10.06.2013 Views

Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana

Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana

Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

astine dell’olio. Ma si trattava pur sempre <strong>di</strong> cose con una loro storia, una loro anima, cose che conservavano ancora<br />

l’odore <strong>di</strong> chi le aveva indossate.<br />

Franco aveva gusto nel vestire, complice anche il fatto che nonostante i cinquanta anni si stessero avvicinando, la<br />

classica pancetta <strong>di</strong> tanti suoi coetanei non lo aveva ancora onorato della sua presenza, o almeno non in modo così<br />

palese. Gli piaceva apparire come un eterno ragazzino, con jeans, felpe colorate e un sacco <strong>di</strong> magliette piene <strong>di</strong> scritte<br />

improbabili.<br />

Anna fissò la camicia a scacchi che teneva tra le mani chiedendosi in che occasione gliela avesse mai vista addosso,<br />

ma senza riuscire a focalizzarne nessuna. Probabilmente era stata vinta alla annuale lotteria della squadra <strong>di</strong> calcio <strong>di</strong><br />

Enrico o forse regalata in occasione <strong>di</strong> qualche particolare ricorrenza e messa lì ad aspettare un momento adatto al suo<br />

uso, momento che, evidentemente, non era mai arrivato. La <strong>di</strong>stese sul letto, rimase per un attimo a fissarla, la ripiegò e<br />

la infilò nel quarto sacco giallo ormai pieno a metà. In or<strong>di</strong>ne sul comò, aveva appoggiato alcune cose che potevano<br />

andare bene a suo figlio o ai ragazzini <strong>di</strong>sabili dell’istituto presso cui passava qualche pomeriggio a fare del volontariato.<br />

Trovava che dare i vestiti <strong>di</strong> qualcuno che non c’è più ad altri fosse un modo per continuare a far vivere quella persona,<br />

un po’ come una specie <strong>di</strong> donazione degli organi. Aveva messo da parte un sacco <strong>di</strong> T-shirt, <strong>di</strong> quelle che vengono<br />

regalate alle corse non competitive, ai tornei <strong>di</strong> calcio o <strong>di</strong> pallavolo. Suo marito era un uomo molto sportivo, e aveva<br />

trasmesso questa passione al figlio. Negli ultimi anni, quasi ogni domenica li aveva seguiti per i paesi del circondario<br />

aspettandoli <strong>di</strong>etro lo striscione del traguardo o ai bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> qualche campo e provando intimamente un certo orgoglio per<br />

essere moglie e madre <strong>di</strong> due uomini così.<br />

Era stato proprio durante una partitella scapoli-ammogliati che aveva conosciuto quello che sarebbe <strong>di</strong>ventato suo<br />

marito. Lei si trovava lì con suo padre, che era stato ingaggiato per fare l’arbitro, Franco era il portiere degli scapoli. Si<br />

erano sposati un paio <strong>di</strong> anni dopo, giovanissimi, specie per i canoni attuali. Ventuno anni lei, quattro <strong>di</strong> più lui.<br />

Contrariamente a quello che era stato un pensiero comune, il loro non era stato un matrimonio riparatore, prova ne era la<br />

nascita <strong>di</strong> Enrico esattamente nove mesi dopo. Semplicemente si volevano talmente bene che era sembrata loro la cosa<br />

più naturale da fare. Anna si era chiesta spesso quale fosse l’alchimia che aveva permesso a loro due <strong>di</strong> passare tutta la<br />

vita assieme, quel “qualcosa” che per tanti loro amici e conoscenti non aveva funzionato. Forse trovare la persona giusta,<br />

l’altra metà della mela, era solo frutto <strong>di</strong> tanta fortuna. Forse l’essere una famiglia richiedeva un impegno che ad alcuni<br />

sembrava troppo grande. Quale che fosse la verità, a loro era andata bene, erano rimasti assieme per più <strong>di</strong> vent’anni e,<br />

ne era convinta, lo sarebbero stati per sempre se il destino non avesse deciso <strong>di</strong>versamente.<br />

Lei, all’epoca del matrimonio, lavorava già da un paio d’anni in una piccola maglieria. Franco faceva l’escavatorista per<br />

una <strong>di</strong>tta che costruiva capannoni industriali, lavoro che lo portava ogni tanto lontano da casa per qualche giorno, ma che<br />

lo faceva guadagnare bene e che, nonostante tutto, gli piaceva, tanto che non lo aveva mai lasciato.<br />

Le nozze erano state una vera festa, Anna lo ricordava realmente come il giorno più bello. Entrambi avevano un sacco<br />

<strong>di</strong> amici nessuno dei quali aveva voluto mancare, amici che li avevano resi protagonisti <strong>di</strong> scherzi che ancora oggi<br />

venivano citati durante le grigliate estive in giar<strong>di</strong>no che spesso piaceva loro organizzare. Il week end precedente lei e le<br />

sue due amiche del cuore si erano concesse due giorni a Rimini, un ad<strong>di</strong>o al nubilato in piena regola. Più che festeggiare<br />

la fine della sua libertà aveva voluto festeggiare l’inizio della sua nuova vita. Ricordava ancora le facce sconvolte <strong>di</strong> alcuni<br />

ragazzi da Milano, conosciuti in <strong>di</strong>scoteca, che non riuscivano a comprendere perché una ragazza così giovane avesse<br />

deciso <strong>di</strong> compiere quello che loro definivano un “suici<strong>di</strong>o legalizzato”. Rammentava i loro buffi tentativi per farle cambiare<br />

idea, uno <strong>di</strong> loro si era talmente preso a cuore il suo caso che, mentre le aiutava a smontare la tenda la domenica sera, l’<br />

aveva presa in <strong>di</strong>sparte e le aveva chiesto se fosse veramente convinta del passo che stava per compiere, perché,<br />

secondo lui, non era quello che lei desiderava realmente. In caso contrario, le <strong>di</strong>sse, non riusciva a comprendere perché<br />

si era comportata così la notte precedente. Lei si era messa a ridere senza capire perchè mai avrebbe dovuto cambiare<br />

idea, forse perchè la notte porta consiglio? Per <strong>di</strong> più era talmente ubriaca che della notte trascorsa non ricordava altro<br />

che <strong>di</strong> aver dormito e <strong>di</strong> averlo fatto anche in spiaggia, tanto che si era presa una bella insolazione.<br />

Si alzò per frenare la cascata <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> prima <strong>di</strong> venirne travolta e prese dall’arma<strong>di</strong>o una camicia azzurra con le mezze<br />

maniche. La rivide addosso a suo marito, mentre se ne stava appoggiato al parapetto della barca che li aveva portati<br />

all’Isola d’Elba durante il viaggio <strong>di</strong> nozze. Sorrise, ripensando alla loro luna <strong>di</strong> miele tra il Chianti e la Maremma, un<br />

itinerario improponibile nel contesto o<strong>di</strong>erno fatto <strong>di</strong> Mal<strong>di</strong>ve e crociere ai Caraibi. Ripensò alle dolci colline senesi, alle<br />

stra<strong>di</strong>ne piene <strong>di</strong> curve del Chianti, al mare azzurro delle isole. Ripensò alle risate, alle chiacchiere, agli sguar<strong>di</strong>, alle loro<br />

prime notti da sposi durante una delle quali avevano concepito Enrico.<br />

Per un momento accarezzò l’idea <strong>di</strong> tenere la camicia, poi si fece forza e la infilò nel sacco giallo. Segretamente,<br />

sperava <strong>di</strong> vederla un giorno indossata da uno <strong>di</strong> quei piccoli bambini africani che si vedono nei servizi televisivi e che<br />

fissano l’obbiettivo della telecamera con i loro occhioni spalancati. Quel pensiero le riportò improvvisamente alla memoria<br />

un <strong>di</strong>scorso fatto con Franco poche sere prima che morisse. Era stato proprio lui, mentre lei sparecchiava, ad uscirsene<br />

con l’idea <strong>di</strong> adottare a <strong>di</strong>stanza un bambino. Anna gli aveva sorriso, asserendo che le sembrava un’idea bellissima, ma,<br />

dentro <strong>di</strong> sé, aveva sentito una piccola fitta al cuore, come un atto d’accusa non detto, anche se sapeva che non era<br />

intenzione <strong>di</strong> suo marito ferirla. Soprattutto si rendeva conto che non era colpa sua. Anzi, non era colpa <strong>di</strong> nessuno.<br />

Semplicemente la sorte non aveva voluto dar loro altri figli. Anna si ricordava <strong>di</strong> averci fatto una malattia quelle volte nelle<br />

quali il desiderio <strong>di</strong> maternità si era fatto risentire con prepotenza. Si era sottoposta a decine <strong>di</strong> analisi, ma tutto era<br />

risultato in or<strong>di</strong>ne. Fin da piccola era portata pensare che qualsiasi cosa accadesse per un motivo, quin<strong>di</strong>, anche se lei<br />

non aveva ben capito il fine ultimo della sua mancata ulteriore maternità, ne aveva preso atto e si era de<strong>di</strong>cata al suo<br />

unico figlio.<br />

Prese dall’arma<strong>di</strong>o i tre vestiti degni <strong>di</strong> chiamarsi tali posseduti da suo marito. Ce n’era un quarto, quello da sposo, <strong>di</strong> un<br />

bel grigio chiaro, ma lo indossava ora che nessuno gli poteva <strong>di</strong>re quanto bene gli stava indosso. Staccò giacche e<br />

pantaloni dagli attaccapanni e rivoltò le tasche per vedere se contenevano qualcosa. Trovò un fazzoletto nella tasca dei<br />

pantaloni blu e due banconote da mille lire in quella della giacca <strong>di</strong> velluto. Mentalmente calcolò da quanto ormai la lira<br />

era <strong>di</strong>ventata carta straccia e ne dedusse che evidentemente era da un bel po’ che quella giacca non veniva lavata,<br />

24

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!