Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana
Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana
Segreti: i racconti finalisti - Comune di Trichiana
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
"Le verrà a costare un bel po', dovrà pagare anche il ritorno. Perché non prende l'autobus? Ci sono corse ogni mezz'ora".<br />
Lei scosse la testa.<br />
L'autista la considerò un attimo, poi si strinse nelle spalle e avviò il motore dell'auto.<br />
Una corsa attraverso Firenze, poi fuori, nella campagna.<br />
Antonietta cercava <strong>di</strong> concentrarsi sul paesaggio, tentando <strong>di</strong> sorbirne il più possibile con lo sguardo. Un sole<br />
fiammeggiante, ormai basso all'orizzonte, donava colori intensi agli alberi, ai campi, alle case. Sentiva lo stomaco ridotto<br />
ad un groviglio <strong>di</strong> fili incandescenti, mentre <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> ghiaccio le serravano il cuore che palpitava impazzito.<br />
Avrebbe voluto prolungare quella corsa nel tramonto all'infinito, avrebbe desiderato lasciarsi cullare dal sommesso<br />
brontolio del motore per sempre, avrebbe voluto lasciarsi sciogliere nel silenzio <strong>di</strong> quell'abitacolo, rotto soltanto dagli<br />
avvisi del centralino del ra<strong>di</strong>o taxi. Avrebbe voluto non arrivare mai.<br />
Ma arrivarono, naturalmente.<br />
Davanti alla clinica Antonietta scese, pagò con <strong>di</strong>ta tremanti e si <strong>di</strong>resse con passo malfermo all'ingresso.<br />
Sostò un attimo davanti al portone. Sapeva che, se avesse varcato quella soglia, avrebbe oltrepassato un confine, un<br />
confine invisibile, ma definitivo. Sapeva che, dopo, tutto sarebbe stato <strong>di</strong>verso.<br />
Trasse un enorme sospiro ed entrò.<br />
VII<br />
Salutò la caposala.<br />
La signora Venturini, riconoscendola, le rivolse un sorriso.<br />
"Come sta?"<br />
La caposala si strinse nelle spalle.<br />
"Il solito. Ha dolori molto forti, ma non possiamo aumentare la dose degli antidolorifici. Sa, siamo proprio al limite della<br />
legalità ...".<br />
La legalità, pensò Antonietta. Cosa aveva a che fare la legalità con il dolore?<br />
"Certo, capisco. Posso andare a vederlo?"<br />
"Naturalmente. Ma dubito che sia lucido. Adesso lo è molto raramente".<br />
Antonietta strinse le mani in un moto convulso.<br />
Lasciatelo andare, avrebbe voluto <strong>di</strong>re loro, lasciatelo andare. Smettete <strong>di</strong> torturarlo. Che senso ha curare qualcuno che<br />
morirà comunque? Non c'era alcuna speranza che potesse guarire, erano stati chiarissimi in proposito. Ed allora perché<br />
tormentarlo con farmaci inutili, con macchinari inutili? Ma quando aveva provato ad accennare alla cosa l'avevano<br />
guardata inorri<strong>di</strong>ti. Può sopravvivere ancora per settimane, le avevano risposto, forse mesi. Oggi la me<strong>di</strong>cina fa miracoli.<br />
Già, miracoli, aveva pensato lei, sprezzante ...<br />
Entrò nella camera 203 e si <strong>di</strong>resse al letto in fondo, vicino alla finestra, l'unico occupato.<br />
"Nanni", sussurrò, china su quella figura ormai quasi irriconoscibile.<br />
"Nanni", ripeté, senza ricevere risposta.<br />
Si guardò intorno. Vide la poltrona nell'angolo vicino all'arma<strong>di</strong>etto e la trascinò accanto al letto.<br />
Si chiese, indecisa, se non fosse quello il momento giusto. In fondo sarebbe passato dal sonno alla morte senza<br />
accorgersene. Ma si rispose <strong>di</strong> no. Non mentre dormiva.<br />
Prese la lettera dalla tasca del giaccone, quel foglio ormai logoro e consumato sulle pieghe. Rammentò il giorno in cui<br />
l'aveva ricevuta, il tuffo al cuore che aveva avvertito quando aveva riconosciuto la calligrafia <strong>di</strong> lui. Ripensò all'orrore e<br />
alla ribellione che l'avevano invasa quando, leggendola per la prima volta, aveva compreso cosa volesse da lei. Ricordò<br />
quante volte l'aveva riletta, per capire, per decidere. L'aprì e la rilesse per l'ultima volta, quasi volesse trarne forza e<br />
coraggio.<br />
VIII<br />
"Nanni", ripeté Antonietta, quando vide le palpedre <strong>di</strong> lui fremere appena.<br />
Ma Nanni stava ancora dormendo il sonno delle droghe.<br />
Antonietta riandò con la mente a quel giorno, a quel maledetto giorno ....<br />
E' sabato e sono circa le sei del pomeriggio. E' in cucina e sta preparando la pietanza preferita <strong>di</strong> Nanni: trippa. Fa troppo<br />
caldo per un piatto del genere, ma Nanni, da buon fiorentino, non si lascia certo <strong>di</strong>ssuadere da "bischerate" del genere.<br />
Quando sente il suono del campanello della porta si slaccia il grembiule, controlla il fuoco sotto la pentola e va ad aprire,<br />
chiedendosi chi possa essere. Non certo Nanni, lui ha le chiavi.<br />
"Ciao Alberto".<br />
"Ciao Antonietta".<br />
Alberto si china a baciarla sulla guancia arrossata dal calore dei fornelli.<br />
"Uhm ... sai <strong>di</strong> buono ... cosa stai preparando?"<br />
"Trippa ... Ti fermi a cena?"<br />
Alberto scuote il capo.<br />
"No, grazie. Sono venuto a cercare Nanni per quella faccenda del Sindacato ... Per cena ho già un invito. E' in casa?"<br />
"Non è ancora arrivato".<br />
Alberto ha l'aria perplessa, poi si stringe nelle spalle.<br />
"I treni, ultimamente, sono sempre in ritardo .... Quasi quasi vado a cercarlo alla stazione, così ci parlo un attimo, e poi<br />
vado dal Puccetti".<br />
"Dove sei a cena? Dai genitori <strong>di</strong> Giovanna?"<br />
12