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Il Sole-24 Ore PERSONAGGI<br />

Domenica 28 Agosto 2005 - N. 235 — Pagina 39<br />

G IORNALISMO E TOTALITARISMI / 2<br />

Una voce scritta per l’Enciclopedia Britannica (inedita per l’Italia) illustra le leggi generali della comicità<br />

Koestler, la logica dell’umorismo<br />

di Arthur Koestler<br />

La contrazione involontaria, simultanea<br />

e coordinata, di quindici<br />

muscoli facciali associata<br />

all’emissione di alcuni suoni spesso incontenibili,<br />

ci colpisce come un’attività<br />

priva di un qualsiasi valore utilitario e<br />

completamente slegata dalla lotta per la<br />

sopravvivenza. Il riso è un riflesso, ma<br />

è unico nel non avere uno scopo biologico<br />

apparente. Lo si potrebbe chiamare<br />

un riflesso di lusso, la cui unica<br />

funzione sembra quella di allentare una<br />

tensione. (...)<br />

La gamma delle esperienze che scatenano<br />

il riso va dal solletico fisico ai più<br />

diversi sollazzi mentali. Eppure c’è<br />

un’unità in questa varietà, un comun<br />

denominatore, un elemento specifico e<br />

specificabile che riflette la "logica", o<br />

la "grammatica" per così dire, della<br />

comicità. Alcuni esempi serviranno a<br />

caratterizzarlo:<br />

! «Un masochista è una persona che<br />

al mattino ama farsi una doccia fredda<br />

e se la fa calda».<br />

" Una signora inglese all’amica che le<br />

chiede dove sarà ormai suo marito, defunto:<br />

«Il povero caro sta in eterna<br />

beatitudine, ma preferirei che lei evitasse<br />

argomenti tanto sgradevoli».<br />

# Il medico rassicura il paziente: «La<br />

sua è una malattia molto grave alla<br />

quale sopravvive soltanto una persona<br />

su dieci. È stato fortunato a venire da<br />

me, ne sono appena morti nove dei<br />

miei pazienti».<br />

$ Dialogo in un film francese: «Signore,<br />

vengo a chiedervi la mano di vostra<br />

figlia». «Perché no? Vi siete già preso<br />

il resto».<br />

% Un nobiluomo alla corte di Luigi<br />

XV torna da un viaggio senza preavviso,<br />

entra nel boudoir della moglie e la<br />

trova tra le braccia di un vescovo.<br />

Dopo un attimo di esitazione, attraversa<br />

la stanza, si affaccia alla finestra e<br />

benedice i passanti per la strada. «Che<br />

fate, Marchese?» chiede la moglie, preoccupata.<br />

«Monsignore svolge le mie<br />

funzioni», è la risposta, «quindi io<br />

svolgo le sue».<br />

Qualcosa accomuna questi cinque<br />

esempi?<br />

Partendo dall’ultimo, una piccola riflessione<br />

rivela che il comportamento<br />

del marchese è inaspettato e al contempo<br />

perfettamente logico. Segue però<br />

una logica incongrua, quella della divisione<br />

del lavoro antica quanto la civiltà<br />

umana, mentre ci si aspetta una reazione<br />

governata da altre regole: dal codice<br />

della morale sessuale. È lo scontro improvviso<br />

tra diversi codici — o contesti<br />

associativi — a produrre l’effetto comico.<br />

Esso costringe l’ascoltatore a percepire<br />

la situazione su due piani, dotati<br />

entrambi di una propria coerenza interna<br />

e incompatibili tra loro, per cui la<br />

mente deve operare simultaneamente<br />

su due lunghezze d’onda. Finché dura<br />

questa condizione l’evento non è associato,<br />

come di regola, a un singolo<br />

quadro di riferimento, ma è "di-sociato".<br />

L’autore ha coniato la parola "di-sociazione"<br />

per distinguere tra le routine<br />

del pensiero disciplinato entro un unico<br />

universo di discorso — su un piano<br />

solo, per così dire — e le attività mentali<br />

creative che operano sempre su più<br />

piani contemporaneamente. Nell’umorismo,<br />

la creazione di un sottile motto di<br />

spirito così come l’atto ri-creativo che<br />

consiste nel coglierlo implicano un delizioso<br />

sussulto mentale dovuto a quel<br />

balzo improvviso da un piano — o da<br />

un contesto associativo — all’altro.<br />

Veniamo agli altri esempi. Nel dialogo<br />

tratto dal film francese, la "mano"<br />

della figlia viene percepita prima in un<br />

quadro di riferimento metaforico e<br />

all’improvviso in un contesto fisico. Il<br />

medico ragiona in termini di probabilità<br />

statistiche astratte le cui regole non<br />

sono applicabili ai casi individuali, con<br />

una svolta in più perché, al contrario di<br />

quanto suggerisce il buon senso, le probabilità<br />

di sopravvivenza del paziente<br />

non dipendono da eventi precedenti,<br />

ma restano una su dieci. In questa storiella<br />

si cela uno dei paradossi profondi<br />

della teoria delle probabilità, un’assurdità<br />

che tendiamo a trascurare. Quanto<br />

alla vedova che considera la morte come<br />

una "beatitudine eterna" e al contempo<br />

come un "argomento sgradevole",<br />

incarna un mal comune degli esseri<br />

umani, combattuti tra fede e ragione.<br />

Anche in questo caso, la battuta è semplice<br />

eppure ha risonanze consce e inconsce<br />

che soltanto l’orecchio interno<br />

riesce ad afferrare. Il masochista che<br />

punisce se stesso privandosi del proprio<br />

castigo quotidiano è governato da<br />

regole che ribaltano quelle della logica<br />

corrente (si ottiene una figura analoga<br />

invertendo entrambi i piani di riferimento:<br />

«un sadico è una persona gentile<br />

con i masochisti».) Anche qui, c’è un<br />

ulteriore guizzo: chi pronuncia la battuta<br />

non crede affatto che il masochista<br />

faccia una doccia calda per autopunizione,<br />

bensì finge di crederlo. Il paradosso<br />

è l’arma più efficace degli autori satirici:<br />

fingono di adottare il modo di ragio-<br />

di Piero Ignazi<br />

nare dell’avversario per smascherarne<br />

l’assurdità o la crudeltà.<br />

Questi esempi hanno in comune una<br />

situazione percepita in due quadri di<br />

riferimento coerenti ma incompatibili e<br />

si potrebbe dimostrare che la formula è<br />

valida in generale per tutte le forme di<br />

comicità e di umorismo. Però ne coglie<br />

soltanto la struttura<br />

intellettuale. Ora va<br />

esaminato l’altro<br />

aspetto fondamentale:<br />

la dinamica emotiva<br />

che infonde vita a<br />

quella struttura e<br />

spinge una persona<br />

alla risata, al riso o<br />

al sorriso complice o<br />

ammiccante.<br />

Quanto un attore<br />

comico racconta una<br />

storiella, si prefigge deliberatamente di<br />

creare tra i propri ascoltatori una tensione<br />

che va crescendo con il procedere<br />

della narrazione, senza mai arrivare al<br />

culmine. La battuta finale funge da ghigliottina<br />

verbale, decapita di netto lo<br />

sviluppo logico della vicenda e frustra<br />

l’attesa del pubblico. Improvvisamente<br />

la tensione provata fin a quel momento<br />

Deluso dal comunismo, l’esule ungherese ha attraversato gli orrori del ’900 senza abbandonare il progetto<br />

di una società migliore. Divenendo un acuto indagatore della natura umana, come in questa analisi sul riso<br />

Ci sono vite, tra coloro che<br />

maturarono nei primi anni<br />

del Novecento, degne di romanzi<br />

d’avventura. Quella di Arthur<br />

Koestler appartiene a questo genere.<br />

Nato nel 1905 a Budapest da<br />

una famiglia ebrea, già a 15 anni<br />

deve trasferirsi a Vienna perché la<br />

famiglia teme l’antisemitismo delle<br />

truppe di occupazione rumene, intervenute<br />

per schiacciare la rivoluzione<br />

comunista di Bela Kun. A 21<br />

anni, appassionatosi al sionismo revisionista<br />

di Vladimir Jobotinsky, va<br />

in Palestina dove, tra mille mestieri,<br />

centra, casualmente e per sua fortuna,<br />

quello di giornalista.<br />

Dopo pochi anni, nel 1929, deluso<br />

dall’esperienza sionista, torna in<br />

Europa e si stabilisce in Germania.<br />

Qui abbraccia<br />

la causa comu-<br />

A cent’anni<br />

dalla nascita<br />

esce la nuova<br />

edizione di<br />

«Schiuma<br />

della terra»,<br />

capolavoro<br />

autobiografico<br />

sugli anni<br />

francesi<br />

Vita avventurosa a caccia d’ideali<br />

nistaabbagliato dal miraggio<br />

della costruzione<br />

di<br />

una società<br />

perfetta, non limitata<br />

alle rive<br />

del Giordano<br />

ma estesa a tutta<br />

l’umanità:<br />

«Una immensa<br />

Sion», come<br />

scriverà più<br />

tardi. Anche il<br />

soggiorno tedesco,intervallato<br />

da lunghi<br />

viaggi per i<br />

suoi reportage,<br />

si interrompe<br />

per l’ascesa<br />

al potere di Hitler. Koestler si rifugia<br />

a Parigi. Nella capitale francese,<br />

grazie all’incontro con Willy<br />

Muerenberg, responsabile della propaganda<br />

del Cominter, Koestler si<br />

tuffa nell’attività pubblicistica a favore<br />

del comunismo. La passione<br />

politica lo spinge poi ad arruolarsi<br />

nelle Brigate internazionali all’indomani<br />

del putsch di Francisco Franco<br />

contro la Repubblica spagnola.<br />

Su suggerimento dell’amico e mentore<br />

Muerenberg, Koestler rinuncia a<br />

imbracciare il fucile e si reca in<br />

Spagna come inviato della stampa<br />

inglese. L’esperienza spagnola è decisiva<br />

per la sua carriera professionale<br />

e la sua traiettoria politica.<br />

Tanto i suoi reportage quanto il suo<br />

primo romanzo ispirato a quell’esperienza<br />

hanno vasta eco in Gran Bretagna.<br />

E proprio grazie alla notorietà<br />

acquisita riesce a evitare in extremis<br />

la fucilazione da parte dei franchisti.<br />

Sul piano politico Koestler<br />

tocca con mano il cinismo e la brutalità<br />

del comunismo di stretta osservanza<br />

moscovita (dalla liquidazione<br />

del Puom all’abbandono delle Brigate<br />

internazionali). Al suo ritorno in<br />

Francia, nell’estate del 1938, esce<br />

dal Partito. Lo scoppio della guerra<br />

e il crollo della III Repubblica francese<br />

immergono Koestler in una<br />

odissea di internamenti, liberazioni,<br />

fughe e imprigionamenti, che termina<br />

con l’approdo rocambolesco in<br />

Gran Bretagna alla fine del 1940.<br />

Un’odissea che è stata narrata con<br />

Dietro le arguzie<br />

intellettuali<br />

e il linguaggio<br />

del corpo<br />

le stesse regole profonde<br />

Che cosa leggere<br />

Arthur Koestler (Budapest, 5 settembre 1905 -<br />

Londra, 3 marzo 1983), giornalista e scrittore<br />

ebreo-ungherese naturalizzato inglese dopo il<br />

1940, è stato autore di romanzi e saggi politici e<br />

scientifici. Dopo una breve esperienza sionista, militò<br />

nel partito comunista dal 1931 al 1938. Uscito dal Pc,<br />

nel primo dopoguerra fu uno dei più attivi<br />

intellettuali anticomunisti. Morì suicida. Per Koestler<br />

il comunismo è fatto storico e esperienza individuale,<br />

analizzato in volumi autobiografici e saggi politici,<br />

soprattutto nel trittico di romanzi Spartaco (1939),<br />

Buio a mezzogiorno (1940) e Arrivo e partenza (1943).<br />

Buio a mezzogiorno (Mondadori), ispirato alla<br />

liquidazione della vecchia guardia bolscevica nei<br />

processi di Mosca (1936-38), e in particolare a<br />

straordinaria incisività nel libro<br />

Schiuma della terra, ora ripubblicato<br />

da il Mulino a cura di Ugo Berti<br />

Arnoaldi e con una introduzione di<br />

Gianni Sofri.<br />

Tra il suo ritorno dalla Spagna e<br />

la fine dell’internamento come «straniero<br />

indesiderabile» nel campo di<br />

diventa ridondante e si sgonfia in una<br />

risata. Se l’aggressione viene sostituita<br />

con l’empatia, una stessa situazione —<br />

l’ubriaco che casca lungo disteso per<br />

terra — diventa patetica invece che<br />

comica, suscita la compassione invece<br />

del riso. L’elemento aggressivo, la malignità<br />

distaccata del comico, trasforma<br />

il pathos in melodramma,<br />

la tragedia<br />

in parodia. La malignità<br />

può accompagnarsi<br />

all’affetto nella<br />

presa in giro amichevole;nell’umorismo<br />

più civile, l’elemento<br />

aggressivo<br />

può essere sublimato<br />

o addirittura inconsapevole.<br />

Ma nelle barzellette<br />

che piacciono<br />

ai bambini e alle popolazioni primitive,<br />

la crudeltà, l’arroganza e la vanagloria<br />

sono esplicite.<br />

In altri termini, il riso dà sfogo a<br />

eccitazioni emotive che sono diventate<br />

inutili, che vanno eliminate seguendo<br />

le vie di minor resistenza e il "riflesso<br />

di lusso" ha proprio la funzione di procurare<br />

tali vie. Basta dare un’occhiata<br />

Vernet sui Pirenei francesi, Koestler<br />

scrive il libro che gli darà fama<br />

internazionale, Buio a mezzogiorno.<br />

Questo libro disseziona con lucidità<br />

i meccanismi perversi di un’adesione<br />

fideistica a una causa totalizzante<br />

e descrive come essa porti all’annichilimento<br />

della persona in nome<br />

alle caricature di artisti inglesi del Settecento<br />

come William Hogarth e Thomas<br />

Rowlandson, che mostrano la brutale<br />

ilarità dei frequentatori di taverne, per<br />

capire che essi si liberano dell’adrenalina<br />

superflua contraendo in smorfie i<br />

muscoli facciali, dandosi manate sulle<br />

cosce e sbuffando aria dalla glottide<br />

mezza occlusa. I volti arrossati rivelano<br />

che le emozioni sfogate attraverso tali<br />

valvole sono la brutalità, l’invidia, la<br />

gioia maligna per le disavventure sessuali<br />

altrui. Nelle vignette di James<br />

Thurber, il disegnatore americano del<br />

Novecento, la risata crassa lascia il posto<br />

all’ammiccamento divertito e rarefatto:<br />

il flusso dell’adrenalina è stato<br />

distillato e cristallizzato in un grano di<br />

sale attico, in un raffinato motto di<br />

spirito. L’inglese witticism — frizzo, o<br />

battuta — deriva da wit nel senso originale<br />

di intelligenza e di arguzia (Witz,<br />

in tedesco).<br />

Comicità e ingegno appartengono a<br />

campi contigui che non sono separati<br />

da un confine netto: il giullare è il<br />

fratello del saggio. Lungo l’intero spettro<br />

della comicità — dalle forme più<br />

rozze a quelle più sottili, dallo scherzo<br />

violento al puzzle intellettuale, dalla<br />

Arthur Koestler,<br />

1947 circa<br />

(Interfoto)<br />

Bucharin, riprende la questione rivoluzionaria dei<br />

fini e dei mezzi, del sacrificare le ragioni<br />

dell'individuo per le ragioni dell'umanità. L’utopista<br />

rivoluzionario si fa guidare dalla logica, dunque non<br />

può conoscere la pietà: «Colui che comprende e<br />

perdona... dove può trovare un motivo per agire?».<br />

Oltrepassato il culmine della guerra fredda, Koestler<br />

passò a occupandosi di scienza e di battaglie civili,<br />

come quella per l’abolizione della pena di morte.<br />

Tra i volumi disponibili in italiano ricordiamo I<br />

gladiatori (Net), La tredicesima tribù. Storia dei cazari,<br />

dal Medioevo all’Olocausto ebraico (Utet) e, per il<br />

Mulino, oltre a Schiuma della terra, altri due volumi<br />

autobiografici, Freccia nell’azzurro (1905-1931) e La<br />

scrittura invisibile 1932-1940, eDialogo con la morte.<br />

di un fine superiore attraverso il<br />

rullo compressore di una pretesa<br />

verità assoluta. Per quanto Buio a<br />

mezzogiorno affondi la lama critica<br />

nel pervertimento degli ideali e delle<br />

illusioni di una generazione, Koestler<br />

non si abbandona mai né al<br />

rancore né al cinismo. Al contrario,<br />

frecciata al paradosso, dall’aneddoto<br />

all’epigramma — il clima emotivo mostra<br />

una trasformazione graduale.<br />

L’emozione che si sfoga nella risata è<br />

un’aggressione privata del suo bersaglio;<br />

le barzellette che piacciono ai<br />

bambini sono per lo più scatologiche; i<br />

guai sessuali, sperimentati per interposta<br />

persona, fanno<br />

sghignazzare adole-<br />

scenti di ogni età;<br />

le freddure fanno leva<br />

sul sadismo represso<br />

e la satira<br />

sull’indignazione<br />

benpensante. Le diverse<br />

forme della<br />

comicità suscitano<br />

una strabiliante varietà<br />

di umori, tra<br />

cui anche i sentimenti<br />

ambivalenti<br />

o contraddittori. Qualunque sia la miscela,<br />

è indispensabile un elemento di<br />

base: un impulso, anche flebile, di aggressione<br />

o di apprensione.<br />

L’impulso si esprime con la malignità,<br />

il disprezzo, la velata crudeltà della<br />

condiscendenza o semplicemente con<br />

un’assenza di simpatia per la vittima<br />

proprio parlando dei compagni di<br />

prigionia di Vernet — antifascisti<br />

di ogni razza e colore — ne esalta<br />

il coraggio e la generosità, la buona<br />

fede e la dedizione, mentre ha<br />

parole di disprezzo per quegli ignavi<br />

ed egoisti che non hanno mai<br />

rischiato nulla e in nulla hanno<br />

creduto.<br />

Koestler è critico implacabile<br />

del comunismo (oltre che «costituzionalmente<br />

ostile» al fascismo)<br />

ma non rinuncia all’idea che sia<br />

possibile costruire un mondo migliore.<br />

Con una certa dose di ingenuità<br />

(visto a posteriori) Koestler<br />

propone negli anni Quaranta «un<br />

esperimento mai provato (...) che<br />

sembra essere una linea promettente»:<br />

la congiunzione di Pianificazione<br />

e Democrazia. A metà degli<br />

anni Cinquanta, dopo avere pubblicato<br />

altri pamphlet<br />

come Lo<br />

Un’odissea<br />

di prigionie,<br />

liberazioni<br />

e fughe<br />

terminata<br />

con l’approdo<br />

rocambolesco<br />

in Inghilterra<br />

alla fine<br />

del 1940<br />

yogi e il commissario<br />

e avere<br />

collaborato<br />

al celeberrimo<br />

libro collettivo<br />

Il Dio che è<br />

fallito, Koestler<br />

abbandona<br />

l’impegno politico<br />

e si dedica<br />

ad altri interessi<br />

fino alla<br />

sua scomparsa<br />

avvenuta<br />

nel 1983.<br />

Cosa rimane<br />

di Koestler<br />

oggi? La denuncia<br />

della<br />

brutalità del<br />

nazifascismo e<br />

delle ferree logiche disumanizzanti<br />

del comunismo fanno parte di un<br />

patrimonio ormai acquisito. Più rilevanti<br />

per l’oggi sono le pagine autobiografiche<br />

in cui Koestler rivendica<br />

il valore di una vita dedicata a<br />

un ideale. Per Koestler le migliaia<br />

di volontari delle Brigate internazionali,<br />

«primo esperimento fatto dopo<br />

le Crociate per formare un esercito<br />

di volontari che voleva combattere<br />

per un credo internazionale», costituiscono<br />

l’esempio più alto dell’etica<br />

della responsabilità e dell’impegno<br />

individuali. Senza questa tensione<br />

etica, i Messieurs Dupont che per<br />

quieto vivere consegnarono ai nazisti<br />

un intero Paese senza colpo ferire,<br />

possono tornare a nuocere. Anche<br />

oggi siamo tentati di «distogliere<br />

lo sguardo» dai rischi incombenti<br />

per la nostra libertà. Siamo tentati<br />

di trascurare le smagliature che si<br />

allargano nel vivere civile della nostra<br />

società dal risorgere della xenofobia<br />

e del razzismo alla delega sempre<br />

più ampia a poteri sempre meno<br />

controllati affinché ci garantiscano<br />

sicurezza. Contro queste cecità e<br />

questo quieto vivere Koestler ha speso<br />

gli anni migliori della sua vita<br />

"dandosi" alle cause in cui credeva,<br />

prima il comunismo poi la democrazia<br />

e sempre l’antifascismo. L’attualità<br />

di Koestler rimanda allora a un<br />

impegno generoso per la libertà e la<br />

dignità dell’uomo.<br />

«Arthur Koestler, «Schiuma della terra»,<br />

il Mulino, Bologna 2005, pagg.<br />

260, Á 12,00.<br />

«L’emozione<br />

che si sfoga nella risata<br />

è un’aggressione<br />

privata<br />

del suo bersaglio»<br />

dello scherzo, con «un’anestesia momentanea<br />

del cuore» per dirla con il<br />

filosofo Henri Bergson.<br />

Nell’umorismo più sottile, a volte la<br />

tendenza aggressiva è così tenue che<br />

soltanto l’analisi più attenta riesce a<br />

identificarla, come il sale in una pietanza<br />

preparata con cura che altrimenti<br />

sarebbe insipida. Una<br />

ricerca del 1961 fra i<br />

ragazzini americani<br />

tra gli 8 e i 15 anni,<br />

concludeva che la<br />

mortificazione, il disagio,<br />

la beffa altrui suscitava<br />

prontamente il<br />

riso, mentre battute divertenti<br />

o spiritose<br />

passavano spesso inosservate.<br />

Le forme e le<br />

teorie della comicità<br />

avanzate in passato si<br />

prestano a considerazioni analoghe. Secondo<br />

Aristotele, il riso era intimamente<br />

legato alla bruttezza e all’abiezione.<br />

Per Cicerone, il ridicolo stava nella<br />

bassezza e nella difformità. Cartesio<br />

pensava che il riso manifestasse allegria<br />

mista a sorpresa, a odio o a entrambi.<br />

Nelle cause del riso elencate da<br />

Francesco Bacone troviamo di nuovo<br />

la difformità al primo posto. Su questo<br />

tema, una delle citazioni più frequenti<br />

è tratta dal Leviatano (1651) di Thomas<br />

Hobbes: «La passione del riso<br />

null’altro è se non l’improvvisa gloria<br />

che sorge dall’improvvisa concezione<br />

di una nostra eminenza paragonata<br />

a un’infermità altrui o a una<br />

nostra precedente».<br />

Nell’Ottocento Alexander Bain, un<br />

pioniere della psicologia sperimentale,<br />

la pensava allo stesso modo: «Non<br />

soltanto negli effetti fisici, ma ogni<br />

qualvolta che un uomo riesce ad affermare<br />

una supremazia, a superare o ad<br />

avvilire un rivale, la disposizione al<br />

riso è evidente».<br />

Per Bergson, il riso è il castigo<br />

correttivo inflitto dalla società all’individuo<br />

asociale: «Nel riso troviamo<br />

sempre l’intenzione inconfessa di<br />

umiliare e quindi di correggere il nostro<br />

prossimo». Nella risata del pubblico,<br />

Max Beerbohm, l’umorista inglese<br />

del Novecento, identificava<br />

«due elementi: delizia per la sofferenza,<br />

disprezzo per le cose inconsuete».<br />

Secondo lo psicologo americano William<br />

McDougall, «il riso è evoluto nella<br />

razza umana come un antidoto<br />

dell’empatia, una reazione che protegge<br />

dalla deprimente influenza delle<br />

manchevolezze degli altri uomini».<br />

Le definizioni dei teorici sono le più<br />

varie, ma concordano su un punto: le<br />

emozioni che si sfogano nel riso contengono<br />

sempre un elemento di aggressività.<br />

Va però tenuto presente che aggressività<br />

e apprensione sono fenomeni gemelli,<br />

al punto che gli psicologi parlano<br />

di «pulsioni aggressive-difensive».<br />

A suscitare il riso quindi, è tipicamente<br />

una situazione in cui cessa all’improvviso<br />

la paura di un pericolo immaginario.<br />

Se il riso è per sua natura uno straripare<br />

di tensioni ridondanti, ne è la manifestazione<br />

più evidente il cambiamento repentino<br />

dell’espressione di un bambino<br />

che passa dall’apprensione ansiosa alla<br />

risata felice e sollevata. All’apparenza,<br />

questa situazione non c’entra con la<br />

comicità, eppure a uno sguardo attento<br />

rivela la stessa struttura logica delle<br />

barzellette: il bambino percepisce prima<br />

il cagnolino in un contesto di pericolo<br />

e poi scopre che si tratta di un<br />

cucciolo inoffensivo. La tensione diventa<br />

d’un tratto ridondante e defluisce<br />

nel riso.<br />

Immanuel Kant aveva capito che il<br />

riso è «un’affezione che deriva da<br />

un’aspettativa tesa, la quale d’un tratto<br />

si risolve nel nulla». Nell’Ottocento,<br />

Herbert Spencer cercò di riformulare la<br />

stessa idea in termini fisiologici: «Le<br />

emozioni e le sensazioni tendono a generare<br />

movimenti fisici... quando la coscienza<br />

si trasferisce senza accorgersene<br />

dalle grandi alle piccole cose», la<br />

«forza nervosa liberata» si diffonde per<br />

i canali di minor resistenza, cioè nei<br />

movimenti corporei del riso. Freud incorporò<br />

la teoria di Spencer nella propria,<br />

ponendo l’accento sulla liberazione<br />

delle emozioni represse. Tentò anche<br />

di spiegare come mai l’energia in<br />

eccesso dovesse andare spesa in tal modo:<br />

«A quanto ne so, le smorfie e le<br />

contorsioni della bocca che caratterizzano<br />

il riso compaiono per la prima volta<br />

nel poppante soddisfatto e sazio quando,<br />

assonnato, lascia andare il seno...<br />

Sono espressioni tipiche della determinazione<br />

di non alimentarsi oltre, un<br />

"basta" per così dire, o meglio "un più<br />

che basta"... Questo senso primordiale<br />

di piacevole sazietà può aver fornito il<br />

nesso tra il sogghigno — quel fenomeno<br />

fondamentale che sottende il riso<br />

— e il suo collegamento successivo<br />

con altri processi piacevoli che allentano<br />

la tensione».<br />

In altre parole, le contrazioni muscolari<br />

del sogghigno — intese come le<br />

prime espressioni di sollievo dalla tensione<br />

— sarebbero poi servite da vie di<br />

minor resistenza. Allo stesso modo, le<br />

espirazioni esplosive del riso sembrano<br />

concepite come per "sbuffare" la tensione<br />

in eccesso con una sorta di ginnastica<br />

respiratoria e i gesti esagerati avrebbero<br />

la stessa funzione.<br />

Si potrebbe obiettare che queste reazioni<br />

massicce siano spropositate rispetto<br />

ai piccoli stimoli che le provocano.<br />

Ma va tenuto presente che il riso è un<br />

fenomeno tipo quello del grilletto, un<br />

rubinetto aperto all’improvviso da cui<br />

sgorgano in gran quantità emozioni immagazzinate,<br />

provenienti dalle fonti<br />

più diverse e spesso inconsce: sadismo<br />

represso, tumescenza sessuale, paura inconfessata<br />

e persino noia. Una scolaresca<br />

che scoppia a ridere per un incidente<br />

banale dà la misura del risentimento<br />

che ha accumulato durante una lezione<br />

soporifera. Un altro fattore che amplifica<br />

la reazione fuori misura è la contagiosità<br />

sociale che accomuna il riso ad<br />

altre manifestazioni emotive dei comportamenti<br />

di gruppo.<br />

(Dalla voce «Humour and Wit» scritta<br />

nel 1974 per l’«Encyclopædia Britannica».<br />

Traduzione di Sylvie Coyaud)

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