c’era una cosa della quale era fermamente convinta era che suo marito la amava come il primo giorno e che<br />

quel sentimento era pienamente corrisposto. Non lo aveva mai tra<strong>di</strong>to, nemmeno col pensiero, sebbene in tutti quegli<br />

anni le occasioni non fossero mancate. Non aveva mai avuto modo <strong>di</strong> sospettare <strong>di</strong> suo marito, anche se un paio <strong>di</strong><br />

leggerezze le aveva messe in preventivo. Era comunque consapevole che nessuna aveva preso il suo posto nel cuore <strong>di</strong><br />

lui nemmeno per un minuto. Avevano avuto i loro momenti <strong>di</strong> crisi, ma avevano saputo superarli senza troppi scossoni,<br />

imparando due cose fondamentali: che il <strong>di</strong>alogo era importante tanto quanto il non avere segreti l’uno per l’altra.<br />

Uscì sulla terrazza per respirare un po’ <strong>di</strong> aria fresca. Il cielo si stava preparando a scaricare pioggia e lei si sentì<br />

invadere dalla malinconia. Si girò e osservò la metà dell’arma<strong>di</strong>o ormai vuota, quella che un tempo era occupata dalle<br />

cose <strong>di</strong> Franco. Restava solo una scatola sulla mensola in alto, un ripiano che lei non usava data la sua statura non<br />

propriamente da giocatrice <strong>di</strong> basket. Con ogni probabilità vi avrebbe trovato qualche cravatta, un accessorio del quale il<br />

suo consorte aveva sempre ignorato la funzione. Sollevandosi sulle punte dei pie<strong>di</strong> riuscì a sfiorare il contenitore con le<br />

<strong>di</strong>ta, ottenendo come unico risultato con il risultato <strong>di</strong> farlo precipitare a terra. Il contenuto si sparse sul pavimento <strong>di</strong><br />

legno. Come preventivato, si trattava <strong>di</strong> una decina <strong>di</strong> cravatte, un paio delle quali ancora nella loro confezione, ma,<br />

inaspettatamente, era fuoriuscita anche una busta gialla recante sull’angolo sinistro l’intestazione dell’ULSS numero 2.<br />

Anna la raccolse e ne estrasse alcuni fogli.<br />

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