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n. 2 aprile-giugno 2010 - inComunione

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esprime” (CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un<br />

mondo che cambia, n. 9), anche nella pratica dello sport<br />

in oratorio: un “ambiente vitale” e non semplicemente<br />

“ricreazione” o “passatempo”, cioè luogo esistenziale<br />

dove si formano e plasmano convinzioni, valori,<br />

comportamenti, visioni di vita, scelte personali, stili di<br />

vita…<br />

L’attività sportiva dell’oratorio: è qualcosa che piace<br />

ai ragazzi ed è capace di coinvolgerli; ha una capacità<br />

aggregante e integra anche ragazzi di cultura e<br />

lingua diversa; si presenta come un’attività educativa<br />

per i valori che sa trasmettere; aiuta a togliere i ragazzi<br />

dalla strada; permette la costruzione della propria<br />

identità e aumenta l’autostima. Il gioco ha sempre contraddistinto<br />

la vita dell’oratorio, fi n dal suo nascere: il<br />

gioco è gratuità, relazione, gioia, libertà; proprio per<br />

questo lo dobbiamo ricercare in un tempo dove il gioco<br />

è abitato dalla tecnologia e dalla solitudine.<br />

Ma lo sport è qualcosa di più di un semplice gioco:<br />

- è vittoria e sconfi tta. Un ragazzo proverà sulla propria<br />

pelle la gioia di una vittoria e l’amarezza per<br />

una sconfi tta. Nessuno gioca per perdere, tuttavia<br />

dovrà fare i conti anche con gli altri che, a volte, sono<br />

più forti e imparerà a tollerare la frustrazione;<br />

- è ricerca di una meta. Nello sport ci sono degli obiettivi<br />

da raggiungere e non sempre coincidono con la<br />

vittoria assoluta. Il coraggio di superare i propri limiti<br />

è una priorità per praticare lo sport;<br />

- ed è relativa fatica per conquistarla. Non esiste<br />

sport senza fatica. La disciplina, lo sforzo, la pazienza,<br />

la concentrazione sono qualità da apprezzare e<br />

fare proprie per raggiungere una meta.<br />

Con queste premesse e con altrettanta passione e<br />

impegno ci apprestiamo a vivere l’oratorio ANSPI<br />

CARICA SPIRITO SANTO! Sperando che nella nostra<br />

Città di Trani arrivi anche a un coordinamento delle<br />

attività oratoriane, soprattutto per quelle estive, per<br />

poter essere “Chiesa missionaria” attraverso i linguaggi<br />

propri dell’oratorio.<br />

Don Mimmo Gramegna, direttore oratorio<br />

Francesco Pacini, consigliere ANSPI<br />

TRADIZIONE E CULTURA<br />

Il primo romanzo del<br />

vaticanista di “Avvenire”<br />

Mimmo Muolo<br />

Il volume è stato presentato a Barletta<br />

a senso parlare oggi di un “messaggio in bot-<br />

H tiglia” nel mare del web e nell’era dei reality?<br />

Direi di sì, perché come in un fi lm d’altri tempi,<br />

con la forza delle immagini e delle emozioni evocate<br />

da una trama decisamente avvincente, “ha senso<br />

sperare che un particolare messaggio lanciato nello<br />

spazio e nel tempo”, ma anche nell’oceano infi nito<br />

di opportunità, “possa essere riconosciuto senza che<br />

l’acqua di un fato ancora avverso lo sommerga defi -<br />

nitivamente”.<br />

Sono queste le motivazioni che hanno indotto la<br />

Parrocchia Crocifi sso in Barletta, la sala della Comunità<br />

S. Antonio, l’Archivio della Resistenza e<br />

della Memoria, ad organizzare l“Incontro con l’autore:<br />

Mimmo Muolo, giornalista”, per presentare il<br />

suo romanzo: Messaggio in bottiglia, editore Schena.<br />

Con la voce recitante di Lucia Lanzolla, attrice.<br />

La vita del protagonista Francesco Colucci, trentacinquenne,<br />

single, residente a Roma, scorre decisamente<br />

raso terra, priva di slanci e reali soddisfazioni,<br />

tranne quella di avere un lavoro stabile nella<br />

segreteria di redazione di un quotidiano, dopo tanto<br />

precariato, successo con le donne e tante occasioni<br />

di svago senza alcuna responsabilità. Schiacciato da<br />

un rimorso latente che pesa come un macigno. Fino<br />

a quando, in un’afosa domenica d’agosto, una telefonata<br />

inattesa riapre il vaso di Pandora dei ricordi e lo<br />

costringe a riannodare i fi li di una storia che credeva<br />

fi nita per sempre. “Con un grande desiderio di salire,<br />

di sperimentare nuovamente l’impegno, la fatica, il<br />

sudore della scalata. Ma anche l’ebbrezza, la felicità,<br />

l’appagamento di chi fi nalmente ha raggiunto la<br />

meta”. Sullo sfondo c’è una Monopoli (città d’origine<br />

dell’autore) descritta con tecnica quasi impressionistica<br />

e con lo sguardo altro di chi, come il protagonista,<br />

è andato via dieci anni prima.<br />

E così sempre più consapevolmente Francesco intraprende<br />

un viaggio, una “via crucis” della memoria<br />

per purifi carne quella anestetizzata che la coscienza<br />

prima o poi richiama ad una resa dei conti. “Il passato<br />

ritorna e chiede a noi che siamo stati suo presente<br />

di ridargli un futuro. Un’altra possibilità. Di tornare<br />

a respirare, amare, lottare, insomma a vivere”. Vivere<br />

senza memoria è come vivere senza progetti.<br />

Ed è proprio tornando sul “luogo del delitto” che<br />

Francesco ritroverà personaggi, situazioni e paesaggi<br />

apr.giu <strong>2010</strong> 9

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