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Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana

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- Casarsa – scaracchia l’altoparlante della stazione svegliandomi, fuori è notte, la pioggia riga i vetri del finestrino. Una<br />

porta si apre, una folata <strong>di</strong> aria fredda invade il corridoio, ed io meccanicamente, per giusta e razionale <strong>di</strong>fesa, mi porto<br />

alla bocca la bottiglia <strong>di</strong> whisky. Sabina si siede vicino a me, con una mano me la porta via, rimette il tappo, adesso<br />

basta, <strong>di</strong>ce, sono qua, e si rintana sul mio petto.<br />

Il controllore passa e osserva questo vecchio inzaccherato ed ubriaco, è da Conegliano che beve e stringe le braccia al<br />

petto in un vuoto abbraccio.<br />

Adesso Sabina mia, mia dalia, mio topinanbur, mio mughetto, mia glicine, mio bosco <strong>di</strong> larici autunnali, mia marmotta dei<br />

prati, mia ron<strong>di</strong>ne dei fili, mio primo fiocco <strong>di</strong> neve, mia tenerezza in<strong>di</strong>cibile e perduta, adesso sì, posso lasciarmi andare.<br />

Non ho paura.<br />

Sorri<strong>di</strong>, Sabina, al tuo antico innamorato.<br />

Il whisky durerà fino a U<strong>di</strong>ne. E poi dormiremo. Tu, questo inutile vecchio e la sua gatta. Dormire abbracciati.<br />

- Signore si scende. Fine corsa. – mi scuote il controllore. Mi dà la bottiglia, quasi vuota, che mi è caduta sul se<strong>di</strong>le a<br />

fianco.<br />

Un taxi, a pie<strong>di</strong> in queste con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ubriachezza e stanchezza non arriverei all’Oasi.<br />

- Oasi Serena.<br />

- Subito, signore.<br />

Città buia, notte, freddo e sempre pioggia. La bottiglia persa <strong>di</strong> nuovo. Arrivo, pago e con la chiave maledetta apro il<br />

cancello.<br />

- Bentornato professore, – mi sorride Angelina, <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a a quest’ora – tutto bene, ha mangiato? Mi esamina e vede le<br />

scarpe lerce, il loden infangato, la faccia stravolta.<br />

- Sto benissimo, grazie.<br />

In camera il televisore, una partita <strong>di</strong> champions league. Appena ho acceso la luce, Sparta l’abusiva è apparsa alla portafinestra.<br />

- Entra piccolina – le <strong>di</strong>co prendendola in braccio, Spartussi, adesso ti do bocconcini al salmone. Magari sono scarti<br />

norvegesi <strong>di</strong> budello, ma questo stasera è il tuo menù, non ho prosciutto. Mangia ninin e vieni a dormire.<br />

Abbiamo un incontro sospeso Lei ed io, Eccellenza, <strong>di</strong>co guardando il soffitto.<br />

E’ possibile che tutto, i ricor<strong>di</strong>, le sofferenze, le poche gioie, quanto ho stu<strong>di</strong>ato e capito, le speranze, la fantasia, tutto<br />

scompaia? Che un così grande castello <strong>di</strong> pensieri, conoscenza, tenerezza, gioia e dolore svanisca nel nulla, un mucchio<br />

<strong>di</strong> carne marcia <strong>di</strong>strutta dai vermi? E che <strong>di</strong> me, della mia piccola, insignificante, ma unica vita, non resti altro che<br />

qualche breve traccia anagrafica o fiscale, o qualche fotografia <strong>di</strong>menticata in un cassetto chissà da chi? E che <strong>di</strong> Sabina<br />

rimanga solo la sua povera lapide provvisoria?<br />

Lei deve, Eccellenza, spiegarmi il perché <strong>di</strong> queste vite assurde e inutili, la mia e <strong>di</strong> Sabina e <strong>di</strong> tutti gli altri.<br />

Siamo appena minimi afi<strong>di</strong>, poco più <strong>di</strong> niente. Ma ci è permesso chiederLe perché <strong>di</strong> questo infinito inutile dolore? A che<br />

serve? Che Le abbiamo fatto? Nasciamo urlando, espulsi con violenza dal rumoroso e caldo ventre materno in un mondo<br />

duro ed estraneo. Qualcuno vive, ma pochi, un’infanzia e una giovinezza allegra. Poi la vita ci frantuma tutti. E alla fine,<br />

se non moriamo prima, ci aspetta la vecchiaia, l’orrenda lenta morte della luci<strong>di</strong>tà e, spesso la inutile sofferenza<br />

dell’agonia. Piscio, merda, l’alito fetido dei moribon<strong>di</strong>, l’asfissia. All’Oasi ci sono tangibili testimonianze. Se ha dubbi<br />

verifichi, Le posso far da guida. Non poteva, Eccellenza, almeno non inventare la vecchiaia? Un fiat e uno è <strong>di</strong> là,<br />

bellissimo in tunica can<strong>di</strong>da e ghirlande <strong>di</strong> mughetti, alla gloria eterna.<br />

Eccellenza, sia chiaro che io, sommessamente, dovendo incontrarLa fra poco, non intendo irritarLa. Lei ha, spero, una<br />

risposta gioiosa, ma io, senza offesa, non la conosco. Sono un po’ avvilito, e scettico alquanto.<br />

Avrei voluto una vita normale, una donna, l’amore, dei figli, polenta e funghi, un po’ <strong>di</strong> musica, camminare nei boschi.<br />

Perché è vietato avere un programma minimo? Lascio a Lei le gran<strong>di</strong> rivoluzioni. A me sarebbe piaciuto tanto un <strong>di</strong>o delle<br />

piccole cose.<br />

Ho amato Sabina. E non solo lei, sono onesto, ma prima e dopo tante <strong>di</strong> quelle splen<strong>di</strong>de creature che Lei in un giorno <strong>di</strong><br />

grazia ha inventato, partendo da una costola <strong>di</strong> Adamo, ma che bravo! Però, vede Eccellenza, in questi mesi il ricordo <strong>di</strong><br />

Sabina mi tortura. E’ passato mezzo secolo. Sabina kaputt. Aveva venticinque anni. La vita è stata feroce con lei.<br />

Perché? Sono ubriaco, credo. Quin<strong>di</strong> La saluto con molta deferenza. E’ opportuno sempre, come sa, lisciare un po’ i<br />

potenti.<br />

Trovo nel freezer la mia riserva <strong>di</strong> whisky. Sparta è sulla mia spalla. Glielo do da annusare, ma ritrae la testa. Brava gatta.<br />

- Eccellenza, credo ci sia un giu<strong>di</strong>ce spietato. E’ Lei, alto, immenso, che <strong>di</strong>ce: tu sei condannato.<br />

- Perché? – chiedo.<br />

- Perché sei un uomo. Tutti gli uomini sono condannati.<br />

- La pena?<br />

- Morte.<br />

Uh che brutto, penso nella mia ebbrezza. Non potremmo trovare una alternativa più soft? Ma da Lei non giunge risposta.<br />

A Lei piace il silenzio o se ne frega della mia domanda? Fra poco sarò da Lei, <strong>di</strong>sarmato, sconfitto. Lei ha sempre l’asso<br />

<strong>di</strong> cuori. Non è un giocare alla pari.<br />

Allora, Eccellenza, mi lasci stasera nella mia sbornia. Di qui non scappo, mi trova anche domani mattina.<br />

Saluto la mia tenera Sparta, ormai sicuramente gravida.<br />

Ho con me l’ombra straziante <strong>di</strong> Sabina.<br />

Forse sono pronto.<br />

21

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